giovedì 3 novembre 2011

IL ROSSO E IL VERDE

Questo articolo è stato scritto per il sito fumettidicarta (e relativo blog)

Nel corso degli anni tanti lettori hanno chiesto che ciò avvenisse. Qualcuno era contrario e temeva per il peggio, qualcuno non vedeva di buon occhio la coabitazione di due inquilini dei quali riusciva a sopportarne solo uno, qualcuno era contento così. La Panini non si arrischiava a effettuare il cambiamento.

Ora è cosa fatta. Dopo anni di onorata carriera sottobraccio Devil & Hulk si separano per diventare semplicemente Devil e Hulk, con una e normale nel mezzo, ognuno per la sua strada. Per i Marvel fan italiani di vecchia data questo potrebbe rivelarsi un colpo difficile da digerire. A parte le implicazioni affettive legate a questa operazione, il dubbio rimane il solito: riusciranno i nostri eroi a tenere la testa fuori dall’acqua in un mercato sempre più caotico con due testate separate?

Negli ultimi giorni arrivano news che presentano una Panini Comics sempre più aggressiva sul mercato e pronta a rifornire di (speriamo bene) nuovi prodotti sia il mercato delle edicole che quello delle fumetterie, tutto questo in previsione dell’entrata in scena di una potenzialmente pericolosa concorrente: la RW Edizioni.

Con la sotoetichetta Lion la RW presenterà il materiale DC Comics di cui la Planeta ha ormai perso i diritti. Occasione ghiottissima in quanto tra alcuni mesi la RW si troverà tra le mani la possibilità di gestire il reboot della DC Comics che tanto successo sta ottenendo oltreoceano, potrà giocarsi la carta di un celebre universo narrativo che riparte da capo.

Tra i vari smottamenti di questo periodo sorgono nuove testate, la produzione si avvicina a quella americana e Devil e Hulk si separano.


La prima osservazione che mi viene da fare è questa: si separano in un momento poco felice per entrambi. Questa è ovviamente una mia visione personale della situazione e per onestà qui vi rivelo che ho sempre seguito la testata principalmente per le storie del Diavolo Rosso, molto meno per quelle del Gigante Verde.

L’ultima gestione di Devil, quella affidata allo scrittore Andy Diggle, è quella che mi ha convinto di meno fin dall’epoca della saga affidata a Kevin Smith: Diavolo custode.

Stiamo quindi andando indietro di anni. Da lì in avanti ho considerato Devil un fumetto realizzato sempre su ottimi livelli. A narrarne le gesta si è avvicendata gente come Bendis, Mack, Smith, Brubaker coadiuvati da splendidi illustratori tra i quali Mack stesso, Maleev e Lark. Qualcuno avrà potuto storcere il naso per le atmosfere spesso tinte di nero, ma io nel nero ci sguazzo e quindi per me la serie era al top.

La run di Diggle si apre in una chiesa, il funerale di 107 persone uccise da Bullseye, storico nemico del Diavolo. Murdock è lì, ad incolparsi ancora una volta della violenza e della sofferenza che attanagliano Hell’s Kitchen, la cucina dell’inferno, il suo mondo.

Una strage che Devil non è riuscito a evitare nonostante il suo ormai ex sceneggiatore Brubaker l’abbia lasciato al comando della Mano, la più famosa setta di assassini ninja.

Questo è lo spunto con il quale Diggle precipita ancora una volta il Diavolo all’inferno. Matthew userà una squadra di assassini per assicurare la giustizia a Hell’s Kitchen? Lo farà, si isolerà in una fortezza eretta al centro della città, taglierà i ponti con i suoi amici, con i suoi super-colleghi e darà il fianco al lato oscuro della forza (beh, non proprio della Forza, ma il concetto è chiaro, no?).

Con mosse poco lecite Murdock diviene il rispettato padrone della Mano, dà prova ai suoi ninja di essere degno di questo titolo. All’epoca imperversava ancora il regno di Norman Osborn e Kingpin tramava dietro le quinte. Devil deve guardarsi dalla legge, dai criminali e dalla Mano stessa. La situazione ci mette poco a precipitare, la fortezza, Shadowland, diviene una prigione illegale, gli amici di Matt come Foggy Nelson e Dakota North devono subire costanti attacchi, gli alleati come Tarantula Nera e la Tigre Bianca vacillano.

I disegni di Roberto De La Torre e Marco Checchetto garantiscono una buona continuità stilistica e donano uniformità alla serie, certo che il distacco da Michael Lark, a mio avviso a un livello superiore, si è sentito. Il lavoro sulle tavole resta comunque di ottima fattura.

