venerdì 31 gennaio 2014

ALTRI CINQUE LIBRI CHE...

Ecco altri cinque libri che...

Continua la carrellata sulle opere che non ho avuto modo di trattare in maniera approfondita e delle quali, a meno di una futura rilettura, difficilmente troverete un mio commento articolato su queste pagine virtuali. Sono libri che però vi consiglio caldamente per i più svariati motivi, perché divertenti, intriganti o semplicemente imperdibili. A voi approfondire con la lettura e scegliere in che categoria piazzare ognuno dei libri in questione. Ne avete letti? Vi sono piaciuti? Fatemi sapere. Vi hanno fatto schifo e pensate che io sia fuori di testa? Fatemi sapere lo stesso. Ecco la seconda cinquina che mi sento di consigliarvi, come l'altra volta autore, titolo e sinossi.


1) Richard Bachman - L'uomo in fuga
I giochi televisivi del XXI secolo sono agghiaccianti. Devono esserlo per distrarre la gente dall'orrore della realtà. Ben Richards lo sa. Eppure decide di partecipare al gioco più crudele di tutti: L'UOMO IN FUGA. Braccato da una squadra di killer, tenterà di sfuggire alla morte per un mese, in cambio di un montepremi che cresce di 100 dollari all'ora. Ben Richards è L'uomo in fuga che tiene l'America col fiato sospeso. E' l'eroe disperato e furibondo di un romanzo che non si dimentica.










2) Bret Easton Ellis - American psycho
Patrick Bateman è giovane, bello, ricco. Vive a Manhattan, lavora a Wall Street, e con i colleghi Timothy Price, David Van Patten e Craig McDermott frequenta i locali più alla moda, le palestre più esclusive e le toilette dove gira la miglior cocaina della città, discutendo di nuovi ristoranti, cameriere corpoduro ed eleganza maschile. Secondo Evelyn Richards, la sua giovane, bella e ricca fidanzata, Patrick Bateman è "il ragazzo della porta accanto". Ma la vita del protagonista di American Psycho è scandita da altre ossessioni. Riuscire a prenotare un tavolo al Dorsia, il carissimo ristorante frequentato dal suo idolo Donald Trump, ad esempio. Saperne di più sul misterioso portafoglio Fisher, gestito da quella volpe di Paul Owen. Restituire le videocassette prese a nolo, tra cui quella di Omicidio a luci rosse, affittata trentasette volte di seguito. E non perdere neppure una puntata del Patty Winters Show. Inoltre, quando le tenebre scendono su New York, Patrick Bateman, il ragazzo della porta accanto, si trasforma in un torturatore omicida, freddo, metodico, spietato. Al punto di incarnare l'orrore. Con American Psycho, romanzo insieme terribile e comico, Bret Easton Ellis ha scritto il libro che meglio racconta gli anni Ottanta. Un decennio che, ora lo sappiamo, non è stato semplicemente una parentesi, ma l'inizio di qualcosa. Così, questo viaggio senza ritorno nella follia e nella spersonalizzazione a base di immagini patinate e ultraviolenza non ci parla solo di un "eroe" e del suo tempo, ma finisce per rappresentare noi stessi e i nostri giorni. E anche quelli che verranno.



3) Giancarlo De Cataldo - Romanzo criminale
Roma, 1977. Un'organizzazione nascente, spietata e sanguinaria, dalla periferia della Capitale cerca la conquista del cielo. Tre giovani eroi maledetti, che hanno un sogno ingenuo, ambizioso e terribile. Attorno a loro un gruppo di delinquenti disposto a tutto pur di raggiungere gloria e ricchezza.
Un poliziotto coraggioso e deciso, un coro di malavitosi, giocatori d'azzardo, criminologi, giornalisti, giudici, cantanti, mafiosi, insieme a pezzi deviati del potere e terroristi neri. E il più esclusivo bordello in città. Un romanzo epico di straordinaria potenza che indaga il cuore occulto e tragico della storia d'Italia degli ultimi trent'anni mettendone a nudo i misteri e la violenza che li hanno caratterizzati.







4) Nick Hornby - Alta fedeltà
In una Londra irrequieta e vibrante, le avventure, gli amori, la passione per la musica, i sogni e le disillusioni di una generazione di trentenni ancora piena di voglia di vivere. Commovente, scanzonato, amaro ma soprattutto molto divertente, Alta fedeltà è il libro culto della nuova narrativa inglese, diventato un grande successo internazionale.













5) Irvine Welsh - Colla
1970, Edimburgo. Andrew, Billy, Carl e Terry si conoscono, bambini, tra i banchi di scuola e crescono nella Corea, uno dei più squallidi sobborghi della capitale scozzese.
1980. Ormai adolescenti, i quattro amici condividono le prime esperienze che "contano": le risse con gli hooligans, le sbornie violente, il sesso cattivo e la droga.
Negli anni Novanta si perdono di vista, prendono strade diverse: c'è chi diventa un pugile, chi un dj strafamoso e strafatto, chi un tossico disperato, chi un bullo spavaldo carico di alcol e di sesso.
Ma si ritrovano tutti - o quasi - all'alba del nuovo secolo, ormai quarantenni, sempre più ai margini della società, sempre più bruciati dalla vita, ma ancora straordinariamente amici.

giovedì 30 gennaio 2014

BRADI PIT 87

Ecco dov'era finita!


Clicca sull'immagine per ingrandire.

Aiutaci a diffondere il verbo del Bradipo linkandolo. Fallo tu perché il Bradipo fa n'caz.

martedì 28 gennaio 2014

BACK TO THE ROOTS: BOOGIE WOOGIE

Back to the roots nasceva dalla curiosità quasi impossibile da soddisfare di andare a cercare e recuperare tutte quelle influenze musicali e quegli eventi che possono aver contribuito alla nascita della musica rock, diventando via via un divertente (almeno per me) excursus nella musica del passato, un modo per esplorare, conoscere, ascoltare e imparare cose nuove. Qua e là qualche piccolo collegamento si può iniziare anche a fare. La volta scorsa avevamo ascoltato un pezzo di Meade Lux Lewis e accennato al diffondersi, sul nascere degli anni '30, ai ritmi del boogie woogie. Lewis era uno dei tre componenti di quella che era consideratà la trinità del boogie woogie, con lui Pete Johnson e Albert Ammons. I tre registrarono diverse cose come trio e il loro contributo al diffondersi dello stile pianistico del boogie fu di fondamentale importanza. Sotto trovate un pezzo eseguito dall'accoppiata Johnson/Ammons: Boogie Woogie Dream.

