mercoledì 30 dicembre 2015

L'UOMO FIAMMIFERO

(di Marco Chiarini, 2009)

Ha il sapore della favola per bambini il film di Marco Chiarini e proprio ai fanciulli capaci ancora di meravigliarsi e credere nella magia delle cose che non sono è rivolta questa storia ambientata nelle campagne d'Abruzzo. La vicenda è velata da un fondo di tristezza nonostante Simone (Marco Leonzi), l'undicenne protagonista, sia un bambino vivace e positivo. Purtroppo Simone ha perso la mamma, vive in un casolare con il suo burbero papà (Francesco Pannofino) capace di gesti d'affetto come di scatti di rabbia, in fondo il suo papà deve elaborare la stessa perdita subita da Simone.

Tra i ricordi più vividi di Simone legati alla madre c'è quello della magica figura dell'Uomo Fiammifero, eterea presenza spesso invocata in passato dalla donna durante gli spensierati momenti di gioco con il figlio. Concretizzato sotto forma di pupazzo, l'Uomo Fiammifero è per Simone una sorta di ossessione ancorata al ricordo della madre, un'ossessione divenuta ricerca attiva di indizi al fine di poter finalmente incontrare il magico omuncolo, non fosse altro che per dimostrarne l'esistenza allo scettico padre.

L'uomo però ha altro a cui pensare, la famiglia è povera ed è costretta ad accudire gli animali della fattoria per conto dei ricchi proprietari, qui personificati nella figura dell'antipatico adolescente Rubino (Davide Curioso). Mentre Simone continua ad estraniarsi dalla realtà in compagnia di amici sui generis come Giulio Buio (Matteo Lupi), che non si vede mai alla luce del sole, ocraM (Armando Castagna), il ragazzo che vive al contrario e Dina Lampa (Anastasia Di Giuseppe), che si accende e si spegne come una lampadina, in campagna arriva la bella cugina del bieco Rubino, la giovane Lorenza (Greta Castagna). Sarà proprio lei a entrare in empatia con Simone e ad appassionarsi alla sua stramba storia.


Girato con pochi mezzi il film si affida al mestiere di Pannofino e a un mix di tecniche apprezzabile in un film low budget come questo. Semplici sequenze animate si contrappongono di tanto in tanto alla messa in scena live action andando a creare quello stacco realtà/magia che tutto sommato nell'opera di Chiarini funziona bene. Il cast di bambini, direi a occhio tutti all'esordio o quasi, è capace di dare credibilità a questa vicenda a misura di bambino in un contesto dove anche al dolore più grande è necessario reagire, per un bambino è forse più semplice farlo con la magia, con la fantasia, in scenari lontani dalla realtà che possano assolvere comunque alla funzione di crescita e di superamento delle difficoltà.

Nonostante le fondamenta del film muovano da un evento traumatico, la vicenda e i suoi protagonisti sono solari e capaci di affrontare un tema difficile per i bambini, almeno a livello emotivo, nella giusta maniera e con la giusta misura. Visto con gli occhi di un bambino questo film, come tante altre cose, dimostra ancora una volta quanto la magia e la voglia di sognare siano caratteristiche indispensabili per un'infanzia serena, e quanto sia un dovere per noi adulti cercare di non inaridire questo aspetto delle vite dei nostri bambini.


lunedì 28 dicembre 2015

HOME - A CASA

(Home di Tim Johnson, 2015)

Come non regalarsi la visione dell'ennesimo cartone animato sotto le feste di Natale? Dopo la recente esperienza con Mr. Peabody e Sherman, per il cartone di stasera ci siamo rivolti nuovamente alla Dreamworks Animation e al suo ultimo prodotto, Home - A casa diretto da quel Tim Johnson già autore di Shrek e Dragon Trainer. Nonostante avessi rimosso completamente l'uscita di questo cartone animato dalla mia mente devo dire che il film in questione non è niente male e ammetto di averlo preferito al forse più pubblicizzato Mr. Peabody e Sherman uscito nelle sale l'anno precedente.

Home è un film molto semplice se paragonato ad esempio al capolavoro Pixar di quest'anno, Inside Out, è un film che parla d'amicizia, di famiglia e di accettazione del diverso, temi universali e ampiamente dibattuti nell'animazione per i più piccoli. Ciò nonostante, con le dovute variazioni e con piccoli scarti, è ancora possibile creare belle storie, semplici e godibili sia da grandi che piccini, partendo da fondamenta ormai consolidate e risapute. È proprio questo il caso di Home, cartoon intriso di buoni sentimenti e melassa spruzzati però con la giusta dose di sano divertimento e umorismo che spesso si rivela la carta vincente di produzioni di questo genere.

La razza aliena dei Boov è solita fuggire di fronte al pericolo e colonizzare in maniera forzosa nuovi pianeti sui quali stabilirsi. Ma anche tra i paurosi Boov c'è chi viene isolato ed emarginato a causa dei suoi errori e della sua pedanteria, questo è proprio il caso dell'alieno Oh (doppiato in originale da nientepopodimenoche il grande Sheldon Cooper di Big Bang Theory). Ora capita che i Boov siano nel mirino dei più feroci e bellicosi Gorg, meta della loro nuova fuga diventa così il pianeta Terra raggiunto il quale i Boov confineranno gli umani nel continente australiano, impadronendosi del resto del pianeta e adattandolo alle loro esigenze. Al trasferimento forzato scampa l'adolescente Tip che però viene separata dalla sua mamma ora ricollocata in Australia. Le solitudini di Tip e di Oh, emarginato e ricercato in seguito al suo ennesimo e disastroso errore, si incontrano, e ai due non rimarrà che unire le forze per provare a raggiungere i rispettivi scopi: ritrovare la mamma e farsi accettare dalla propria razza. Il consolidamento di questa nuova unione prima e amicizia poi non sarà sempre dei più semplici.


