venerdì 31 luglio 2015

IL ROCK INVISIBILE

(di Evil Monkey, 2015)

Nella presentazione che lo stesso Evil Monkey fece qualche tempo addietro del suo breve scritto, l'autore affermava (e cito quasi testualmente) di riconoscersi in pieno nella categoria dei bugiardi e anche che le balle bisogna saperle raccontare bene.

Partendo da questo presupposto possiamo constatare con tranquillità come Evil Monkey sia un ballista sopraffino, capace sì di intrattenerci con quelle che chiamerei invenzioni di qualità più che balle vere e proprie, ma di intrattenerci con queste frottole in maniera intelligente e in qualche modo anche colta.

Ma perché parliamo qui di invenzioni? Il rock invisibile, che come sottotitolo riporta In 25 dischi fondamentali, è un excursus tra venticinque possibili album in qualche modo rappresentativi di diversi modi di intendere, sentire (col cuore ancor più che con le orecchie), fruire e anche realizzare la musica. 25 album che non esistono. 25 balle.

Considerando la minima foliazione del libro in questione, poco più di un'ottantina di pagine, i contenuti, ma soprattutto gli spunti offerti dall'opera, sono molteplici. Più che le venticinque recensioni che trovate al suo interno (comunque appassionanti), a colpire il lettore un minimo attento sono le idee che stanno dietro la realizzazione di questi scritti, la ricerca di un linguaggio nuovo ma anche e soprattutto una nuova via di associazioni di idee riguardanti la musica e i suoi contesti.

Difficile spiegare in poche parole le felici e argute intuizioni messe su carta da Evil Monkey nelle sue introduzioni e negli accostamenti tra nuovi modi (anche) di catalogare la musica e i brani tratti da Le città invisibili di Italo Calvino (connubio perfettamente riuscito). Così come Calvino immaginò che Marco Polo potesse descrivere fantastiche città inesistenti al Kublai Kan, allo stesso modo la Scimmia cattiva ci trasporta tra i solchi di inesistenti album e tra le sensazioni che questi avrebbero potuto provocare nell'ascoltatore/lettore.

E così gli album non sono più suddivisi per rigidi generi o fredde date d'uscita, bensì per possibili umori e approcci dell'ascoltatore, non per album seminali ma per rassicuranti opere di consolidamento, attraverso nuovi linguaggi, per esperienze e momenti cardine nella vita del fruitore e via discorrendo. Detto così sembra tutto artificioso e campato per aria, ma nel momento della lettura delle varie introduzioni inserite nel libro dall'autore, tutti i dubbi e le perplessità che questo mio breve commento può aver innescato in voi verranno sciolte in un attimo.

Resta il rimpianto di non poter ascoltare Songs for open mind dei The Comitè o l'album di debutto dei The Soft Boys o altre possibili perle nascoste tra le righe di questo libro. Non di meno percorsi di ascolto reali sono più che possibili raccogliendo suggerimenti qua e là tra le recensioni di questo viaggio tra 25 dischi che più che fondamentali definirei rappresentativi di qualcosa di molto personale.

Link al libro in Versione PDF (gratuita)


Link al libro in versione cartacea

martedì 28 luglio 2015

E IO MI GIOCO LA BAMBINA

(Little Miss Marker di Walter Bernstein, 1980)

Ha il sapore della vecchia commedia americana E io mi gioco la bambina, tanto che a esserne all'oscuro non avrei mai e poi mai datato la pellicola al 1980 collocandola invece nel decennio precedente se non addirittura qualche anno più indietro. Ingenuità mia o valutazione resa accettabile da circostanze attenuanti?

Il film ha tutti i pregi della commedia classica a partire da un cast di prim'ordine che vede in scena star del calibro di Walter Matthau, Julie Andrews, Tony Curtis e caratteristi d'eccezione quali Bob Newhart (ora Professor Proton in Big Bang Theory) e Brian Dennhey (il poliziotto fetente in Rambo).

Tristezza (Walter Matthau) è un bookmaker che gestisce una sala scommesse ippiche, uomo attaccato ai soldi, burbero e cinico all'inverosimile. È aiutato nella gestione della sua attività dall'amico Angustia (Bob Newhart), altro allegrone, e minacciato da Blackie (Tony Curtis), vecchio amico ora divenuto un pericoloso gangster. Nella disordinata gestione quotidiana degli affari, un giocatore incallito indebitatosi fino al collo lascia in pegno a Tristezza la sua piccola bambina (Sara Stimson) con la promessa di tornare a prenderla con i soldi dovuti.

Ovviamente l'uomo sparisce e il cinico Tristezza si troverà a dover gestire h24 questa piccola bambina districandosi tra il lavoro all'agenzia (clandestina), le minacce di Blackie, l'interesse della polizia e le avances della fidanzata di Blackie, Amanda (Julie Andrews).