Proprio Pete Johnson era solito accompagnarsi con il vocalist Big Joe Turner con il quale compose e incise sul finire degli anni '30 il brano Roll 'em Pete, considerato un antesignano dei pezzi rock 'n roll di la da venire. Tra gli artisti che in seguito incisero il brano troviamo proprio il compagno di Johnson, Albert Ammons.



lunedì 27 gennaio 2014

CORTE SCONTA DETTA ARCANA

(di Hugo Pratt, 1974)

Da Una ballata del mare salato (1967) sono passati editorialmente sette anni, la ricerca stilistica di Pratt ha portato il maestro nostrano verso un altro tipo di tratteggio e verso nuove ambientazioni, ritroviamo un Corto Maltese all'incirca più vecchio di cinque anni. Corte sconta detta arcana è la seconda storia lunga dedicata al marinaio di La Valletta, dalla sua prima avventura di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta, tutta quella contenuta in più di una ventina di racconti brevi che l'autore ha realizzato tra il 1970 e il 1973.

Ammetto che la lettura di questa seconda avventura lunga del maltese mi ha ancora una volta addossato la scimmia del recupero filologico. So che là fuori ci sono tanti appassionati della saga costruita da Pratt e sicuramente c'è qualcuno pronto a consigliarmi la giusta edizione sulla quale cominciare a riflettere. Ci siete vero? Avanti, vi aspetto.

Balza all'occhio come già accennato la differenza del tratto usato da Pratt nella costruzione delle due opere. Il tratto è diventato un po' più corposo e meno dettagliato, i volti sono definiti da un numero minore di linee per un risultato che dà un più blando senso di ricerca ma che trasmette la sicurezza e la facilità di realizzazione di un maestro della matita ormai maturo. C'è da dire che in entrambi i casi il risultato ottenuto è di quelli che incantano.

Cambia e anche parecchio l'ambientazione, praticamente assenti - se non per una fugace traversata - mari e oceani che erano coprotagonisti preponderati della Ballata, ci si sposta dall'Oceano Pacifico e dalle sue isole verso le terre d'Asia: Hong Kong, la Manciuria, Shangai, la Siberia e la Mongolia. Mancano anche i coprotagonisti che erano una delle forze motrici della Ballata eccezion fatta per l'eterno amico/nemico Rasputin, anche qui compagno d'avventure e sventure di Corto Maltese. Non si perde comunque l'aspetto corale più puro dell'avventura, il protagonista avrà modo di incontrare molti personaggi interessanti con i quali condividere la sorte. Questa volta il marinaio andrà alla ricerca dell'oro imperiale russo trasportato attraverso vari paesi asiatici a bordo di un treno blindato. Dalla sua avrà l'aiuto delle Lanterne Rosse e della intrigante Shangai Lil. Ovviamente sia Corto sia Rasputin non saranno gli unici interessati a questa grande ricchezza che fa gola a cinesi, mongoli, soldati, idealisti e rivoluzionari.

Un'altra avventura che si legge tutto d'un fiato e che sorprendentemente ha affascinato anche mia figlia con la quale ho letto circa un'ottantina di pagine (poi ci sono il sonno, la scuola, etc...), colpita in particolar modo dai battibecchi tra Corto e Rasputin.

Rimane un po' il mistero legato al titolo dell'opera che si apre si a Venezia, ma alla quale sono dedicate solo un paio di pagine dal sapore tra l'altro decisamente onirico e un breve acceno alla corte sconta (piazzetta veneziana) all'interno dell'albo. Certo è che Corte sconta detta arcana rimane un titolo di grande fascino.

domenica 26 gennaio 2014

HELLBOY - IL SEME DELLA DISTRUZIONE

(Hellboy: Seed of destruction di John Byrne e Mike Mignola, 1994)

Che esordio quello della creatura di Mike Mignola. Dopo un paio di storie brevi (4 pp.) create a scopo promozionale ecco arrivare nel Marzo del 1994 la miniserie in quattro numeri che regalerà al mercato del fumetto americano un personaggio di grande fascino: Hellboy - Il seme della distruzione.

Solo per questa prima avventura il papà del ragazzo infernale si affida per i dialoghi all'esperienza di un grande del fumetto supereroistico, quel John Byrne artefice di molti dei successi più eclatanti nel mondo dei comic book di fine settanta e di tutto il decennio successivo. Il connubio è perfetto, ne escono un fumetto e un personaggio che si discostano davvero parecchio dal genere imperante negli States, una narrazione classica ed elegante unita a un character design privo di difetti e carico di mordente garantiscono a questa nuova proposta di elevarsi ben al di sopra della media dei prodotti pubblicati dalle grandi case editrici del settore.

La mano di Mignola quando impugna una matita non può che essere invidiata da un buon 90% dei suoi colleghi disegnatori. Il suo tratto secco e spigoloso ma ben dettagliato unito a una capacità impressionante di gestire ombre e contrasti permettono alle tavole di trasmettere al lettore quelle atmosfere gotiche e inquiete e misteriose cariche del sentore di minaccia strisciante che sono gran parte della bellezza di questo volume, uno di quelli che non ti stanchi mai di rileggere. Non a caso, parlando di atmosfere, il volume è dedicato a Jack Kirby ma anche a H. P. Lovecraft.

Inoltre è innegabile per chiunque abbia visto qualche tavola o qualche disegno dedicato a Hellboy come questi sia graficamente uno di quei personaggi riusciti, di quelli che ti prendono alla prima occhiata al pari di creature come Batman o Wolverine per citarne due a caso.

Ma dietro le splendide tavole di Mignola c'è anche una storia avvincente e coinvolgente. Nel 1944 una pattuglia di soldati americani di stanza in Inghilterra insieme a tre membri della Società Britannica del Paranormale, è impegnata per sventare uno dei progetti di ordine magico voluti da Hitler e dalle alte cariche naziste. E' l'evento che darà vita alla leggenda di Hellboy, il ragazzo infernale.


Ai nostri giorni il Dottor Bruttenholm, già presente come membro della Società Britannica del Paranormale nella vicenda del '44, chiede l'aiuto di Hellboy, per lui quasi un figlio, in seguito agli strani eventi sorti a causa della spedizione Cavendish alla quale lo stesso professore partecipò una decina di mesi prima. Una spedizione alla ricerca delle rovine ghiacciate del tempio di Yang Kor.