Sono diverse le scene che puntano sulla commozione e cercano di creare empatia (riuscendoci peraltro) tra lo spettatore e l'evolversi del rapporto tra Tip e Oh. Sarà un viaggio fantastico a bordo di un'automobile modificata a essere metafora del viaggio di crescita e reciproca conoscenza delle due creature, entrambe aliene l'una per l'altra. L'animazione è su buoni livelli e anche le scelte grafiche effettuate sui personaggi non sono male, umani più rotondetti che smilzi e Boov che cambiano colore a seconda del proprio stato d'animo. Probabilmente d'originale c'è davvero poco ma il film risulta ugualmente gradevole e divertente, una bella sorpresa per un titolo dal quale non ci aspettavamo poi molto.


sabato 26 dicembre 2015

REGALI 2015

Ed eccoci al rinnovato appuntamento con la carrellata di regali ricevuti da Babbo Natale in questo freddo ma caldo 25 dicembre 2015. A differenza degli anni passati ho deciso di non spendere nemmeno una parola su bilanci passati e speranze future. Passiamo quindi subito al dunque e parliamo dell'oggetto frivolo di questo post, gli agognati (ma neanche in maniera eccessiva, che da questo punto di vista dalle nostre parti siamo molto tranquilli) regali.


Come sempre iniziamo dai regali in arrivo dal nucleo familiare. Il regalo grosso è solitamente quello di mia moglie, mamma e papà infatti col passar degli anni son sempre più orientati verso l'obolo monetario e sonante. E quindi mia moglie ha optato per l'ormai utilissimo Samsung Galaxy SIII Neo (+ custodia), che il mio vecchio modello era ormai sorpassato e poco funzionale/funzionante.




Come aggiunta e pacco a sorpresa, che un poco il regalo di sopra ce lo si aspettava, ecco arrivare un bel berretto targato Champion su tonalità di grigio.




Dai suoceri è arrivata una comoda custodia per il tablet che ancora vagava libero da protezioni di sorta.




Mio cognato è ancora una volta sceso dall'Inghilterra con in mente (e in valigia) un regalo del tutto originale. Come non apprezzare l'acidissimo Christmas sweater del Dr. Seuss indossato nella foto dalla sedia della mia postazione Pc?




Chiudiamo l'ormai consueta carrellata natalizia con la proposta letteraria culturale dell'anno che consiste in due nuovi libri per la nostra libreria, nella fattispecie dalla wishlist annuale e ormai più che chilometrica mio fratello ha scelto La fine dei giorni di Alessandro De Roma e Canada di Richard Ford.







Questo post è sempre una buona occasione per rinnovare a tutti voi i miei auguri affinché possiate passare le feste e non solo quelle nella massima serenità. Che poi non servirebbe molto altro.

giovedì 24 dicembre 2015

BUON NATALE

Buon Natale a tutti voi fantastici lettori e amici da parte mia e di Giuseppe.


Clicca sull'immagine per ingrandire.

Aiutaci a diffondere il verbo del Bradipo linkandolo. Fallo tu perché il Bradipo fa n'caz.

lunedì 21 dicembre 2015

MORGAN LOST

Non si può certo dire che la Bonelli negli ultimi anni sia stata ferma e arroccata sulle sue posizioni, la casa editrice si sta ormai muovendo su tutti i fronti tentando di capitalizzare il patrimonio immenso derivante dalla sua pluriennale tradizione e dal parco personaggi in suo possesso di assoluto rispetto e alta valenza storica. I detrattori ovviamente troveranno sempre materiale per criticarne le scelte (critiche tra l'altro non tutte infondate). Nonostante spesso si accusi la corazzata del fumetto italiano di sperimentare poco nel modo di narrare le proprie storie, le novità continuano a fioccare e a mio avviso più o meno tutti i lettori potranno trovare, tra proposte vecchie e nuove, qualcosa di affine al gusto del proprio palato.

Tra le novità dell'ultimo periodo un album di figurine dedicato a Tex, una serie televisiva ambientata in redazione (o comunque qualcosa di simile), gli albi autoprodotti per le fumetterie in un caotico poutpourri di formati e prezzi, le miniserie a breve termine e la nuova serie regolare ideata da Claudio Chiaverotti dedicata a Morgan Lost.

Ma chi è questo Morgan Lost? Ucronia: esperimento mentale (o narrativo) con cui si ipotizzano esiti storici diversi da quelli che realmente si sono verificati. Siamo a New Heliopolis in un'epoca che all'apparenza potrebbe ricordare i '50 americani del secolo scorso contaminati da una massiccia dose di cultura egizia, tecnologie alternative e costumi sociali molto, molto diversi dai nostri (o forse no?).

Siamo in una realtà in cui Adolf Hitler è stato ucciso dalla spia Marlene Dietrich e Albert Einstein ha ripiegato su una carriera da scrittore di fantascienza. L'isteria del momento, e forse non solo del momento, è quella per i serial killer ai quali è dedicata anche una trasmissione televisiva di successo che li idolatra e li presenta al pubblico con tanto di quotazioni al rialzo o al ribasso legate al valore della propria taglia. Il rovescio della medaglia sono i bounty hunters, i cacciatori di taglie di cui Morgan Lost è un ottimo rappresentante. Morgan ha alle spalle una storia di dolore e violenza che verrà resa nota già nel corso del primo numero della serie.

Come già ho avuto modo di scrivere in altre occasioni reputo l'argomento serial killer ormai di scarso interesse, almeno narrativamente parlando. Ciò nonostante i primi due numeri dedicati alla nuova creatura di Chiaverotti mi sono sembrati ben scritti e abbastanza interessanti, vuoi per l'ambientazione originale, vuoi per la caratterizzazione grafica del personaggio abbastanza riuscita, vuoi per i personaggi sopra le righe, al momento l'intreccio è stato capace di intrattenermi nella giusta maniera. Interessanti anche le sequenze oniriche inserite durante la narrazione.

Anche graficamente Morgan Lost si rivela interessante. Belle le copertine divise in vignette, forse meglio quella del primo numero ma comunque d'impatto anche le due successive. Funziona anche la scelta di rendere tutto graficamente in toni di grigio e rosso, decisione artistica che in ogni caso avrei evitato di argomentare. Mi è sembrato di capire che la strana cromia rispecchi il modo in cui vede il mondo il protagonista, affetto da una particolare forma di daltonismo. Come spiegare allora la colorazione nelle sequenze in cui il protagonista è assente o non sta osservano la scena? Vabbè, questi sono dettagli di poco conto a mio avviso, l'importante è che nel complesso il risultato sia gradevole. Posso ammettere che al momento la serie ha catturato la mia attenzione come non erano riusciti a fare i recenti Lukas o Adam Wild per esempio, vedremo cosa Morgan Lost ci riserverà in futuro.