La prima parte del film, quella in cui poco alla volta si delinea la vicenda, è divertentissima. La battuta sempre pronta e altamente cinica di Matthau non ha pietà per nessuno: anziani, bambini, spiantati, sono tutti bersagli perfetti per il grande mattatore. Ottima la ricostruzione d'ambiente degli anni '30, decennio in cui il film è ambientato. Andando avanti con lo sviluppo si inseriscono i due filoni sentimentali della pellicola, l'affetto reciproco tra la dolce bambina e il burbero omone e la simpatia reciproca, nascosta ovviamente sotto una profonda coltre d'astio apparente, tra Tristezza e Amanda. Il ritmo rallenta e le gag lasciano spazio anche a momenti più dolci e commoventi.

Nel complesso il film, remake dell'omonimo del 1934 con Shirley Temple, è davvero ben riuscito, la faccia di bronzo di Matthau, sostenuta da tutto il cast, garantisce abbondanti risate e sporadiche tenerezze. Da recuperare soprattutto per chi ama la commedia americana dei tempi andati, anche quelle prodotte nei decenni precedenti a questa.


lunedì 27 luglio 2015

PHILIP K. DICK - TUTTI I RACCONTI: 1954

(Short stories collection vol. 2 di Philip K. Dick, 1954)

Secondo corposo volume dedicato ai racconti brevi di Philip Dick, nel caso specifico pubblicati tutti originariamente nell'anno del Signore 1954, anno evidentemente molto prolifico per lo scrittore americano. Negli anni successivi la produzione di racconti sarà più dilatata nel tempo, anche perché Dick inizierà a dedicarsi a scritti più lunghi e corposi, è datato 1955 infatti il suo primo romanzo dal titolo Lotteria dello spazio.

Come già accadeva per i racconti contenuti nel primo volume, anche in questi Dick non si concede escursioni nella sola fantascienza, abbracciando invece tutto lo scibile per quel che riguarda la sfera del fantastico. Non è rara infatti l'impressione nel lettore di trovarsi di fronte a racconti che hanno atmosfere e sapori dei vecchi episodi del serial Ai confini della realtà, anche in questo l'autore si rivelerà precursore, la serie classica di The twilight zone (questo il nome originale) vedrà infatti la luce nei palinsesti della CBS solo nel tardo 1959.

A conferma dell'inclinazione di Dick verso le weird tales un titolo su tutti, piuttosto esplicativo dell'argomento: Breve vita felice di una scarpa marrone (The short happy life of the brown Oxford). Se una scarpa può essere felicemente protagonista di un racconto particolare figuriamoci se non possono esserlo divinità in miniatura od orologi a cucù poco socievoli, alberi malevoli o elettrodomestici insistenti.

Ovviamente c'è pane anche per i denti di chi ama la fantascienza più classica, dai pianeti lontani alle guerre galattiche, dal viaggio nel tempo alle distopie apocalittiche. Torna ricorrente lo scenario di guerra, una delle maggiori ossessioni dell'autore, così come tornano i mondi alternativi, ciò che è vero e ciò che è falso.

Non tutti i racconti sono belli e meritevoli alla stessa maniera, cosa che accade più o meno in ogni antologia, e in un volume di oltre cinquecento pagine il rischio di sovraccarico da visioni fantastiche potrebbe anche venirvi a bussare alla porta. Presi però con le giuste dosi i viaggi immaginifici di Dick, visionario e anticipatore, non possono che lasciare soddisfatti i fan del genere e non solo.

Siamo a metà dell'opera, vedremo quante e quali altre sorprese riserveranno gli ultimi due volumi della raccolta. Poi via ai romanzi.

Philip K. Dick

domenica 26 luglio 2015

VINCENZINA 002

Vincenzina, il rimedio alla calura estiva!



Per chi fosse interessato ad acquistare una copia nell'edizione della Red dei libri di Bradi Pit o di Vincenzina potrà richiederla direttamente a Giuseppe contattandolo all'indirizzo e-mail scapigliati@aruba.it

sabato 25 luglio 2015

WAYWARD PINES

Ammetto di essere stato contagiato dall'hype creato sul web e su alcune riviste per la messa in onda di Wayward Pines. Al solo pensiero di poter vedere un serial che già nelle intenzioni prometteva di omaggiare Twin Peaks, pur sapendo che non sarebbe riuscito nemmeno ad avvicinarsi alle vette toccate dal precedente, sono andato in brodo di giuggiole.

Diciamo pure che il mio entusiasmo non era giustificato, vuoi perché degli elementi cari ai fan di Twin Peaks non sono poi molti (ambientazione, mistero), vuoi perché la qualità generale della serie si è rivelata decisamente inferiore a quello che avrebbe dovuto esserne l'ispiratore.

Ma mettiamo da parte ogni scomodo paragone e concentriamoci su Wayward Pines. La serie, tratta dai romanzi di Black Crouch, a mio avviso non parte affatto male mischiando la provincia americana, atmosfere minacciose e diverse situazioni misteriose difficilmente spiegabili. In più il volto familiare del protagonista, quello di Matt Dillon, pur non appartenendo a un grandissimo attore, crea subito empatia e per qualcuno forse anche un pizzico di nostalgia. Insomma, non si era partiti male e la curiosità dello spettatore veniva solleticata fin da subito.

