tag:blogger.com,1999:blog-7710001779965644082024-03-18T23:58:05.566+01:00La Firma CangianteLa firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.comBlogger2432125tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-90775604155230607562024-03-18T23:56:00.001+01:002024-03-18T23:57:33.505+01:00ILLUMINATIONS<p>(di Alan Moore, 2022)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWN7jErvi2TJdTJXy1feHdjOcann-XMnecJaWiMYfdD9S7ZzIQMBwwUdx-vvJqosjuXp-DlQ8HgbpOFG__Gm59mN1f4OgyQosip56Hb0WJa5qeZ4gYwkLl0PY9jKu4ITGlaFvaL8vZ6sgtnDAB-O6RFAbh0mqAGd5_TFnUlb18LIdwB_djbyP0bx47iZT_/s793/Illuminations.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="793" data-original-width="536" height="525" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWN7jErvi2TJdTJXy1feHdjOcann-XMnecJaWiMYfdD9S7ZzIQMBwwUdx-vvJqosjuXp-DlQ8HgbpOFG__Gm59mN1f4OgyQosip56Hb0WJa5qeZ4gYwkLl0PY9jKu4ITGlaFvaL8vZ6sgtnDAB-O6RFAbh0mqAGd5_TFnUlb18LIdwB_djbyP0bx47iZT_/w354-h525/Illuminations.jpg" width="354" /></a></div><i>Illuminations</i> è la terza opera letteraria di <b>Alan Moore</b>, un'istituzione vivente per quello che è il mondo del fumetto, autore indicato praticamente all'unanimità come la voce più influente nel campo della nona arte in anni moderni. <i>Illuminations</i> è una raccolta di racconti scritti nel corso degli anni, alcuni già pubblicati in passato e integrati qui da diverso materiale inedito; questa antologia arriva dopo <i>La voce del fuoco</i> (1996) e soprattutto dopo la monumentale impresa (anche per il traduttore immagino) che ha portato alla pubblicazione di <i><a href="https://lafirmacangiante.blogspot.com/2019/11/jerusalem.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Jerusalem</span></a></i> (2016). Anche questa raccolta di racconti conferma alcune caratteristiche della prosa di <b>Moore </b>che si conferma ricchissima di lessico e sfumature, eclettica, capace di passare da un registro a un altro senza cali qualitativi e senza apparente fatica da parte dell'autore che ancora una volta dimostra una grande cultura e un rapporto con la lingua che sembra essere quasi privilegiato, come se tra <b>Moore </b>e il dio della parola scritta fosse stato stretto un patto di sangue, cosa che tra l'altro, conoscendo un minimo il personaggio, non mi sento nemmeno di escludere. L'approccio a <b>Moore </b>è ostico, questo è inutile nasconderlo ed è anche questa cifra ricorrente dell'opera del "bardo di Northampton", alcuni suoi scritti possono facilmente dimostrarsi frustranti nei confronti di lettori poco motivati, con <b>Moore </b>ci vuole una dedizione mediamente più alta rispetto a quella che si mette nella lettura di opere che definiamo "di semplice intrattenimento"; anche nei suoi racconti più fantasiosi e strampalati l'impegno minimo richiesto è abbastanza alto. Detto questo, se quell'impegno glielo si concede, il vecchio e barbuto <b>Alan </b>saprà ripagare i suoi lettori, con un'alzata d'ingegno (gli sprazzi di puro genio qui non mancano, anzi), con una svolta o semplicemente con il fluire di una prosa talmente ricca e cesellata che non si può fare a meno di amare, in fondo il piacere della lettura sta anche nel riconoscere le differenze tra Scrittori con la S maiuscola e ottimi narratori di storie.<p></p><p>Uno dei racconti qui presenti, quello che apre <i>Illuminations</i>, è già noto ai fan di <b>Moore </b>in quanto edito nel 1988, anno in cui <i>Hypothetical Lizard</i> fu nominato per i <b>World Fantasy Award </b>e poi trasposto in forma di fumetto qualche anno più tardi. <i>Lucertola ipotetica</i> è il viatico migliore per venire introdotti al mondo di <b>Moore</b>; questa breve novella è un condensato di idee immaginifiche terribili e perfettamente congegniate portate al lettore con una prosa elegante e colta dal potere attrattivo infinito, a fine lettura <i>Lucertola ipotetica</i> rimarrà tra gli episodi più affascinanti dell'intera raccolta (nove i testi pubblicati). Nella città di Livarek <b>Som-Som</b> viene abbandonata dalla madre in una casa di tolleranza frequentata da esseri speciali; la bambina subirà interventi ripetuti al fine di renderla una partner perfetta per i suoi clienti. All'interno della casa degli orologi <b>Som-Som</b> sarà testimone di una peculiare storia d'amore e di un progressivo scambio di identità tra due artisti, anche loro alle dipendenze di <b>Madame Ouish</b>, la tenutaria della Casa senza orologi. Racconto non semplice, come molti dell'autore, ma forte di una carica d'ambiguità capace di attrarre il lettore, alcune immagini rimarranno impresse, si penerà per la piccola <b>Som-Som</b> e ci si chiederà inevitabilmente anche che cosa possa essere l'interno della testa di <b>Alan Moore</b>.