giovedì 30 aprile 2015

BRADI PIT 128

Numeri, numeri, numeri... e occupiamoci di numeri. Bradi Pit 128, la settimana scorsa 127, quella prima ancora 126. Occupiamoci di auto. Chi ha mai avuto la 128? Chi la 127? Chi la 126? Ma soprattutto qual'era la più lenta? E quale avrebbe scelto il nostro amato bradipo?


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mercoledì 29 aprile 2015

DORME

(di Eros Puglielli, 1993)

Inizio a guardare Dorme, opera prima del regista romano Eros Puglielli, autore che non conosco e del quale nulla ho visto delle successive produzioni. Inizio a guardare Dorme dicevo. L'impressione a caldo è quella di star guardando il girato del mio vicino di casa che, insieme a un paio d'amici reclutati come attori, s'è messo in testa di farsi il suo film amatoriale più per sfizio che per reale ambizione d'arrivar da qualche parte. La povertà dei mezzi è totale, riprese effettuate grazie a una videocamera Super VHS, quelle con la cassetta dentro tanto per intenderci (siamo nel '93 anche se poi il film ha fatto un veloce passaggio in sala solo nel 2000), tasso di capacità recitativa molto vicino allo zero assoluto.

Parco romano di periferia, un lui e una lei discutono seduti su una panchina. Il momento è imbarazzante, non tanto per i due protagonisti quanto per lo spettatore. Dopo averci girato un po' intorno lei, Anna, scarica lui, Ruggero (Cristiano Callegaro) perché è in cerca di un ragazzo vero, di quelli che la sappiano proteggere, insomma... scarica Ruggero perché lui è troppo basso. La scena è agghiacciante per dilettantismo, ciò nonostante si intuisce come il regista tenti di usare il mezzo in maniera originale, come dietro quell'incipit ci sia anche qualche idea. Il film per fortuna non sarà tutto così nonostante rimanga un esempio di cinema assolutamente amatoriale, non mancheranno però le idee, sia in fase di regia che in quella di sceneggiatura, le evoluzioni nel corso della trama, uno sguardo sulla quotidianità della periferia romana e diversi momenti divertenti.

La pecca più grande (enorme?) di questo film dalla breve durata è quella di mettere davanti alla telecamera attori che attori proprio non sono. La storia ruota intorno al complesso di Ruggero dovuto al suo essere basso (1.60 scarsi), complesso fomentato anche dal di lui padre, e al suo tentativo di riallacciare i rapporti con Anna. Siamo nel 1993 ma sembra di essere in un'epoca ancora precedente, in una preistoria fatta di cabine telefoniche a gettone, di stradoni pieni di Panda, Uno, Renault 4 e Renault 5, di partitelle a calcio in campetti improvvisati che sembrano immondezzai dove gli scontri al vertice sono dati da match tra Palazzoni e Case popolari. A livello visivo, insieme ai tentativi di creare una regia originale in parte anche riusciti visto i mezzi a disposizione, lo sguardo sull'ambiente è forse proprio il più convincente.

Parliamo di un film a budget nullo, di un esordiente giovanissimo, un film che inquadrato in quest'ottica riserva anche qualche bel numero come la presenza dei gemelli Riccio, in realtà un solo e pericoloso scarto di periferia convinto di essere due persone, pessimo elemento con il quale Ruggero ebbe in passato qualche screzio e motivo che gli impedisce di recarsi alle case popolari, luogo dove Anna risiede. Il giovane tenterà la sortita con l'amico Michele, ma all'inizio dovrà accontentarsi di cercare Anna a telefono con l'unico risultato di ottenere dalla madre di lei sempre la solita risposta: "Anna dorme".

Dorme è un film che si può anche fare a meno di guardare, però è un film sicuramente diverso, poverissimo, a tratti divertente, per chi ha voglia di uscire dai soliti confini del mainstream si può pure fare. Alla fine qualche sequenza son quasi sicuro che vi piacerà e il plot non manca di riservare qualche sorpresa indovinata.


martedì 28 aprile 2015

LADY IN THE WATER

(di M. Night Shyamalan, 2006)

Lady in the water è prima di tutto un film onesto, un film che non vuole essere nulla più di quello che in realtà è, cioè, a detta dello stesso Shyamalan, la trasposizione di una fiaba da raccontare ai bambini prima di mandarli a letto, una fiaba che lo stesso regista scrisse in passato per i suoi figli. Un film onesto anche perché non sono presenti i trucchetti narrativi utilizzati dal regista in altre sue opere atti a ingannare lo spettatore, certo qualche sorpresa andando verso il finale c'è anche qui ma niente di paragonabile ai colpi di scena de Il sesto senso o di The village per esempio.

E la dimensione fiabesca a mio avviso funziona, grazie soprattutto a un paio di interpreti: la diafana Bryce Dallas Howard (forse anche un po' sottoutilizzata) che con il suo pallore e la mimica trattenuta riesce a rendere l'idea della creatura incantata pur non mostrando né segni né capacità particolari, e il tenero e sempre grande Paul Giamatti che interpreta un eroe involontario e impacciato che si porta dietro un grande dolore. Una fiaba dicevamo, adatta anche ai bambini più grandicelli, perché no? Un paio di sequenze un poco più spaventose (per i piccoli) ci sono ma nel complesso il target potrebbe essere quello della famigliola intenta a guardarsi una favola dark sicuramente più riuscita, per dirne una, del più recente Maleficient.