Spetterà a Hellboy e ai suoi compagni Abe Sapien ed Elizabeth Sherman del Bureau for Paranormal Reserche and Defense (B.P.R.D.), indagare sulla storia della famiglia Cavendish e sulla maledizione a essa legata arrivando ad affrontare quello che può essere considerato già una grande nemesi, il nemico di sempre responsabile della presenza di Hellboy sulla Terra.

Come dicevo un esordio coi fiocchi dove Mignola coniuga perfettamente atmosfere gotiche, azione, mistero, magia con un pizzico di ironia ponendo le basi per una carriera di tutto rispetto per il suo amato personaggio. Questo è il volume con il quale iniziare a leggere Hellboy, se non l'avete mai fatto fatelo. In questo volume trovate anche le due storielle promozionali di cui si parlava sopra, la prima illustrazione ufficiale del personaggio, un'intervista a Mignola e una gallery di illustrazioni dedicate a Hellboy firmate da autori come Arthur Adams, Frank Miller, Mike Allred, etc... Recupero obbligato.

venerdì 24 gennaio 2014

CINQUE LIBRI CHE...

Con Cinque libri che... la mia intenzione è quella di segnalarvi alcune opere di cui non ho avuto il tempo di parlarvi in maniera articolata (vuoi per vera mancanza di tempo, vuoi perché ormai il ricordo non è più così fresco) ma che meritano a mio avviso sicuramente una lettura. Alcuni di questi libri sono dei veri e propri capolavori, altri semplicemente scritti interessanti o divertenti. Questo appuntamento tornerà almeno per quattro o cinque volte per un totale di venti/venticinque libri. Fatemi sapere cosa avete letto e cosa ne pensate ;)

Ecco a voi titoli e sinossi.

1) Charles Bukowski - Post office
Henry Chinaski, alter ego largamente autobiografico di Charles Bukowski, è uno strano tipo di postino: si abbandona tutte le notti a grandi bevute e prolungati amplessi, ma alle cinque del mattino è puntualmente nel suo ufficio postale ad attendere gli ordini generalmente sadici del capo. I lunghi e ripetitivi giri per le consegne di lettere e plichi, compiuti con l'ansia di rispettare l'orario, si caricano - nel quadro decisamente grottesco dell'insieme - di spessori ora epici ora tragici, e fanno da costante contraltare oppressivo e concentrazionario all'edonismo sfrenato che subentra quando cala il sole.
Nelle sbronze di Henri non c'è alcuna pulsione autolesionistica: beve semplicemente perché gli piace, così come gli piace il sesso: essere liberi, per lui, significa procurarsi liberamente il maggior piacere possibile.
Ma l'ufficio postale, trasparente metafora della società organizzata, si erge come un asettico Moloch a contrastare in modo arcigno e implacabile quella libertà, al punto che l'unica possibilità di acquisirla e goderne resta il licenziamento, dall'ufficio come dalla società.
Ed è quello che Chinaski infine otterrà, preparandosi a un gioioso futuro da dropout. Scritto nel 1971, Post office è certamente il frutto migliore di un narratore che dell'autoemarginazione e dalla critica violenta al sogno americano ha fatto la marca distintiva del suo operare; senza mai smarrire, tuttavia, il filo di una superiore ironia, capace di rivolgersi docilmente e persuasivamente anche contro il personaggio di sé così amorosamente costruito.



2) Alexandre Dumas - Il conte di Montecristo
Vittima delle insidiose trame di due rivali e di un ambizioso magistrato, Edmond Dantès, un giovane ufficiale di marina, viene arrestato a Marsiglia il giorno stesso del suo matrimonio e rinchiuso per ben quattordici anni nel tenebroso castello d'If. Ma, fuggito avventurosamente dal carcere e divenuto ricchissimo grazie alla scoperta di un enorme tesoro, Dantès, che ha assunto il romantico nome di conte di Montecristo, può finalmente portare a termine la sua terribile vendetta.
Pubblicato per la prima volta nel 1844, questo romanzo, caratterizzato da una trama movimentata e ricca di colpi di scena, divenne subito popolarissimo imponendosi come modello della narrativa d'avventura del secolo scorso.






3) Auguste Le Breton - Rififi
Rififi è il capostipite del "romanzo di mala", il filone più truce e realistico del noir francese, portatore di uno sguardo disincantato sul mondo dei delinquenti nel secondo dopoguerra. Le esistenze dei protagonisti sono fatte di coltelli e donne di malaffare, di bische e locali fumosi. In questo libro, scritto ricorrendo ampiamente al gergo degli ambienti di malavita, Le Breton dipinge senza nulla concedere alla moda del giallo anglosassone o americano lo scontro tra delinquenti nordafricani, corsi e italiani. Il suo stile di scrittura ha influenzato profondamente non solo il linguaggio e la letteratura, ma anche la stessa mala francese.
Tony, detto il Lionese, è appena uscito dalla prigione, dove ha scontato una condanna di cinque anni. Radunata una banda di complici, organizza un audace colpo ai danni di una gioielleria.
Il bottino fa gola a tutto l'ambiente della mala e inizia così una lotta all'ultimo sangue tra le gang rivali: "le rififi", una rissa senza esclusione di colpi per le strade di Parigi. Da quando Le Breton ha inventato il termine, "rififi" è entrato regolarmente nel gergo della malavita.
Da questo libro Jules Dassin ha tratto il film omonimo, che gli è valso il premio per la miglior regia al festival di Cannes. I personaggi creati da Le Breton sono stati portati sullo schermo da numerosi interpreti di primo piano, tra i quali Jean Gabin, Lino Ventura e Alain Delon.



4) Warren Ellis - Con tanta benzina in vena
Michael McGill. Detective alla deriva. Assoldato da una misteriosa organizzazione di politicanti eroinomani per recuperare la prima, vera Costituzione degli Stati Uniti, smarrita da Richard Nixon in una casa di tolleranza. Quella attualmente in vigore sarebbe solo un'eterna seconda, un doppione, quasi un falso. Con l'aiuto dell'arrapante e arrapata Trix Holmes, Michael si lancia in un'odissea on the road dall'Ohio alla California, tra adoratori di Godzilla, impensabili sette segrete, pratiche sessuali inedite e strani rituali custoditi nei meandri di Internet, nel ventre oscuro e perverso di un'America nascosta, cattiva e demente. In un tour-de-force fulmineo, estremo, esilarante e agghiacciante, con un colpo di scena finale da maestro, Warren Ellis (l'astro indiscusso del fumetto anglosassone) firma non già una graphic novel su carta, ma "un proiettile a punta cava, un libro che spernacchia il politicamente corretto e fa a pezzi la santa morale a stelle e strisce" (Los Angeles Times Book Review).



