martedì 31 maggio 2016

TONY MANERO

(di Pablo Larraìn, 2008)

"Un giorno guardi il crocefisso è tutto quello che vedi è un uomo morente sulla croce".

Ha poco a che fare con la religione la frase pronunciata da Raul Peralta (Alfredo Castro) e da lui rubata al film La febbre del sabato sera. Nonostante il riferimento al Cristo, il discorso qui è più generale, la riflessione del regista Pablo Larrain (che dona assoluto valore al film) è da mettere in relazione alla perdita della speranza, alla mancanza di qualsiasi aspettativa che non sia vuota, che non sia finzione come un idolo inesistente mutuato dal teleschermo.

Così è la vita di Raul, uomo di mezza età che si trascina in un Cile sotto dittatura militare, in un paese dove la vita perde facilmente di valore ci si aggrappa al niente che rimane, anche al mito di Tony Manero e a un concorso farlocco della tv per eleggerne il sosia migliore.

Mostrandoci una frazione della vita del protagonista, lasciando fuori la religione e la politica sullo sfondo, il regista ci racconta l'orrore di un paese sotto scacco. Raul sopravvive esibendosi come ballerino in un locale fatiscente di periferia. Nonostante la non più giovane età, Raul innalza a suo modello il John Travolta de La febbre del sabato sera, film passato a ripetizione nei cinema del 1978. Tra le cose più preziose Raul conserva un abito del tutto simile a quello di Tony Manero, fatica per mettere su un numero che richiami le coreografie del film tarpando anche un po' le ali alla creatività delle giovani leve dell'improvvisata compagnia di ballo del locale.

Il Cile di Pinochet è un paese imprevedibile e violento e il nostro protagonista ne è lo specchio e lo dimostra anche in maniera improvvisa e inaspettata. Ed è un pugno allo stomaco (non solo metaforico) quello che colpisce lo spettatore, perché per la sopravvivenza, anche nei suoi aspetti più inutili e materiali, Raul è disposto a tutto, si dimentica il ballerino male in arnese e si conosce la carogna, quella che non puoi far altro che disprezzare e dalla quale aspettarti di tutto.

E Raul è il paese, attorno a lui grettezza, mancanza di sentimenti e di passioni, squallore, disillusione e violenza. Resta il sogno americano, da guardare da lontano, inarrivabile se non con la pantomima di una vuota e pallida imitazione.


venerdì 27 maggio 2016

LIEBSTER AWARD 2016

Era un bel po' che non venivo insignito di una menzione da qualche blogger amico, cosa che, inutile nascondersi dietro un dito, fa sempre piacere.

E come è bene che sia un riconoscimento comporta onori ed oneri (tra l'altro molto piacevoli entrambi), vediamoli quindi insieme punto per punto:


1) Doveroso il ringraziamento alla crew de La nostra libreria (Glò, Michele e PiGreco), le tre voci colme di grande cortesia e passione che hanno voluto regalarmi la loro attenzione. Grazie ragazzi!


2) Oltre che cortesia e passione i ragazzi denotano una certa dose di buon gusto e saggezza (non solo perché hanno nominato anche il mio blog, buuahhh, ah, ah), il secondo punto infatti prevede di scegliere un blog sopra tutti gli altri da segnalare, ma come si fa? Tutti noi conosciamo la blogosfera, fatta di incontri, scambi, collaborazioni e stime reciproche. Giusto allora come han scelto di fare loro non far primeggiare nessuno ma segnalare quel che c'è di bello in giro (e di cose belle fortunatamente ancora ce n'è).


3) Il punto tre prevede di rispondere all'intervista preparata dal blog che ci ha nominati. E andiamo quindi a rispondere alle domande dei ragazzi (ma chi le ha tirate giù le vostre domande? Son curioso).

D: Cosa vorresti simpaticamente "rubare" a La nostra libreria?
R: Ovviamente vorrei rubarvi tutti i libri, almeno quelli bollati come Il mio tessoro e Ottimo acquisto, gli altri magari ve li lascio. Probabilmente vi ruberei anche Glò, non vogliatemene voi due, ma una persona che come avatar ha l'immagine di Totoro non può che essere una bella persona :)

D: Una curiosità che non hai mai osato chiedere a un blogger a scelta?
R: Non ho mai chiesto seriamente a Cannibal Kid e Mr Ford se sono davvero innamorati l'uno dell'altro, a me sembra così palese la cosa :)

D: Una citazione per te significativa tratta da un libro?
R: Ci sarebbero tantissimi passaggi da citare e la mia memoria è davvero flebile, mi piace però a questa domanda rispondere sempre con...

"Sulla parete del suo ufficio Billy aveva una preghiera incorniciata che esprimeva il suo metodo per tirare avanti, anche se vivere non lo entusiasmava molto. Molti dei pazienti che vedevano la preghiera attaccata al muro gli dicevano che aiutava a tirare avanti anche loro. La preghiera diceva così:

DIO MI CONCEDA
LA SERENITA' DI ACCETTARE
LE COSE CHE NON POSSO CAMBIARE,
IL CORAGGIO
DI CAMBIARE QUELLE CHE POSSO
E LA SAGGEZZA
DI COMPRENDERE SEMPRE
LA DIFFERENZA.

Tra le cose che Billy Pilgrim non poteva cambiare c'erano il passato, il presente e il futuro."
da Mattatoio N. 5 di Kurt Vonnegut.