È una storia in costruzione quella narrata da Shyamalan durante la quale ognuno dei protagonisti ha il compito, e allo stesso tempo la possibilità, di trovare il suo ruolo nella vicenda, non tutti assurgeranno al ruolo di protagonisti come succede un po' in tutte le storie, ma tutti avranno la loro parte perché, come ci insegna la morale della fiaba, ognuno di noi è importante e ha un compito da svolgere, che questo sia in piena vista o meno poco importa.


Siamo a Filadelfia, in uno di quei condomini con i corridoi esterni a ballatoio e il cortile con la piscina in mezzo. Il timido e balbuziente Cleveland (Paul Giamatti) ne è il custode e tuttofare. Da qualche tempo Cleveland è convinto che qualcuno usi la piscina di notte contravvenendo al regolamento condominiale. Lo stabile è abitato da varia umanità, ci sono il signor Dury (Jeffrey Wright) in fissa con le parole crociate e il suo figlioletto, il critico cinematografico Harry Farber (Bob Balaban), il giovane Vick (Shyamalan) che tenta di diventare scrittore e sua sorella Anna Ran (Sarita Choudhury), Reggie il palestrato a metà (Freddy Rodriguez), una compagnia di fancazzisti fumatori, una ex scrittrice, una studentessa coreana (Cindy Cheung) e sua madre, l'unica a essere a conoscenza di una vecchia storia riguardante alcune creature dell'acqua chiamate Narf.

Ma non è nessuno di loro ad usare la piscina di notte bensì proprio una Narf, la giovane Story (Bryce Dallas Howard) che ha una comunicazione importante per uno degli inquilini del palazzo da recapitare assolutamente prima del suo ritorno al mondo dell'acqua. Ma sulle sue tracce c'è la creatura malevola chiamata Scrunt, un lupo capace di mimetizzarsi nell'erba. Saranno i condomini a doversi organizzare per permettere alla spaventata Story di portare a termine il suo compito e tornare a casa.

Forse ingenua e infantile nello sviluppo, la storia assolve al suo compito di favola, un film per chi ancora è in grado di sentirsi vicino a un certo tipo di narrazione, lontana dalla realtà ma dalla dimensione magica.


lunedì 27 aprile 2015

C'È DEL MARCIO

(Something rotten di Jasper Fforde, 2004)

Come non si dovrebbe entrare in una sala cinematografica a film già iniziato, allo stesso modo sarebbe consigliabile non iniziare a leggere una saga letteraria a partire dal quarto episodio. Di norma non sono uso a commettere errori di questo tipo tanto più che salire a bordo a corsa iniziata è una cosa che mi infastidisce parecchio. Ciò nonostante è successo. Perché? Chi lo sa. Probabilmente leggendo qualche recensione del libro in questione o cogliendo qualche consiglio di un amico mi sono perso il piccolo particolare che sottolineava come questo C'è del marcio fosse il quarto romanzo dedicato alle gesta della detective letteraria Thursday Next (che suona un po' come Giovedì Prossimo).

Vabbè, ormai è andata e poco male. La sensazione di essere entrati nella storia in media res comunque si fa sentire, tanto più che l'universo creato da Jasper Fforde e nel quale si muove la protagonista Thursday Next, presenta molte differenze dal nostro e coglierne i meccanismi e i retroscena in un libro che non te li spiega tutti (probabilmente perché già assodati nel corso degli episodi precedenti) non risulta poi così facile.

Intendiamoci, in C'è del marcio è presente una storia che inizia e finisce tra le sue pagine e che il lettore può seguire con poca fatica, ci sono anche però numerosi riferimenti ad eventi precedenti, a personaggi già noti al fan della saga e a stranezze assortite che riguardano l'universo narrativo in cui la vicenda si svolge che lasciano il lettore occasionale (come sono io in questo caso) discretamente spiazzato.

Ma qual è il succo della vicenda? Bella domanda!

Thursday Next è un agente di GiurisFiction, una sorta di investigatrice/poliziotta che si occupa di mantenere l'ordine nel mondo dei libri e dei personaggi letterari garantendo il corretto svolgimento delle trame così come sono state pensate dai loro autori. Ma quello che accade nei libri non è il mondo reale, Thursday vive a Swindon, un paesino dell'Inghilterra, in un mondo che dovrebbe essere il nostro. Solo che Thursday può saltare nel mondo dei libri, vive con sua madre e con il suo figlioletto Friday, a volte si avvale dell'aiuto di una baby sitter che è un gorilla, ha un padre che lavora per la Crono Guardia (che gestisce il flusso temporale), non disdegna di andare e tornare dal regno dei morti e come colleghi ha personaggi del calibro di Mrs. Tiggy-Winkle, un porcospino di due metri, l'imperatore Zhark e il gattto del Cheshire più noto come Stregatto.