</p><p>Di tutt'altro tono lo scritto più lungo di questa raccolta che porta alla luce l'amarezza che oggi <b>Moore </b>prova nei confronti dell'industria del fumetto e di alcuni dei suoi esponenti. È noto come il rapporto dell'autore con le due major di comics americani (<b>Marvel </b>e <b>DC Comics</b>) abbia portato <b>Moore </b>a disprezzare il modo in cui viene gestito il mondo del fumetto negli U.S.A. <i>Cosa ci è dato sapere su Thunderman</i> è una parodia al vetriolo di quella che poteva essere la vita di un'industria nascente e poi, col passare degli anni, via via più consolidata e affermata dagli anni 60 in avanti. In questo racconto è facile individuare paralleli tra i personaggi descritti da <b>Moore </b>su queste pagine e i loro corrispettivi <b>Marvel </b>o <b>DC</b> (<b>Thunderman</b> per esempio è chiaramente <b>Superman</b>, <b>Re Fuco</b> è <b>Batman </b>e così via); allo stesso modo tra le righe e sotto falso nome sarà facile riconoscere grandi autori come <b>Stan Lee</b> o <b>Jack Kirby</b>, sarà un po' meno facile se non per i fan esperti del settore farlo con altri autori e personaggi magari meno iconici o meno conosciuti al grande pubblico rispetto ai grandissimi sopra nominati. Per quanto ora tiri a disprezzarlo è chiaro come <b>Moore </b>sia qui nel suo mondo, fa quasi un po' male (e forse fa anche un po' riflettere) il rapporto descritto da <b>Moore </b>tra il medium fumetto e il suo pubblico adulto, sempre più numeroso e che nonostante l'età avanzata ancora riesce a godere di un albo di supereroi. Interessante nei contenuti e divertente nell'esposizione, un racconto che ogni fan dei <i>comics </i>(non) dovrebbe leggere.</p><p>Che dire invece di <i>Luce americana: una valutazione critica</i>, una sorta di poema in versi con il quale <b>Moore </b>ricrea un'opera e un affresco, entrambi (parzialmente) fittizi che richiamano la scena della beat generation in quel di San Francisco. L'intelligenza estrema e l'estro di <b>Moore </b>qui si mostrano in tutta la loro ampiezza, il bardo crea il suo poemetto e anche tutto un corollario di note che lo esplicano al lettore rendendo credibile la "sua" scena beat, quasi possibile da inserire in una cronologia di eventi delle vite di personaggi quali <b>Ginsberg</b>, <b>Kerouak </b>o <b>Brautigan</b>.</p><p>Come già detto sopra i racconti sono nove e qui potremmo andare per le lunghe, spero di aver reso l'idea e palesato cosa fare nell'immediato, ossia mettersi le scarpe e andare in libreria per procurarsi una copia di <i>Illuminations</i>.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGQojwAkgWBo39DSDG_d3Cg8K4gOg95I5yVTvvLwlL94EbMX1jrufENqcF-JLhycv-wsy-D-c13nbaFTJHIsNmrpta1XCXuDk2BEwWoJSkfBCFWLpgOp2adBCB0zwOPRk24gUsjyRiq94hrkvTuZaaQavAfSy1SX0UKIvs_oHxI-tAdSQpgDtyuag_AP-A/s1280/Alan%20Moore.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGQojwAkgWBo39DSDG_d3Cg8K4gOg95I5yVTvvLwlL94EbMX1jrufENqcF-JLhycv-wsy-D-c13nbaFTJHIsNmrpta1XCXuDk2BEwWoJSkfBCFWLpgOp2adBCB0zwOPRk24gUsjyRiq94hrkvTuZaaQavAfSy1SX0UKIvs_oHxI-tAdSQpgDtyuag_AP-A/w400-h225/Alan%20Moore.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-38992373809225980392024-03-15T23:03:00.000+01:002024-03-15T23:03:16.655+01:00PIXELS<p>(di Chris Columbus, 2015)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXG2FtnIF_R6Cwf__VY8rjEMmObXJiEWCKnpd1ykuTN7ezG-3GojsR6IE-UNOLkg0UvlPs1hZlCU14HV7uImV-uiS2NhFr2xt2fhFRrRc6P3JSu4NmiAFiY9E_xrheyxV4mZOAZe0TUXThW80U0qz7odvojK9y5SSt1UyuZRFBI-OluTqr4io6o8paTZAw/s600/Pixels.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="519" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXG2FtnIF_R6Cwf__VY8rjEMmObXJiEWCKnpd1ykuTN7ezG-3GojsR6IE-UNOLkg0UvlPs1hZlCU14HV7uImV-uiS2NhFr2xt2fhFRrRc6P3JSu4NmiAFiY9E_xrheyxV4mZOAZe0TUXThW80U0qz7odvojK9y5SSt1UyuZRFBI-OluTqr4io6o8paTZAw/w363-h519/Pixels.jpg" width="363" /></a></div>Per chi fu ragazzino tra gli anni 80 e i primi 90 <b>Chris Columbus</b> è stato una di quelle figure semi-mitologiche capaci di dare una connotazione più divertente e ricca all'età dell'infanzia. Il nome del regista è magari meno ricordato di quelli di gente come <b>Steven Spielberg</b> o <b>Robert Zemeckis</b>, <b>John Landis</b>,<b> Ivan Reitman</b> o anche<b> Joe Dante</b>, ma questo signore sta dietro ad alcune delle maggiori (e migliori) produzioni del cinema rivolto (principalmente) ai ragazzi di quei decenni. Inizia con la scrittura creando e sceneggiando le prime avventure dei <i>Gremlins</i> dirette poi da <b>Dante</b>, continua con uno degli intramontabili e imprescindibili degli eighties, <i>I Goonies</i> di <b>Richard Donner</b> che in tantissimi amano alla follia ancora oggi, arriva poi il giovane <b>Sherlock Holmes</b> di <i>Piramide di paura</i>, altro punto fermo dell'infanzia. Passa poi alla regia, dopo l'esordio nella commedia <i>Tutto quella notte</i> ci sono i primi due episodi di <i>Mamma ho perso l'aereo</i> e ancora <i>Mrs. Doubtfire</i>, in anni decisamente più recenti i primi due <b>Harry Potter</b> (<i>La pietra filosofale</i> e <i>La camera dei segreti</i>) e una serie di altre cose meno significative tra le quali compare anche questo <i>Pixels </i>del 2015. È chiaro come il curriculum vitae di <b>Columbus</b>, almeno fino a un certo punto della sua carriera, sia nutrito e di tutto rispetto, proprio per questo <i>Pixels </i>non può competere con le più gloriose opere provenienti dal passato del regista, non di meno la mano di <b>Columbus </b>riesce a mantenere in equilibrio una commedia dove pesa anche la presenza di <b>Adam Sandler</b>, attore che porta il suo stile di comicità a un film che per il resto si basa quasi unicamente sull'effetto nostalgia che i ragazzi di quegli anni lì possono provare sia per questo genere di pellicole sia per l'argomento principe che porta in scena i primi videogiochi che si potevano trovare all'epoca in tutte le sale giochi: <i>Pac Man</i>, <i>Space Invaders</i>, <i>Asteroids</i>, <i>Donkey Kong</i> e compagnia bella.