lunedì 25 settembre 2017

LETTERE DA IWO JIMA

(Letters from Iwo Jima di Clint Eastwood, 2006)

Seconda parte del dittico realizzato da Clint Eastwood sulla battaglia di Iwo Jima, episodio chiave della guerra del Pacifico e cruenta battaglia disputatasi tra marines americani e soldati dell'esercito imperiale giapponese. Se nel film precedente, Flags of our fathers, il regista ci mostrava il punto di vista statunitense sull'episodio storico, mettendo al centro della narrazione la conquista simbolica dell'isola tramite la posa della bandiera a stelle e strisce, qui abbiamo il suo contraltare grazie al punto di vista giapponese dell'intera vicenda, durante la quale mai si parla dell'episodio al centro di Flags of our fathers, episodio ovviamente ininfluente per i soldati giapponesi di stanza a Iwo Jima e che qui intravediamo di sfuggita giusto in un paio di frame. La scelta intelligente di Eastwood è stata quella di girare due film che trattano la stessa materia ma non speculari, trovata che ha evitato un potenziale calo di interesse nella visione della seconda pellicola, calo che fortunatamente non si avverte mai lungo l'intera durata del film.

Preferendo un tono più umano e intimista, Lettere da Iwo Jima si rivela tra i due l'episodio più riuscito, Eastwood con una sensibilità illuminata riesce a calarsi nei panni dell'avversario e giustamente lo dipinge esattamente come fosse uno dei ragazzi americani mandati dal proprio Paese alla guerra, un nemico con cultura e abitudini diverse ma con le stesse identiche paure, le stesse preoccupazioni, le stesse priorità, gli stessi desideri e i medesimi affetti. Semplicemente uomini, spesso ragazzi, da ambo le parti.

Quello che forse differenzia maggiormente i due film è il senso di morte incombente e di sconfitta inevitabile che pervade i protagonisti di Lettere da Iwo Jima, abbandonati dal loro Paese che chiede ormai loro solamente di resistere e morire per il Giappone, soverchiati dall'apparato bellico americano infinitamente più potente e numeroso. La difesa della patria sarà comunque strenua, nonostante non tutti i protagonisti messi in campo provino il senso d'onore tipico dei giapponesi ne una gran voglia di immolarsi per il proprio paese, idea troppo volatile, finanche stupida per certi versi, se paragonata alla possibilità di tornare dai propri cari o a quella di vedere per la prima volta un figlio non ancora nato.


Anche nei singoli episodi presenti nel film, Eastwood sottolinea come ci sia crudeltà da ambo le parti così come qualsiasi schieramento sia capace di solidarietà e pietà, può sembrare banale ma il messaggio veicolato dal film, "il nemico è come noi", ha valenza assoluta, messaggio che purtroppo perde voce di fronte agli interessi che muovono le guerre e i loro orrori.

Molto riuscito visivamente, con una fotografia quasi monocromatica e sequenze dinamiche davvero impressionanti, ottima quella dedicata al primo attacco americano all'isola. Alcuni passaggi riportano alla mente segmenti di Flags of our fathers, come è giusto che sia, anche se il focus rimane sempre rivolto all'interno dell'uomo più che a ciò che gli accade intorno.

In definitiva i due film, presi nel loro insieme, non sono comunque il lavoro migliore di un regista che ha sfornato diversi capolavori, rimangono però un bello spaccato di ciò che può voler dire dover affrontare drammi più grandi dell'uomo stesso, magari anche inutilmente, è un tipo di Cinema che si spera possa lasciare il segno sulle generazioni a venire, perché alla fine il vecchio detto "non bisogna dimenticare" rimane comunque sempre valido.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...