Questo è solo il 10% circa delle stranezze che potete trovare all'interno di questo, e suppongo degli altri, libri di Fforde. Nello specifico la trama di C'è del marcio poggia sul ritorno alla vita reale di Thursday dopo le peripezie affrontate nel libro precedente. In particolare c'è da dirimere l'intricata situazione in cui versa l'Amleto di Shakespeare il cui protagonista si trova colmo di dubbi nel mondo reale mentre il romanzo di cui è protagonista viene imbastardito con Le allegre comari di Elsinore, ci sono da sventare la Terza Guerra Mondiale e la distruzione della Terra per mano di Yorrick Kane al cui servizio c'è la potente Goliath Corporation, mega azienda che sta tentando di tramutarsi in religione. La profezia di St. Zvlkx, santone proveniente dal XIII secolo, indica nella vittoria di Swindon al Superhoop, il torneo nazionale di croquet, l'unica possibilità di salvare il mondo. Peccato che Swindon sia anche una delle peggiori squadre di tutto il campionato. In più Thursday vorrebbe indietro suo marito Landen sradicato dalla vita reale in una delle precedenti avventure. Insomma la carne al fuoco è davvero tanta e le trovate fuori di testa ancora di più.

Usando un modo di dire imparato da poco grazie all'amico Luca posso affermare: "Not my cup of tea". La prosa di Fforde è scorrevole e alcune delle situazioni proposte si rivelano effettivamente divertenti, il problema del libro (giudizio parametrato sui miei gusti ovviamente) è l'eccessivo accumulo di situazioni incredibili, surreali, grottesche e ridicole che si affastellano senza soluzione di continuità una sull'altra. Davvero troppo. Inoltre, anche se alcune ambiguità del racconto si chiariscono con il dipanarsi della trama, non ci si raccapezza sull'origine di altre situazioni e sul perché il ridicolo e il grottesco così diffusi in questo mondo siano così normali e all'ordine del giorno. Nel complesso la lettura non è spiacevole se si ignora il senso di straniamento provocato dall'essere entrati a storia iniziata, di contro la lettura di C'è del marcio non mi ha invogliato a recuperare gli altri libri scritti da Fforde. Però se quanto sopra descritto può rientrare nelle vostre corde una possibilità potreste anche dargliela.


domenica 26 aprile 2015

BACK TO THE ROOTS: LEO MINTZ

Parlammo qualche tempo fa di Robert Johnson, della musica nera e di come questa contribuì a far uscire l'industria discografica dall'enorme crisi in cui questa si inabissò durante gli anni della Grande Depressione. Nel 1938 un grande contributo alla diffusione e alla conseguente commercializzazione della musica nera lo diede Leo Mintz, classe 1911, che fece del suo per far uscire la black music dai ghetti e per proporla e diffonderla a un pubblico di bianchi, tra i quali molti furono i giovani a mostrare crescente interesse verso questi incredibili suoni.

Siamo a Cleveland nel 1939, al numero 300 di Prospect Avenue, quando Leo Mintz decise di aprire un negozio per la vendita di dischi, il celebre Record Rendezvous, in seguito soprannominato semplicemente Vous. Il negozio proponeva quella che all'epoca veniva definita race music, la musica nera, in seguito evolutasi nel più conosciuto rhytm and blues. Mintz fu uno dei primi a dar vita a quella splendida e ormai nostalgica usanza di infilare i dischi nelle scatole, scatole nelle quali i clienti provavano il piacere di curiosare, frugare e scartabellare alla ricerca di nuove emozioni, così come sua (così si dice) fu l'intuizione di far ascoltare la musica ai clienti direttamente in negozio, così da invogliarne l'acquisto.

L'importanza di Mintz ovviamente non è tutta qui, chiusa tra le quattro pareti di un negozio, ma per carpirla appieno bisogna fare un salto in avanti di più di un decennio e andare ai primi anni '50, anni in cui Mintz convinse il suo amico e dj Alan Freed a passare alla sua radio (WAKR-AM di Akron) la musica afroamericana per diffondere la quale in seguito i due aprirono una nuova stazione radio, la WJW-AM. Sembra che proprio in una delle loro trasmissioni venne attribuito al genere musicale proposto il nome di rock 'n roll. Ma forse siamo andati troppo avanti.

Sul finire degli anni '30 il fermento non mancava, a New York si aprono locali dedicati al jazz, Nashville si conferma patria del country e iniziano le prime incisioni su nastro magnetico (Imaginary Landscape N. 1 di John Cage). Gli anni '40 sono alle porte.


venerdì 24 aprile 2015

A-Z: ANATHEMA - A NATURAL DISASTER

Sembra quasi impossibile che la stessa band capace di comporre un album delicato, malinconico, struggente e romantico come A natural disaster abbia mosso i suoi primi passi (anche con buon seguito e successo) nell'ambito del death metal con venature doom proponendo pezzi pesi con tanto di cantato in growl e tutte le caratteristiche del genere. C'è da dire che già nell'album d'esordio si potevano ascoltare voci eteree e belle aperture melodiche, possibili indizi degli Anathema a venire, certo che il passo fatto da Serenades (1993) a questo A natural disaster (2003) non è stato corto (ma nemmeno più lungo della gamba, anzi).