STAR WARS - EPISODIO VI - IL RITORNO DELLO JEDI

(Star Wars: Episode VI - Return of the jedi di Richard Marquand, 1983)

Messa un poco da parte la vicenda amorosa tra la Principessa Leila (Carrie Fisher) e il guascone Ian Solo (Harrison Ford), comunque ancora presente, Il ritorno dello jedi verte principalmente sui legami familiari degli Skywalker. Se la rivelazione della parentela tra Luke (Mark Hamill) e Darth Vader (David Prowse) aveva fatto tremare le gambe agli spettatori nel 1980, tre anni più tardi a emozionarli sarà il riscoperto rapporto di fratellanza tra Luke e Leila. Nonostante questi aspetti molto interessanti, lo scontro finale tra Luke e suo padre e il fato dell'Imperatore (Ian McDiarmid), questo terzo, oops... sesto episodio mi sembra sia il meno riuscito della trilogia originale.

Pur essendo il più recente dei tre l'ho trovato anche il più deludente sotto il punto di vista visivo, nonostante il film si sia comunque aggiudicato l'Oscar per i migliori effetti speciali. Probabilmente la scelta di ambientare diverse sequenze in mondi con una quantità esagerata di creature fantastiche ha dato alla pellicola un aspetto un po' troppo infantile e "pupazzoso", non solo a causa della presenza degli Ewoks (praticamente orsacchiotti di peluche molto teneri) ma anche grazie alla lunga sequenza iniziale alla corte di Jabba the Hutt (pensiamo solo ai componenti del gruppo musicale ad esempio).


Sembra invece una riedizione del finale dell'episodio IV la battaglia tra la flotta dei ribelli e l'Impero che nel tempo intercorso tra l'episodio precedente e questo ha iniziato a costruire una nuova Morte Nera. Scelta forse poco originale anche se narrativamente coerente, l'attacco guidato questa volta da Lando (Billy Dee Williams) a bordo del Millenium Falcon ricorda un po' troppo (e in maniera frettolosa) le dinamiche di annientamento della prima Morte Nera per mano di Luke Skywalker.

Le scene spaziali hanno sempre la loro ottima resa, così come sono ben riusciti gli inseguimenti nei boschi a bordo degli speeder che tra l'altro mi ricorderanno sempre il videogioco per Amiga dedicato al film, così come me lo ricorda Chewbecca (Peter Mayhew) alla guida del camminatore (o quel che è).

Una chiusura forse non all'altezza degli episodi precedenti ma comunque capace di regalare diversi buoni momenti, un film che in ogni caso si lascia guardare molto bene ancora oggi a più di trent'anni dalla sua uscita.


sabato 19 dicembre 2015

STAR WARS - EPISODIO V - L'IMPERO COLPISCE ANCORA

(Star Wars: Episode V - The Empire strikes back di Irvin Kershner, 1980)

Niente. Passato ormai del tempo dalla visione di Una nuova speranza ho provato a riproporre la saga di Star Wars a mia figlia ma non c'è stato niente da fare, ha preferito riguardarsi Hotel Transylvania per l'ennesima volta. Così mi sono rivisto in solitaria L'impero colpisce ancora: spettacolo e meraviglia. Il film ha una tenuta eccezionale nei confronti del tempo che passa, visivamente ancora oggi accattivante e spettacolare, con tantissime sequenze benedette da una fotografia azzeccatissima e scenografie da urlo.

Se per una questione puramente personale legata a ricordi d'infanzia e ad alcune specifiche scene ormai fisse nella mente ancor oggi preferisco l'episodio precedente (Una nuova speranza), la riscoperta della parte centrale della trilogia originale dopo anni dall'ultima visione è stata più che appagante, capace di ridimensionare anche le più piccole cattive impressioni che chissà perché mi portavo ancora dietro. Cattive impressioni in questo caso è un'espressione troppo forte, diciamo che ricordavo qualche lungaggine di troppo nelle sequenze con Yoda, lungaggini peraltro completamente assenti.

A farla da protagonista, più che gli scontri che pure non mancano, il rapporto romantico condito di battibecchi assortiti tra un giovane Harrison Ford nei panni di Ian Solo e la Principessa Leila (Carrie Fisher) che garantisce al film anche l'indispensabile dose di ironia e di battute indovinate e indimenticabili (il celebre ti amo - lo so ad esempio) e il più serioso, ma non troppo, addestramento alla Forza di Luke Skywalker (Mark Hamill) da parte del maestro Jedi Yoda. Importante anche l'ampliamento della geografia stellare con l'introduzione del pianeta ghiacciato Hoth, del nebbioso Dagobah dove verrà addestrato Luke e della città delle nuvole governata dal trafficone Lando Calrissian (Billy Dee Williams).


Infine la scena che tutti vogliono rivedere, la frase che tutti vogliono riascoltare, la già nota rivelazione che tutti vogliono rivivere. La tentazione del lato oscuro della forza. Da applausi anche alcune delle sequenze più dinamiche a partire dall'attacco dell'impero alle forze ribelli sul pianeta Hoth in un'incredibile scenario innevato fino ad arrivare allo scontro tra Luke e Darth Vader (David Prowse).

Non entro neanche nel merito della bellezza di tutto quel che riguarda il design delle astronavi, dei costumi, delle creature, dei droidi e di tutta la parte scenografico fantascientifica ancor oggi impeccabile. Probabilmente un brand che non andrà mai alla fine come dimostra il successo anche preventivo ottenuto dalla nuova pellicola della saga. Che dire ancora? Che la Forza sia con voi.


giovedì 17 dicembre 2015

LA BUONANOTTE - THE ROLLING STONES - WILD HORSES

Nell'augurarvi una buona notte...



The Rolling Stones - Wild Horses

dall'album Sticky fingers del 1971

martedì 15 dicembre 2015

MERCANTI DI SCHIAVI

(di Claudio Nizzi e Manfred Sommer, 2003)

Per il diciassettesimo appuntamento con il Texone mi sembra si sia puntato su un'interpretazione molto classica del ranger con la scelta di Manfred Sommer come artista di turno. Il tratto all'apparenza leggero e l'uso dei chiaroscuri del disegnatore spagnolo rendono giustizia alla sceneggiatura imbastita da Claudio Nizzi senza calcare troppo la mano su questo o quell'altro elemento in particolare, distinguendosi solamente per alcune espressioni molto arcigne cucite addosso all'ormai mitico Tex Willer.