5) Stephen King - It
In una ridente e sonnolenta cittadina americana, un gruppo di ragazzini, esplorando per gioco le fogne, risveglia da un sonno primordiale una creatura informe e mostruosa: It. E quando, molti anni dopo, It ricompare a chiedere il suo tributo di sangue, gli stessi ragazzini, ormai adulti, abbandonano famiglia e lavoro per tornare a combatterla. E l'incubo ricomincia... Un viaggio illuminante lungo l'oscuro corridoio che conduce dagli sconcertanti misteri dell'infanzia a quelli della maturità


giovedì 23 gennaio 2014

CONTROFESTIVAL 2014

E no eh! Eccheccazzo mica vorrete guardare veramente Sanremo?

Ora l'alternativa l'avete. Come l'anno scorso, grazie a tutti i ragazzacci che girano intorno all'organizzazione dell'associazione culturale L'Orablù, torna il controfestival più figo che c'è, meglio pure di quello di Edimburgo cari i miei spurghi di corea.

Quindi ControSanremo, la musica è sempre più blu.

Per tutti quelli che vogliono partecipare e scegliere quindi le canzoni che parteciperanno a questa divertente manifestazione le regole sono semplici e le trovate qui di seguito. Per attivare la vostra partecipazione basta mandare le vostre candidature al seguente indirizzo email: orablubollate@gmail.com

Bene, cos'è che potete proporre quest'anno. Allora questa edizione è interamente dedicata alle donne, andiamo a vedere quali sono le proposte che potete inoltrare all'organizzazione.

Miglior voce femminile italiana
Più che dare valore ad un brano si dovrebbe premiare la carriera artistica della cantante proposta che potrebbe essere presente con più brani.

Miglior canzone dedicata ad una donna
La dedica alla donna può essere fatta nel titolo della canzone (che può essere stata eseguita da un cantante o da un gruppo) o nel testo della canzone.

Trash woman
Le peggiori cantanti italiane, carta bianca su tutto, anzi, più saranno originali le scelte più ci sarà da divertirsi...

Ospiti straniere
Tre grandi donne di caratura internazionale da proporre a vostra discrezione.

Proponete le vostre candidature entro domenica 26/01 alla mail dell'Orabù (sopra), la settimana seguente inizieranno le votazioni vere e proprie.

La serata finale della manifestazione si terrà in contemporanea con la finalissima di Sanremo.

Buon divertimento a tutti.

BRADI PIT 86

Dopo il Golden Globe al nostro Sorrentino si spera in premi ben più prestigiosi (e ben più meritati).



Clicca sull'immagine per ingrandire.

Aiutaci a diffondere il verbo del Bradipo linkandolo. Fallo tu perché il Bradipo fa n'caz.

martedì 21 gennaio 2014

10 VOLTI (18)

Altra manche di 10 volti scevra da temi di sorta, volti in assoluta libertà, alcuni molto semplici altri ammetto parecchio difficili. Sfidatevi, chi sono questi più o meno illustri signori e signore qui sotto? Li riconoscete? Per ora andiamo a vedere come si è mossa la classifica dopo l'ultima tornata.

Allora:
01 La Citata 23 pt.
02 Vincent 17 pt.
03 Bradipo 16 pt.
04 Babol 13 pt.
05 Luigi 13 pt.
06 Urz 13 pt.
07 Luca Lorenzon 11 pt.
08 L'Adri 10 pt.
09 Morgana 9 pt.
10 Eddy M. 8 pt.
11 Poison 8 pt.
12 Cannibal Kid 7 pt.
13 Umberto 4 pt.
14 Elle 4 pt.
15 M4ry 3 pt.
16 Frank Manila 3 pt.
17 Zio Robbo 3 pt.
18 Viktor 2 pt.
19 Beatrix Kiddo 1 pt.
20 Evil Monkeys 1 pt.
21 Ismaele 1 pt.
22 Blackswan 0 pt.
23 El Gae 0 pt.
24 Acalia Fenders 0 pt.


Sottolineo che a parità di punteggio compare prima in classifica chi in ordine temporale ha per primo raggiunto il punteggio in questione, non che importi poi più di tanto.

Vediamo i nuovi volti:

1)



2)



3)



4)



5)



6)



7)



8)




9)



10)

lunedì 20 gennaio 2014

LA MARVEL ALL'EPOCA DEL NOW - I NUOVISSIMI X-MEN

Torniamo a parlare di Marvel Now, il graduale rilancio dell'universo supereroistico della Marvel che proprio in questi giorni si appresta a varare una nuova ondata di rinnovamenti legati a personaggi come Iron Fist, Punisher e al ritorno di Peter Parker nelle vesti di Uomo Ragno.

Quando ci furono i primi annunci legati agli spostamenti di team creativi da una parte all'altra, quello che più mi colpì fu il passaggio di Brian Bendis dai Vendicatori agli X-Men. Sono sempre stato un sostenitore dello scrittore di Cleveland reputandolo, difetti compresi, uno capace davvero di rinnovare testate anche stantie. Nel sottobosco mutante qualcosa si stava muovendo da tempo, l'importanza degli X-Men tornava a farsi preponderante in un universo Marvel guidato ormai da tempo dal brand legato ai Vendicatori. L'arrivo di Bendis sulle testate principali legate agli X-Men era la ciliegina sulla torta di un passaggio di consegne che a me garbava parecchio. Le serie regolari a marchio X necessitavano di aria fresca e l'arrivo di Bendis cadeva a fagiuolo, come si suol dire.

Poi trapelarono le prime idee dello scrittore per il rilancio degli X-Men. Cominciarono a tremarmi le ginocchia, mi ero fatto l'idea che Bendis volesse trastullarsi con i miei personaggi preferiti con un'idea malsana che non stava né in cielo né in terra: portare nell'attuale linea temporale la formazione originale degli X-Men (i giovani Angelo, Bestia, Ciclope, Uomo Ghiaccio e Marvel Girl) per farla interagire con il gruppo di X-Men moderni appena reduci da uno scontro con i Vendicatori e con alcuni dei loro stessi membri posseduti dalla forza Fenice (in particolare Ciclope, Colosso, Emma Frost, Magik e Namor più il fido Magneto). Non mi convinceva per niente, prima di iniziare, quella che doveva essere All New X-Men, mi dava già la sensazione di occasione sprecata.