E' un viaggio intenso quello offertoci dalla band dei fratelli Cavanagh, denso di emozioni dalla prima all'ultima nota e in perfetto equilibrio tra ottime atmosfere strumentali di raccordo e picchi altissimi di grande bellezza. Un album per alcuni versi incline al pessimismo o forse solo a una visione lucida delle cose della vita, della perdita e dell'abbandono, dell'amore, un album capace di toccare corde profonde e di provocare meraviglia, caratteristiche tanto ardue da esplicitare a parole quanto infinitamente preziose. Se le atmosfere dolci e malinconiche la fanno da padrone, gli Anathema non disdegnano di tanto in tanto di adoperare suoni distorti e più ruvidi così da bilanciare ancor meglio la gamma di emozioni proposte all'ascoltatore, emozioni veicolate anche tramite passaggi ipnotici, piccole variazioni e crescendo incisivi. E anche quando le liriche non lasciano ben sperare il crogiolarsi tra le note di questo disco non può che riempire il cuore.

Una riflessione sulla vita, sul dolore che essa può provocare, sul suo senso ultimo o sulla mancanza di esso, tra voci effettate e siderali o fievoli e dolcissime, tra chitarre semplici e struggenti che esplodono in brani incantevoli capaci di provocare brividi come la splendida Are you there? Poi la voce di un bambino, il verso di un gabbiano, un passaggio delicato, tutto sembra tornare su toni più ottimistici ma ecco il basso teso, il ritorno allucinato al metal (anche se non proprio quello delle origini) che ti trascinano in un vortice di paranoia prima della sorprendente rivelazione di una sublime voce femminile che spicca alta proprio perché poco sfruttata e ben dosata.

Le perle in quest'album non sono così rare (Are you there?, A natural disaster, Flying, Electricity), un album degnamente chiuso da una predominanza di piano nell'unica vera composizione strumentale del disco. Al di là di ogni genere, semplicemente gran bella musica.




A natural disaster, 2003 - Music For Nations

Vincent Cavanagh: voce, chitarra
Daniel Cavanagh: chitarra, voce, tastiere
Les Smith: tastiere
Jamie Cavanagh: basso
John Douglas: batteria

Tracklist:
01  Harmonium
02  Balance
03  Closer
04  Are you there?
05  Childhood dream
06  Pulled under at 2000 metres a second
07  A natural disaster
08  Flying
09  Electricity
10  Violence

giovedì 23 aprile 2015

BRADI PIT SPECIAL 6

Che il Bradi sia fan del primo Jovanotti?


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lunedì 20 aprile 2015

GLI ASSASSINI

(di Mauro Boselli e Alfonso Font, 1998)

Il dodicesimo Texone vede la prima sceneggiatura firmata non dall'inossidabile Claudio Nizzi ma dal degno sostituto Mauro Boselli. E' un'ottima sceneggiatura quella che Boselli stende per le matite di Alfonso Font, il canovaccio ruota intorno alle gesta di una categoria di loschi figuri che bazzicavano le terre dell'ovest americano, i regolatori, killer prezzolati a disposizione del miglior offerente e pronti a chiudere qualsiasi conto, sempre e rigorosamente al di fuori della legge, a suon di piombo caldo e in cambio del giusto compenso. Denaro, avidità, terra e vendetta, presupposti questi per ogni intreccio western che vuole andare incontro a una buona riuscita, nella fattispecie Boselli sembra innalzare anche un pochino l'asticella della violenza mettendo due dei protagonisti in serio pericolo di vita come raramente accade nelle storie di Tex, facendo ammazzare gente a picconate e massacrando poliziotti a colpi di gatling. Ancora una volta il Texone ci offre un coprotagonista ben tratteggiato, il classico bambino che assiste all'omicidio dei genitori e una volta cresciuto cerca vendetta. Il giovane Mitch è alle costole dei regolatori, un'organizzazione ben strutturata di spietati assassini sulle tracce dei quali ci sono anche Tex e Carson destinati a incrociare la strada del ragazzo, nella vicenda verranno coinvolti anche l'amico dei ranger Tom Devlin, capo della polizia di San Francisco, e i suoi uomini.


La concezione del fumetto da parte di Alfonso Font non prevede volti banali e personaggi non caratterizzati, il segno del disegnatore spagnolo è spesso tangente alla caricatura trattenuta, gesto artistico che esprime al meglio vizi e virtù di ognuno dei protagonisti della storia. Se il volto di Mitch è quello del bravo ragazzo (ma comunque letale), quello dei sicari è un campionario di brutture e cattiverie, baffoni, barbe ispide, sguardi torvi e occhi ingannatori con l'unica eccezione di Dude, disonesto e pericoloso come gli altri ma con l'andi del damerino impomatato. Oltre all'uso dei neri Font ricorre anche a delle retinature di grigio che contribuiscono a muovere diverse vignette dando alle ombre grande naturalezza, inoltre la capacità di infondere un ottimo dinamismo alle sequenze più action equilibra in maniera perfetta l'attenzione che i magnifici volti di Font catalizzano con tanta facilità. L'esperienza sicuramente faticosa ma presumibilmente appagante del Texone porterà così  un altro talento internazionale nella scuderia del Texas Ranger per il quale realizzerà in seguito diversi episodi della serie regolare.

La formula del Texone sembra sempre più infallibile e, con le dovute eccezioni, sembra anche che grandi nomi del circuito internazionale del fumetto non disdegnino di cimentarsi con questa grande prova. Fortunatamente la mia riserva speciale ha ancora parecchie freccie al suo arco tutte ancora da scoccare.