Ciò non toglie che l'immersione nelle tavole giganti del Texone rimanga un grande piacere soprattutto grazie alle sempre godibili trame inventate dall'immancabile Nizzi (al momento di questa uscita ne aveva mancato uno su diciassette). Ciò nonostante ammetto di ricercare nel Texone soprattutto l'interpretazione particolare, il tratto riconoscibile di una firma nota e magari lontana dal personaggio, l'originalità e l'inconsueto, proprio per questo il numero realizzato da Sommer mi è parso tra i meno attraenti tra quelli finora letti.

Arizona del Sud. Willer e Carson rispondono alla richiesta di aiuto del loro amico padre Mateo, responsabile della missione di San Juan. Alcuni dei ragazzini ospiti della missione sono stati fatti rapire per essere sfruttati come manodopera gratuita in una miniera, uno sfruttamento di giovani bambini che gente come Tex e Carson non possono di certo permettere.

Come dicevo siamo nel classico, col magnate benestante che non si fa scrupolo pur di continuare ad arricchirsi, di contornarsi di pendagli da forca dalla scarsa moralità e di sfruttare finanche l'innocenza di piccoli bambini. Un Texone solido, senza particolari guizzi che si è rivelato una buona lettura ma che non è stato capace di ispirarmi un pezzo migliore di quello che avete appena finito di leggere. Sarà per la prossima volta, intanto riponiamo fiducia nel lavoro di Roberto De Angelis, disegnatore scelto per l'albo speciale numero diciotto.


sabato 12 dicembre 2015

STRONZI

(Assholes. A theory di Aaron James, 2012)

Stronzi. Un saggio filosofico, così recita il sottotitolo del libro scritto da Aaron James, professore di Filosofia presso la University of California.

È possibile riconoscere con precisione scientifica chi sia una stronzo, una di quelle persone in grado di inquinarti la vita, e allo stesso tempo essere talmente bravi da resistere alla tentazione di picchiarlo a sangue o trattenersi dall'ucciderlo con le proprie mani? E ancora, vale la pena farsi il sangue amaro a causa di questa massa di stronzi che appestano la società moderna? A questi e ad altri quesiti simili tenta di rispondere questo saggio filosofico (definizione un po' pomposa e sovradimensionata dello scritto a mio avviso) edito da Rizzoli.

Si cerca in queste pagine di definire chi sia uno stronzo, quali caratteristiche debba avere una persona per essere a pieno titolo definita tale, ci si balocca anche con la semantica andando a distinguere lo stronzo (o lo stronzo potenziale) dalla carogna o dal bastardo ad esempio. Per far questo James porta esempi concreti di personaggi noti a tutti da lui reputati grandi stronzi, riporta esternazioni o conversazioni degli stessi individui, alcuni dei quali molto vicini alla sfera politico culturale nordamericana.

Se l'argomento vi attira o se in segreto temete di essere considerati dagli altri dei perfetti stronzi (cruccio che però di norma lo stronzo non si pone, quindi probabilmente siete salvi) tentiamo di cavarci subito il dente. In linea di massima siete degli stronzi se:
1) Vi arrogate sistematicamente privilegi che non vi competono.
2) Agite sulla base di un radicato senso di superiorità.
3) Tale senso di superiorità vi rende del tutto immuni alle altrui lamentele.
4) Non leggete in maniera sistematica tutti i post di questo blog (ok, ok, questa me la sono inventata, tenete buone le prime tre).

Allora, i primi tre punti di cui sopra vi ricordano qualcuno con il quale avete a che fare nella vostra vita? Bene, con tutta probabilità quello è uno Stronzo, ora potete pure andare a dirglielo.

Segue tutta una fantasiosa classificazione dei vari tipi di stronzo, dallo stronzo bifolco allo stronzo megalomane fino ad arrivare allo stronzo presidenziale. Di maggiore interesse invece sono alcune considerazioni prevalentemente sociologiche sull'argomento. Perché abbiamo l'idea (peraltro corretta) che paesi come il Giappone producano una massa di stronzi decisamente inferiore rispetto a quella scaturita da nazioni come gli U.S.A. oppure (ahimè) l'Italia? (ebbene si, noi risultiamo tra i paesi a più alta concentrazione di stronzi). Perché in linea di massima gli uomini sono più stronzi delle donne? Perché gli stronzi sguazzano alla grande nei sistemi capitalistici spinti (o capitalismo stronzo)? Tutti spunti e questioni utili per arrivare al tema finale, cioè quello di come resistere e imparare a gestire gli stronzi.

Alcune considerazioni: perché un volume di questo tipo è finito nella mia libreria? Risposta: più o meno per caso. Letta la recensione tempo fa su Internazionale la feci vedere a mia moglie che mostrò un simpatico interesse per l'argomento. Visto che a Natale mio fratello non sa mai cosa regalare a nessuno glielo feci prendere per mia moglie. Lei ne lesse qualcosa e poi annoiata lo ripose in libreria. Così ora ci ho provato io. Effettivamente il saggio ripete più e più volte alcuni concetti chiave, tecnica abusata da molti saggisti americani allo scopo di fissare bene nella mente dei lettori quei concetti stessi. Questo alla lunga può un po' stancare, inoltre per un argomento come questo il libro non si rivela sufficientemente divertente e le possibilità per esserlo c'erano tutte, qualche sana risata in più sinceramente me la sarei aspettata. L'aiuto finale che questo manualetto dovrebbe suggerire si rivela poi stringato e banalotto.

Senza essere professore e saggista ora vi dirò io cosa fare in due parole. Arrabbiatevi con questi stronzi, tentate anche di combatterli se potete perché è giusto farlo. Ma imparate anche un po' a farveli scivolare addosso perché mi sembra sempre più evidente che tanto non ce ne libereremo mai. Se poi siete sicurissimi di rimanere impuniti... beh, allora picchiateli a sangue, se lo meritano.

