lunedì 3 dicembre 2018

EVA CONTRO EVA

(All about Eve di Joseph L. Mankiewicz, 1950)

Il 1950 è stata una grandissima annata per il Cinema statunitense, guardando solamente alla cinquina dei titoli candidati all'Oscar per la categoria miglior film possiamo trovare alcuni dei classici intramontabili del Cinema americano: Le miniere di Re Salomone di Bennett e Marton, Nata ieri di George Cukor, Il padre della sposa di Vincente Minnelli, il magnifico Viale del tramonto di Billy Wilder e questo Eva contro Eva che riuscì a sbaragliare una concorrenza di livello stratosferico e ad aggiudicarsi questa e altre cinque statuette (regia, attore non protagonista, sceneggiatura non originale, costumi e sonoro). Dev'essere stata una soddisfazione non da poco per Mankiewicz che si vide assegnare personalmente oltre al premio per il miglior film anche quello per la sceneggiatura da lui scritta e quello per la regia, in un anno in cui i nomi dei registi in lizza erano davvero da brividi.

Tra i premiati, grande assente la protagonista del film, una Bette Davis qui come altrove in splendida forma, all'epoca già insignita di due premi Oscar e che in futuro lascerà ancora e ancora il segno in pellicole fondamentali come Che fine ha fatto Baby Jane? e Piano... piano, dolce Carlotta. La messa in scena del film è sontuosa fin dalla prima sequenza, come si addice all'ambiente raccontato, il bel mondo del teatro, tra attrici sulla cresta dell'onda, impresari, sceneggiatori di grido e critici autorevoli capaci di cambiare le carriere di qualsiasi star e decretare il successo o l'insuccesso delle opere in cartellone.


È proprio con l'assegnazione di un premio che si apre Eva contro Eva, si attende la rivelazione del nome della miglior attrice di teatro dell'anno, sarà Eva Harrington (Anne Baxter) ad affermarsi, astro nascente che eclissa l'ormai più attempata Margo Channing (Bette Davis), attrice di razza riconosciuta per tanti anni come la migliore interprete sulle scene teatrali dell'epoca. L'apertura è in media res, la voce narrante quella del critico teatrale Addison DeWitt (George Sanders, qui premio Oscar), ormai Eva Harrington è una star acclamata ma solo una manciata di mesi prima le cose erano molto diverse; è grazie ai ricordi di Karen Richards (Celeste Holm), moglie del commediografo Lloyd Richards (Hugh Marlowe), che lo spettatore può ripercorrere i mesi lungo i quali avviene la trasformazione da bruco a farfalla di quella che era una ragazza all'apparenza mite e sempliciotta e che a fine del suo percorso diverrà l'attrice del momento, non mancando di rivelare lati del suo carattere in principio poco intuibili.

In Eva contro Eva c'è tutta la bellezza del Cinema Classico Hollywoodiano, la luce calibrata alla perfezione restituita da un bianco e nero sempre incisivo e mai sbiadito, attori in primo piano con un ottimo confronto nel confronto a opera delle bravissime Bette Davis (che sguardi, Kim Carnes ne sapeva qualcosa) e la più giovane Anne Baxter, recitazione da manuale, scenografie lussuose e dettagliate e un'eleganza diffusa che coinvolge la narrazione tout court così come gli spazi, luci ed ombre e tutti i movimenti di macchina funzionali alla buona riuscita del film.


Curioso notare come i contenuti siano molto simili a quelli dell'altro grande film dell'annata, Viale del tramonto di Billy Wilder, con il declino della star affermata, ormai accantonata a causa dell'arrivo del moderno, sia questo un nuovo tipo di Cinema (il sonoro in Viale del tramonto) o una star più fresca come accade in Eva contro Eva. In più c'è la competizione nel mondo artistico che può nascondere arrivismo, calcolo, tradimento, caratteristiche imprescindibili nella costruzione di questo dramma dello spettacolo, un mondo tanto scintillante quanto oscuro e falso nel dietro le quinte, che sia questo Cinema o teatro poco importa.

Eva contro Eva è graziato oltre che dalle interpretazioni superlative degli attori nei ruoli principali, anche dall'aiuto di comprimari sempre all'altezza, una su tutte la burbera governante di Margo Channing interpretata da Thelma Ritter, e soprattutto da una vena ironica che emerge in alcuni dialoghi e stempera quella che è una struttura ascrivibile al dramma. Uno di quei film che hanno contribuito a rendere grande l'industria cinematografica della Hollywood che fu.

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