Alfonso Font

giovedì 16 aprile 2015

SHERLOCK HOLMES E I VAMPIRI DI LONDRA

Nata pochi mesi or sono la nuova collana dell'Editoriale Cosmo che porta il nome di Collana Weird Tales (per gli amici Cosmo serie marrone) si ripropone di raccogliere storie davvero inusuali, in cui i più famosi eroi della letteratura si cimenteranno con situazioni bizzarre e si scontreranno con nuovi e spesso misteriosi avversari (per dirla con parole loro).

La premessa non è che mi facesse tremare le ginocchia per la spasmodica attesa, voglio dire, per queste cose abbiamo la Lega di Moore suvvia. Però metti caso che il materiale proposto fosse davvero interessante? Inoltre nel primo numero il protagonista è il mio amato Sherlock Holmes e voilà, il gioco è fatto.

Devo dire che questo primo e unico numero della collana che ho acquistato è stato una piccola delusione, i due episodi che compongono questa mini saga mi hanno lasciato davvero poco. La scelta di affidare una discreta parte della narrazione alle didascalie, che qui sono usate come una sorta di diario di Sherlock Holmes, sembra andare a discapito del ritmo e appesantire la lettura dell'albo in maniera significativa, inoltre reputo un grosso errore eliminare totalmente dalla vicenda la presenza del Dottor Watson.

La vicenda si svolge dopo la falsa morte di Holmes per mano di Moriarty, lo sceneggiatore Sylvain Cordurié spiega la mancanza dell'eterna spalla di Holmes con un pretesto, cioè la volontà del protagonista di non far sapere ai suoi nemici di essere ancora vivo e per meglio reggere il gioco tenere quindi all'oscuro del suo ritorno anche il fido Watson. Più probabile che Cordurié non sapesse bene come inserire il personaggio nella trama. Trama che in verità offre ben poche emozioni: nel giro dei vampiri di Londra ce n'è uno che sta passando i limiti attirando sulla comunità vampirica le ire della Regina, e anche il più temibile dei vampiri state pur certi che non vuole far incazzare la Regina. Il capo dei vampiri assolda con maniere assolutamente poco cordiali il celebre investigatore dandogli il compito di togliere di mezzo il pericoloso rinnegato.

Questo è. Nel mezzo più azione che indagine e metodo deduttivo, vampiri poco, poco interessanti, qualche personaggio pescato dalla mitologia creata da Conan Doyle e qualche situazione che strizza l'occhio ai fan di Holmes, il tutto molto all'acqua di rose. Una storia che avrebbe potuto avere qualsiasi altro protagonista ma che usa Sherlock Holmes per circuire e abbindolare i polli come me. E funziona.

Nulla da dire sulla parte grafica, a parte il volto di Holmes che non rientra nei miei gusti e mi ricorda un vecchio attore di teatro all'opera, per il resto le tavole di Laci mi sembrano sempre costruite con un certo impegno e una giusta dose di dettaglio soprattutto nelle scene in esterno, cosa che solitamente apprezzo molto.

Per i curiosi i tre numeri successivi sono stati dedicati a Mister Hyde contro Frankenstein (numero 2), ai Grandi antichi (numero 3 con Achab e il Kraken) e 20.000 secoli sotto i mari (numero 4 dove Nemo incontra i miti di Cthulhu).

BRADI PIT 127

Se le inventano tutte pur di farti una multa...


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lunedì 13 aprile 2015

WE'RE JUST A BIT - FENCHURCH BEST FRIENDS REMIX

Nuovo lavoro degli amici Fenchurch Best Friends che remixano il pezzo We're Just a bit della band electro-pop torinese MD911. I lavori di entrambe le band verranno pubblicati dall'etichetta KHB Music. Come forse i più attenti di voi avranno notato uno dei due remix porta la firma del carissimo Urz, amico di lunga data e sometimes ospite di questo blog. Se vi capita di passare di qui e leggere questo post vi inoltro una piccolissima preghierina: ascoltate i due brani e diteci cosa ne pensate, vi garba il lavoro dei ragazzi?






domenica 12 aprile 2015

SUPERNATURAL - SESTA STAGIONE

Dopo la lotta per scongiurare l'apocalisse vista nel corso della stagione precedente non era certo facile per gli autori di Supernatural riuscire ad alzare ancora il tiro per quel che riguarda la trama orizzontale della sesta stagione. Si sono rese infatti necessarie ben due storie da sviluppare nell'arco dell'intera annata e che hanno impegnato i due fratelli Winchester più o meno equamente nel corso delle ventidue puntate in programmazione. La prima metà della serie affronta in maniera diretta le conseguenze della lotta all'apocalisse della stagione precedente, in ballo ci saranno ancora l'inferno e questa volta l'anima di Sam (Jared Padalecky). Nonostante il cast allargato, in numerosi episodi l'impressione è che le novità non siano poi molte e che anzi diverse soluzioni narrative inizino a sapere di rimasticatura, inoltre a livello di sceneggiatura non mancano colpi di mano furbetti, tra l'altro già adoperati, per togliere d'impiccio i due protagonisti da situazioni all'apparenza senza via d'uscita. Certo, chi segue il serial da diverso tempo ha ormai imparato ad apprezzarlo più per altri motivi che non per lo sviluppo in se della trama stagionale che comunque riserva almeno sul finale qualche bel momento. Nella seconda metà di stagione invece la minaccia pressante sarà la Madre di tutte le cose (Julia Maxwell) che tirerà fuori dal cilindro il terzo incomodo, dopo Inferno e Paradiso si comincia a sentir parlare anche di Purgatorio.