D: Consigli per gli acquisti: qual è un buon rapporto XXX/prezzo quando fai compere libresche? (specificare l'XXX :P)
R: Lo so, darò una risposta un po' scema ma al momento per me è quella vera. Per me il rapporto si leggerebbe così:  Libro che solletica la mia curiosità/0 euro.  Strana vero? Ora ve la spiego. E' diverso tempo che, per svariati motivi, non compro più libri ma me li faccio regalare (da qui il prezzo a zero). La mia riserva di libri da leggere già presenti in libreria (che si aggira sempre intorno alle 150 unità più o meno) mi permette di rinnovare le scorte con i libri che mi regalano al compleanno e a Natale, quelli mi bastano, sapete, c'è una mia wishlist chilometrica che gira tra i miei parenti... (dalla wishlist ovviamente la prima parte dell'equazione. E' un'equazione quella?).

D: Parliamo dei generi come categorie convenzionali attribuite ai libri: sono un aiuto o una limitazione?
R: Beh, io non credo siano una limitazione. Credo invece che un lettore maturo debba essere capace di andare oltre le etichette e capire quale libro, di genere o meno, possa dargli piacere in qualche modo, possa arricchirlo o intrattenerlo. E' necessario saper leggere tra le righe delle recensioni, avere un'empatia molto alta con i propri gusti. L'etichetta di genere può indirizzare, io non mi schiero contro questo tipo di convenzioni, non ci trovo nulla di male, come dicevo basta saper leggere tra le righe.

D: Animazione: perché viene molto spesso considerata adatta ad un pubblico molto giovane?
R: Spesso è adatta a un pubblico giovane, ma non solo. È un po' lo stesso discorso che si fa con il fumetto, a volte animazione e fumetto vengono bollati come roba solo per bambini. Perché? Ovvio, per ignoranza.

D: Sulla "solita" isola deserta: 1 libro, 1 disco, 1 cibo e 1 sogno da realizzare a cui non rinunceresti?
R: Ci provo, ma non sono il tipo da 1 solo libro, 1 solo disco, sono un eterno indeciso, ora mi mandate in crisi. Parto dal fondo. Il sogno sarebbe sicuramente quello di andarmene da quella fottuta isola, è uno scenario che mi fa venire l'orticaria. Per il libro, adatto alla situazione, direi La fortezza della solitudine di Jonathan Lethem (mi raccomando leggetelo), per il cibo la pizza (forno a legna), il disco è veramente dura, per affetto dico Ten dei Pearl Jam.

D: Cosa ti fa venire voglia di lanciare fuori dalla finestra il pc mentre stai navigando?
R: Abbiamo raggiunto un buon rapporto con il tempo io e il mio PC. Diciamo gli improvvisi rallentamenti quando si verificano.

D: "Dura lex sed lex": che cosa ne pensi? Quale valore potrebbe avere la massima di Socrate oggi?
R: Penso che le leggi, come tutto l'apparato statale, debbano garantire ordine e diffuso benessere e non provocare infelicità. Poi sarebbe bene che chi promulga le leggi desse anche il buon esempio. Non so, in un paese dove lo stato non è più al servizio del cittadino da molto tempo diventa difficile rispondere a questa domanda.

D: Quale superpotere vorresti avere?
R: Un superpotere capace di dare indipendenza da tutto ciò che è strutturato, una roba tipo il plasmare la materia.

D: Cosa vorresti ci fosse scritto sul tuo epitaffio?
R: È stato un buon padre. Solo questo, il resto ha un valore diverso.


4) Ora dovrei scrivere 11 curiosità su di me...

a)  Ho problemi con la memoria a breve termine
b)  Per alcune cose sono un po' schematico e maniacale
c)  Vorrei spesso essere una persona migliore ma non ci riesco, mi hanno fatto così
d)  Ho l'incubo che mia figlia venga su con dei gusti musicali terribili, speriamo di no...
e)  Ogni tanto mi guardo in giro e mi sento vecchio, tra le mie frasi preferite c'è sono troppo vecchio per queste stronzate.
f)  Non mi sono ancora abituato a Capaldi nei panni del Dottore
g)  Sento ancora la mancanza di Amelia Pond
h)  Ho numerato l'elenco con le lettere e ora ho perso il conto
i)   Mi divertirebbe partecipare a un quiz televisivo
l)   Ho un fratello che si chiama Gabriele, mia moglie ha un fratello che si chiama Gabriele, mio fratello è dell'81, il fratello di mia moglie è dell'81, mio fratello suona la chitarra, il fratello di mia moglie suona la chitarra, mio fratello ha studiato al Pininfarina, il fratello di mia moglie ha studiato al Pininfarina e via di questo passo.
m) Quest'anno sto facendo fatica a leggere


5)  Ora si premiano 11 blog con meno di 200 followers con un meritato Liebster Award.



6)  Ora undici domande alle quali i premiati qui sopra dovranno rispondere.

  1. Ho in lista un elenco infinito di serie tv da guardare ma una in più non fa mai male, me ne consigli una e perché proprio quella?
  2. Cos'è la cosa che ti piace di meno in una tua giornata tipo?
  3. La tecnologia ci sta davvero aiutando? ci sta rendendo migliori?
  4. Doccia o bagno?
  5. Se escludiamo il calcio, quale sport guardi volentieri in tv?
  6. Libri, libri, libri. Consigliane tre a chi legge.
  7. Secondo te è più forte Hulk o la Cosa? Nel caso non sapessi chi è uno dei due (o ancor peggio tutti e due) ti tolgo subito il Liebster che ti ho assegnato :)
  8. Qual è il segreto per fare un buon caffè?
  9. Che cosa ti deprime e cosa ti da gioia?
  10. Se ami leggere i libri, a chi ti rivolgi in particolare per informarti sulle nuove letture da fare?
  11. Alla fine di queste domande a cui hai dovuto rispondere mi odi almeno un pochino?