Aaron James

martedì 8 dicembre 2015

DOCTOR WHO - STAGIONE 9

Ero quasi pronto a raccontarvi di un amore ormai concluso, stemperato dal passare del tempo, dall'abitudine e dallo sbiadirsi delle emozioni. Poi, grazie ad alcune impennate, a un lavoro continuo di cesello e al ritorno delle grandi Emozioni in un finale di stagione magnifico mi sono dovuto ricredere in gran parte.

Rispetto alla stagione precedente Moffat e il suo team hanno fatto diversi passi in avanti, presentandoci un Dottore (Peter Capaldi) nuovo ma molto più simile ad alcune sue incarnazioni passate, dai modi certamente diversi ma ora meno scontroso e sempre più legato alla sua companion Clara (Jenna Louise Coleman), tanto legato a lei da affrontare sacrifici immani come neanche il centurione Rory  aveva fatto per la sua amata Amelia.

E non è il ritorno su Gallifrey a destare l'attenzione, non è lo scontro con chi condusse la guerra del tempo ad emozionare, è semplicemente, e ancora una volta finalmente, il Dottore e solo il Dottore, con la sua costante crescita, il suo amore per la sacralità della vita, la sua avversione per la guerra (nonostante rimanga un personaggio complesso) e l'affetto incondizionato per la sua companion a tenere banco. E finalmente Peter Capaldi è il Dottore, un protagonista lontano per molti aspetti dalle sue precedenti incarnazioni ma infine vicino a esse, un Dottore con il quale, a differenza dei suoi predecessori, non si è creata subito quell'empatia necessaria per apprezzare a fondo le stagioni di cui è protagonista, ma che si ritaglia il suo spazio nella storia della serie grazie all'interpretazione di un attore di classe. E ancora, messe da parte sconclusionate ipotesi e trame poco azzeccate a lei dedicate, il rapporto con la scavezzacollo Clara torna su un piano prevalentemente emozionale regalando grandi momenti, i migliori dei quali poggiano interamente sulle spalle di Capaldi (splendido il penultimo episodio).


Tutto è di nuovo in gioco, il personaggio evolve e Clara cosa farà? La Coleman lascerà la serie o rimarrà? Tutto è ancora possibile, la mia speranza è che nel caso si optasse per una nuova companion la scelta degli autori non ricada sul nuovo personaggio di Ashildr (Maisie Williams) che introdotta in questa stagione non mi ha convinto per nulla. Ma quel che veramente importa è che ci siano stati quei segni di ripresa in fase di scrittura, sul piano emotivo, quei passaggi capaci di avvincere e portare con sé brividi e ammirazione.

Sembra che si sia ripresa la strada giusta, ora non rimane che attendere lo speciale natalizio (praticamente alle porte) con il ritorno di una mai dimenticata River Song (Alex Kingston)

PS: se vi capita osservate per benino l'interno del Tardis in stile moderno che compare nell'ultima puntata.


PRESEPE

Un lampo di luce e un arrivo inatteso disorientano i pastori, ovviamente non si tratta del bambinello... in fondo oggi ne abbiamo solo otto.



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domenica 6 dicembre 2015

IL MISTERO DELLA PIETRA MAGICA

(Shorts di Robert Rodriguez, 2009)

Ancora all'asciutto per quel che riguarda la saga dedicata ai suoi Spy Kids, la curiosità di vedere cosa potesse aver combinato un regista come Robert Rodriguez nei suoi film dedicati ai ragazzi era davvero molta. Rodriguez porta la sua attitudine casinara e artigianale anche in questo settore dell'intrattenimento, proponendo inoltre una sorta di costruzione da cinema postmoderno forse ancora poco vista (o per nulla) in un film rivolto ai più giovani. Così spettatore e protagonisti de Il mistero della pietra magica si trovano a ricostruire gli episodi della strampalata e divertente vicenda destreggiandosi tra flashback e flashforwards in maniera affatto lineare. Significativo sotto questo aspetto il titolo originale Shorts che indica proprio lo spezzettamento della narrazione, i piccoli episodi che la compongono, scelta di titolo indubbiamente più coraggiosa della sua controparte italiana che comunque non porta di certo fuori strada lo spettatore.

Eh già, perché al centro della vicenda c'è proprio una pietra magica del colore dell'arcobaleno, una pietra capace di esaudire ogni desiderio di chi in quel momento la stia stringendo tra le mani. Essendo i protagonisti quasi tutti bambini, i desideri espressi saranno uno più fantasioso e strampalato dell'altro. Rodriguez nel film mette tutto se stesso, occupandosi oltre che della regia anche del soggetto, della sceneggiatura, della fotografia, del montaggio e della composizione delle musiche. L'approccio divertito e anarchico tanto caro al regista, scevro di volgarità o violenza, è ben intuibile in questo film che potrebbe piacere anche ai fan più adulti di Rodriguez, alcune trovate sparse qua e là nella vicenda sono effettivamente divertenti.

La storia in sé non è nulla di eccezionale ma sviluppa in maniera originale temi molto ricorrenti nei film per ragazzi. Nella cittadina di Black Falls tutti lavorano per il cinico Mr. Black (James Spader) e per la sua Black Box Industries che produce la Black Box, un aggeggio tuttofare e iperconnesso dal quale l'intera popolazione è ormai dipendente (tipo I-phone, via). Anche i genitori di Toby (Jimmy Bennett), detto il soggetto, lavorano lì e sono a capo di due gruppi di sviluppo in competizione tra loro. A scuola Toby è angariato da una squadretta di bulli capitanata da Helvetica Black (Jolie Vanier), figlia di Mr. Black. Isolato e con pochissimi amici Toby entrerà casualmente in possesso della pietra magica, oggetto fantastico che nel corso del film passerà di mano in mano dando vita alle fantasie più sfrenate del regista.


Forse proprio questo può essere il punto debole del film, cioè l'eccessivo accumulo di situazioni bizzarre e trovate fantastiche che si succedono una via l'altra, come l'uomo wurstel, la Black Box stile Transformers, la caccola di naso gigante che prende vita, gli pterodattili, etc., etc... dopo un po' lo spettatore si aspetta di tutto. Positiva invece a mio avviso l'idea di abituare anche il pubblico più giovane a stili di narrazione per immagini diverse, magari molto cool ma anche meno lineari della media, cosa che comunque induce ad avere un'attenzione un poco più alta del solito.