Le novità più interessanti, che non sono molte e prenderanno corpo solo nelle ultime puntate di stagione, più che a Dean (Jensen Ackless) e Sam saranno legate all'angelo Castiel (Misha Collins) e ai suoi piani per contrastare l'Arcangelo Raffaele (Demore Barnes) e recuperare le armi celestiali sottratte al Paradiso dall'angelo Balthazar (Sebastian Roché).


Per il resto gli ingredienti sono sempre i soliti: angeli e demoni, vampiri, mostri d'ogni sorta, il noto cast di comprimari ma anche parecchia ironia, autoironia e riferimenti metacinematografici e se vogliamo anche metaseriali. La coppia d'attori continua a funzionare bene tanto da guadagnarsi un episodio in cui interpretano addirittura loro stessi nella parte di due attori che interpretano i due protagonisti di un serial dal titolo Supernatural prodotto da un tale Erik Kripke e diretto da un certo Bob Singer. Come ciliegina sulla torta possiamo metterci il viaggio indietro nel tempo per incontrare Samuel Colt (Sam Hennings) nel vecchio west infarcito di citazioni al cinema western e al mitico Ritorno al futuro.

Il finale di stagione lascia la curiosità di vedere come si evolverà il nuovo scenario venutosi a creare e promette almeno alcune puntate dense di avvenimenti in apertura di settima stagione. Supernatural è un serial al quale ci si affeziona pian piano, poi, vada come vada, diventa difficile smettere.


giovedì 9 aprile 2015

BRADI PIT 126

Continua tu...


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LE AVVENTURE DI MADMAN

(Madman adventures di Mike Allred, 1992/1993)

Il secondo volume della Madman Collection raccoglie la miniserie in tre numeri Madman Adventures ancora una volta scritta, ideata e disegnata interamente dal quel geniaccio dalla visione tenera e poetica di Mike Allred.

Mi piace Madman per il candore e la purezza del suo protagonista, un personaggio recuperato alla vita dalla morte, un eroe sui generis con facoltà ultra umane seppur capricciose ma capace di andare in completa e totale difficoltà imbarazzandosi enormemente nel conoscere il padre di Joe, la donna da lui amata. Un eroe tenero e ingenuo, aperto alla vita e allo stesso tempo pieno di dubbi esistenziali e di domande su cosa lo aspetti dopo la morte, la fine di tutto che renderebbe completamente insensata ogni vita o una coscienza capace di sopravvivere all'eternità?

Si passa dal bianco e nero e viola del primo volume ai colori più accesi che la quadricromia possa offrire, ma non è solo il comparto grafico/visivo ad affondare le mani nel pop style più spinto, ma anche la vasta gamma degli elementi da narrativa pop trattati nella miniserie: andiamo dalla galleria dei costumi agli scienziati pazzi, dai viaggi nel tempo ai dinosauri, dai robot dal design retrò al viaggio on the road, dagli alieni venuti dallo spazio a strampalati agenti deviati. Ah, ci sono anche i toupet. In mezzo a tutto questo casino un uomo (?) buono che cerca in ogni modo di fare la cosa giusta. Ma che bello è questo personaggio?

Coinvolto dal Dr. Flem in una sorta di viaggio del tempo che comprensibilmente prevede qualche rischio, il nostro eroe non ha altra preoccupazione che quella di non riuscire a tornare in tempo dal viaggio per l'appuntamento delle sette con la sua amata Joe. Nel frattempo ci sono da tenere sotto controllo il Professor Boiffard e i suoi esperimenti espandi-cervello, la Professoressa Mamie Vargas e il suo automa Bot-M abbandonati nella preistoria, un alieno proveniente da una galassia lontana lontana, degli strambi men in black e pure un supereroe stralunato. Nel mezzo un personaggio vero, puro, capace di farsi amare dalla prima all'ultima vignetta.

Leggetevi i primi due volumi della Collection, vedrete se non vi verrà voglia di andare a dormire accompagnati da un peluche di Frank Einstein.

lunedì 6 aprile 2015

MALEFICENT

(di Robert Stromberg, 2014)

In Maleficent assistiamo alla riscrittura di un personaggio che in fin dei conti non aveva bisogno di essere riscritto, non tanto perché l'aggiungere un background alla storia di Malefica risulti una cattiva operazione (anzi, dal punto di vista economico si è rivelata una mossa molto fortunata), più che altro perché la strega cattiva de La bella addormentata nel bosco era già di per se il personaggio più intrigante, affascinante e (per i bimbi) terrorizzante dell'intera vicenda. In ogni caso la scelta di rendere la bella strega la protagonista assoluta del racconto, oltre a permettere alla Disney di portarsi a casa una fraccata di soldi, anche dal punto di vista cinematografico non si rivela una mossa sbagliata, sempre rimanendo nell'ottica dei film creati ad hoc per i sabato sera in famiglia con bambini.

L'algida e anche un filino rigida Angelina Jolie è una Malefica perfetta e bellissima nonostante il make up volutamente innaturale sugli zigomi alieni a una corretta anatomia umana. Di recitazione non parliamo, l'impressione è che la Jolie faccia difficoltà anche solo a girare la testa. Comunque la visione femminista della storia e i retroscena sul passato di Malefica garantiscono un'interpretazione inedita (e inventata) della celebre storia della bella Aurora (Elle Fanning, ma interpretata da piccola anche da una delle figlie della Jolie che già dimostra talento superiore a quello della madre).