7) Ora non resta che informare i vincitori e proseguire con la catena :)

martedì 24 maggio 2016

VITA DI WALT DISNEY

(The animated man: a life of Walt Disney di Michael Barrier, 2007)

Vita di Walt Disney non è un'agiografia del creatore di Topolino & Co, questo (insieme ad altri) è il più grande pregio di un libro che conferma quanta qualità la collana Lapilli Giganti di Tunué abbia portato sul mercato italiano.

Il libro di Michael Barrier, apprezzato storico americano di fumetto e animazione, ci presenta la vita di Walt Disney, quella professionale più che quella privata, senza avere la tendenza e lo scopo di mitizzare il personaggio pubblico che tra queste pagine rimane sempre persona, con tutti i suoi pregi, il suo genio, i suoi sogni e le sue idee, ma anche con tutti i suoi difetti, le sue intemperanze e le sue mancanze.

Come tutte le biografie che si rispettino non possono mancare i cenni all'infanzia del protagonista, alla famiglia d'origine, ai luoghi dei primi anni di vita. Ma è la nascita della figura professionale ad interessare Barrier e il lettore, lo sviluppo e la crescita di un artista che non è mai stato un disegnatore impeccabile e quella dell'uomo d'affari caparbio e innamorato dei propri sogni, capace di partire da zero e creare un piccolo impero pur navigando a vista tra mille difficoltà.

E la storia di Walt Disney è anche la storia di suo fratello Roy, figura indispensabile per la crescita dell'attività di famiglia, ed è la storia di un gruppo di persone e di un'azienda che è riuscita a ritagliarsi un posto al sole nella storia del cinema americano d'animazione.

Ma Disney, oltre che genio, era anche un personaggio scomodo, brillante ma con forti manie di controllo, appassionato ma anche capace di comportamenti mutevoli e grandi perdite di interesse verso taluni aspetti della sua attività, creatore di sogni ma spesso troppo concentrato su se stesso. Oltre a trattegiarne il carattere, Barrier costruisce un testo meraviglioso nell'esplicare le varie fasi della carriera di Disney, partendo dalle primissime animazioni, dalle intuizioni sulla tecnica mista delle Alice Comedies alla creazione di Mickey Mouse, dai primi lungometraggi di successo alle successive battute d'arresto, e poi ancora l'interesse per i film in live action, quello per i diorami e le miniature, la passione per i treni, la crescita dell'azienda fino ad arrivare alla creazione del mondo ideale di Walt, la famosa Disneyland. E ancora oltre.


In mezzo a tutto questo, interventi, interviste, documenti di tutta una serie di collaboratori e amici che Disney l'hanno conosciuto da vicino, una serie di testimonianze che integrano una scrittura piacevole e discorsiva su una vita, su un'epoca e sulla nascita di un mito che ancora oggi intrattiene con successo milioni di adulti e bambini.

L'unico aspetto a essere trattato marginalmente (quasi per niente) è quello dei prodotti a fumetti dei personaggi di proprietà Disney, compensato però da tanta, tanta animazione e parecchio cinema. È la storia di Walt e non della Disney, ci si ferma quindi con gli anni '60 e con la morte del protagonista, nel corso dei decenni Barrier insegue più che la produzione di un'azienda i sogni e gli interessi del suo fondatore, sogni che non sempre collimavano con tutto quello che noi spettatori abbiamo avuto modo di ammirare nel corso degli anni.

Un libro assolutamente da avere per ogni amante della produzione Disney.

sabato 21 maggio 2016

BROOKLYN DREAMS

(di J. M. DeMatteis e Glenn Barr, 1994/95)

Per i fan dei comics americani con qualche primavera sulle spalle il nome di John Marc DeMatteis (meglio noto come J. M. DeMatteis) non suonerà di certo nuovo. Le sue opere più note e ricordate con più affetto sia dai fan che dalla critica, rimangono indubbiamente la sua gestione di Spider-Man per la Marvel (in particolare con L'ultima caccia di Kraven) e quella della Justice League in chiave scanzonata realizzata in compagnia di Keith Giffen e Kevin Maguire per la quale si portò a casa anche un Eisner Award, l'Oscar del fumetto.

Ma i suoi lavori e i personaggi di cui si occupò furono moltissimi. Sono forse in pochi però a ricordare questa sorta di romanzo a fumetti autobiografico edito sul finire del 1994 realizzato in collaborazione con il disegnatore Glenn Barr.

Mosso forse dall'esigenza di allontanarsi da costumi sgargianti e tutine in spandex, o più probabilmente dall'urgenza di mettere su carta un periodo importante della sua vita, DeMatteis ci racconta i suoi giorni da cane, quelli che andarono a comporre l'ultimo anno delle sue scuole superiori. Ed è la voce narrante dell'autore che ci accompagna tra le numerose pagine di questo bel volumone edito da Magic Press, con dialoghi asciugati all'osso e una narrazione che assomiglia a un lungo flusso di coscienza dal carattere felicemente colloquiale.