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1uly2KNiS2pkFpbUpgMNgbtXSFZO6zVypvJtJA-PFowwFi4WeVWmNKyBzmRl5btvp6cbiLhxiiCkvBKeGiTIOZ_uKwq7QullZ_uVPoS7oUnETIe2tn6e12Cg5h2z5sX5rZ9KQOfFr-IdDkc0PQQ5Ri43lEkAuoYTjCuum5Ue2-fMuTR9GZhiUvo84av4n/s1641/Pixels2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1641" height="264" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1uly2KNiS2pkFpbUpgMNgbtXSFZO6zVypvJtJA-PFowwFi4WeVWmNKyBzmRl5btvp6cbiLhxiiCkvBKeGiTIOZ_uKwq7QullZ_uVPoS7oUnETIe2tn6e12Cg5h2z5sX5rZ9KQOfFr-IdDkc0PQQ5Ri43lEkAuoYTjCuum5Ue2-fMuTR9GZhiUvo84av4n/w400-h264/Pixels2.jpg" width="400" /></a></div><p>Primi anni 80, <b>Sam Brenner </b>è un piccolo nerd, un vero campione ai videogiochi, tanto che il suo amico <b>Will Cooper </b>non riesce a tenergli dietro. Durante un'importante competizione a tema videoludico i due ragazzi incontrano per la prima volta il loro futuro amico <b>Ludlow</b> e il temibile avversario di <b>Sam</b>, il poco corretto <b>Eddie </b>"<i>Fireblaster</i>" <b>Plant</b>. L'evento verrà registrato e inviato nello spazio come forma di saluto per un'eventuale forma di vita intelligente; a ogni modo <b>Sam </b>verrà sconfitto da <b>Plant</b>, questo episodio segnerà per sempre il carattere di <b>Sam </b>convintosi di essere un perdente e di non essere in grado di realizzarsi a pieno nel corso della sua vita. Col passare degli anni <b>Will </b>(<i>Kevin James</i>) diverrà addirittura Presidente degli Stati Uniti d'America mentre <b>Sam </b>(<i>Adam Sandler</i>) si limiterà a installare tecnologie in case altrui; durante una di queste sortite <b>Sam </b>capita in casa di <b>Violet Van Patten</b> (<i>Michelle Monaghan</i>), una bella madre single in crisi a causa della relazione finita con il suo ex marito fedifrago, da qui la classica relazione di amore/odio tra i due. Nel frattempo un'intelligenza aliena si imbatte davvero nella registrazione di quel vecchio torneo di videogiochi; scambiando il saluto terrestre per una sorta di dichiarazione di guerra gli alieni mandano sulla Terra una forza d'invasione mascherata da vecchi videogiochi capace di pixellare totalmente la nostra realtà. Data l'incapacità dell'esercito nel fronteggiare una situazione così poco convenzionale, al <b>Presidente Cooper </b>non rimane che rivolgersi ai vecchi amici esperti di videogiochi <b>Sam </b>e <b>Ludlow </b>(<i>Josh Gad</i>) per trovare una soluzione alla crisi planetaria.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1P-C9aXcIok4dS5Pf4TKMrVRYZSo8UT963qwSuwhPyjn-9W-8HlzCBL3j-h6XwYWvzpdvt-3UGnvgHuGr1aRFp5JpqM-qkJH_VjSMCvo6k03R1Kk_CyzQhJTABEAR5kJU4lugeYZM-R25sBOma0T04bpRU46MBjnU8tMgNyrcQZe-vbgtClUOF6hgiblA/s4318/Pixels3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1823" data-original-width="4318" height="169" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1P-C9aXcIok4dS5Pf4TKMrVRYZSo8UT963qwSuwhPyjn-9W-8HlzCBL3j-h6XwYWvzpdvt-3UGnvgHuGr1aRFp5JpqM-qkJH_VjSMCvo6k03R1Kk_CyzQhJTABEAR5kJU4lugeYZM-R25sBOma0T04bpRU46MBjnU8tMgNyrcQZe-vbgtClUOF6hgiblA/w400-h169/Pixels3.jpg" width="400" /></a></div><p>In quella che è una sorta di "rivincita dei nerd" <b>Sandler </b>e <b>Columbus </b>tentano di far riaffiorare quel cinema per ragazzi tanto in voga negli anni Ottanta, operazione non semplice in quanto in casi come questo ci sarebbe da fare una bella pensata sul pubblico di riferimento che si vuole raggiungere. Per <i>Pixels </i>il rischio è duplice: i nostalgici dell'epoca, oggi tra i quaranta e i cinquanta, potrebbero non gradire un cinema semplicistico basato solo su nostalgia e divertimento leggero (ma magari sì), i giovani e gli adolescenti ai quali questo tipo di film dovrebbe essere rivolto potrebbero invece non conoscere per nulla la maggior parte dei videogiochi qui citati e utilizzati e quindi non appassionarsi alle disavventure dei protagonisti. In tutto ciò <i>Pixels </i>è stato smontato dalla critica pixel per pixel (ma stacca incassi di tutto rispetto) la quale non ha visto di buon occhio il dispendio di energie (e del nome di <b>Columbus</b>) su un intrattenimento poco stratificato che non ha di certo la stessa magia che avevano per noi alcune pellicole negli anni 80; a parer mio però alcune critiche mosse alla comicità di <b>Sandler </b>(che qui non sembra mai volgare come si dice) e in generale a un film che senza pretese intrattiene senza annoiare e divertendo in più di un passaggio sono state fin troppo severe. Occorre essere consapevoli che gli anni 80 non ci sono più, che uno <i>Stranger Things</i> non esce tutti i giorni (e purtroppo nemmeno tutti gli anni) e che i film dai quali non è lecito aspettarsi il capolavoro si possono subodorare da lontano, detto questo alla fine <i>Pixels </i>risulta abbastanza divertente, per chi ricorda <b>Space Invaders</b> e simili tutto diventa più piacevole e alcune trovate non sono niente male (l'utilizzo del <b>Tetris </b>ad esempio o le vie cittadine come schema per <b>Pac Man</b>). Magari <b>Columbus </b>non è più quello di una volta (non lo è), un <b>Sandler </b>non sarà mai un <b>Bill Murray</b> (ma proprio mai) e il <b>Pac Man</b> digitale non rimarrà nell'immaginario come l'omino dei Marshmallow, questi però non sono motivi che impediscano di godere di un film magari sì più semplicistico di altri ma tutto sommato realizzato con lo spirito giusto.