Il regista è un esordiente con grande esperienza però in scenografie ed effetti visivi, elementi che la fanno da padrone in tutta la prima e inedita parte della storia nella quale viene ricreato il regno della Brughiera, terra di confine con il regno degli umani dove creature magiche di ogni sorta vivono in pace. Visivamente l'effetto complessivo è di sicuro impatto anche se a mio parere denota una freddezza e un'artificiosità di fondo che non rendono il lavoro completamente riuscito.


Proprio nella brughiera vive una giovane Malefica, una sorta di fata buona e gentile che un giorno incontra sul limitare del regno il giovane Stefano (Sharlto Copley), umano che poco a poco guadagnerà la sua fiducia e il suo affetto. Crescendo Stefano diventa sempre più ambizioso arrivando a desiderare finanche il comando del regno degli umani per ottenere il quale non esiterà a tradire la sua amica d'infanzia. In seguito al tradimento di Stefano Malefica diverrà la strega che tutti conosciamo mantenendo però in fondo al cuore un barlume di luce che solo la piccola Aurora sarà in grado di ravvivare.

La chiave di lettura tutta al femminile è il punto più interessante dell'intera vicenda, Malefica è diventata quel che è perché sulla sua strada ha trovato un bastardo figlio di puttana che l'ha fatta soffrire terribilmente, un uomo corrotto dal potere il cui contraltare è il giovane Filippo (Brenton Thwaites), un bravo ragazzo imbecille come pochi. A parte la poco influente Aurora e le tre inutili fatine (Lesley Manville, Imelda Staunton, Juno Temple), l'unico vero personaggio interessante è quindi proprio Malefica che ci viene offerta in una versione inedita e approfondita.


sabato 4 aprile 2015

COVER GALLERY - DUSTIN NGUYEN - WILDCATS 3.0

Wildcats 3.0 episodio 01 - Dustin Nguyen
Riprendiamo il discorso lasciato in sospeso qualche settimana fa (anche se in realtà il discorso sembrava più che chiuso) riguardo le copertine della serie Wildcats pubblicata all'epoca da Image Comics e dai Wildstorm Studios di Jim Lee. La serie ha avuto nel corso degli anni diverse incarnazioni e i componenti del gruppo numerose traversie. Nella loro versione 3.0 il gruppo è capitanato dall'androide Spartan, Lord Emp viene parzialmente accantonato e lo scrittore Joe Casey decide di dare un volto pubblico a questo gruppo di supereroi trasformandoli in una sorta di multinazionale quotata sul mercato e nascosta dietro il brand della Halo Corporation (sto andando a memoria, perdonatemi nel caso ci fosse qualche imprecisione). La Halo, come tutte le aziende, immetteva prodotti sul mercato ma dal marcato tratto innovativo (ad esempio le batterie a energia illimitata). Ricordo che la nuova impostazione era intrigante e che le storie della terza incarnazione di Wildcats si interruppero quando la Magic Press mise fine alla pubblicazione del mensile Wildstorm.

Fatto sta che anche Dustin Nguyen, che si occupava all'epoca delle copertine e per un certo numero di uscite anche dei disegni della serie, si adattò al nuovo andazzo creando una serie di immagini molto più vicine alle illustrazioni pubblicitarie e alle trovate degli addetti al marketing che non a quelle di una classica serie di supereroi. A voi giudicarne il risultato.

Come per gli scorsi appuntamenti e come accadrà nei prossimi, vi chiedo di segnalare le vostre cover preferite (per un massimo di tre) in modo da organizzare un'eventuale mostra virtuale con le migliori illustrazioni proposte nei vari Cover Gallery. Ovviamente il voto è completamente libero, si può giudicare il tratto del disegnatore, la costruzione della copertina, il soggetto, lo stile, l'eventuale citazione, etc..., insomma, quello che più vi piace, non ci sono regole. E magari questo pistolotto ve lo beccherete copincollato tutte le prossime volte, come memento :)

PS: la cover in apertura di post è votabile come le altre.


Wildcats 3.0 epis. 01 Aternative - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 02 - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 03 - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 04 - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 05 - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 08 - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 15 - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 16 - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 18 - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 19 - Dustin Nguyen



Wildcats 3.0 episodio 20 - Dustin Nguyen

venerdì 3 aprile 2015

ATTRAVERSO LO SPECCHIO

(di Tiziano Sclavi e Giampiero Casertano)

Non è di Lewis Carroll ne tanto meno della sua Alice che vi voglio parlare, bensì del decimo episodio della serie dedicata all'indagatore dell'incubo più famoso di Craven Road. Dopo incubi di ogni sorta e natura è il suo turno, arriva lei, Madama la Morte.

La Morte che dona, la Morte che prende,
La Morte che ruba, la Morte che rende,
La Morte che passa, la Morte che sta,
La Morte che viene, la Morte che va.