Siamo come è ovvio a Brooklyn, nel 1970. L'alter ego di DeMatteis si chiama Vincent Carl Santini, nato da Dominik Santini di origini italiane e dall'ebrea Ester Santini. Un padre strano, a volte paranoico e una madre isterica, pronta a far di ogni cosa una tragedia. In questo scenario i ricordi del protagonista che, come afferma egli stesso, non hanno pretesa di essere veritieri o precisi ma semplicemente possibili, per dirla con le stesse parole di un Vic ormai adulto ci verranno raccontate alcune bugie sulla sua vita che chissà, con un po' di fortuna, potrebbero rivelarsi vere.


Le esperienze di vita di DeMatteis possono con facilità riflettersi su quelle di molti lettori che hanno vissuto quegli anni o solamente esperienze similari, che in fondo non sono così rare da incontrare lungo il proprio percorso (a parte forse quella dell'arresto). Lo straniamento dell'adolescenza, l'amore smisurato per il proprio cane, i rapporti difficili con i genitori, l'amico inseparabile, le riflessioni e le illuminazioni, la scoperta della lettura come terapia di vita e beh, si, anche l'arresto per possesso e consumo di sostanze stupefacenti.

La narrazione oscilla tra il serio e il faceto con numerosi passaggi decisamente divertenti, diversi sorrisi si aprono grazie all'interpretazione indovinata della storia da parte del disegnatore Glenn Barr capace di dar vita alle situazioni descritte tramite scenette davvero esilaranti.


Si avvale di un registro ricchissimo la matita di Barr, dal bianco e nero secco alle eleganti sfumature di grigio, dal disegno definito al veloce bozzetto, dal tratto caricato e grottesco a quello più realistico e ogni cambio di stile sottolinea in maniera esemplare lo stato d'animo espresso in quel momento da DeMatteis.

Il viaggio, come quello di molte vite, non porta a mete sconvolgenti ma a qualche presa di coscienza e a diversi momenti, buoni e meno buoni, come quelli che a tutti noi è capitato prima o poi di dover affrontare. In fondo a New York, per trovare buone storie, non è detto che si debba per forza rivolgere lo sguardo verso l'alto.


lunedì 16 maggio 2016

CAPITAN AMERICA: CIVIL WAR

(Captain America: Civil war di Anthony e Joe Russo, 2016)

La via del cinecomic sta in casa Marvel, senza se e senza ma, con buona pace del reparto cinematografico tutto di casa DC Comics (e mi riferisco ovviamente all'ancor giovine Extended Cinematic Universe e non al Bats di Nolan). Come a dire Marvel batte Dc una cosa tipo 200 a 0.

Premettendo che stiamo parlando di cinecomics e non di capisaldi della cinematografia mondiale, Capitan America: Civil War è a mio avviso tutto quello che un film di genere deve essere (ormai possiamo anche sdoganare il cinecomic come genere, non vi pare?).

La cosa che più mi ha colpito di questo film sono i tempi, la costruzione, il bilanciamento tra azione e sequenze riflessive, gli spazi dedicati ai personaggi, le introduzioni. Tutto si incastra alla perfezione senza strappi, senza traumi, senza causare nello spettatore dubbi di sorta e mal di pancia da perdita del bandolo della matassa. Prendiamo un punto di partenza a caso e parliamo di Pantera Nera (Chadwick Boseman). Ora io vi sfido a chiedere a qualsiasi persona estranea al mondo dei comics Marvel chi cazzo sia Pantera Nera. Fidatevi, non lo sa nessuno. Nessuno. Però a film finito la costruzione di Pantera Nera, per il pubblico, è acquisita e portata a casa. A fine film sai chi è Pantera Nera, con pochissimo, alcune sequenze ben scritte, qualche dettaglio, una buona presentazione. Dall'altra parte (Dawn of Justice) invece sono stati buttati a caso personaggi qua e là senza mezza parola, nella speranza che qualcuno potesse cogliere qualcosa. Mi dispiace, non è questa la strada da battere, la fretta è cattiva consigliera.


Altro aspetto: il ritmo. A fine film, dopo le ultime due scene nascoste, ti alzi dalla sedia e non ti sei accorto che sono passate ben due ore e ventisette minuti. Due ore e mezza di film leggere come un bicchiere d'acqua.

Il film presenta una storia collettiva, i personaggi sono tantissimi, il cast graziato anche dall'aggiunta di volti noti in ruoli secondari (William Hart e Martin Freeman per esempio). Ogni personaggio ha il suo spazio, bilanciato per bene, anche l'introduzione dell'Uomo Ragno (Tom Holland) funziona, più affrettata di quella di Pantera Nera, è vero, ma in fondo Spidey lo conosce anche mia madre e il colpo fatto dai Marvel Studios grazie all'accordo con la Sony era un'occasione da non lasciarsi sfuggire.

La storia presentata nel film non ricalca pedissequamente la Civil War del fumetto, fonde invece per bene questa storyline con quella orchestrata da Ed Brubaker per il Soldato d'Inverno (Sebastian Stan) sulle pagine di Capitan America, mantenendo però intatto lo spirito di fondo di personaggi e vicende della versione cartacea, che poi è quello che a mio avviso conta veramente. Non mancano inoltre spunti di riflessione e dilemmi morali non scontati all'interno di un film di supereroi, la questione è sviluppata talmente bene che non è facile prendere in toto, se non per previa partigianeria, le parti della squadra di Capitan America (Chris Evans) o di quella di Tony Stark (Robert Downey Jr.). Nulla è bianco, nulla è nero, tutto è grigio.