Ma come dicevo sopra io sono un sostenitore di Bendis e il ragazzo mi ha stupito una volta ancora riportando gli X-Men in cima alla lista delle mie preferenze, reputo infatti All-New X-Men la miglior serie supereroistica Marvel/DC dell'anno passato (tenendo conto della mia passione per i personaggi e del salto qualitativo fatto dall'arrivo di Bendis).


L'idea è questa: Bestia, sconvolto dal comportamento di Ciclope e dalla morte di Xavier e convinto di essere in punto di morte a causa di una malattia degenerativa, preleva dal passato gli X-Men originali mettendoli di fronte al disastro provocato da Ciclope e i suoi a causa della Forza Fenice. Così facendo Bestia è convinto che i giovani mutanti, resisi conto del futuro cupo che gli aspetta, si impegneranno una volta tornati nel passato per scongiurarlo. Purtroppo le cose non fileranno via così lisce.

Nei primi numeri della serie Bendis ci mostra il piano di Bestia concentrandosi anche sul nuovo team di Ciclope che per la sua rivoluzione mutante inizia a reclutare i nuovi dotati che dopo gli eventi di AvX hanno iniziato nuovamente a nascere un po' ovunque. La razza mutante è salva e in fin dei conti Cyclops was right. Gli X-Men originali si troveranno invece di fronte a una scuola avveniristica presieduta da un tappetto peloso e scontroso, McCoy si troverà a conoscere la sua controparte blu e Angelo il suo io moderno versione 2.0 completamente formattato e messo a nuovo. Inoltre i ragazzi dovranno affrontare in pochi giorni tutte le tragedie che per loro sono ancora da venire e il recente comportamento di Ciclope non è neanche la cosa peggiore, soprattutto tenendo conto che Jean Grey scoprirà quel che farà nei panni di Fenice Nera.

Insomma, il tutto funziona davvero bene, ne esce una serie fresca e divertente nonostante le premesse siano tragiche, gli spunti narrativi sono infiniti e Bendis li sta gestendo al meglio, All New X-Men è una di quelle serie che si leggono molto volentieri. Le matite sono state affidate a un sempre più bravo Stuart Immonen capace di mantenere un compromesso tra qualità e quantità davvero elevato, grande prova nei primi numeri sul contrasto tra look moderno e quello anni '60 del team originale. Per ora più di una dozzina di episodi senza cadute di tono, recentemente, scherzando, Bendis ha dichiarato che mira alla longevità di Claremont sulle X-testate. Uno scherzo ovviamente, però speriamo che il ragazzo duri.

Ad affiancare All-New X-Men Panini Comics ha inserito nel mensile anche la nuova X-Men: Legacy che narra le avventure del giovane David Haller, il figlio di Xavier noto come Legione. David è uno dei mutanti più potenti al mondo, affetto da disturbo di identità dissociate e multiple, al suo interno convivono centinaia di personalità, ognuna con un diverso potere mutante a disposizione. Nella serie scritta da Simon Spurrier e disegnata da Tan Eng Huat, troviamo David intento a costruire una prigione mentale per le sue personalità in modo da poterle gestire e richiamare all'occorrenza. E' una serie molto particolare questa, fuori dai soliti schemi delle testate mutanti, una narrazione in bilico tra forte ironia e tematiche difficili, con un protagonista capace di portare la narrazione in qualsiasi direzione e gestito al momento con intelligenza dal suo scrittore. I primi episodi sono quelli che rimangono i più convincenti fermo restando una buona qualità di base per tutti gli episodi, sicuramente una serie da tenere d'occhio grazie anche al tratto del disegnatore, molto spigoloso e in continua evoluzione. Personalmente non impazzisco per il tratto di Huat però gli riconosco una certa originalità.

Proprio in questi mesi si aggiunge una nuova serie al menù dal semplice e fuorviante titolo di X-Men. In realtà la serie avrebbe dovuto chiamarsi X-Women, protagoniste assolute della testata sono infatti Jubilee, Tempesta, Rogue, Kitty Pride, Rachel Grey e Psylocke. Un po' presto per giudicare però il team creativo è di tutto rispetto: Brian Wood e Olivier Coipel.

sabato 18 gennaio 2014

SHERLOCK - STAGIONE 1

L'uso di sviluppare serie televisive in stagioni composte da meno dei canonici 22/24 episodi ai quali ci ha abituati la serialità americana continua a dimostrarsi vincente. Questa scelta consente in prima battuta agli sceneggiatori e al budget di lavorare in maniera più mirata e a tutto vantaggio della qualità e a noi poveri spettatori in costante carenza di tempo di poterci godere ogni anno qualche bel prodotto in più. Pensiamo ai vari Black Mirror (3 episodi a stagione), lo stesso Sherlock (come sopra), Doctor Who (13 episodi), Life on Mars U.K. (6/7 episodi a stagione), The walking dead (prima 6 e poi 13) etc...

Non so a voi ma a me questa mentalità piace parecchio, pur continuando a seguire qualche serie da 24 episodi annui mi sembra quasi che queste diventino sempre più logoranti e troppo dilatate, ovviamente ci sono le eccezioni e quel che vi pare, però così è, la formula medio/breve mi pare che offra prodotti migliori. Sentitevi comunque liberi di smentirmi, riesco a guardare così poche serie in un anno che il mio parere non so quanto possa far testo.

Finalmente, grazie proprio alla sua brevità, sono riuscito a guardare con mia moglie una serie seria (cioè che non sia Big Bang Theory e scusate il gioco di parole serie/seria), la nostra scelta è caduta proprio sulla prima stagione di Sherlock.

I creatori Steven Moffat (a lavoro anche su Doctor Who) e Paul McGuigan, dopo aver studiato la lezione di Conan Doyle, trasportano il detective più famoso dell'epoca vittoriana nella Londra dei giorni nostri mantenendone però vizi e virtù inalterati ma al passo coi tempi. Insomma, lo Sherlock Holmes dei romanzi di Conan Doyle non era esattamente un simpaticone così come non lo è l'Holmes interpretato da Benedict Cumberbatch, il primo usava il metodo deduttivo e così fà il secondo, uno era un inguaribile annoiato (tranne che nel dipanare ingarbugliate matasse mentali) e così l'altro. Quindi l'Holmes moderno rispecchia abbastanza fedelmente il vero Holmes, altro che quell'interpretazione da cialtrone propinataci da Guy Ritchie per ben due volte sul grande schermo (e la seconda al momento mi sono rifiutato di vederla). Si gioca con tutto ma per alcune cose ci vuole rispetto, eh!