Nel corso di un'indagine federale l'agente Ethan Burke (Matt Dillon) si trova coinvolto in un brutto incidente stradale nei pressi della cittadina di Wayward Pines. Risvegliatosi in ospedale Burke si rende conto poco a poco che le persone che lo circondano, in particolar modo l'infermiera Pam (Melissa Leo), nascondono qualcosa e si comportano con un velato fare minaccioso. In seguito l'agente Burke scoprirà come lasciare Wayward Pines non sia affatto facile.

Ma le stranezze non si limitano a questo. Oltre all'aspetto misterioso/investigativo della vicenda, la serie apre da subito a possibili derive sovrannaturali, fantastiche o fantascientifiche, perché i conti non tornano e a tutte le cose che a Wayward Pines sembrano dannatamente fuori posto bisognerà pur dare una spiegazione.


Così la serie prosegue, non priva di incongruenze e passaggi poco chiari, fino alle rivelazioni di metà stagione (attorno alla quinta puntata) dove in un paio di episodi arrivano tutte le spiegazioni che lo spettatore aspettava (e che magari inconsciamente non voleva). A questo punto la serie perde un poco di interesse, almeno per me così e stato, il fascino del mistero spazzato via almeno in parte da una realtà fantastica ma non così interessante e avvincente.

Nel complesso Wayward Pines si è rivelata una serie discreta, un buon intrattenimento non privo di sbavature e imperfezioni con un finale che lascia aperte le porte per un eventuale prosieguo che pare non ci sarà. In giro per il web si parla di occasione sprecata, in realtà io la vedo più come una realizzazione non perfettamente centrata. Poteva essere meglio ma non è stata poi così male, in fondo parliamo solo di una decina di puntate che scivolano via bene.

Da segnalare nel cast altri volti noti come Carla Gugino, Toby Jones e Juliette Lewis.


giovedì 23 luglio 2015

LA MUSICA DI LAURA - EPISODIO 004


Questa volta oltre ai tre brani scelti come sempre a caso da Lauretta e la sua decisione di voto, vi proporrò anche alcuni commenti rubati a mia figlia durante l'ascolto dei brani. Condivisibili o meno sono convinto che siano comunque molto simpatici.
I pezzi sono questa volta tutti un poco datati, ancora una volta tre approcci differenti alla musica.

Ed ecco i brani che vi propongo questa volta, ovviamente come sempre esprimete liberamente tutti i vostri apprezzamenti, le vostre antipatie e soprattutto la vostra preferenza.


1)  U.K. - Alaska




2)  Kiss - Hard luck woman




3)  Queen - My fairy king



Questa volta con ben poca convinzione Laura ha scelto come brano vincitore Hard luck woman dei Kiss, probabilmente il più accessibile per le sue orecchie.

E come promesso ecco alcuni dei suoi commenti sui pezzi:

Su Alaska:
-  Questa è la canzone più inquietante che io abbia mai sentito.
-  Io sto morendo di caldo anche se siamo in Alaska.
-  Io non la voterei neanche morta.

Su Hard luck woman:
-  Non capisco con che criterio si truccano così.
-  Ma questa la canta solo il gatto?

Su My fairy king:
-  Il loro scopo era quello di far venire l'infarto a tutti?

martedì 21 luglio 2015

TORNA A CASA, LASSIE!

(Lassie come home di Fred McLeod Wilcox, 1943)

Lo so, lo so, questo blog ormai si sta trasformando sempre più in uno spazio per poppanti. C'è ben poco da fare, come diceva il grande Eduardo adda passà a nuttata, cosi a me, beninteso senza azzardare scomodissimi paragoni, non resta che dire dovrà finire anche questa estate.

Comunque, piaccia o meno, andiamo a parlare di un classicissimo del cinema per famiglie prodotto dalla Metro Goldwyn Mayer nel 1943, diretto da un esordiente e interpretato tra gli altri anche da una giovanissima Elizabeth Taylor che all'epoca contava giusto undici anni. Come tutti sanno il successo di Torna a casa Lassie fu enorme tanto da dar vita a diversi sequel, tre serie tv e un'esplosione di vendite di cani di razza Collie.

Sicuramente all'epoca i racconti edificanti e intrisi di buoni sentimenti facevano un effetto più genuino di quel che possono provocare oggi in noi spettatori moderni spesso cinici e disincantati. In più buoni sentimenti in questo caso veicolati da e per un animale, un cane che vive di amore incondizionato e totale per il suo padroncino, un amore inattaccabile sotto ogni punto di vista. Cosa volere di più? Non rimane che cascarci con tutte le scarpe.

In più Lassie (interpretato dal Rough Collie Pal) è effettivamente un bellissimo esemplare di cagnone, non lo si può negare.

Siamo negli anni della depressione, la zona dello Yorkshire in Inghilterra è afflitta dalla piaga della disoccupazione. La famiglia Carraclough composta da papà Sam (Donald Crisp), da mamma Carraclough (Elsa Lanchester) e dal piccolo Joe (Roddy McDowall) versa in pessime condizioni economiche. Il quarto membro della famiglia è l'intelligentissima Lassie che vive in simbiosi con il piccolo Joe tanto da andare ogni giorno a prenderlo, puntualissima, all'uscita da scuola. L'amore tra bimbo e cane è grandissimo ma un giorno al premuroso signor Carraclough, per dar da mangiare alla famiglia e guadagnare qualche soldo, non resta che vendere Lassie al Duca di Rudling (Nigel Bruce).