Anche visivamente il film funziona, a dispetto delle critiche lette in giro su diversi commenti, il lavoro dei fratelli Russo a me non è dispiaciuto, gli si può forse rimproverare un'eccessiva frenesia in alcune scene action ma per il resto i registi svolgono bene il loro compito (poi ogni tanto spunta fuori il product placement ma che vuoi, per fare film come questo i soldi servono).

Probabilmente il miglior Marvel movie nella sua accezione più action, per quella ironica c'è ancora Guardiani della Galassia in pole position. Certo è che in futuro qualche passo falso arriverà, è quasi inevitabile, ma è sempre più grande la speranza (e il desiderio) che la Disney (proprietaria di Marvel) riesca a riappropriarsi dei diritti di sfruttamento di brand popolarissimi legati a Spider-Man, X-Men e Fantastici 4. Forza, cerchiamo di far tornare tutte queste creature disperse a casa loro, dove dovrebbero stare.

PS: ultime note sparse di poco conto.
1) Magari Zia May (Marisa Tomei) figa anche no.
2) Nel Marvel Cinematic Universe non è detto che debba fare proprio tutto Tony Stark.
3) Il resto del cast: Scarlett Johansson (Vedova Nera), Anthony Mackie (Falcon), Don Cheadle (War Machine), Jeremy Renner (Occhio di Falco), Paul Bettany (Visione), Elizabeth Olsen (Scarlet), Paul Rudd (Ant-Man), Emily VanCamp (Sharon Carter), Daniel Brhul (Helmuth Zemo). Scusate se è poco.


mercoledì 11 maggio 2016

BRADI PIT 135

Il Bradi Pit al tempo dei social.


Clicca sull'immagine per ingrandire.

Aiutaci a diffondere il verbo del Bradipo linkandolo. Fallo tu perché il Bradipo fa n'caz.

martedì 10 maggio 2016

DEATH NOTE

(di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata, 2003/2006)

Il Death Note è il quaderno sul quale gli Shinigami, divinità della morte, scrivono il nome degli umani prossimi a passare nel regno dei più. In fondo è tutto qui il compito di un dio della morte, assicurarsi un tot di dipartite umane per continuare a esistere, compito che alla lunga risulta essere molto noioso per esseri sovrannaturali dalla prospettiva di vita lunghissima.

Proprio per questo uno di loro, Ryuk, decide di movimentare un poco le cose, lasciando cadere il suo Death Note nel mondo degli umani dove verrà trovato da Light Yagami, studente modello e intelligenza prodigio del Giappone. Ovviamente Ryuk si preoccupa di far ritrovare anche le regole di utilizzo del quaderno che così darà a Light potere di vita e di morte su chichessia, il tutto organizzato da parte di Ryuk al fine di avere un qualche tipo di distrazione e alleviare così la noia. Tra le regole, l'obbligo di conoscere vero nome e volto della persona che si vuole uccidere.

Dopo un momento di smarrimento iniziale dovuto alla constatazione che il quaderno e le sue regole non sono uno scherzo (constatazione avvenuta tramite l'omicidio di un criminale), Yagami si rende conto di avere tra le mani un'arma potentissima capace di cambiare il mondo, inizia così per mano del ragazzo una crociata in bilico tra giustizialismo e piano criminoso per sgominare i malvagi e rendere il mondo un posto più pulito.

Le morti delle persone iscritte nel Death Note, a meno di istruzioni diverse, avvengono per arresto cardiaco. Quando questo tipo di morte tra i criminali diventa esponenziale la polizia inizia a sospettare di un intervento esterno; data l'estrema particolarità del caso (nel quale mancano totalmente indizi concreti) viene chiamato a investigare Elle, sorta di detective di grande fama che già ha tolto le castagne dal fuoco alla polizia in diverse occasioni. Elle è un altro ragazzo prodigio, a differenza di Light Yagami è però un disadattato dai tratti del tutto peculiari.


Tra Elle e Yagami, da quel momento noto col nome di Kira, nascerà un duello a distanza giocato a colpi di intelligenza, deduzioni e articolati ragionamenti.

Quello che vi ho raccontato finora è solo l'incipit del manga di Ohba e Obata pubblicato in Italia in dodici volumi, anche se personalmente vi consiglio la Black Edition uscita in soli sei tomi con formato più grande che offre tavole più ariose e ottima carta sulla quale risaltano al meglio le belle vignette di Takeshi Obata.

La parte fantastica della storia, pur presente, è ridotta all'osso in un plot dove lo scontro di cervelli è il vero motore che fa muovere le cose. Oltre allo scontro tra i due principali protagonisti ad arricchire la vicenda c'è un cast di contorno funzionale allo sviluppo della trama, cast destinato ad ampliarsi in corso d'opera con pedine fondamentali. Da subito il lettore potrà familiarizzare con Ryuk, il dio della morte patito delle mele, figura inquietante dal largo sorriso, visibile solo al possessore del quaderno da lui (volontariamente) smarrito. Ryuk diviene presto figura anche comica nella sua palese indifferenza alle sistematiche uccisioni messe in atto da Kira, interessato solo al frutto del peccato e al divertimento procuratogli dalla sfida tra Kira ed Elle.