Qui rispetto ce n'è davvero parecchio, nello spirito almeno se non proprio al 100% nello sviluppo delle trame che prendono comunque spunto dalle storie arrivateci grazie alla penna del fido Watson qui interpretato da Martin Freeman.  Il Dr. Watson è, come il suo predecessore, un medico dell'esercito reduce da un'esperienza in Afghanistan. Alla ricerca di un appartamento viene indirizzato al 221B di Baker street, unico neo dell'intera vicenda il dover condividere l'appartamento con lo scostante quanto brillante Sherlock Holmes, sorta di consulente investigativo per polizia e non solo.

Nel primo episodio, Uno studio in rosa, direttamente mutuato dall'originale Uno studio in rosso, entriamo nel nuovo mondo di questo dinamico duo e assistiamo al dipanarsi della vicenda osservando il peculiare metodo investigativo/deduttivo di Holmes che si avvale qui di tutte le moderne risorse a disposizione: internet, smartphones, computer, etc... Allo stesso modo Watson, da scrittore dilettante, diventa un blogger molto seguito e via discorrendo. Come accennavo sopra lo spirito è quello giusto e la dislocazione temporale dal classico al moderno davvero riuscita.

La serie tra l'altro è in crescendo, parte con un ottimo episodio introduttivo dove tra l'altro compare anche Microft Holmes (lo stesso ideatore McGuigan) che ci permette di entrare nel mood della serie, alza il ritmo con un episodio centrale molto dinamico e articolato (il banchiere cieco) e si conclude con un terzo episodio (Il grande gioco) che ci propone già il primo incontro/scontro tra Holmes e Moriarty (Andrew Scott).

Un altro prodotto vincente dalla cara terra d'Albione, davvero niente niente male, la coppia di protagonisti si dimostra affiatata e, una volta messo tutto in prospettiva, risulta essere un versione parecchio convincente di una delle coppie più riuscite della letteratura mondiale.


venerdì 17 gennaio 2014

I MAGNIFICI SETTE

(The magnificent seven di John Sturges, 1960)

Calvera: In quanti siete qui nascosti?
Chris: In quanti bastano.
Calvera: Un nuovo muro.
Chris: Ce n'è più di uno, tutto intorno.
Calvera: Non mi impediranno di entrare qui.
Chris: Ma ti impediranno di uscirne.
Calvera: Lo sentite? Siamo presi in trappola... tutti e quaranta. Da questi tre, o forse sono quattro? Non possono averne assoldati di più.
Harry: Noi ci vendiamo all'ingrosso.
Calvera:  Cinque. Anche cinque non ci daranno molta noia.
Chris: Non ti daranno noia... se te ne vai.
Calvera: Andarmene? Io devo svernare sulle montagne, dove trovo da mangiare per i miei uomini?
Chico: Prova a comprarlo!
Bernardo: Oppure coltiva la terra!
Calvera:  Sette. No, non è il modo più pratico per procurarsi il cibo.
Chris:  Il commercio del cibo a noi non interessa.
Vin: Noi vendiamo piombo.
Calvera:  Anch'io. Trattiamo la stessa merce, eh?
Vin: Solo come concorrenti.

Il commercio del cibo a noi non interessa. Noi vendiamo piombo. A chi non piacciono scambi di battute come questo? Smargiassate piazzate sempre nel momento più opportuno. Nonostante I magnifici sette sia un film sicuramente imperfetto, come si può non apprezzarlo? Siamo a metà strada tra il western classico e il western più moderno, quello dei vari Leone o Peckinpah. La lotta contro l'indiano cattivo ce la siamo già abbondantemente lasciata alle spalle ma non siamo ancora entrati a piene mani dentro quella spirale di violenza, avidità e lerciume che contaminerà il genere da lì a poco. Qui ci sono ancora l'amicizia virile, il rispetto e soprattutto l'onore. Anzi l'Onore, e non potrebbe essere altrimenti avendo questo film come base una delle opere più celebri del maestro Kurosawa: I sette samurai.

Un film imperfetto, come dicevo, nelle scelte e nelle decisioni dei protagonisti, dure da accettare per chiunque. Ma forse gli uomini d'allora erano diversi da noi e soprattutto forse una loro parola valeva più di molto denaro.



Un villaggio di contadini messicani viene sistematicamente depredato dalla banda di Calvera (Eli Wallach). Stanchi dei soprusi, i contadini mandano una piccola delegazione in cerca di pistoleri a pagamento che possano difendere il villaggio. Per loro fortuna si imbattono molto presto in Chris (Yul Brinner) e Vin (Steve McQueen), coppia di pards appena formatasi in seguito alla riparazione di un torto. Tutto quello che i contadini hanno da offrire è un ingaggio di venti dollari per un lavoro che potrebbe durare sei settimane e costare la vita a qualcuno. Chris accetta l'incarico schierandosi con i deboli contadini e inizia un'opera di reclutamento che porterà al gruppo altri cinque elementi: l'infallibile Britt (James Coburn), il sanguemisto Bernardo (Charles Bronson), l'amico Harry (Brad Dexter), l'esperto Lee (Robert Vaughn) e il giovane Chico (Horst Buchholz).

Nonostante Sturges non sia né PeckinpahLeone e la scrittura dei personaggi presenti alcuni passaggi non totalmente credibili, il regista può però contare su un cast di prim'ordine che mette in campo la giusta miscela di caratteri e che permette di portare a casa il lavoro con un risultato davvero buono. L'eleganza e la freddezza di Brynner si mescolano alla perfezione con il piglio un po' guascone di McQueen e con l'icredula sagoma di Dexter che interpreta un amico di Chris convinto che questi abbia accettato l'incarico con un secondo fine: una miniera d'oro, un bottino, qualcosa, un leit motive che andrà avanti fino al finale in gran parte tragico. E ancora il buon Bronson, l'amico dei bambini e l'esperienza ormai logora e sfinita di Vaughn in contrapposizione all'irruenza giovane di un Buchholz in cerca del suo posto come personaggio e come attore (qui all'esordio). Per un film come questo un cast in stato di grazia con un Brynner che conoscevo poco e che ho trovato estremamente convincente.