Inizieranno così diversi tentativi di fuga (molti riusciti) da parte del cane al fine di ricongiungersi al bambino, l'ultimo dei quali avverrà con partenza dalla lontana Scozia, luogo dove il conte si era recato con la nipotina Priscilla (Elizabeth Taylor).


Il film è tutto qui, una di quelle storie che non sfigurerebbero tra gli ultimi servizi di quello pseudo tg che è Studio Aperto, a smuovere lacrime, magoni e buoni sentimenti. Però funziona, non si può restare indifferenti alla peripezie e ai sacrifici affrontati da Lassie per tornare dal piccolo Joe. Ora, senza buttare lacrime ne battersi i pugni sul petto, se non provate almeno un po' di simpatia/empatia per il cane siete proprio delle merdacce.

La confezione gode di una bella fotografia che ricrea in maniera credibile paesaggi anglo-scozzesi pur mantenendo tutto il girato in Nord America. Gli attori sono tutti in parte e ben calati nelle atmosfere del cinema dell'epoca e del genere, molto simile a diverse produzioni targate Disney. Proprio per il suo gusto d'antan una visione piacevole ancora oggi.


domenica 19 luglio 2015

G-FORCE - SUPERSPIE IN MISSIONE

(G-Force di Hoyt Yeatman, 2009)

A questo siamo arrivati. Il periodo estivo contrassegnato da calura disidratante non è solo la croce degli esercenti cinematografici, è anche causa di una quasi impossibilità di godere di un film decente tra le quattro mura domestiche. Infatti le scuole sono chiuse. Durante l'anno, con la scusa che domani c'è scuola, i bambini vengono mandati a letto presto e, a una certa ora, tu puoi pure permetterti di guardarti un film serio. D'estate no. Mia figlia, che ormai ha nove anni, non posso più costringerla ad andare a dormire alle nove e mezza, perché l'indomani non c'è scuola, la mattina nessuno le scassa i cabbasisi e la creatura può pure dormire qualche ora in più. Allora si guarda il film tuttinsieme.

Ieri c'è toccato G-Force (e l'ho pure proposto io). I primi dieci minuti promettevano bene, una specie di rutilante film d'azione a tema spionistico con porcellini d'india, talpe e criceti impegnati a sventare il superpiano criminale di una mente malata a capo di una megacorporation produttrice di elettrodomestici. Protagonisti potenzialmente simpatici supportati nel cast umano dall'ormai celebre Zach Galifianakis, ritmo serrato, roditori affiatati.

Prodotto adatto alla fascia d'età di mia figlia che dopo appunto questi primi dieci minuti perde un po' di interesse se proposto a un pubblico adulto. Animali parlanti se ne sono visti in tutte le salse, l'apporto degli attori in carne e ossa è puramente alimentare e funzionale alla trama e il ritmo in alcune sequenze scende pericolosamente verso il basso tanto che l'unica cosa di un certo interesse rispetto all'introduzione di un nuovo personaggio (Bucky il criceto) è quella che lo stesso porti la voce del Dottor Heinz Doofenshmirtz di Phineas e Ferb.

Sul versante tecnico l'ibrido umano/animale è perfettamente riuscito e di per sé il film non è peggio di molto cinema del genere prodotto per i bambini. Ci sono buone sequenze action probabilmente sviluppate per il 3D, una banda di personaggi ben riusciti e qualche buona battuta. Il resto è routine, scena musicale finale compresa.

Per chi deve intrattenere i bambini G-Force - Superspie in missione è un prodotto che funziona, simpatico, innocuo e se voi adulti avete problemi di sonno potrebbe anche aiutarvi a farvi fare una bella dormita, che di questi tempi è tutto grasso che cola.

Domani le faccio vedere Harry pioggia di sangue.


sabato 18 luglio 2015

VINCENZINA 001

In attesa del ritorno del Bradi Pit iniziamo a proporre le strip dell'altra creatura di Giuseppe, la tenerissima Vincenzina, per la prima volta sul web in formato verticale.

Ricordo a tutti che nel corso degli anni Giuseppe ha pubblicato un volume dedicato alle strip del Bradipo e uno a quelle di Vincenzina. Se qualcuno di voi fosse interessato ad acquistarne una copia nell'edizione della Red potrà richiederla direttamente a Giuseppe contattandolo all'indirizzo e-mail scapigliati@aruba.it

E ora... Vincenzina.



giovedì 16 luglio 2015

KILLER!

(di Tiziano Sclavi e Montanari & Grassani)

Questa volta Dylan Dog si trova ad affrontare una macchina da guerra, un perfetto costrutto per uccidere, una sorta di Terminator di Arnoldiana memoria al quale l'omaggio di Tiziano Sclavi sembra parecchio evidente. Come accadeva nel film di James Cameron dall'altra parte dell'oceano, anche a Londra si palesa un energumeno dotato di pochi argomenti e dai modi spicci. Invece di Sarah Connors il nostro simil-terminator è alla ricerca degli Hund residenti in città, all'unico scopo di far loro saltare la testa per passare poi in tutta fretta all'obiettivo successivo.