Che poi nel momento del disvelamento, della bella signora, della madama, la Morte non ha proprio nulla, sembra anzi tirata fuori di peso da Il settimo sigillo di Ingmar Bergman e penso proprio che nella mente del disegnatore Giampiero Casertano ci fosse quella Morte li, quella interpretata da Bengt Ekerot. E per una volta iniziamo dando il giusto peso al lavoro del disegnatore, la prova di Casertano mi sembra semplicemente sublime capace di andare anche oltre il livello altissimo sul quale si posizionava il lavoro di Roi, un episodio dove ogni vignetta trasmette la giusta tensione anche quando i volti sembrano delle caricature come quello del proprietario del negozio di specchi attraverso uno dei quali, con modalità bizzarra, il nostro eroe avrà modo di passare. Splendida la sequenza iniziale del ballo in maschera lungo la quale Casertano si sbizzarrisce nel creare costumi e infilare omaggi e citazioni, una festa dove la maschera della Morte toccherà alcune persone che inevitabilmente, poco dopo, faranno tutte quante una brutta fine. Fortunatamente alla festa si registrava anche la presenza di un certo Dylan Dog.


Attraverso uno specchio ha inizio un incubo degno della mente malata di scrittori come Edgar Allan Poe, è attraverso gli specchi, le superfici riflettenti, che l'incubo prenderà corpo. Ancora una volta Sclavi riesce a confezionare un ottimo episodio dalle atmosfere evocative nel quale ritaglia ampio spazio da dedicare alle vittime della Morte, a quelle comparse che si adoperano sacrificandosi per far girare al meglio ogni storia. Poi ci sono le donne di Dylan, almeno due in questo episodio, splendide vittime, spesso mezze matte capaci di erodere con la loro scomparsa ogni volta un pezzo del cuore del protagonista, donnaiolo ma dall'animo nobile e romantico. E dopo la Morte, dopo Bergman, dopo Carroll, sarà ancora possibile alzare il tiro?


giovedì 2 aprile 2015

BRADI PIT 125

Forze dell'ordine sempre presenti, ma se ti rubano in casa...


Clicca sull'immagine per ingrandire.

Aiutaci a diffondere il verbo del Bradipo linkandolo. Fallo tu perché il Bradipo fa n'caz.

mercoledì 1 aprile 2015

NON APRITE QUELLA PORTA

(The Texas Chain Saw Massacre di Tobe Hooper, 1974)

Il fulcro del film di Hooper, più che nel volto ricavato da pelle umana dell'omicida Leatherface (Gunnar Hansen), sta tutto in quelle poche e splendide riprese della pupilla verde e dilatata di Sally Hardesty (Marilyn Burns) capace di trasmettere terrore e angoscia a livelli che solo una situazione potenzialmente mortale e senza vie d'uscita può scatenare. I capillari oculari irrorati di rosso terrorizzano più di qualsiasi schizzo di sangue, l'angoscia e la tensione creati ad arte da Hooper valgono più di qualsiasi efferatezza possa essere mostrata sullo schermo (e qui in maniera palese non ne vengono mostrate poi molte).

Nonostante Non aprite quella porta visto oggi possa non sembrare un film troppo spinto sul versante horror/gore, soprattutto tenendo conto dell'abitudine incamerata da molti spettatori del genere al torture porn e derive simili, all'epoca il film fece scuola e scalpore allo stesso tempo. Realizzato davvero con pochissimi mezzi e da un gruppo di attori tra i quali si distingue tra le vittime la sola Burns, il film gode di alcune sequenze, alcune situazioni e diverse atmosfere angoscianti realmente degne di nota, senza pensare poi al successo incredibile riscosso dal maniaco omicida Leatherface, futuro protagonista di una decina di titoli tra sequel, prequel e remake.

E' l'America rurale e provinciale a far paura, quell'America dove vivono intere famiglie di disadattati, nascosti alla vista dalla natura e dall'isolamento, ed è proprio il più tardo del gruppo a salire agli onori della ribalta indossando una maschera di pelle umana e diventando uno dei simboli più riconoscibili del filone horror/slasher. Magistrali le sequenze di inseguimento nei boschi in notturna che Hooper dedica alla sua creatura, una figura bolsa e allo stesso tempo minacciosa, ringhiante, che insegue ignorante la sua preda, la bella Sally, brandendo la sua motosega a pieni giri, una minaccia incombente capace di ispirare puro terrore.


Nonostante il film sia stato reputato un caposaldo del genere, un film seminale, e abbia incassato più di 220 volte la cifra spesa per realizzarlo, cifra tra l'altro racimolata grazie ai proventi del film porno Gola profonda, non mancarono accuse di esagerata violenza che valsero a Non aprite quella porta numerose censure e la messa al bando in Gran Bretagna per oltre vent'anni.

Ma chiudiamo con due parole sulla trama. Estate 1973, Texas. La radio riferisce di strane profanazioni al cimitero di Newt. Un gruppo di ragazzi si reca in loco per effettuare un controllo sulla tomba di un parente di alcuni di loro. Due coppie, Kirk (William Vail) e Pam (Teri McMinn), Jerry (Allen Danziger) e Sally (Marilyn Burns), accompagnati dal fratello affetto da paralisi motoria di quest'ultima (Paul A. Partain). Lasciato il cimitero con il loro furgone la comitiva decide di caricare a bordo un autostoppista che si rivelerà presto essere uno psicopatico. Ma questa è solo la punta dell'iceberg della tragedia che si consumerà di lì a poco tra i boschi della zona.

Con quattro soldi la genesi di un franchise e di un'icona horror indimenticati ancora oggi.


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