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdgaYtyalnmz54dR67EMUzSRJDmyJ6gwCzehYlZp2d5pic-qdO9s8wJn_5JAZCT8-1JnVU_h263d4_iX12RU02UBJRgYl1OuOrA6aPbK4PZ6WW-BDcs_cgJIv7QYla23HbTAa5IJZb8gV6veuJDM8Ie5Q4a6oaVX9bjGYd1H1wAEDsW2NphjgJ1i1ebck9/s1280/Pixels4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="1280" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdgaYtyalnmz54dR67EMUzSRJDmyJ6gwCzehYlZp2d5pic-qdO9s8wJn_5JAZCT8-1JnVU_h263d4_iX12RU02UBJRgYl1OuOrA6aPbK4PZ6WW-BDcs_cgJIv7QYla23HbTAa5IJZb8gV6veuJDM8Ie5Q4a6oaVX9bjGYd1H1wAEDsW2NphjgJ1i1ebck9/w400-h200/Pixels4.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-20376629359372021592024-03-12T23:49:00.003+01:002024-03-12T23:49:37.800+01:00CEMETERY OF SPLENDOUR<p>(<i>Rak ti Khon Kaen</i> di Apichatpong Weerasethakul, 2015)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMj60J6q4wu3rLkaMmpPVOTRfmUQdIn1t6MfrD8ob-HLgOim-h_FznRsuHu0stEl_PKlv8VLObiCC7ily5PUobd-OPG8ddmNWvMp-w7cHRJcChr0b7NnpV03bWDk5OeCAfwVFJ-Dvn7cdBWFRcXmdxzmqV8DyDTj7CNppqjsyPmDf6RTP6ugonaLGsZpqx/s800/Cemetery%20of%20splendour.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="566" height="485" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMj60J6q4wu3rLkaMmpPVOTRfmUQdIn1t6MfrD8ob-HLgOim-h_FznRsuHu0stEl_PKlv8VLObiCC7ily5PUobd-OPG8ddmNWvMp-w7cHRJcChr0b7NnpV03bWDk5OeCAfwVFJ-Dvn7cdBWFRcXmdxzmqV8DyDTj7CNppqjsyPmDf6RTP6ugonaLGsZpqx/w343-h485/Cemetery%20of%20splendour.jpg" width="343" /></a></div>A cinque anni di distanza dalla <b>Palma d'oro</b> di <i>Lo zio Bonmee che si ricorda le vite precedenti</i> (2010), dopo l'intermezzo breve di <i>Mekong Hotel</i>, il thailandese <b>Apichatpong Weerasethakul</b> torna con un nuovo lungometraggio, questo<i> Cemetery of splendour</i> che, proprio come già accaduto con il più celebre predecessore, raccoglie un plauso pressoché unanime da parte della critica che vede nel regista del Khan Kaen una voce originale e di certo fuori dal coro, portatrice di un cinema lontano dagli schemi ai quali siamo abituati, o più semplicemente lontano dagli schemi <i>tout court</i> nonostante non manchino temi e segni di stile ricorrenti all'interno delle opere di <b>Weerasethakul</b>. Devo dire che la mia non è di certo la penna più adatta per promuovere ai non ancora convertiti il cinema di <b>Weerasethakul</b>, vuoi per una conoscenza e una frequentazione ancora molto, molto parziale della sua opera, vuoi per una sensibilità personale che non ha visto scoccare la scintilla con il cinema del regista di Bangkok, nemmeno nel caso del suo film più premiato e in ogni caso superato (parere personale) da questo <i>Cemetery of splendour</i>, per alcuni versi più fruibile (in senso molto relativo <i>of course</i>) e anche più intrigante, magari meno interessante nei luoghi e nella messa in scena ma ancora dotato di una potenza immaginifica capace di far sprofondare lo spettatore in un'altra sensibilità di approccio alla vita (e alla morte) da tenere in altissima considerazione.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWPWiWlKKsNbGgsaFHkec_ULI9Gefc0RDig4ZYdJp0ILIsz7sxRUELpbGgAJL8Z8xC_Ed-qqBQvfp_m1AtPSwGCD_e9sfQDRRYYGC79omxq8Hq2y13e72GqPQm50-oSd3ur3ZZwwfF-Pnc9rwdiFU9jVBGHfdK1BZhti3dOOYe6PMJP1CRA_TghcfFSWdC/s1920/Cemetery%20of%20splendour%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1920" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWPWiWlKKsNbGgsaFHkec_ULI9Gefc0RDig4ZYdJp0ILIsz7sxRUELpbGgAJL8Z8xC_Ed-qqBQvfp_m1AtPSwGCD_e9sfQDRRYYGC79omxq8Hq2y13e72GqPQm50-oSd3ur3ZZwwfF-Pnc9rwdiFU9jVBGHfdK1BZhti3dOOYe6PMJP1CRA_TghcfFSWdC/w400-h225/Cemetery%20of%20splendour%202.jpg" width="400" /></a></div><p>Nella zona di Khon Kaen, area nord della Thailandia, c'è un piccolo ospedale ricavato in quella che sembra essere un'ex scuola: pochi letti, scarse attrezzature, un dottore, qualche infermiera, diversi volontari. Questo ospedale è occupato da soldati che soffrono di un peculiare disturbo che li porta a dormire per gran parte della loro giornata; questi uomini non hanno ferite gravi visibili eppure, quando svegli, sono preda di improvvise crisi narcolettiche che li riportano a letto, costretti a urinare tramite catetere, sottoposti a massaggi lenitivi e assistiti in tutto e per tutto. Tra le volontarie spiccano la signora <b>Jen </b>(<i>Jenjira Pongpas Widner</i>) sposata a un americano, <b>Richard </b>(ma un europeo sarebbe stato meglio, pare siano più ricchi), e la medium <b>Keng </b>(<i>Jarinpattra Rueangram</i>) capace di entrare in contatto con i soldati mentre sono nel mondo dei sogni. Sarà proprio <b>Keng </b>a rivelare a <b>Jen </b>che il luogo in cui ora sorge l'ospedale in passato era il sito di un importante palazzo di un regno antico, sono le anime dei guerrieri di quel tempo, secondo <b>Keng</b>, ad assorbire tutte le energie dei soldati odierni, al fine di alimentare la loro eterna battaglia. Intanto, nei brevi momenti di veglia e lucidità, <b>Jen </b>stringe amicizia con il soldato <b>Itt</b> (<i>Banlop Lomnoi</i>) e fa strani incontri nel suo tempo libero.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwSgMP8kPArMyx2d2zGJ5AOq5nsdNDJ7bcdriIbVzV6qWCXvPjcOqOQSgeQkygbWWbVbgaDm-UvWVaLGRSFjNDf2HAAT7E41nPXVmXe0yp3GnaVhtIRETGkeHK80cnXZPY6_wtZZwEzJs-yNLtXsHDTrF56__j88X6k5cYBY6VhBUgv6z33clGYrnqYnKe/s1860/Cemetery%20of%20splendour%203.