martedì 30 novembre 2010

DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA

(El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha di Miguel de Cervantes, 1604)

Appena serrato l’ultimo tomo letto, cominciava la mente a vagheggiar su qual fosse l’opportuna prossima lettura, d’affrontar o per il semplice sollazzo o per arrichimento della mia medesima persona. Perso in codesti pensieri da sentir dolerne il capo e passeggiando lungo il corridoio di bambinesche trappole disseminato, veniva a cadermi l’occhio su uno scritto di non umili dimensioni, serrato tra due combattive, seppur di minor spessore, opere che stentavano a contener siffatta edizione. Avvicinatomi all’oggetto di sì malandrina intenzione, venni assalito da dolorosi dubbi. El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha sin dal titolo presagiva cavalleresche imprese degne di menzione ed onore e pur l’idea che andava a fissarsi nella mente era quella d’insopportabile mattone. E pur quel tomo era regalo della mia amata ed ignorarlo oltre non si potea che il farlo sarebbe stato annoverato tra le gesta d’onore prive. Scassatomi la testa per il dubbio, finanche a perder pure il sonno, chiesi consigli alla sì bella gente che mi stava intorno. Non potevo credere ai miei occhi vedendomi arrivare in aiuto cavalier di tal lignaggio. L’Orlando Furioso, di cotante gesta artefice ed autore, finanche da protagonista diventar del celebre ed omonimo scritto dell’Ariosto. Parer di tal portata er’impossibil da ignorare. Sicché in poco tempo dall’ingresso a canto al letto il tomo trasferito, mi accinsi a tal lettura con timori ormai fugati. L’impresa parea insormontabile, le pagine l’un sull’altra affastellate e fitte fitte intramezzate sol d’immagini del prode Don Chisciotte e del fido Sancio Panza. Intrapresa la lettura, ch’or siamo giusto a un sesto, tanta fu la meraviglia da restarne sbalordito. Che mai ci s’aspettava di trovar tra tali imprese da riderne di cuore di testa e colla pancia. Il nostro prode eroe, di tomi cavallereschi e simili amminchiato, ne esce fuor di testa credendosi egli stesso d’un di questi il protagonista. S’insinua nell’ormai bacata testa del nobile Chisciotte il bisogno d’andar errante in cerca d’avventure votato al solo amore d’un inesistente Dulcinea del Toboso su contadina modellata. Seco si trascina il villano Sancio Panza che pur nella sua ignoranza ha di tanto in tanto l’ardir di ricondurre l’imbelle alla ragione.
In cerca d’avventure lo strambo cavalier per castelli scambia le locande, per regnanti gli osti, principesse vede lui di semplici baldracche. Di tutte l’avventure, che sian mulini a vento scambiati per giganti, o laidi galeotti liberati per un alto senso di libertà e giustizia, se n’escon i due nostri di botte caricati, legnate e gran percosse son sempre il risultato d’immaginarie imprese maturate nell’ormai spostato capo del Chisciotte. A riderne di gusto mi trovai senza mai immaginarlo, di tali e tante imprese che han tutto il sapore di gran canzonatura di cotanti altri poemi di cavallereschi accadimenti. A scriverne ho gran voglia di tornar nella lettura di sì fantasioso taglio, possibile è che torni a lasciar d’incommensurabile opera il mio umil parere con fastidiosa traccia.

3 commenti:

  1. Davvero un capolavoro. Mi inchino dinnanzi alla Firma...

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  2. Fattomi onor sì grande altro non resta che umilmente ringraziar l'illustre sapiente, che in queste terre vien apostrofato Urzone, e sì gentil e graziosa donzella esperta assai d'illustri volti.

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