Ovviamente la trama imbastita da Sclavi non può essere una semplice copia del film uscito nelle sale giusto un paio d'anni prima e infatti vi è l'ibridazione dell'ormai celebre canovaccio con la cultura e le leggende ebraiche, qui splendidamente rappresentate da un altro di quei personaggi indovinatissimi che Sclavi dissemina nelle sue storie: il rabbino Woodrow Allen Hund.

Perfetta controparte di Groucho con il quale si diletta in sfide a suon di proverbi Yiddish, il rabbino Allen sarà una delle chiavi della vicenda ma non la sola, mai sottovalutare l'importanza del nostro Dylan Dog. Per una storia in cui è assente l'amorazzo di turno, Sclavi ne compensa la mancanza con dosi copiose di azione e morti ammazzati e un ritmo indiavolato che avvolge la storia dall'inizio alla fine, elucubrazioni rabbiniche a parte.

Proprio perché la minaccia è molto evidente e poco strisciante mancano un poco le atmosfere inquiete molto care alla serie, cosa che di per sé non sarebbe neanche un male (infatti l'episodio funziona molto bene) ma che non permette alla coppia di disegnatori, come avvenuto in altre occasioni, di compensare in atmosfera la rigidità delle loro matite (è ormai risaputo come Montanari e Grassani non siano proprio i miei artisti dylaniati preferiti).

Quindi onore al merito a quello che potrebbe essere (e in un certo senso già lo è) un action movie dai risvolti fantastici molto ben riuscito, adrenalinico e dal ritmo sostenutissimo. Mi sarebbe piaciuto vedere altre matite ma tant'è...


mercoledì 15 luglio 2015

LA MUSICA DI LAURA - EPISODIO 003


Ecco altri tre brani tra i quali la mia bimba è stata chiamata a scegliere e a esprimere la propria preferenza. Brani molto diversi uno dall'altro per genere, approccio, epoca. L'andazzo è stato più o meno questo: molto contenta per una scelta, entusiasta per un'altra e molto meno per un'ultimo pezzo che ha testualmente definito uno strazio (indovinate voi con quale abbinamento).

Andiamo subito a vedere i brani selezionati da Laura:

1)  Oasis - Supersonic




2)  The Doors - The end




3)  Giovanni Allevi - L'ape e il fiore



Con molta gioia Laura ha deciso che il meglio è... Giovanni Allevi con L'ape e il fiore (titolo molto bambinesco effettivamente).

E voi che dite: votate gente, votate!

martedì 14 luglio 2015

GUNGA DIN

(di George Stevens, 1939)

Film datato 1939 che mescola per bene avventura e commedia, mettendo in scena un cast di primissimo piano e una regia affatto disprezzabile. In fondo gli esiti di questa pellicola non potevano essere così negativi (anche se bucò al botteghino) visti i coinvolgimenti in fase di stesura di William Faulkner e Howard Hawks, entrambi in seguito sostituiti.

In ogni caso il lavoro di George Stevens basta a giustificare il vasto dispendio di energie e la caratura del cast coinvolto nel progetto. Siamo negli anni '30 e il film offre scene di massa ottimamente realizzate e sequenze d'azione notevoli nonostante le stesse riviste oggi diano l'impressione di movimento non sempre fluido soprattutto nell'incedere delle folle. Comunque anche questo elemento contribuisce al versante più comico della vicenda portato avanti dai tre protagonisti, tre sergenti dell'esercito coloniale britannico di stanza in India. Il Sergente Cutter (Cary Grant), il Sergente MacChesney (Victor McLaglen) e il Sergente Ballantine (Douglas Fairbanks Jr.) sono tre amiconi spesso coinvolti in risse e tiri mancini causati dalla mania del primo di andar in cerca di perduti tesori. Lo scenario non è dei più allegri, l'esercito britannico deve infatti affrontare la minaccia della terribile setta dei Thug, guerrieri spietati dediti all'arte dello strangolamento. Tra i vari personaggi che gravitano intorno all'orbita dei tre sergenti c'è l'indiano Gunga Din (Sam Jaffe), incaricato di portare l'acqua durante le battaglie e aspirante soldato.


Il tutto è tratto da un poema dello scrittore Rudyard Kipling e da alcuni elementi tratti da un racconto del medesimo autore intitolato Soldiers three. È particolare l'inserimento di figure quasi grottesche come quella del sergente Cutter interpretato da un Cary Grant come al solito capace di innalzare i livelli della commedia e che riesce a trasformare uno scenario di guerra in un perfetto palcoscenico per una screwball comedy. Solo accennati gli aspetti romantici grazie alla presenza di Joan Fontaine, promessa sposa del Sergente Ballantine per la quale quest'ultimo, osteggiato dai due colleghi, è in procinto di lasciare l'esercito.

Tutto il cast contribuisce alla buona riuscita di questo mix d'azione e commedia piacevole da guardare ancor oggi, il tutto in un film che è stato anche scelto per essere conservato nel National Film Registry per la sua valenza culturale.