In Death Note si apprezzano la costruzione dei ragionamenti e delle sfide intellettuali tra i protagonisti in un thriller molto spesso teso ma che raramente fa ricorso a scene d'azione (che qua e là comunque ci sono). Sospetti, inganni, ribaltamenti di situazioni e diversi colpi di scena nella trama, taluni anche grossi, offrono parecchie ore di ottimo svago. Nel pieno della corsa Death Note vi lascerà di sasso per poi ripartire con nuovo slancio.

C'è chi dice che l'opera avrebbe dovuto fermarsi alla prima grande svolta della trama, chi invece asserisce di averla apprezzata in toto. Nonostante la lunghezza forse eccessiva, tutto sommato Death Note riesce a rimanere interessante fino in fondo, riservando anche un finale che a prima vista potrebbe sembrare contraddittorio ma che visto sotto la giusta ottica potrebbe essere invece il più plausibile dei finali possibili.

Io che di manga ne capisco poco mi sento di consigliare a tutti la lettura di Death Note (almeno se non vi spaventano le pagine fitte fitte di testo), decidete voi poi se parteggiare per Elle, per Kira o per qualcuno degli altri protagonisti della storia. Io per conto mio ho sempre tifato solo per Ryuk.


venerdì 6 maggio 2016

CARPOOL KARAOKE


Per chi non lo conoscesse, cosa tra l'altro del tutto probabile per il pubblico italiano, James Corden è un attore e conduttore televisivo britannico, ideatore del Late Late Show with James Corden e giudice di The Voice. A giudicare da quel che ho visto su You Tube dev'essere anche un tipo simpatico, paffutello, non il classico belloccio, il tipo che ispira subito simpatia.

Io l'avevo già visto in qualche film, niente di memorabile, non conoscevo il suo nome e fino a stamattina non avrei saputo dirvi chi fosse. Poi proprio stamane mia moglie mi ha fatto vedere diversi spezzoni di una mini trasmissione parecchio divertente che consiglio anche a voi.

Se non ho capito male Carpool Karaoke è un inserto breve, dieci/quindici minuti, che passa all'interno della trasmissione di Corden. Nulla di particolarmente innovativo, semplicemente James invita sulla sua auto un cantante (e parliamo di star di prima grandezza, almeno a livello di celebrità) con il quale fa un pezzo di strada o di viaggio e insieme cantano e blaterano del più e del meno con effetti a volte esilaranti.

Da pezzi di storia della musica come Elton John alle voci strabilianti come quella di Adele, dagli idoli dei giovani come One Direction e Justin Beaber a star degli ultimi decenni del calibro Chris Martin, in macchina passa un po' di tutto (con qualche sorpresa).

Per quella che è la durata della trasmissione, a mio avviso vale la pena dargli un'occhiata, fatemi poi sapere se vi è piaciuta. Magari un assaggio ve lo piazzo qui sotto. Chris Martin in procinto di andare a cantare al Superbowl.


giovedì 5 maggio 2016

IL PROFETA HUALPAI

(di Claudio Nizzi e Corrado Mastantuono, 2007)

Ormai rassegnati a vedere sul Texone per lo più artisti italiani, spesso scelti direttamente in casa Bonelli, evitiamo di pensare ai grossi nomi internazionali e godiamoci i nostri talenti sempre in grado di confezionare questi balenotteri in salsa western con il massimo dell'impegno e con una bella dose di talento.

Nel 2007 la scelta cade sul romano Corrado Mastantuono, già messosi in luce sulle pagine di Nick Rider e Magico Vento. La vera novità è che l'artista di turno è più noto per aver prestato le sue matite alla causa di Topolino & Company in casa Disney Italia che non per i suoi lavori per Bonelli. Il passaggio di Mastantuono dal fumetto umoristico a quello d'avventura è indolore e perfettamente riuscito, le tavole de Il profeta Hualpai riconoscono al disegnatore una versatilità invidiabile. Ancora una volta la sceneggiatura di Nizzi regala al pubblico del ranger una bella storia, solida, coinvolgente e scorrevole, insomma Nizzi è uno di quegli sceneggiatori di grandissima professionalità che se non ci fosse bisognerebbe un po' inventarselo.

La questione indiana è giunta al dunque. Le giacche blu e gli ultimi Apaches Chiricauhas sono ai ferri corti, il morale dei pellerossa ormai quasi totalmente sconfitti è tenuto alto dal profeta Manitary convinto di poter riunire tutte le tribù del popolo rosso per contrastare e sconfiggere l'esercito Nordamericano. Forte della voce del grande spirito, il profeta riesce a costruirsi un seguito nutrito e fedele. Sarà compito di Tex Willer e dei suoi tre pards arginare l'offensiva indiana anche nell'interesse degli stessi nativi americani, altrimenti destinati a una cocente sconfitta.

Già dalle prime tavole l'abilità di Mastantuono si fa notare in una bella sequenza che unisce il piano reale (Manitary) a quello onirico (lo spirito Orso) e si conferma di alto livello nelle tavole successive che introducono i nostri protagonisti e gli splendidi panorami delle Hualapai Mountains. Il Tex di Mastantuono è massiccio e vigoroso ma scattante come un fulmine allo stesso tempo, le vignette godono di una carica dinamica di prim'ordine che non mi dispiacerebbe veder riportata tra le pagine di qualche comics americano.