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1044" data-original-width="1860" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwSgMP8kPArMyx2d2zGJ5AOq5nsdNDJ7bcdriIbVzV6qWCXvPjcOqOQSgeQkygbWWbVbgaDm-UvWVaLGRSFjNDf2HAAT7E41nPXVmXe0yp3GnaVhtIRETGkeHK80cnXZPY6_wtZZwEzJs-yNLtXsHDTrF56__j88X6k5cYBY6VhBUgv6z33clGYrnqYnKe/w400-h225/Cemetery%20of%20splendour%203.jpg" width="400" /></a></div><p>L'ospedale di <b>Weerasethakul</b> sembra un'oasi di pace all'interno di un mondo che si muove, a rappresentarlo le ruspe che scavano e scavano (non si sa bene per cosa) lungo l'arco di tutto il film. A questi elementi molto terreni, esplicitati anche dalla malattia alla gamba della protagonista, un ferita molto fisica, dalle lampade che modificano la cromia dell'immagine, si contrappone uno dei temi prediletti dell'autore, quello spiritismo già visto con <i>Lo zio Bonmee</i>, unito al convergere del mondo dei morti in quello dei vivi. Lo spirito creatura di <i>Bonmee</i> è qui sostituito dalle due dee, all'apparenza due ragazze normalissime (<i>Sujittraporn Wongsrikeaw</i> e <i>Bhattaratorn Senkraigul</i>) che appaiono, in un incontro surreale ma dai toni pacati e ben inseriti nella quotidianità, in un momento di relax a una serena <b>Jen</b>. Poi la medium, il racconto dei vecchi guerrieri, in un'unione tra passato e presente, tra vivi e trapassati, che dona al film un tocco onirico caratterizzato però da un senso di sospensione e serenità che ammanta l'opera dall'inizio alla fine. Tutto è pacato, non c'è struttura stretta, il racconto è libero, ondivago, quello di <b>Weerasethakul </b>è un cinema di sensazioni, di pace, di immagini (spesso fisse), nel cinema del regista thailandese il mondo può cambiare d'improvviso senza nessun mutamento esteriore, senza strappi, solo nella testa e nel cuore di chi lo vive, di chi lo sente, di chi lo guarda con occhi profondi. È necessario sintonizzarsi su una sensibilità altra per empatizzare con opere come <i>Cemetery of splendour</i>, processo non sempre facile e non adatto a chiunque, film come <i>Cemetery of splendour</i> sono esperienze da provare, non si garantisce a tutti la certezza di uscirne soddisfatti.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4sI6d9k65x7rADPpuUJMO1Fd7L1UPKJUATHJFq-opriF19z5sj8AAL89_3f3_WHBRPaNI1JrrdWpsE3I62X3e43g4NG-lN3_J7LYpMWw_Ljb6wI7nkCWb6ZQ4LzYANNck9clOpTabdZC53r9EI5OYrtHNZWduDhR1DswrEf9esUawueU6_ERhFQh6rItb/s1340/Cemetery%20of%20splendour%204.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="657" data-original-width="1340" height="196" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4sI6d9k65x7rADPpuUJMO1Fd7L1UPKJUATHJFq-opriF19z5sj8AAL89_3f3_WHBRPaNI1JrrdWpsE3I62X3e43g4NG-lN3_J7LYpMWw_Ljb6wI7nkCWb6ZQ4LzYANNck9clOpTabdZC53r9EI5OYrtHNZWduDhR1DswrEf9esUawueU6_ERhFQh6rItb/w400-h196/Cemetery%20of%20splendour%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-13513083476453000402024-03-11T00:18:00.000+01:002024-03-11T00:18:11.766+01:00PARANORMAL ACTIVITY<p>(di Oren Peli, 2007)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyps_6JeoHl74tbuGadtPxBV9qMEHtJRTMXKv7NSIClavloOJYkolQjx-pw1CJsRhZK-n1pak8lfZjqlqn0mdRG3B-aTADMXbXlBSZiIum9KWw4diFIs4nCihnzNOjnlwvDX4gzSiBXaA1MtRQPjNh42rqvz2KMT374_LeSFmAaqk4_phSQ7woLWwbowmr/s623/Paranormal%20activity.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="623" data-original-width="420" height="519" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyps_6JeoHl74tbuGadtPxBV9qMEHtJRTMXKv7NSIClavloOJYkolQjx-pw1CJsRhZK-n1pak8lfZjqlqn0mdRG3B-aTADMXbXlBSZiIum9KWw4diFIs4nCihnzNOjnlwvDX4gzSiBXaA1MtRQPjNh42rqvz2KMT374_LeSFmAaqk4_phSQ7woLWwbowmr/w350-h519/Paranormal%20activity.jpg" width="350" /></a></div>Per un film come <i>Paranormal activity</i> il discorso più interessante da fare potrebbe essere quello sul rapporto tra produzione, soprattutto sui costi di produzione, e incasso finale. <i>Paranormal activity</i> è il film d'esordio del regista <b>Oren Peli</b> che realizza questo lungometraggio in camera a mano più qualche inquadratura fissa con soli 15.000 dollari di budget e una crew fatta di pochissimi amici e attori. L'incasso totale realizzato in tutto il mondo da <i>Paranormal activity</i> ha sfiorato i 200 milioni di dollari, una cifra incredibile piovuta sul regista e sulla casa di produzione <b>Blumhouse Production</b> di <b>Jason Blum</b> che con questo film sigla uno dei più grandi successi della sua recente storia, un successo che avrà sicuramente contribuito alla scelta in <b>Blumhouse </b>di dedicarsi in maniera prevalente al genere horror (in catalogo però anche cose come <i>Whiplash</i>, <i>The reader</i>, <i>Jem e le Holograms</i> (?)). Sarebbe interessante capire cosa può aver attirato questa enorme mole di pubblico sufficiente a premiare in maniera così plebiscitaria un film che, seppur piacevole nel suo segmento, di certo non può definirsi né seminale né indimenticabile se non appunto per il discorso costi/ricavi, discorso comunque importantissimo, anzi fondamentale in alcuni casi per alimentare la macchina cinema e per poter magari finanziare film con una potenzialità meno ficcante di questo. La risposta potrebbe stare in una generica popolarità del genere che comunque continua a piacere e nell'ambiguità tra finzione e storia vera sulla quale alcuni <i>mockumentary</i> (chiamiamolo così) di stampo horror, in maniera più o meno dichiarata, giocano spesso (emblematico il caso <i>Blair Witch Project</i>). Mettiamoci pure che oggi, anche più che nel 2007 anno in cui il film uscì, viviamo in una società voyeuristica immersa nel mondo social ed è facile capire come questa esigenza in <i>Paranormal activity</i> possa essere facilmente soddisfatta. Ad ogni modo, per questi aspetti, il film di <b>Peli </b>è divenuto fenomeno studiato e da studiare.