Per quel che riguarda il nostro personale excursus nella filmografia di Cary Grant la mia preferenza continua ad andare ai film in cui è la commedia pura a farla da padrone, dove la controparte storica o avventurosa non è così prominente, ciò nonostante la visione datata di film ai quali ormai siamo poco abituati è sempre consigliata, soprattutto se in questi uno dei protagonisti è il buon vecchio Cary Grant.


sabato 11 luglio 2015

SPEED RACER

(di Andy e Larry Watchowski, 2008)

Tripudio di vividi colori per il giocattolone sfarzoso messo in scena dagli esageratissimi ex fratelli Watchowski (che ora sono fratello e sorella). Se la coppia di registi ci aveva abituati già con la trilogia di Matrix a effetti speciali schiacciati a tavoletta, figuriamoci ora che il loro film è ambientato in un mondo di corse automobilistiche ben più che fantasiose direttamente derivato da un vecchio cartone animato giapponese (qui da noi lo ricordo con il titolo di Mach V).

Visivamente il film è un concentrato continuo di colori saturi, accesissimi, misti alla più spinta delle ricostruzioni digitali, un mix tra i video degli Aqua all'epoca di Barbie Girl, i cartoni animati svedesi con Sportacus (il personaggio di Racer X me lo ricorda anche un po') e i videogiochi dai toni più sfrenati.

E a questo baillamme abbacinante si inchina anche l'estro recitativo di attori noti e meno noti che si adattano alla filosofia da cartone animato concedendosi espressioni ora esageratamente algide o statiche, ora classicamente cartoonesche e smorfiose tanto che la differenza espressiva tra loro e la scimmia Chim Chim è inesistente o del tutto superflua. E attori bravi non mancano in questa pellicola, basti pensare a una Susan Sarandon o a un John Goodman che credo ormai non abbiano più nulla da dimostrare a nessuno (così come il protagonista Emile Hirsch in fondo).

Alla fin fine il sapore di questa bevanda intrisa di colorante com'è? Volendo mettere per un attimo da parte l'amore per il cinema vero, quello serio, possiamo anche dire che la bibita assolve almeno al compito di rinfrescare. Se guardato con gli occhi giusti, valutato come un esperimento esagerato, il film in fin dei conti è interessante e anche piacevole (forse troppo lungo) per una visione con i bambini.


La storia è una semplice vicenda di passione per le corse e di integrità morale dettata da una buona educazione familiare con un ottimo messaggio di fondo, cioè che le grosse corporation e le grandi compagnie sono il male. Il piccolo Speed Racer (Emile Hirsch da adulto) non ha altro in testa che le corse delle auto e una venerazione per il fratello maggiore pilota, Rex Racer (Scott Porter) che purtroppo in una di queste corse pazze tra auto piene di trucchetti e accessori ci lascia le penne, solo dopo aver abbandonato la scuderia di famiglia per una grosso sponsor. Papà Racer (John Goodman) abbandona l'ambiente in preda allo scoramento fino a quando, una volta cresciuto, Speed Racer diventerà un giovane campione sulle orme del fratello.

Ma il mondo delle corse si rivela marcio e corrotto, starà a Speed con l'aiuto del misterioso Racer X (Matthew Fox) provare a cambiare le cose.

Nel mezzo corse allucinanti su piste e auto che sfidano ogni legge della fisica. Il baraccone del cinema ultramoderno è servito.


venerdì 10 luglio 2015

BIG HERO 6

(di Don Hall e Chris Williams, 2014)

Big Hero 6 è il film targato Disney Pictures uscito a Natale dello scorso anno nelle nostre sale cinematografiche, film che stranamente non siamo riusciti a vedere al cinema, cosa doppiamente strana in quanto questo lungo d'animazione presenta per la prima volta in una produzione Disney personaggi della scuderia Marvel, cosa che da queste parti non può che essere molto apprezzata.

C'è da dire che si tratta di personaggi assolutamente misconosciuti, minori e secondari all'interno del Marvel Universe, a memoria mi sento di affermare di non averli mai incontrati neanche in una vignetta nel corso della mia pluridecennale frequentazione degli albetti Marvel. Comunque in casa Disney hanno preso questi characters poco conosciuti, hanno modificato loro e la loro storia alla bisogna e sono riusciti a confezionare l'ennesimo buon prodotto rivolto ai più piccoli capace però di intrattenere anche gli adulti.

Questa volta mi sembra che si sia puntato sul carino e coccoloso (come direbbero alcuni pinguini di nostra conoscenza). E' fuor di dubbio che il personaggio più azzeccato, molto diverso dalla sua versione cartacea, sia Baymax, una sorta di automa infermiere programmato per curare e alleviare le sofferenze dei suoi assistiti e dotato di un aspetto rassicurante, gommoso e pacioccoso, una sorta di omino Michelin liscio e carino. Il suo essere ingenuo, solidale, tenero e comprensivo unito all'aspetto fisico accattivante lo rende un protagonista perfetto per catturare la simpatia di grandi e piccini. Insieme a lui, a destare l'interesse degli spettatori ci pensa il giovane Hiro, colpito nel corso della vicenda da un lutto dal quale riuscirà a riprendersi solo grazie all'aiuto di Baymax. L'interazione tra i due protagonisti, l'elaborazione del lutto e della sofferenza, sono i nodi che rendono il film un prodotto riuscito (insieme alle scene divertenti), per il resto la storia e la sua deriva supereroica e gli altri personaggi di contorno, pur funzionali, restano nella media delle produzioni di questo genere.