Che poi, alla fine, se le prove dei nostri disegnatori sono queste, non c'è neanche motivo di andare a scomodare troppe celebrità internazionali, forse questo Bonelli l'aveva capito, se la star per il Texone non si trovava fuori, in fondo bastava dare un'occhiata in casa nostra.


mercoledì 4 maggio 2016

A-Z: ANTHRAX - AMONG THE LIVING

Probabilmente è proprio così, citando il buon vecchio Danny Glover posso ormai affermare che "sono troppo vecchio per queste stronzate!". Per quanto album come questo Among the living, reputato tra l'altro da molti il miglior lavoro degli Anthrax, possano aver avuto un valore assoluto in un dato periodo e per un dato movimento o genere musicale, io adesso come adesso non riesco più ad ascoltarli con una briciola di interesse, eccezion fatta per quelli che sono stati i miei ascolti più assidui dell'epoca, fenomeno ovviamente dettato da nostalgia e vissuto personale. L'album preso così e riascoltato ora come ora... mah! Cose che in qualche modo non mi appartengono più. Bisogna prenderne atto, nessuno ringiovanisce, né io, né gli Anthrax, né il loro sound datato 1987.

Ammetto che per me il gruppo newyorkese è sempre stato un ascolto saltuario e secondario anche per quel poco di passione metal che mi colse in più giovane età, nonostante venissero indicati come i mammasantissima dello speed/trash insieme a Metallica, Slayer e Megadeth a me non hanno mai convinto più di tanto, gli preferivo anche i Testament per dirne una (sempre inquadrando il tutto nell'ottica di ascolti comunque sporadici e poco assidui).

L'album contiene tutti gli elementi per fare la gioia di orecchie alla ricerca di furia trash, dagli intro inquietanti alle ritmiche più pese, dalle galoppate buone per l'headbanging spezzacollo alla doppia cassa sbatacchiata con precisione da piedi instancabili. Qua e là spiccano delle buone armonizzazioni tra gli strumenti e diversi passaggi dotati di energia coinvolgente. Eppure, ora come ora, mi sembra che nessun brano catturi in particolare l'attenzione e si elevi sopra la media (dell'album e del genere) tranne forse per Indians che magari a fine post ci ascoltiamo.

Spesso anche le liriche, pur nascendo da spunti interessanti o quantomeno sfiziosi, si perdono nella banalità e in costruzioni di testo incerte, in più il cantato dell'osannato (dai fan più che altro) Belladonna non mi sembra niente di eccezionale. Ma ripeto, sono io che sono troppo vecchio per queste stronzate. Se cercate il trash qui ne troverete a pacchi.

La cosa più interessante dell'album è la continua ricerca di spunti e la stesura di omaggi a vari personaggi, reali e non, provenienti dalla cultura pop, probabilmente amata da diversi dei componenti della band. Il pezzo d'apertura e che dà il titolo all'album è ispirato al personaggio di Randall Flagg, protagonista negativo de L'ombra dello scorpione di Stephen King (in rete si asserisce anche come il personaggio venga citato nel brano, cosa che a me invece non risulta) mentre sulla copertina del disco compare il reverendo Kane dal film Poltergeist II. Omaggio al celebre (almeno in Inghilterra più che da noi) Giudice Dredd è il brano I am the law che racconta le peripezie del personaggio tratto dai fumetti presentati sulla rivista 2000 AD mentre Efilnikufesin (leggetelo al contrario) è stata scritta con cordoglio per ricordare il bassista dei Metallica, Cliff Burton, perito in un incidente mortale. Ancora Stephen King come fonte di ispirazione per il pezzo Skeleton in the closet (dal racconto Un ragazzo sveglio dalla raccolta Stagioni diverse).

Deve piacere, però se avete bisogno di darvi una svegliata...



Among the living, 1987 - Island Records

Joey Belladonna: voce
Dan Spitz: chitarra solista
Scott Ian: chitarra ritmica
Frank Bello: basso
Charlie Benante: batteria, percussioni

Tracklist:
01  Among the living
02  Caught in a mosh
03  I am the law
04  Efilnikufesin (N.F.L.)
05  A skeleton in the closet
06  Indians
07  One world
08  A.D.I./Horror of it all
09  Imitation of life

domenica 1 maggio 2016

25 INDISCRETE DOMANDE CINEMATOGRAFICHE


Qualche giorno fa mi son divertito parecchio a leggere l'intervista tripla di Glò, Michele e PiGreco a tema cinematografico sul blog La nostra libreria. L'idea, che mi è sembrata da subito molto carina, parte da Sofàsophia su ispirazione fornita da Ivano Landi.

Così ho deciso di diffondere anche io questa simpatica iniziativa rispondendo alle 25 domande in questione e invito a fare altrettanto tutti coloro che trovino il giochino divertente.

Iniziamo pure, ecco..., mi metto comodo... ok, sono pronto, fatemi le vostre domande.


1. Il personaggio cinematografico che vorrei essere

Beh, così su due piedi mi cogliete impreparato, non è così facile. Diciamo un qualsiasi personaggio di quelli da film, non necessariamente un eroe, no, solo uno di quelli che hanno una vita piena, di eventi, di sentimenti, anche di qualche dolore al cui confronto le nostre vite spesso ordinarie sembrano così banali. Poi, se proprio devo scegliere un personaggio, discostandomi anche un attimo da quanto appena detto, ho sempre subito la fascinazione di Sherlock Holmes, sia letterario che cinematografico (questo non sempre). Avere la sua intelligenza, vivere nella Londra vittoriana...