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAjX20rDBJCE4HHW_RzD3HSw63lpmtFN-JeJN9QCcH974ZIAX3KuJ76bki0vEKM0s1TbxQPn3jUOLjnAwlY3ser8J9pNPjYPV-cc0Vc6toT9OVz8ClHeRP8fiQT23IfUigeEAQhUN0nlJ1UZQvgs28ZVlO1D7j689W7RPNvdHXuBLCICat0nbUjl_tmSTK/s1276/Paranormal%20activity%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="670" data-original-width="1276" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAjX20rDBJCE4HHW_RzD3HSw63lpmtFN-JeJN9QCcH974ZIAX3KuJ76bki0vEKM0s1TbxQPn3jUOLjnAwlY3ser8J9pNPjYPV-cc0Vc6toT9OVz8ClHeRP8fiQT23IfUigeEAQhUN0nlJ1UZQvgs28ZVlO1D7j689W7RPNvdHXuBLCICat0nbUjl_tmSTK/w400-h210/Paranormal%20activity%202.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Micah </b>(<i>Micah Sloat</i>) e <b>Katie </b>(<i>Katie Featherstone</i>) sono fidanzati da circa tre anni e vivono insieme in una casetta unifamiliare a San Diego, California. <b>Katie </b>convive fin da bambina con la convinzione che una strana presenza l'accompagni costantemente e che si manifesti, soprattutto di notte, attraverso rumori, piccoli spostamenti, con un alito caldo che di tanto in tanto <b>Katie </b>si sente addosso. La ragazza è per alcuni versi inquieta ma quasi abituata a questi fenomeni; <b>Micah</b>, che forse non crede del tutto alle parole di <b>Katie </b>pur incoraggiandola nel tentare di capire, decide di acquistare una buona videocamera da piazzare in camera in modo da registrare tutto ciò che succede durante la notte nella camera da letto che i due ragazzi dividono. Se da principio può sembrare che nulla accada, ecco che d'improvviso iniziano a intravedersi i primi strani fenomeni, cose da poco, casi di apparente sonnambulismo da parte di <b>Katie</b>, porte che si muovono da sole in piena notte. <b>Katie </b>consulta anche un sensitivo, il dottor <b>Fredrichs</b> (<i>Mark Fredrichs</i>) che consiglia alla coppia il consulto di un demonologo; il fatto che la presenza sia da sempre con <b>Katie </b>lo porta a escludere il coinvolgimento di un fantasma. Durante la discussione con i due fidanzati, appurata una scellerata intraprendenza da parte del ragazzo, il sensitivo consiglia all'esuberante <b>Micah </b>di non tentare di contattare lo spirito/demone in modo da non provocarlo ma <b>Micah </b>vorrà fare di testa sua (come in ogni horror che si rispetti), così...</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjndFwLnbS8lHjYRNi3e4FgdNaHiUqmVu8dMwVU4oZWajVDlM4ApqeSnrGz4KC1NCq6W2xDR0LFCvTQ3tcECBuodpiNQfRhvIFzCqlgBY2P5UVwl-NDApFAeBExBCP41TiacXpSqD2cWgeYlVIXqHF875HvE3EL86mOFtWfg_0xgO2hWmLuJTu11hOnP1IL/s936/Paranormal%20activity%203.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="526" data-original-width="936" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjndFwLnbS8lHjYRNi3e4FgdNaHiUqmVu8dMwVU4oZWajVDlM4ApqeSnrGz4KC1NCq6W2xDR0LFCvTQ3tcECBuodpiNQfRhvIFzCqlgBY2P5UVwl-NDApFAeBExBCP41TiacXpSqD2cWgeYlVIXqHF875HvE3EL86mOFtWfg_0xgO2hWmLuJTu11hOnP1IL/w400-h225/Paranormal%20activity%203.jpg" width="400" /></a></div><p>Nonostante il film di <b>Oren Peli</b> non metta in scena (né in moto) nulla di veramente nuovo e si concentri con alcuni accorgimenti economici a (non) mostrare l'inimmaginabile che irrompe nella quotidianità, <i>Paranormal activity</i>, forse proprio per questo, alla fine funziona discretamente bene e capitalizza molto, molto meglio. <b>Peli </b>gira in casa sua, pochissime location: la camera da letto, una sortita in giardino e qualche passaggio nelle altre stanze (il bagno il più gettonato); tanta camera a mano stile ponte su una nave in tempesta, camera fissa per le notturne, scene queste più interessanti, con segnatempo a correre veloce quando non succede nulla. Forse è proprio questa essenzialità, asciugata della messa in scena che ci si aspetta dal cinema, a dare un senso di plausibilità e immedesimazione a quel che accade in quella casa; gli "spaventi" sono centellinati ma ben calibrati, si arriva a un potenziale terrore (per chi è a digiuno di horror) solo sul finale, sequenza rivista più volte e ripensata su consiglio di, nientepopodimenoche, <b>Steven Spielberg</b>, in giro è comunque possibile visionare anche le chiusure alternative compresa quella in origine pensata dal regista. Opera sovrastimata, almeno dal pubblico (la critica fu più divisa) che volente o nolente centra in pieno il bersaglio economico e che alla fine non se la cava malaccio nemmeno come intrattenimento aiutata dai volti genuini non immediatamente ricollegabili al mestiere dell'attore dei due protagonisti. Per diversi versi modesto ma innegabilmente uno dei grandi successi del suo decennio.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhemTmiHNu5MRGofI5HqyaYHjost1rLhdMeHVDtY7jP95I0CLRsoriyq59fpfnORlJeljEGtuKKvHnJJR-y6_qjGhFcE7RRsUZujfJP19HpU65xr7kj37Va2Xitm0gLoZWikdyTvCeEcoIYxa6o0M5Ol_IPuxgbV0f0lkiRtCpDbO24c25u7ZSfY-buZoCS/s1280/Paranormal%20activity%204.