giovedì 29 settembre 2016

DRUGSTORE COWBOY

(di Gus Van Sant, 1989)

Drugstore cowboy esce nel 1989, non è un esordio ma l'impressione che si ha riguardandolo oggi è quella di un film che sopra tutto lanciava due promesse da mantenere: il regista Gus Van Sant qui alla sua seconda prova e al primo film di quelli che saranno ricordati in seguito nella sua filmografia, e un giovane Matt Dillon che se già aveva all'attivo piccoli cult, film in qualche maniera importanti e collaborazioni con grandi registi, era atteso forse per una prova di maturità.

Poi tutti quanti, ognuno con le proprie opinioni personali, sappiamo come è andata a finire. Gus Van Sant ha siglato più o meno un film ogni due anni, si è rivelato un regista sicuramente interessante, abbastanza eclettico per stili e contenuti, capace di soffermarsi e farti soffermare, uno di quei registi che val la pena seguire. Promessa mantenuta. La prova di Matt Dillon è ottima, centra a mio avviso in pieno il personaggio di Bob, mostra potenzialità da grande attore, potenzialità che a mio avviso si sono un poco disperse negli anni. Magari è un mio pregiudizio veicolato dal gusto personale, dalle cose che ho visto e magari incompleto a causa delle cose che non ho visto, eppure è così. Non so, mi aspettavo di più da questo ragazzo.

Ad ogni modo Drugstore cowboy è un gran bel film, il volto più onesto e meno cool di un Trainspotting, una vicenda ambientata nel mondo della tossicodipendenza vista da un occhio posto alla giusta distanza, da un fuoco che dà l'impressione di non essere alterato da filtri di sorta. Credibile se vogliamo, racconto di vite fuori dall'ordinario che sembrano invece ordinarie al cento per cento.

Bob (Matt Dillon) è il capobanda di un gruppetto di delinquenti affetti da varie dipendenze che per tirare avanti e alimentare i loro vizi rapina drugstore nei dintorni di Portland. Bill è sposato con Dianne (Kelly Lynch), il suo braccio destro è Rick (James LeGros) che a sua volta si accompagna con la bella e giovane Nadine (Heather Graham). Il gruppo è interessato alle droghe (pillole più che altro), non è un gruppo violento, i pochi scontri che hanno sono quelli con Gentry (James Remar), agente della narcotici.


La visione di Gus Van Sant è lucida, lascia moltissimo spazio agli attori e alla costruzione dei loro personaggi, il film non è un film d'azione, il fulcro non sono le rapine ma un modo di vivere, un malessere verso una società nella quale si fa fatica ad integrarsi (ed è quella di fine anni '70), qui forse si può spendere un parallelo con il celebre Trainspotting, nella consapevolezza dei protagonisti che quella della droga è una via più facile, almeno in parte, e per alcuni aspetti per loro migliore.

Mark Renton, Trainspotting: Quando ti buchi hai una solo preoccupazione: farti. E quando non ti buchi, di colpo, devi preoccuparti di tutto un sacco di cazzate: non hai i soldi, non puoi sbronzarti. Hai i soldi, bevi troppo. Non hai una passera, non scopi mai. Hai una passera, rompe le palle. Devi pensare alle bollette, al mangiare, e a qualche squadra di calcio di merda che non vince mai, ai rapporti umani, e tutte quelle cose che invece non contano quando hai una sincera e onesta tossicodipendenza.

Bob, Drugstore cowboy: È colpa di questa vita fottuta, non sai mai cosa ti succederà dopo. Per questo che XXXXX ha scelto la via più facile per uscirne, è per questo che XXXXX vuole continuare. La maggior parte della gente non ha idea della sensazione che proverà tra cinque minuti, per un tossicomane invece è diverso: lui lo sa, gli basta leggere un'etichetta.

Nessuna spettacolarizzazione, nessun eccesso di violenza, attori giusti, ottima fotografia, un Dillon in gran forma e la genialata di chiamare William Burroughs a interpretare un prete tossicodipendente. Non era proprio un esordio, comunque tanto di cappello.

10 commenti:

  1. Inizio a preoccuparmi XD Sono certa di averlo visto, ma non ricordo nulla :O Vero che è comunque passato moltissimo tempo...
    Tenterò un recupero, e sono d'accordo con te su Dillon: una mezza delusione nel tempo!

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  2. Visto per i Bellissimi di Rete4 millenni fa: veramente un bel film.

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    1. I Bellissimi era un bel contenitore, c'è passata un sacco di ottima roba, anche diverse cagate, per carità, però per il cinema a casa era un'ottima soluzione.

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  3. Concordo, è un film che va diritto al punto... Senza spettacolarizzazioni parla bene del "disagio di vivere".

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  4. Mi pare di averlo visto anch'io milioni di anni fa, grazie appunto ai Bellissimi di Rete4. Non mi ricordo neanche una sequenza, ahimè.
    Comunque la carriera di Van Sant, piacciano tutti i suoi film o meno, alla fine è stata notevole, tant'è che tra pochi giorni alla Mole, Museo del Cinema, s'inaugura una mostra monografica interamente dedicata al regista. L'ultima volta era successo per Scorsese mi pare, mica male Gus! ;-)

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    1. Sono d'accordo, infatti la mostra dedicata a Van Sant l'ho già adocchiata e vorrei proprio andarla a vedere, quella dedicata a Scorsese mi era piaciuta davvero molto.

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