Alla fine della fiera sicuramente non si assiste a un film memorabile ma a una pellicola originale e divertente sicuramente sì, ammetto di essermi fatto anche io parecchie risate, in più Laura ha gradito molto e così... missione compiuta.


venerdì 4 dicembre 2015

THE HUNTING PARTY

(di Richard Shepard, 2007)

Ricordo che all'epoca della sua uscita il film di Shepard ricevette diverse critiche che lo accusavano di cattivo gusto, di trattare una ferita recente non ancora rimarginata in maniera leggera o poco rispettosa e di proporre al pubblico la solita visione filo americana (o occidentale se preferiamo) della tragedia immane che è stato il conflitto nei Balcani.

Dopo aver visto il film posso affermare di comprendere tutte queste critiche, rispettabili e che hanno un loro fondamento, ma di non condividerle. Nonostante il tono della narrazione e diverse situazioni presentate lungo la vicenda grondino più ironia che sangue, bastano al regista pochi fotogrammi di una Sarajevo letteralmente devastata e aperta dalle pallottole e un paio di inquadrature più crude per aprire gli occhi del pubblico e ricordare loro lo scempio di vite che è stato il conflitto Serbo Croato e Serbo Bosniaco.

A ognuno di noi accettare o meno il fatto che uno scenario come questo possa essere lo sfondo di un film dove convivono avventura, tanta ironia ma anche denuncia politica, strazio, orrore e qualche trucchetto ben noto alla macchina hollywoodiana.

A me personalmente è bastata la fotografia, sono bastate alcune inquadrature sui balconi delle case di Sarajevo completamente bucherellati dalle pallottole o anche la chiusura amara e ironica sui titoli di coda, per ricordare come della commedia nel film ci sia davvero poco a dispetto delle situazioni divertenti tra l'altro anche ben riuscite.

La trama è ispirata a una storia realmente accaduta e raccontata da un articolo dell'Esquire del quale non conosco i dettagli. Il giornalista Simon Hunt (Richard Gere) e il suo cameraman Duck (Terrence Howard) sono la migliore coppia di inviati di guerra sul territorio dei Balcani. Un giorno Hunt, dopo aver assistito all'ennesimo massacro, crolla in diretta mandando all'aria la sua carriera. Licenziato dalla rete e allontanato da tutto l'ambiente viene dato per disperso in territorio di guerra. Al contrario Duck torna in America e ottiene un ottimo lavoro a New York che gli consente di iniziare una vita agiata.


Cinque anni dopo Duck torna a Sarajevo per realizzare un servizio sulla pace raggiunta nei Balcani e si trascina dietro il figlio del vicepresidente della rete, un novellino di nome Benjamin (Jesse Eisenberg) in caccia delle sue prime esperienze sul campo. Qui si rifà vivo un Hunt derelitto che chiede all'amico Duck di seguirlo in una storia assurda: dare la caccia a Radoslav Bogdanovic (Ljubomir Kerekes) detto La Volpe, uno dei più feroci criminali di guerra mai assicurato alla giustizia, con la scusa di scucirgli un'intervista ma con l'intento di catturarlo per i suoi crimini. Nella folle impresa i due saranno accompagnati anche dal giovane Benjamin.

Alcune sequenze sono indubbiamente romanzate e mi piacerebbe andare a recuperare l'articolo dell'Esquire per approfondire meglio la vicenda, ciò nonostante il film è divertente e gode di un cast ben affiatato e amalgamato, non lesina qualche colpo basso presentato però con la giusta misura e fa incetta di volti poco raccomandabili. Il punto rimane. Si può parlare di una tragedia senza misura con ostentata leggerezza ma indubbiamente con buone intenzioni?


mercoledì 2 dicembre 2015

ANT-MAN

È possibile che le serie a solo e meno supereroiche che coinvolgono personaggi Marvel non annoverati tra le prime linee siano definitivamente diventate le più fresche e interessanti dell'intero carrozzone in spandex?

Ant-Man è una lettura divertente con protagonista un personaggio del quale un poco si sentiva anche il bisogno. Un eroe con piena coscienza di sé che sa benissimo quale è il suo posto nel panorama dei supereroi suoi colleghi, in fondo lui è solo uno tra la dozzina di Ant-Man ed eroi simili che ci sono stati.

E cos'è questo nuovo trend se non l'aggiornamento del concetto di supereroi con superproblemi ideato da  Stan Lee e che tanta fortuna portò alla Marvel di inizio anni '60, con un po' più d'ironia e rivisto in chiave moderna. Seppur in qualche modo triste, almeno per me, è stato bello leggere di un eroe da quattro soldi che si nasconde dietro a una battuta per ridimensionare i suoi problemi (e non parliamo di scontri mortali), impacciato a un colloquio di lavoro infarcito di trovate divertenti (quella sul CV ad esempio mi è sembrata molto spassosa) e con una serie di scelte sbagliate alle sue spalle.

Di conseguenza c'è un matrimonio fallito, e c'è un rapporto con la figlia adolescente tutto da ricostruire grazie alle seconde possibilità. C'è una patina da perdente da scrollarsi di dosso in ogni maniera, cosa non facile per un supereroe di serie B quarantenne e senza uno straccio di lavoro. Ma nonostante l'incostanza del personaggio, una certa debolezza di carattere, l'amore incondizionato per la figlia ne riscatta la caratura agli occhi del lettore. E poi è un tipo simpatico questo Scott Lang. Mentre l'Uomo Ragno volteggia tra i grattaceli di New York, Scott, vestito di tutto punto con il costume da Ant-Man, va a prendere la figlia a scuola in bus. Ma per l'ex moglie Peggy Scott rimane un immaturo senza casa, senza stipendio e con il frigo della bettola in cui dorme perennemente vuoto.


Vedete, è questa la cosa peggiore dell'essere disoccupati. Ogni volta che ti proponi per un lavoro, ti ritrovi contro un manipolo di diciannovenni. Lo trovo un po' umiliante.