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhemTmiHNu5MRGofI5HqyaYHjost1rLhdMeHVDtY7jP95I0CLRsoriyq59fpfnORlJeljEGtuKKvHnJJR-y6_qjGhFcE7RRsUZujfJP19HpU65xr7kj37Va2Xitm0gLoZWikdyTvCeEcoIYxa6o0M5Ol_IPuxgbV0f0lkiRtCpDbO24c25u7ZSfY-buZoCS/w400-h225/Paranormal%20activity%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-16773749045177463562024-03-07T00:52:00.006+01:002024-03-07T00:52:50.057+01:00DIAZ - DON'T CLEAN UP THIS BLOOD<p>(di Daniele Vicari, 2012)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHnx_k7K49c0pIfoC1CZo62YJptzcoDcFXsnomLv7IekvaSCUmz47d9-nm6HHohvAhxyQdckHHBrYa7lNuJKTKi55Zeth2uZbu4n325_jp9TtYIEAx9EhfVDiXhgca4VQRfwCFRDaNtmovotYcpNMPRbhXdB0u7-M0kmCtf1RXSw1eab0eEf0j_f25O_rj/s600/Diaz.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="506" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHnx_k7K49c0pIfoC1CZo62YJptzcoDcFXsnomLv7IekvaSCUmz47d9-nm6HHohvAhxyQdckHHBrYa7lNuJKTKi55Zeth2uZbu4n325_jp9TtYIEAx9EhfVDiXhgca4VQRfwCFRDaNtmovotYcpNMPRbhXdB0u7-M0kmCtf1RXSw1eab0eEf0j_f25O_rj/w355-h506/Diaz.jpg" width="355" /></a></div>Sono passati più di vent'anni dai fatti del <b>G8 di Genova</b> e dall'ignobile intervento delle forze dell'ordine (?) italiane all'interno della scuola Diaz ma il resoconto dei fatti di quella notte proposto da <b>Daniele Vicari</b>, costruito sulle dichiarazioni degli atti ufficiali dei processi e su numerose testimonianze dirette, riesce ancora a far montare una rabbia cieca e uno sdegno incolmabile, emozioni aggravate dalla consapevolezza che tra quelle persone indegne di portare una divisa nemmeno uno ha pagato seriamente per i suoi atti atroci, un'umiliazione e una presa in giro nei confronti non solo di quelle vittime massacrate di botte da quelli che dovrebbero essere dei protettori (dello Stato sempre, prima che del cittadino) bensì un'onta nei confronti di ogni singolo italiano ancora dotato di una seppur minima briciola di compassione, solidarietà e onestà. Al di là dei meriti puramente cinematografici del film, che a parere di chi scrive ci sono, operazioni come questa di <b>Vicari </b>devono prima di tutto essere viste come documento e insegnamento, viatico di conoscenza ed educazione, perché il <i>repetita iuvant</i>, o almeno dovrebbe, e invece il manganello è sempre lì pronto, l'abbiamo visto a Pisa di recente, fortunatamente con conseguenze meno gravi rispetto a quelle del 2001, film come questo andrebbero fatti vedere ai giovani nonostante la durezza delle immagini, delle emozioni, perché le botte date da quei poliziotti si sentono tutte guardando <i>Diaz</i>, le teste spaccate fanno male, tutte le umiliazioni, le ingiurie, gli sputi arrivano ancora come ferite profonde. Ma qui da noi tutto si giustifica, si dimentica, si archivia, cade in prescrizione, si aggiusta in appello.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5Cke1axYcgVaoSL6eLy8eAOfRo3KDSUkQmfdFwxogEtvAl_OCwda8fs0Kcd8yrZ9DJaqcIUCt-iCvvdWG6sihPAQ6SiPdDpoK_S_W0C-EyzhSFmcRmDp7Mw3TYlb4nGXIkMDWS0R7VLFGRmgtnsE3wFh6yhB3PWhn_9FCI5tyXa17dyr2AxrEKUSqEnJx/s800/Diaz%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="405" data-original-width="800" height="203" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5Cke1axYcgVaoSL6eLy8eAOfRo3KDSUkQmfdFwxogEtvAl_OCwda8fs0Kcd8yrZ9DJaqcIUCt-iCvvdWG6sihPAQ6SiPdDpoK_S_W0C-EyzhSFmcRmDp7Mw3TYlb4nGXIkMDWS0R7VLFGRmgtnsE3wFh6yhB3PWhn_9FCI5tyXa17dyr2AxrEKUSqEnJx/w400-h203/Diaz%202.jpg" width="400" /></a></div><p>E allora che fare? Limitarci a parlare di cinema (che poi non è una limitazione ma passione e privilegio) o andare a ricordare l'episodio, il momento storico, quello che associazioni come <b>Amnesty International </b> definirono come "<i>la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale</i>"? Certo, qui di solito ci occupiamo di film facendo di tanto in tanto riferimenti inevitabili a situazioni, attualità, contesti; c'è anche da dire che non siamo proprio i <i>Cahiers du cinéma</i> e questo ci consente di fare un po' come ci pare e piace, quindi al di là dei meriti e al di là dei difetti dell'opera filmica, il consiglio è quello di recuperare <i>Diaz - Don't clean up this blood</i>, perché oltre le emozioni che il film suscita, cosa positiva in quanto segno di vita e vitalità, il gesto di riprendere in mano e nella memoria episodi come questo è segnale di giustizia, intesa non come quella negata e che avrebbe dovuto garantire il nostro Stato, ma giustizia in senso di atto dovuto, sacrosanto e giusto nei confronti di quei ragazzi, uomini, donne che tanto hanno dovuto subire in quella notte del 2001, solo dopo vengono il film, le scelte di <b>Vicari</b>, gli attori, la narrazione, <i>in primis</i> è necessario che quel sangue non venga lavato, che rimanga sempre lì a monito, perché noi purtroppo facciamo sempre difficoltà a imparare.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWiX64oBITo6qLJ2ViXlKJotfIv7o01H1MV1Hfqut9a5Mmhf435RqSRX3tMXULAbIPwTo65Tnni8c57mkcYUohr8on2dl5OMUq13h1naQEkiMR-23IgoD_Ib_FFQBoYNf_jh9MxXRC9HEs_n54RZFeMB4wfh27ay3y_jdI7M0UEkXTULPyVpEuuolMrbdg/s1000/Diaz%203.