Tecnicamente il film è molto ben realizzato, la ricostruzione della fantastica San Fransokyo, misto accattivante di Tokyo e San Francisco, è davvero superba. Le location dei film d'animazione sono una delle cose alle quali solitamente presto più attenzione e in questo caso mi hanno lasciato soddisfatto in pieno (a parte il fatto che di notte sembri non girare nessuno per questa metropoli, cosa alquanto strana).

Anche l'antagonista della storia è reso in maniera accattivante e visivamente molto ben elaborato, ormai le meraviglie del digitale non stupiscono quasi più, però quando una cosa è ben fatta è bene sottolinearlo.

Pur non presentando una trama molto originale Big Hero 6 gode di diversi buoni spunti e di cartucce al suo arco che la coppia Hall/Williams è riuscita a usare al meglio. Comunque sono più che convinto che il 60% almeno del successo del film lo si debba al supercarino e supercoccoloso Baymax.


mercoledì 8 luglio 2015

LA MUSICA DI LAURA - EPISODIO 002


Visto il buon successo dell'episodio pilota de La musica di Laura eccoci a breve giro a proporre la seconda tornata di pezzi tra i quali la mia principessa è stata chiamata a esprimere la sua preferenza (proprio come farete voi a breve, vero?).

Ancora una volta scelte casuali di brani scovati tra CD, libri e file vari. Questa volta nessun inedito per me, solo musica già conosciuta e almeno un pezzo che non ascoltavo da un bel po' di tempo. Ma scopriamoli e ascoltiamoceli questi pezzi.

And the nominees are:

1)  Faith No More - Land of sunshine




2)  The Box Tops - The letter



3)  Aerosmith - S.O.S. (Too bad)




E per Laura the winner is... Land of sunshine dei Faith No More. E ora via al webvoto!

martedì 7 luglio 2015

BRADI PIT 134

Una faccia una razza.


Clicca sull'immagine per ingrandire.

Aiutaci a diffondere il verbo del Bradipo linkandolo. Fallo tu perché il Bradipo fa n'caz.

lunedì 6 luglio 2015

COVER GALLERY - AMAZING FANTASY

Amazing Adventures 1 di Jack Kirby e Dick Ayers
Dopo una lunga assenza, e non so nemmeno io il perché, torniamo a presentare le carrellate di copertine tratte dai fumetti più disparati al fine di eleggerne alcune in veste di preferite dalla blogosfera che frequenta questi spazi.

Questa volta percorriamo insieme la strada che ha portato alla creazione di una delle copertine più celebri e iconiche del fumetto americano, ossia la cover di Amazing Fantasy 15 disegnata da Steve Ditko per l'albo che vede l'esordio dell'Uomo Ragno.

La collana nasce in realtà come Amazing Adventures quando la Marvel Comics, siamo nel 1961, ancora si chiamava Atlas Comics. Divenne poi dall'uscita numero 7 Amazing Adult Fantasy per cambiare ancora una volta nome, e per un unico albo, in occasione proprio della sua quindicesima uscita targata semplicemente Amazing Fantasy, questa volta sì, sotto il logo Marvel Comics.

Ed ecco il percorso della testata in quindici nostalgiche copertine.

Come per gli scorsi appuntamenti e come accadrà nei prossimi, vi chiedo di segnalare le vostre cover preferite (per un massimo di tre) in modo da organizzare un'eventuale mostra virtuale con le migliori illustrazioni proposte nei vari Cover Gallery. Ovviamente il voto è completamente libero, si può giudicare il tratto del disegnatore, la costruzione della copertina, il soggetto, lo stile, l'eventuale citazione, etc..., insomma, quello che più vi piace, non ci sono regole. E magari questo pistolotto ve lo beccherete copincollato tutte le prossime volte, come memento :)

PS: la cover in apertura di post è votabile come le altre.


Amazing Adventures 1 di Jack Kirby e Sol Brodsky



Amazing Adventures 3 di Jack Kirby



Amazing Adventures 4 di Jack Kirby



Amazing Adventures 5 di Jack Kirby e Steve Ditko



Amazing Adventures 6 di Jack Kirby



Amazing Adult Fantasy 7 di Steve Ditko



Amazing Adult Fantasy 8 di Steve Ditko



Amazing Adult Fantasy 9 di Stan LeeSteve Ditko



Amazing Adult Fantasy 10 di Steve Ditko



Amazing Adult Fantasy 11 di Stan Lee e Steve Ditko



Amazing Adult Fantasy 12 di Steve Ditko



Amazing Adult Fantasy 13 di Steve Ditko



Amazing Adult Fantasy 14 di Steve Ditko



Amazing Fantasy 15 di Steve Ditko

domenica 5 luglio 2015

PIRATI DEI CARAIBI - LA MALEDIZIONE DELLA PRIMA LUNA

(Pirates of the Caribbean: the curse of the Black Pearl di Gore Verbinski, 2003)

