domenica 27 gennaio 2019

UN GUSTO PER LA MORTE

(A taste for death di P. D. James, 1986)

Erano ormai diversi anni che non prendevo in mano un libro della James, scrittrice di romanzi gialli (con l'eccezione del fantascientifico I figli degli uomini) e creatrice della saga dell'Ispettore Adam Dalgliesh. Nel 1986, anno d'uscita de Un gusto per la morte, la signora James conta già sessantasei primavere essendo nata nel 1920 a Oxford, è madre di due figlie, vedova, membro della Camera dei Lord inglese sul versante conservatore. Queste brevi note biografiche, che possono sembrare elencate nelle prime righe di questo post unicamente per prassi e con funzione conoscitiva, si rivelano invece importanti per spiegare e avvalorare le motivazioni che mi hanno fatto apprezzare questo libro (e la prosa della James) ben più di quanto avrei pensato di fare a inizio lettura. Pur avendo già letto altri romanzi della scrittrice, magari in anni di minor consapevolezza letteraria, il mio giudizio sulla stessa, già buono, la relegava con alcune importanti differenze sulla scia dei maestri del giallo classico inglese, a (in)seguire i grandi come Agatha Christie o Conan Doyle. La distanza rimane, però oggi sono un po' più pronto ad affermare come la James sia un'ottima scrittrice (tanto che mi è anche venuta la voglia di recuperare altri suoi libri, appartenenti a un genere che sto negli anni abbandonando quasi totalmente). Un'ottima prosa con caratteristiche che difficilmente si assocerebbero a una signora della sua età, con la sua educazione e il suo aspetto sempre molto compito da tipica nonnina inglese intenta a sorseggiare un buon te, magari in compagnia dei nipotini (che non ho idea se avesse o meno). La scrittura della James, sempre connotata da una spiccata eleganza, non ha remore di scavare nel sudicio, nella crudeltà dell'uomo, nei peggiori vizi di poveracci e privilegiati, con un'inclinazione che colpisce nel palesare, sempre con classe e in maniera irreprensibile, anche le abitudini più sconvenienti in fatto di inclinazioni sessuali dei suoi personaggi, aspetto che non ci si aspetterebbe di trovare negli scritti di quella che all'epoca dell'uscita del romanzo era un'arzilla vecchietta ormai attempata (e che ci ha lasciati nel novembre del 2014 all'età di novantaquattro anni).

Proprio la prosa della James, più che l'intreccio giallo molto classico, è ciò che in misura maggiore si apprezza leggendo Un gusto per la morte, colpiscono molto le descrizioni dei luoghi, delle vie di Londra; quelle dei posti noti riportano in maniera vivida alla mente luoghi magari visitati in passato, quelle relative invece ad ambienti meno noti o semplicemente sconosciuti al lettore, invogliano a usare moderni strumenti come lo Street View di Google per andare a curiosare tra le ambientazioni descritte nel romanzo. Ottimo il lavoro sulla costruzione dei personaggi che sembrano persone reali a tutto tondo: Dalgliesh, ormai Comandante, cresce romanzo dopo romanzo con la sua indole malinconica, il profondo rispetto per la vita umana (e per la morte) e i suoi dubbi sul corretto operato, etico e morale, delle stesse forze dell'ordine. Forse ancor meglio tratteggiati sono l'Ispettore Capo Massingham e la detective Kate Miskin, il primo discendente da una famiglia di privilegiati, un uomo all'apparenza solitario e vagamente misogino ma non privo di moti d'empatia e comprensione che crea un bel contrasto con la sveglia Kate Miskin, una donna che arriva dalla povertà, da situazioni familiari difficili, proiettata verso una carriera brillante e desiderosa di crearsi una vita piena di riconoscimenti, sul lavoro ma anche legati a una certa idea di status sociale. Questi contesti creano una bella dinamica tra i due colleghi, estrazioni differenti, guerra dei sessi, ambizioni. Questo tipo di lavoro, anche se in misura minore, viene riportato anche sui personaggi coinvolti nel caso, andando a creare un insieme molto interessante di caratteri e sviluppi strutturati in maniera molto convincente. In questo sta la vera maestria della James.

Da qualche tempo il Comandante Dalgliesh è stato incaricato di formare una squadra speciale che andrà ad occuparsi di delitti delicati e legati alle questioni di Stato. L'incarico ancora non è ufficiale ma il Comandante ha già reclutato l'ispettore Massingham, inoltre, reputando necessaria e utile la presenza di una mente femminile nel team, chiama a collaborare con la squadra l'agente Miskin per la quale Dalgliesh nutre un profondo rispetto. Quando Miss Wharton, in compagnia del piccolo Darren, scopre all'interno della chiesa di St. Matthew i cadaveri del deputato Paul Berowne e del vagabondo Henry Mack, per la squadra di Dalgliesh si presenta l'occasione per iniziare il rodaggio sul campo. Per il Comandante sarà un'indagine un po' dolorosa a causa della conoscenza, seppur superficiale, con la vittima. Per Massingham sarà l'occasione di affermare la sua posizione, per Kate quella per emergere. Nell'ambiente altolocato della famiglia Berowne sembrano invece in troppo pochi ad interessarsi alla morte dell'uomo politico, una scarsa empatia che renderà sospettabili molte delle persone coinvolte nell'indagine.

Un buon romanzo giallo nel quale si apprezza più il contorno che non le dinamiche legate al caso, comunque puntuali e convincenti. La scrittura della James ci immerge in altri luoghi, completamente, senza mai trascurare la credibilità dei personaggi. Non male come esito per un romanzo di questo tipo.

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