Quando tutto a New York sembra finalmente mettersi al meglio e il sogno di una vita agiata è a un soffio dal concretizzarsi, Peggy e la figlia Cassie si trasferiscono a Miami. Senza pensarci due volte Scott abbandona tutto di nuovo e le segue a Miami dove andrà a vivere rimpicciolito in una casa giocattolo. Forse è proprio per questo che Ant-Man avrà il successo che merita.


giovedì 26 novembre 2015

CANALE 666

(di Tiziano Sclavi e Carlo Ambrosini)

La morte in diretta, la dipendenza dal tubo catodico, l'informazione artefatta, la percezione alterata della verità... perché in fondo se lo dice la tv è vero. Il Dio, l'indice d'ascolto. L'Essere, sostanziato nella presenza televisiva. Il messaggio subliminale, l'alienazione, il canale sbagliato. Il canale 666.

L'orrore esce dallo schermo televisivo, connubio già presentatoci dal cinema in film come Sotto shock e simili. Chiara metafora della nefasta influenza del mezzo televisivo quando male utilizzato e non interpretato dagli uomini? In un transfert pericoloso tra personaggi ed attori, ma non solo, il demone che corre attraverso le antenne spinge tutta una serie di volti noti della televisione a inspiegabili gesti estremi. Una catena di suicidi e tentati suicidi inonda il mondo dello spettacolo e ovviamente arriva a toccare anche l'indagatore dell'incubo.

E allora come oggi la speculazione sulla notizia, la pubblicità sulla tragedia e il mondo che impazzisce. Signori... grssgrrr.. va in onda... grsgrr... la morte!  La follia dilaga, la televisione arriva dappertutto e miete vittime, una dopo l'altra, attratte dal messaggio di morte e succubi del messaggero. Il mezzo ancor più potente del messaggio veicolato.

Ma chi si cela dietro la tv, dietro il canale 666? Chi si cela dietro la nostra televisione, chi la usa nel modo in cui la usa e perché? Quanto noi ne siamo vittime inconsapevoli? Tiziano Sclavi tocca corde attuali trent'anni fa come ora, argomenti che saranno attuali per ancora molto, molto tempo. Il male ritorna, sempre, e quello non diventa mai vintage. In coppia con un altro maestro, Carlo Ambrosini, Sclavi confeziona uno di quegli episodi che hanno dato un senso superiore alla prima era di Dylan Dog all'insegna della dicotomia orrore e contenuti.


martedì 24 novembre 2015

UN MAGGIOLINO TUTTO MATTO

(The love bug di Robert Stevenson, 1968)

Torna sugli schermi di casa nostra, per la gioia di mia figlia, l'accoppiata Robert Stevenson e Dean Jones questa volta con Un maggiolino tutto matto. Abbandonati i partner a quattro zampe di F.B.I. operazione gatto, il duo qui si affida a una spalla meccanica capace di rubare scena e fama a tutti quanti, parliamo ovviamente dell'intramontabile maggiolino Herbie. Va da sé che la visione del film porti ondate di piacevoli ricordi, in particolare nel mio caso quello legato alla prima visione del film a casa dei nonni con i quali ho trascorso gran parte della mia infanzia.

A rivederle ora, nonostante possano piacere ancora a chiunque, è lampate come produzioni di questo tipo fossero spiccatamente rivolte a un pubblico di bambini, è stupefacente vedere come la pellicola, nonostante la stanchezza collettiva della giornata, sia riuscita a tener desta l'attenzione di Laura molto più di quella di noi genitori comunque toccati dall'effetto nostalgia suscitato dal film. Quel che funzionava già sul finire dei '60 funziona bene ancor oggi, in barba a tutti gli effetti speciali moderni e a tutte le diavolerie digitali e gli schermi verdi di cui il cinema moderno spesso si avvale. Se una cosa è fatta bene e con passione probabilmente durerà.

La trama la conosceranno tutti, per i più distratti che rischiano di far confusione tra questo primo episodio e i suoi svariati sequel ecco di cosa si tratta: il pilota di auto da corsa Jim Douglas (Dean Jones) non si rassegna all'evidente fase discendente presa dalla sua carriera. In cerca di una nuova auto economica da acquistare e guidare si imbatte in un'occasione a buon mercato nell'altrimenti lussuoso concessionario del signor Thorndyke (David Tomlinson). Qui, oltre al maggiolino bianco, Jim incontra l'assistente di Thorndyke, la bella Carol (Michele Lee), della quale si invaghisce.


Provata la nuova auto a Jim basta poco per capire come questa abbia qualcosa di strano, toccherà al suo amico meccanico Tennessee (Buddy Hackett) convincerlo di come Herbie, nome dato al maggiolino dal meccanico stesso, sia un'auto del tutto speciale. A bordo del maggiolino Jim tornerà a vincere e a rivaleggiare con lo stesso Thorndyke in numerose gare, tra sabotaggi, stranezze e finali di corsa strampalati.

Oltre alla simpatia suscitata da Herbie funzionano molto bene le location, le riprese delle gare e le strade di San Francisco. Gli attori sono rodati per film di questo genere, Dean Jones a parte (che diamo per assodato) pensiamo al solo Tomlinson che compare in capisaldi come Mary Poppins e Pomi d'ottone e manici di scopa.

Un maggiolino tutto matto è il classico film per ragazzi dove tutto funziona, ancora oggi a quasi cinquant'anni dalla sua uscita.


domenica 22 novembre 2015

L'IMPAGLIATORE

(di Luca Di Fulvio, 2000)

Perché, dopo diversi anni, tornare a leggere un romanzo nel quale il protagonista negativo (o l'antagonista, come si scriveva nelle schede dei libri compilate per la scuola) è un killer seriale, filone narrativo per il quale ho perso passione e curiosità già da molto tempo? La risposta è fiducia. Fiducia in un autore del quale lessi un unico libro anni fa, un libro che mi piacque parecchio intitolato La gang dei sogni e che descriveva ambienti e vicende molto diverse da quelle toccate ne L'impagliatore. All'epoca compravo ancora libri a ogni occasione, sfruttavo le edizioni pocket (ormai quasi sparite), le tessere punti di Feltrinelli, gli sconti, etc... acquistai così anche L'impagliatore e La scala di Dioniso (che ancora non ho letto) di Luca Di Fulvio sull'onda della piacevole lettura sopra citata frutto di un regalo fatto da un'amica a mia moglie.