Quando i valori significavano ancora qualcosa, presi e immersi nell'epica e nel mito della frontiera. Poi insomma, sono sette, non volete sapere alla fine chi rimane in piedi?

Brynner, McQueen, Buchholz, Bronson, Vaughn, Dexter, Coburn

giovedì 16 gennaio 2014

SUPER BRADI 12


La Bradi Pit Motion Pictures presenta:

HellBrady - Il risveglio del bradipo (ma quando?)


Clicca sull'immagine per ingrandire.

Aiutaci a diffondere il verbo del Bradipo linkandolo. Fallo tu perché il Bradipo fa n'caz.

mercoledì 15 gennaio 2014

X-MEN - L'INIZIO

(X-Men: First class di Matthew Vaughn, 2011)

Dopo i risultati a dir poco deludenti del terzo episodio dedicato agli X-Men, quel Conflitto finale dato in mano a Brett Ratner (ma perché?), tocca a Matthew Vaughn sostenuto dalle spalle larghe di Bryan Singer, dare una nuova direzione al gruppo mutante per eccellenza di casa Marvel. Diciamo subito che dopo l'ultima debacle qui si torna a ragionare, Vaughn e soci costruiscono un plot che sicuramente non rispecchia la storia che i fan degli X-Men conoscono e amano, le differenze sono davvero tantissime, però in qualche modo riesce a non tradirne lo spirito.

Si torna indietro nel tempo, l'apertura è la stessa del primo X-Men, quello di Singer, dove un giovane Eric Lehnsherr (Bill Bilner) manifesta per la prima volta i suoi poteri legati al magnetismo all'interno del campo di concentramento dove è rinchiuso insieme alla madre. Vaughn questa volta ci mostra di più: l'omicidio della donna per mano del dottor Schmidt scatena il pieno potenziale del futuro Magneto (Michael Fassbender).

Una ventina d'anni più tardi, siamo nei Sessanta, la strada di un giovane Eric in cerca di vendetta si incrocia con quella di un altrettanto giovane Charles Xavier (James McAvoy) e della sua amica Raven Darkholme (Jennifer Lawrence), mutanti anch'essi e impegnati in una missione per conto della C.I.A. insieme all'agente Moira McTaggart (Rose Byrne). L'obiettivo fermare i piani criminali del Dr Schmidt, ora noto come Sebastian Shaw (Kevin Bacon) mutante dall'enorme potere distruttivo.

Senza addentrarci ulteriormente nella trama è chiaro a chi mastica un po' il fumetto come la storia degli X-Men sia distante per situazioni, tempi e incroci tra destini e personaggi (nel film ce ne sono molti altri). Però il film gira bene, nel complesso ne esce un buon action supereroistico, che magari non piacerà ai detrattori del genere (ciao Cannibale, come stai?), ma che comunque fa la sua porca figura. Non mancano le scene spettacolari, i poteri dei vari mutanti sono resi sempre meglio e il cast messo in campo è di tutto rispetto. Ah, ci sono ovviamente le strizzate d'occhio riservate ai Marvel fan ma, correggetemi se sbaglio, mi è parso di non aver visto il solito cameo di Stan Lee.


Michael Fassbender è un giovane Magneto che nulla ha da invidiare a quello del più anziano Ian McKellen, sicuramente personaggio e attore più convincenti del lotto, non male neanche McAvoy come giovane Xavier molto distante però dai livelli di Stewart. Ho trovato un po' deludente la Jennifer Lawrence nei panni di Mystica e un pochino troppo algida la January Jones in quelli di Emma Frost, però che gran bel vedere, poi nel personaggio la freddezza ci sta anche bene. X-Men - L'inizio è anche l'occasione per introdurre nel mondo cinematografico targato Marvel personaggi ancora inediti come Havock (Lucas Till), Banshee (Caleb Landry Jones), Angel (Zoe Kravitz, figlia di Lenny) o Darwin (Edi Gathegi) e la versione giovanile pre periodo blu di Bestia (Nicholas Hoult). Non male anche il cameo di Hugh Jackman (Wolverine).

Nonostante i personaggi sembrino presi un po' a caso dalle pagine del fumetto e buttati nel team cinematografico alla fine l'amalgama funziona, lo script tiene, il film diverte, Vaughn fa il suo, il cast il loro e tutti quanti sono felici e contenti. Si delineano le varie fazioni che daranno vita alla storia degli X-Men, i pro integrazione e gli evoluzionisti. L'homo superior sarà davvero il futuro della razza umana? La risposta forse nel prossimo film dedicato al gruppo in uscita il prossimo maggio e nuovamente diretto dal sapiente Brian Singer.


martedì 14 gennaio 2014

CARRIE - LO SGUARDO DI SATANA

(Carrie di Brian De Palma, 1976)

La materia plasmata su carta da Stephen King nel corso degli anni ha conosciuto risultati quantomeno contraddittori nelle sue trasposizioni cinematografiche. Si va dai capolavori unanimamente riconosciuti come lo Shining di Kubrick ai prodotti di bassa lega come la miniserie tv Tommyknockers di John Power. Le storie del re hanno la capacità di trasformarsi in ottimi film se affidati alle mani capaci del regista giusto, l'elenco è nutrito e di tutto rispetto. Pensate a Kubrick (Shining), Reiner (Misery non deve morire, Stand by me), Singer (L'allievo), Carpenter (Christine - La macchina infernale), Darabont (Il miglio verde, The mist, Le ali della libertà) e Cronenberg (La zona morta). Mica male.

All'elenco delle trasposizioni più riuscite si può aggiungere anche l'adattamento del romanzo d'esordio di King per mano di Brian De Palma. Gran parte del merito della buona riuscita del film va sicuramente attribuito a una bravissima Sissy Spacek che pur non rispecchiando il tipo fisico della Carrie descritta nel libro riesce a trasmettere tutto l'essenziale: la fragilità e l'inadeguatezza di una ragazza cresciuta da una fanatica religiosa che si trasformeranno presto in umiliazione e infine in follia distruttiva.

Ottima anche la ricostruzione d'ambiente giocata quasi interamente tra la casa di Carrie e il liceo del paese. L'atmosfera magica del ballo della scuola fà da giusto preludio agli eventi in arrivo. Ben costruito anche il resto del cast con un giovane William Katt quasi adorabile (che testa il Ralph da giovane!) uno scellerato John Travolta e la magistralmente fanatica Piper Laurie.


