domenica 24 dicembre 2017

ULTIMO TANGO A PARIGI

(di Bernardo Bertolucci, 1972)

Ciò che più ho apprezzato del film scandalo di Bernardo Bertolucci è l'assenza di morbosità nell'inusuale (e sicuramente forte) rapporto che si viene a instaurare tra i due protagonisti lungo lo svilupparsi della storia narrata. È noto come Ultimo tango a Parigi scosse in maniera decisa il mondo del Cinema dei primissimi 70, provocando disagi tra gli esponenti di stampa e pubblico, soprattutto tra le frange più perbeniste e bigotte delle rispettive categorie, finendo anche tra le mani della magistratura che dopo diverse vicende giudiziarie ne decretò la distruzione. Il film scomparve così per diverso tempo e solo alcuni anni più tardi venne nuovamente riabilitato agli occhi del pubblico, ancor oggi Ultimo tango a Parigi si porta dietro una sorta di alone da "film proibito", al giorno d'oggi ormai cosa poco comprensibile, ma tutte le chiacchiere sull'opera, scena del burro in primis, non fanno che offuscare il valore di un ottimo film che va decisamente oltre quelle due o tre cose sulle quali ci si è sempre soffermati.

Sicuramente per l'epoca, nonostante fosse passato il '68 e sul sesso alcuni discorsi erano già stati messi in piazza negli anni precedenti, Ultimo tango a Parigi non poteva che risultare controverso. Poco si parlò probabilmente dell'abilità di Bertolucci nella messa in scena di una storia d'amore molto particolare, di situazioni estreme se vogliamo, e nemmeno ci si soffermò troppo su alcune sequenze davvero ben girate, una su tutte quella sorta di inseguimento tra Marlon Brando e la Schneider nella salita verso l'appartamento, lei in ascensore, lui sulle scale, ripresi in una sorta di vertigine, di spirale colma di desiderio, scelte artistiche, come tante altre, che nobilitano il film insieme alla fotografia di Vittorio Storaro, alle musiche di Gato Barbieri ma soprattutto grazie all'adesione a due personaggi non facili da parte di due bellissimi interpreti, ovviamente Marlon Brando e Maria Schneider, giovane talento quest'ultimo purtroppo in larga parte schiacciato dalla popolarità che raggiunse il film e da tutte le polemiche che ne segnarono l'uscita. È un amore nato dal desiderio, dall'attrazione priva di conoscenza e che tale, almeno da parte di lui, vuole rimanere, un appartamento vuoto come rifugio dal passato, da tutte le influenze esterne, dai nomi, dai dubbi, dai rimorsi, dalla vita come tutti la conoscono; solo un rapporto, un uomo, una donna, il sesso, le risate, chiacchiere e discorsi sul momento, sull'istante, sullo scoprirsi per quel che si è ora, al netto delle identità, del vissuto, del passato. Un desiderio. Due desideri, semplici, comprensibili, nonostante tutte le apparenze anche candidi per alcuni versi.


Paul (Marlon Brando), americano residente a Parigi, è rimasto vedovo in seguito al suicidio della moglie che gli ha lasciato la gestione di un alberghetto di poche pretese. L'uomo è in crisi in seguito alla morte della moglie, dopo un primo incontro pressoché casuale con la giovane Jeanne (Maria Schneider) durante il quale si consuma un primo rapporto sessuale tra i due, inizierà una relazione fatta di incontri e passione durante i quali lui e lei si racconteranno poco l'uno dell'altro principalmente per volere di Paul, non si diranno nemmeno i loro nomi, orpelli ritenuti inutili da lui. Se Paul è ormai privo di legami, Jeanne è invece fidanzata con un aspirante regista, il Jean-Pierre Léaud tanto caro a Truffaut, ciò nonostante il rapporto con il più maturo Paul sarà per lei totalizzante.

Negli ultimi anni abbiamo visto cose come il Ninphomaniac di Lars Von Trier, la forte carica erotica di Ultimo tango a Parigi non risulta più così scabrosa, funziona ancora benissimo grazie alla sensualità di Maria Schneider (per le donne grazie a quella di Brando probabilmente), al contrario di quanto si possa pensare spesso innocentissima e naturale nei suoi nudi, grazie alla chimica scaturita dall'incontro tra i due che non sono i più alti esponenti della bellezza, la Schneider è sicuramente più sensuale che bella, Brando bellissimo in gioventù è in parte oramai sfiorito, ma funziona soprattutto in virtù di una bella storia, quella dell'incontro tra un uomo e una donna, la più usata, qui rivista in chiave originale e non banale. Lasciamo quindi perdere il burro, godiamoci il film per quel che è, sottolineando magari le prestazioni di due attori che qui sono diventati i personaggi, dentro la storia in maniera incredibile. Come per tutte le storie forti, soprattutto quelle d'amore, il finale tragico era forse inevitabile, più di tutte le polemiche per le quali il film viene principalmente ricordato.

2 commenti:

  1. Concordo su ogni minima parola.
    La prima volta lo vidi a 14 anni, mi sembrava qualcosa di superosceno.
    Oggi capisco che molte scene non sono così "proibite".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A 14 anni ci sta che sembri un film spintissimo, più che altro per me resta un bel film.

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...