È proprio passato il tempo. Nonostante il libro sia indubbiamente ben scritto e sia riuscito in alcuni passaggi anche a catturare il mio interesse, ho trovato personaggi e situazioni parecchio stereotipati e di conseguenza poco avvincenti, costringendomi a ricercare un valore aggiunto alla storia nella descrizione degli ambienti, del tessuto sociale e nel tratteggio di qualche personaggio secondario più interessante dei protagonisti. In più non è questo uno di quei libri dove si scopre l'assassino sul finale con rivelazioni stupefacenti, tutto è più o meno noto dall'inizio tranne alcuni dettagli anche questi facilmente intuibili. Ciò non toglie che questa possa rimanere una buona lettura per chi è visceralmente innamorato del genere.

Italia, una non ben definita città molto probabilmente del sud del paese. Una città divisa tra zona vecchia e parte nuova e afflitta da uno sciopero della nettezza urbana che va avanti da giorni e a causa del quale le strade si ricoprono di immondizia. L'ispettore Amaldi è un poliziotto tormentato con un'oscura vicenda nel suo passato, sarà lui con l'aiuto di pochi uomini a dover indagare su una serie di raccapriccianti delitti accompagnati da strani messaggi, delitti chiaramente compiuti dalla stessa mano. Alla vicenda principale si uniscono un'indagine appartenente al passato della città sull'incendio di un orfanotrofio nel quale perirono diversi bambini e l'incontro con la solare Giuditta, bella ragazza piena di vitalità e con un seno prosperoso da far girare la testa, tanto da stuzzicare anche l'interesse dello sfigato compagno d'università poi noto come Muffa.

Da questa breve sinossi sono già intuibili diversi elementi del genere. Se la vicenda in sè poco mi ha dato, qualcosa in più c'è nella costruzione della città e della sua gente, troppo poco a mio avviso per rendere questo libro interessante ai miei occhi. Come dicevo però non mi trovavo proprio nel mio, a chi ama il genere il consiglio è quello di dare un'occasione al romanzo che è ben scritto e che, se recuperato nell'edizione pocket della Mursia, costa pure poco.

Luca Di Fulvio

sabato 21 novembre 2015

LA MUSICA DI LAURA - 007


Dopo diverso tempo di assenza dovuto in parte alla pigrizia della mia bimba, Laura torna a cimentarsi con rock e pop andando a scegliere tra tre brani pescati assolutamente a casaccio, la sua canzone preferita. Scelta ancora una volta molto variegata, vinta sul filo del rasoio da uno dei brani un pelo più poppeggianti qui sotto presentati. Ma andiamo a vedere e ascoltare le proposte odierne:


1)  Quireboys - Hey you




2)  Orange Juice - L.O.V.E. love




3)  Eels - Friendly ghost



Laura è rimasta incantata da... Friendly ghost degli Eeels di Mr. E., già sosia di Laura. Voi invece per chi votereste?

giovedì 19 novembre 2015

VINCENZINA 008

Piove, governo ladro!  (reprise)




Per chi fosse interessato ad acquistare una copia nell'edizione della Red dei libri di Bradi Pit o di Vincenzina potrà richiederla direttamente a Giuseppe contattandolo all'indirizzo email scapigliati@aruba.it

GLI ARGONAUTI

(Jason and the Argonauts di Don Chaffey, 1963)

Indubbiamente il motivo principale per guardare o riguardare il classico del 1963 Gli Argonauti è ammirare il lavoro svolto da Ray Harryhausen sugli effetti speciali dell'epoca. Le sue creature mitologiche, i mostri, le riproduzioni animate a passo uno e incredibilmente amalgamate alle azioni degli attori che recitano in live action, hanno un valore storico decisamente importante per quella che è stata l'evoluzione del settore verso il cinema moderno. In fin dei conti Gli Argonauti può essere considerato un grande blockbuster d'avventura di inizio anni '60, un giusto mix tra peplum in sandaloni e scenari fantastici.

Protagonista del film il mito di Giasone e degli Argonauti alla ricerca del vello d'oro, una trasposizione cinematografica sicuramente incompleta e rimaneggiata del mito, ma per l'epoca d'uscita altamente spettacolare e avvincente, questo grazie più alla maestria di Harryhausen che non a quella del cast o dello stesso regista Don Chaffey, noto qui da noi più che altro per lavori televisivi su varie serie tv e per la regia di Elliot il drago invisibile.

Per noi spettatori moderni la scansione narrativa del film potrebbe risultare ingenua e ascrivibile al degnissimo filone della serie B, ciò nonostante è possibile guardarlo con occhio critico apprezzandone i risvolti positivi senza timore d'annoiarsi troppo. Pensare che gli scontri di Giasone e degli Argonauti contro la schiera di scheletri, contro la mostruosa Idra, contro le arpie o la statua di Talos sono stati ricreati facendo recitare gli attori in solitudine e aggiungendo le creature mitologiche muovendo i pupazzoni a passo uno in un momento successivo, non può non creare stupore. A questo si unisce un'ottima fotografia ispirata dalle location ricercate nei dintorni della nostra Palinuro che offre tramonti splendidi e mare blu, perfetta cornice che tocca i luoghi narrati anche nel mito.


Giasone (Todd Armstrong) reclama il regno della Tessaglia usurpato a suo padre anni prima dal temibile Pelia (Douglas Wilmer) il quale, messo sul chi va là da una profezia, sa bene di essere destinato a cadere per mano di Giasone, ragion per cui con un inganno manda lo stesso alla ricerca del mitico vello d'oro nella speranza che l'eroe non faccia ritorno. Per l'impresa Giasone arruolerà i migliori atleti di grecia tra i quali anche il semi divino Ercole (Nigel Green) e partirà alla volta del vello d'oro sulla nave costruita da Argo (Laurence Naismith). Sulla stessa, in qualità di spia e sabotatore, salirà in incognito anche Acasto (Gary Raymond), il figlio di Pelia. Tra gli incontri degli Argonauti lungo il cammino, anche quello con la bella Medea (Nancy Kovack). A mettere becco nella vicenda non mancheranno gli interventi divini di Zeus (Nial MacGinnis) ed Era (Honor Blackman)

Dopo aver visto le prove del maestro degli effetti speciali in La Terra contro i dischi volanti e in A 30 milioni di km dalla Terra, posso dire che lo stato dell'arte ne Gli Argonauti ha fatto ancora un passo in avanti.


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