Se dovessi definire in due parole il film di Gore Verbinski le due parole sarebbero senza dubbio troppo e lungo. Troppo lungo, troppo lungo e troppo lungo, soprattutto se si considera che il target è quello delle famiglie magari con bambini ancora abbastanza piccoli. La sensazione di stanchezza incombente l'ebbi nel 2003 quando vidi il film in sala e l'ho avuta di nuovo l'altra sera alla fine della visione con mia figlia (mia moglie era collassata sul divano già da un pezzo). Purtroppo per me, il film a Laura tutto sommato è piaciuto e quindi ci toccherà probabilmente sconfinare nell'inedito e guardarci anche gli altri due film della trilogia (perché sono solo tre, vero? Ditemi di si).

Troppo lungo il film come troppo lunghe sono le sequenze di battaglia nel finale, davvero un'esagerazione a mio avviso. Per carità, visivamente tutto ben riuscito, i soldoni sono stati spesi e si vede, però non so più quanto tempo è che non vedo un film per adulti (e non intendo per adulti in quel senso) e allora il problema è che forse non ce la faccio proprio più io, basta cartoni, basta film per famiglie, voglio drammi e morti ammazzati, aiuuuuto!

E poi fa troppo caldo e sono troppo vecchio per queste stronzate!

Sfogo finito. Torniamo a noi. Se vi pago, qualcuno può andare ad ammazzarmi Johnny Depp? Non voglio più vederlo truccato, neanche una volta. Tempo fa mi piaceva un casino, prima che si trasformasse in un cartone animato. Che poi a fare parti sopra le righe e faccine da pirla è anche molto bravo, però non se ne può proprio più. Fate voi il prezzo e poi ci si mette d'accordo.


Per quel che riguarda i pregi del film ci metterei sicuramente qualche buona battuta e qualche sequenza action ben riuscita, qualche bella prova dei pirati della Perla Nera, facce da simpatiche canaglie rozze il giusto, e attori che tutto sommato penso si siano divertiti a girare il film sicuramente più di quanto mi sia divertito io a guardarlo. In più loro li hanno pure pagati mentre invece io ho dovuto pagare.

Poco tempo fa parlai dei Goonies, un film con un target adolescenziale e magari anche un po' meno. Come mai I Goonies mi piacciono ancora e il Capitano Jack Sparrow (Johnny Depp) rischia di ammazzarmi di noia a ogni visione?

Rispondete voi, poi per quell'altra cosa ci mettiamo d'accordo.

PS: Perché il titolo originale, La maledizione della Perla Nera, che aveva un senso decisamente migliore, è diventato in italiano La maledizione della prima Luna? La Perla Nera non piaceva?


giovedì 2 luglio 2015

LA MUSICA DI LAURA - EPISODIO PILOTA

Ecco al via una nuova iniziativa musicale che potrebbe anche diventare un divertente giochino/passatempo per l'estate, un giochino nel quale sarà direttamente coinvolta la mia bambina che, per chi ancora non lo sapesse, ricordo avere 9 anni e portare orgogliosa il nome di Laura (da qui il titolo del post, bravi vedo che siete sul pezzo).

Ma in cosa consiste questa nuova divertente perdita di tempo? Ma soprattutto che scopo si prefigge? La risposta al secondo quesito è presto detta, arrivati a una certa età i bambini vanno instradati musicalmente, e andrebbero instradati anche bene. Così questa è una scusa becera per farle ascoltare le cose che dico io, punto e basta (più o meno). E nessuno può negare che questa sia cosa buona e giusta, le alternative sarebbero sicuramente peggio. Così, vedi mai che nasca l'amore per della buona musica magari anche poco conosciuta.

Invece, risposta alla domanda uno. Di che si tratta? Niente, tutto è molto semplice. Ho proposto a Laura di scegliere di volta in volta tre canzoni, un po' a caso un po' a sentimento, che verranno pescate dalla mia bimba attingendo alla collezione di CD del suo papà (che per i più distratti ricordo essere io, me stesso medesimo), spulciando tra i vari libri/enciclopedie musicali presenti in casa o pescando in un file che è un po' una sorta di archivio di quel che si ascolta o si è ascoltato da queste parti.

Scelti i pezzi li posterò sul blog e farò scegliere a Laura il suo preferito, così noi potremmo avere un riscontro su cosa può piacere ai bambini (o almeno alla mia bambina), ascoltare un po' di musica e magari partecipare attivamente. Chiedo anche a voi tra i seguenti brani qual è il vostro preferito? Votate!

Ora devo ammettere che la prima tornata di estrazioni non è andata male, uno dei pezzi è anche per me un inedito totale.

And the nominees are:

1)  Dire Straits - One world




2)  Cressidra - Lights in my mind




3)  The Beatles - Help!



Dopo aver ascoltato i tre pezzi Laura ha scelto...

... and the winner is... Help! dei Beatles. E ora via al televoto.
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