Arriverà ovviamente anche l’intuibile tradimento interno alla Mano che porterà alla miniserie Shadowland. Una cerchia interna attenterà alla sanità di Devil attraverso la Bestia, quasi una riunione di famiglia. L’Uomo Senza Paura diventa un personaggio sempre più cupo, cosa che si riflette anche sul design del suo costume, attira l’attenzione degli eroi suoi amici: Cage, Iron Fist fino ai Vendicatori. Nessuno riuscirà a fermare la follia del Diavolo che arriverà a giustiziare Bullseye in una tavola che richiama apertamente la morte di Elektra proprio per mano dello stesso Bullseye. I metodi diventano sempre più brutali, i criminali spariscono da Kitchen ma anche la gente comune ha il terrore di girare per le strade del quartiere. Nessuno riesce più a far ragionare il Diavolo ormai preda della Bestia, lo scontro è inevitabile. La follia si diffonde nelle strade, Devil si circonda di alleati ambigui come Typhoid Mary. Alla fine la Bestia emergerà fino ad arrivare al conflitto finale dove le cose non potranno, ancora una volta, finire bene per Mr. Murdock.


Questa lunga run, così come si è aperta, si chiuderà ancora una volta in chiesa, ancora una volta in cerca di una rinascita. Ancora una volta a sottolineare la forte presenza della fede come tematica legata al personaggio. Questo in chiusura di Shadowland. Sulla serie regolare assistiamo a una sorta di transfert involontario e il Rosso si trasforma in Verde.

Matt Murdock, di spalle, si lascia indietro ogni cosa, quasi un novello Bill Bixby, che nella sua interpretazione di Bruce Banner nel telefilm dedicato a Hulk di qualche tempo fa, era costretto a lasciarsi tutto alle spalle ogni qual volta terminava una delle disavventure di Hulk.

Un buon modo di congedarsi dal suo compagno di viaggio.

Allora cosa c’è di male in tutta questa gestione? In realtà nulla. Il problema è che si è andati avanti con una sola idea o poco più, che poi alla base è sempre la stessa, senza aggiungere troppo al personaggio, creando un mix tra toni cupi e supereroismo lontano dal noir più classico ma poco convincente anche per chi ama le storie tutte calzamaglie.

Il lavoro di Diggle, accostato ai suoi predecessori, esce inevitabilmente sconfitto, pur rimanendo una lettura agevole. I disegni di Billy Tan sulla mini Shadowland mettono il punto sulla questione. Se De La Torre era portatore comunque di un lavoro ad alti livelli, con Tan anche la parte grafica risente del cambiamento.

Prima o poi un piccolo passo indietro era inevitabile, ora mi sembra che questo sia arrivato proprio quando Devil dovrà iniziare a camminare da solo. Staremo a vedere.


Di Hulk cosa posso dire: Loeb è uno degli scrittori che mi piacciono di meno nel panorama fumettistico attuale. Troppi episodi votati allo sganassone facile, alla caciara, allo scontro senza un minimo di approfondimento su personaggi e trama. Ha inserito il mistero dell’Hulk Rosso che poi così mistero non era. Inoltre la famiglia di Hulk si è allargata davvero a dismisura. Hulk, Rulk, Samson, Bomba-A, She-Hulk verde, She-Hulk Rossa, Lyra, Skaar, Thundra, Hiro-Kala.

Troppo. Troppi personaggi buttati nel mezzo per poterli gestire in maniera interessante. La testata di Hulk poi mi è risultata ancora più indigesta grazie ai disegni elementari del sopravvalutato McGuinness. Meglio allora la testata gestita da Greg Pak dove si esplorava il rapporto tra padre e figlio (Hulk/Skaar) con qualche momento anche divertente. Anche qui i disegni ormai stucchevoli di Olivetti non aiutavano.

Le cose sono migliorate, almeno sulla testata The Incredible Hulk, con l’arrivo della saga Falls of the Hulks, dove i migliori cervelli criminali dell’universo Marvel si sono alleati contro gli Hulk. Anche in questa saga comune alle due testate dedicate ai Giganti verde e rosso (ancora una volta) si vede il cambio di passo tra gli scritti di Loeb e quelli di Greg Pak che comunque non è uno dei più grandi sceneggiatori al mondo. Le splendide tavole di Paul Pelletier, cresciuto a dismisura, riconciliano con il personaggio.

Ora abbiamo un Bruce Banner riconciliato con il suo figlioletto Skaar, un Hulk rosso in fase di rilancio che arriva da una run poco esaltante a opera di Jeff Parker e Gabriel Hardman. Abbiamo una serie di comprimari in cerca d’autore.

Il mio dubbio è: di cosa si riempirà la testata dedicata a Hulk? In arrivo c’è Dale Eaglesham che lascia davvero ben sperare. Auguriamoci che il futuro del Verde e del Rosso siano entrambi di buona caratura. Non siate timidi, voi cosa ne pensate?

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