2. Genere che amo e genere che odio

Non fruisco del Cinema per assoluti, mi piacciono i bei film e cerco di non guardare quelli che a mio avviso possono sembrarmi brutti o poco interessanti (con le dovute eccezioni impostemi dai miei doveri di papà), quindi sono aperto un po' a tutto. Diciamo che preferisco il dramma alla commedia, genere che non vado a cercarmi troppo ma che non disdegno, guardo pochi horror mentre mi piacciono molto i gangster movie e le storie criminali e amo guardarmi ogni tanto qualche bel western.


3. Film in lingua originale o doppiati?

Solitamente guardo i film in italiano e le serie tv in originale, soprattutto quelle britanniche. Poi in entrambi i casi scappa l'eccezione.


4. L'ultimo film che ho comprato

Il viaggio di Arlo della Pixar.



5. Sono mai andato al cinema da solo?

No, mai, che io ricordi almeno. Non è un'esperienza che scarterei a priori però, chissà...


6. Cosa ne penso dei Blu-Ray?

Niente. Non ho il lettore Blu-Ray, sono fermo al Dvd e il televisore che uso più spesso è un Sony 28 pollici ancora col tubo catodico.


7. Che rapporto ho con il 3D?

Non mi piace. Mi sembra che l'abuso di questa tecnologia possa portare l'attenzione lontana dalle storie che per me sono quelle che in fin dei conti hanno importanza. Non ho visto molto in 3D ma, Avatar a parte, non ne è mai valsa la pena. Soldi buttati.


8. Cosa rende un film uno dei miei preferiti?

La carica emotiva che regista, attori e narrazione riescono a scatenare. Poi ci sono i film con personaggi azzeccati dei quali non puoi non innamorarti, magari sono film più tamarri ma coinvolgenti. Comunque sopra a tutto l'emozione (o l'epicità in alternativa).


9. Preferisco vedere i film da solo o in compagnia?

Preferisco vederli in silenzio, poi da soli o in compagnia poco importa. Solitamente li guardo da solo, in compagnia cartoni animati e film per famiglie.


10. Ultimo film che ho visto?

Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola (vedi sotto).



11. Un film che mi ha fatto riflettere?

Sono tanti i film che in qualche modo possono farti riflettere, dal cartone animato al film impegnato, su un problema sociale, sulle ingiustizie, sulla tua situazione personale e così via... ogni film riuscito ti fa riflettere su qualcosa. Si potrebbe rispondere a questa domanda con un banale Schindler's List ma anche con Il viaggio di Arlo.


12. Un film che mi ha fatto ridere?

Burn after reading dei fratelli Coen.


13. Un film che mi ha fatto piangere?

Ultimamente Inside Out della Pixar e anche Anna dei miracoli di Arthur Penn.


14. Un film orribile?

Boh, ne è pieno il mondo. Il Daredevil con Ben Affleck.


15. Un film che non ho visto perché mi sono addormentato?

Mi capita raramente di addormentarmi guardando un film, se capita è a causa dell'eccessiva stanchezza o per lo scarsissimo interesse in partenza per il film in visione (magari cose che vuol vedere mia figlia e che io proprio no). L'unico caso in cui ricordo di essermi addormentato al cinema è stato durante la visione di American Beauty di Sam Mendes.



16. Un film che non ho visto perché stavo facendo le cosacce?

Definisci cosacce.


17. Il film più lungo che ho visto?

Heimat di Edgar Reitz, in tedesco con i sottotitoli. 924 minuti divisi in undici episodi (ma è un film non una serie). Visione che consiglio a tutti.


18. Il film che mi ha deluso?

Solitamente diversi vincitori del premio oscar, da Il gladiatore a Shakespeare in love, il secondo Avengers e chissà quanti altri.


19. Un film che so a memoria?

Non sono uno che guarda e riguarda gli stessi film, tra quelli che ho visto più volte forse ci sono Ritorno al futuro e Lo chiamavano Trinità, ma almeno per il secondo è passato del tempo.



20. Un film che ho visto al cinema perché mi ci hanno trascinato?

Non ho nessuno che mi trascini al cinema, forse in passato qualche commedia italiana che mi ispirava poco, ma ora non ricordo.


21. Il film più bello tratto da un libro?

Probabilmente Il Padrino o Shining, ma penso ce ne siano davvero tanti.


22. Il film più datato che ho visto?

Forse Il monello del 1921, ma non ci metterei la mano sul fuoco.


23. Miglior colonna sonora?

Domanda troppo difficile, ci sono film con temi portanti indimenticabili, altri con sottofondi azzeccatissimi, altri ancora con mix di canzoni perfette per le scene, in generale mi piacciono le scelte e i recuperi musicali effettuati da Tarantino, come colonna sonora azzarderei Giù la testa o Il buono, il brutto e il cattivo.


24. Migliore saga cinematografica?

Prendo in prestito la risposta di Glò e dico anche io Il Padrino, almeno i primi due episodi, ma ce ne sono altre sicuramente degne (i primi Rocky ad esempio). Dimenticavo, nel genere più disimpegnato sicuramente i primi tre Die Hard, un vero mito!



25. Miglior Remake?

Anche qui quasi impossibile dare una risposta secca, mi aveva divertito molto Ocean's eleven mentre l'originale Colpo grosso l'avevo trovato noioso.

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