Ma la parte migliore del film ruota attorno al personaggio della protagonista, una ragazza costretta a vivere in un mondo avulso dalla realtà a causa di una madre fanatica della religione. Inquietante la scelta di De Palma di rendere le varie icone religiose presenti nella casa di Carrie in maniera sempre sinistra e mai rassicurante, a sottolineare la visione malsana della fede della donna. Carrie White  (Sissy Spacek) è una ragazza fragile che della vita non sa praticamente nulla. Durante l'ora di ginnastica, negli spogliatoi, la ragazza ha il suo primo ciclo mestruale che la coglie totalmente impreparata mandandola nel panico e scatenando l'ilarità delle compagne di classe sempre pronte a umiliare la compagna più debole. L'episodio scatenerà anche i poteri telecinetici di Carrie che con il passare del tempo diverranno sempre più forti.

A prendersi cura della ragazza sarà l'insegnante di ginnastica, Miss Collins (Betty Buckley) e in maniera diversa la compagna Sue Snell (Amy Irving) che chiederà al suo ragazzo Tommy (William Katt) di accompagnare Carrie al ballo della scuola. Altre compagne non rinunceranno invece a umiliare la ragazza e la situazione esploderà in un finale quantomeno movimentato caratterizzato anche dalle scelte registiche di un De Palma ispirato.

Eccezionale l'interpretazione della Spacek che in maniera credibile porta passo dopo passo una reietta a una tenera rinascita, negli occhi il giusto mix di timore e speranza, speranza purtroppo destinata a essere infranta in un finale davvero esplosivo.


lunedì 13 gennaio 2014

ZUCKERMAN

(di Philip Roth, 2009)

E' sempre una grande soddisfazione avvicinarsi ad autori dei quali non si è mai letto nulla e scoprire il lavoro di grandi artisti come Philip Roth. La letteratura è una fonte di sorprese inesauribile e di ottime opere delle quali con questo Zuckerman ho fatto davvero il pieno. Il libro edito da Einaudi nel 2009 e tradotto da Vincenzo Mantovani è infatti una raccolta di tre romanzi più appendice che vedono protagonista Nathan Zuckerman, scrittore pseudo alter ego di Philip Roth. I romanzi qui contenuti sono Lo scrittore fantasma (The ghost writer, 1979), Zuckerman scatenato (Zuckerman unbound, 1981), La lezione di anatomia (The anatomy lesson, 1983) e il breve L'orgia di Praga (The Prague orgy, 1985).

In Lo scrittore fantasma troviamo un Nathan Zuckerman molto giovane, scrittore in erba con una manciata di racconti editi all'attivo alle prese con l'incontro con uno dei suoi miti, il grande narratore E. I. Lonoff (che i più affermano essere l'ater ego di Saul Bellow). Il romanzo si dipana nell'arco di due giorni all'interno della casa di campagna del New England dove Lonoff vive da recluso insieme alla moglie e a una giovane studentessa: Amy Bellette.
Come in tutti i romanzi del ciclo di Zuckerman viene fuori anche qui la questione ebraica essendo i protagonisti e Roth stesso americani di origine ebrea. Ma il nodo più interessante di questo primo romanzo è il forte contrasto tra la vita da recluso che un grande scrittore come Lonoff conduce, condizione quasi necessaria per portare a termine le sue opere, e la necessità di nuove esperienze, esasperata anche dalla presenza in casa della giovane Amy che stravede per lo scrittore ed è pronta a concederglisi. Personaggio davvero interessante quello della studentessa che, piccolo particolare, crede di essere Anna Frank sopravvissuta all'olocausto.
La prosa di Roth, qui come negli altri tre romanzi, incanta per fluidità riuscendo a tenere il lettore incollato alla pagina anche in assenza di grandi eventi, le riflessioni sono la parte preponderante dei romanzi dello scrittore e nonostante manchi una fitta successione di eventi la narrazione presenta sempre il giusto ritmo e una grande armonia.

Gli scritti di Roth non mancano nemmeno di forte ironia, uno degli esempi più divertenti è proprio la parte iniziale di Zuckerman scatenato dove il nostro scrittore è ormai divenuto una celebrità soprattutto grazie al suo best seller Carnovski. La gente ormai lo ferma per strada e Nathan si trova a dover affrontare il grande successo, il mondo degli investimenti, le donne e anche qualche svitato. Fantastico il personaggio di Alvin Pepler che ossessiona Nathan con il racconto della sua esperienza nel mondo dei quiz televisivi ispirata ad uno scandalo realmente accaduto in America negli anni '50. Grande importanza in una narrazione fortemente autobiografica hanno le conseguenze delle parole scritte dall'autore sui membri della propria famiglia. Il contrasto con un padre che non approva la visione degli ebrei portata su carta dal proprio figlio reputandola dannosa e ingiuriosa si mescola al dolore silenzioso della madre.

Il rapporto dell'autore con una scrittura autobiografica si ripresenta anche nel terzo romanzo La lezione di anatomia. Siamo ormai negli anni '70 e Nathan Zuckerman è affetto da un dolore cronico che gli impedisce ormai di scrivere costringendolo a passare molto del suo tempo nel suo appartamento di New York sdraiato sul suo materassino e accudito a turno da un entourage di donne, convinte forse di poterlo guarire. Si ripropone qui il tema della scrittura contrapposto a quello dell'esperienza della vita, una sottile linea rossa tra i vari romanzi di grandissimo interesse.

Chiude la quadrilogia il breve L'orgia di Praga dove Zuckerman si troverà nella Cecoslovacchia del 1976 in uno stato sotto il regime dettato dai sovietici, avrà modo di osservare il trattamento tributato a scrittori e artisti in un mondo decisamente distante dal suo.

Sono romanzi quelli di Roth dei quali si amano stile e riflessioni più che l'incedere degli eventi, romanzi che non se ne trovano tantissimi in giro e che, strano ma vero, difficilmente si vedono in cima alle classifiche dei libri più venduti in Italia.

Philiph Roth

venerdì 10 gennaio 2014

VISIONI 52

Per questo nuovo appuntamento con visioni vi propongo il lavoro che Ido Yehimovitz ha elaborato per il suo progetto intitolato Ze future. Il ragazzo deve essersi divertito non poco nel creare una sorta di versione futuristica di alcuni veicoli dal design decisamente vintage o retrò. Magari l'idea non è una novita assoluta ma quel che ne viene fuori mi è sembrato parecchio divertente. A voi.

































Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...