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="667" data-original-width="1000" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWiX64oBITo6qLJ2ViXlKJotfIv7o01H1MV1Hfqut9a5Mmhf435RqSRX3tMXULAbIPwTo65Tnni8c57mkcYUohr8on2dl5OMUq13h1naQEkiMR-23IgoD_Ib_FFQBoYNf_jh9MxXRC9HEs_n54RZFeMB4wfh27ay3y_jdI7M0UEkXTULPyVpEuuolMrbdg/w400-h266/Diaz%203.jpg" width="400" /></a></div><p>Il film di <b>Vicari </b>gode di una struttura tensiva ed emozionale di altissimo livello. Immaginate cosa dev'essere stato girare un film come questo, scomodo e duro, in un contesto dove la parola d'ordine per fatti di questa portata sembra essere "dimenticare" o al limite "minimizzare". <b>Vicari </b>compie un atto coraggioso mettendo in moto una macchina capace di produrre un risultato tutt'altro che didascalico o meramente divulgativo. <i>Diaz - Don't clean up this blood</i> ha invece tutte le carte in regola per portare avanti un impianto immersivo e capace di coinvolgere lo spettatore sotto tutti i punti di vista; è certo un film di parte, schieratissimo, ma anche in questo caso, come accade per molti film di <b>Loach </b>ad esempio, la scelta è più che giustificata da un senso di giustizia sempre più necessario: se al centro del film c'è quella che da molti giornalisti è stata ai tempi definita la "macelleria messicana" perpetrata da alcuni esponenti della Polizia di Stato nei confronti di cittadini italiani e non, giovani e non, <b>Vicari </b>non manca di tratteggiare anche le frange violente appartenenti ai famosi <b>Black Blocks</b>, certo non sono il centro di un film che in realtà non ha protagonisti principali e non vede attori in primo piano, anche i volti di maggior talento o comunque più noti come quelli di <b>Germano</b>, <b>Santamaria</b>, <b>Calabresi</b>, <b>Scarpa</b>, <b>Geraldi</b>, <b>Acquaroli</b>, <b>Roja</b>, si dividono lo spazio con interpreti sconosciuti al grande pubblico che contribuiscono però a dare un tocco di maggior autenticità alla messa in scena che per quanto possibile cerca di ricostruire senza troppo romanzare. Nonostante non sia mancata qualche critica personalmente non trovo nessuna colpa in questo film, né ideologica né cinematografica.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3uIawTCjZS0C4M5Nc0AxhX8idxQe_8XuIxCkwB528nypVJXaZuOYq5AMzNsvb6OM0x2_wO0ZbyAozRB8ZW4MEIC1VoeLy7jT0_yIgMVU7JGLVyG3cxOMqSxxeeMOIMM2Ya_a53bU6gkJsIWUqttqwd-mv4bmwih6KiiUpK0AC1YVJYJJ-R6UN04l-iaB5/s900/Diaz%204.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="563" data-original-width="900" height="250" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3uIawTCjZS0C4M5Nc0AxhX8idxQe_8XuIxCkwB528nypVJXaZuOYq5AMzNsvb6OM0x2_wO0ZbyAozRB8ZW4MEIC1VoeLy7jT0_yIgMVU7JGLVyG3cxOMqSxxeeMOIMM2Ya_a53bU6gkJsIWUqttqwd-mv4bmwih6KiiUpK0AC1YVJYJJ-R6UN04l-iaB5/w400-h250/Diaz%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-74175030116985855012024-03-04T00:40:00.006+01:002024-03-04T00:40:55.210+01:00TYLER RAKE<p>(<i>Extraction </i>di Sam Hargrave, 2020)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO0Dqpzg4U84ujnKh0hy8KuOzHTf8wOqNz6r8FR_1AteJ9da9QkSIDaYbhN76Bp8xhuU5lDJzUqQeItLtpwZqdrjgglg0nhKVzAYYKbWEzYGum6XfLWak9yw_046dgVWjtIlDaQ_IK4JgGSmVQLI0PTdeKDMcl6eCd4kxxYii4ygbEBt8RbKxE28YgVSh8/s622/Tyler%20Rake.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="622" data-original-width="420" height="560" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO0Dqpzg4U84ujnKh0hy8KuOzHTf8wOqNz6r8FR_1AteJ9da9QkSIDaYbhN76Bp8xhuU5lDJzUqQeItLtpwZqdrjgglg0nhKVzAYYKbWEzYGum6XfLWak9yw_046dgVWjtIlDaQ_IK4JgGSmVQLI0PTdeKDMcl6eCd4kxxYii4ygbEBt8RbKxE28YgVSh8/w378-h560/Tyler%20Rake.jpg" width="378" /></a></div>In <i>Tyler Rake</i> non c'è un'idea che sia una. Questo, posto che si sia disposti a passare una serata in compagnia di un'<i>action</i> ignorante ma adrenalinico, non è detto che debba per forza precludere la riuscita del film. In <i>Tyler Rake</i> non troverete messaggi, sottotesti, letture politiche, approfondimenti sui personaggi, niente; l'unico tentativo di creare spessore è dato dal legame sentimentale di <b>Tyler Rake</b> (<i>Chris Hemsworth</i>) verso il giovane coprotagonista, una vicinanza dettata dal ricordo di un figlio evidentemente perso prematuramente, tentativo questo di dare un tocco di profondità al film che manca il bersaglio di almeno centomila chilometri, quindi lasciamo pure perdere, in <i>Tyler Rake</i> non ci sono altro che ritmo e azione conditi con sparatorie, esplosioni, inseguimenti, combattimenti, massacri. Ora, assimilato quanto appena detto, per il resto il film è un <i>action</i> ben diretto, riuscito in tutte le sue sequenze, adrenalinico e capace dall'inizio alla fine di non presentare mai cali di ritmo né tempi morti. Non c'è nemmeno un risvolto di trama, linearissima e riassumibile in quattro righe, motivo per cui non sarà così semplice costruire su questo film un pezzo decente degno di venir pubblicato. Ci proviamo comunque.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiP8ujsddkkDbZYYkg-8eoEIQylHzWHUsjeS447taufd_7kK86w0uwv-zr0c3uBI52ecneBk8FjXG9htUZVks5mUTwQIngAso-LJUHxZ9zXDvjYooO4jKKHEOLv8hZUR3FFOFdBk8kDi_jWh2PhtbRce0eAivQtWjDBMmGnuqvu581yx5pawBdgUOsMUAuB/s1280/Tyler%20Rake%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiP8ujsddkkDbZYYkg-8eoEIQylHzWHUsjeS447taufd_7kK86w0uwv-zr0c3uBI52ecneBk8FjXG9htUZVks5mUTwQIngAso-LJUHxZ9zXDvjYooO4jKKHEOLv8hZUR3FFOFdBk8kDi_jWh2PhtbRce0eAivQtWjDBMmGnuqvu581yx5pawBdgUOsMUAuB/w400-h225/Tyler%20Rake%202.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Ovi Mahajan</b> (<i>Rudhraksh Jaiswal</i>) è un adolescente figlio di un importante narcotrafficante indiano (<i>Pankaj Tripathi</i>) attualmente in galera; il ragazzo è controllato a vista e affidato alle cure del braccio destro di suo padre, tal <b>Saju Rav</b> (<i>Randeep Hooda</i>) che però pecca nel suo compito e permette che il ragazzo venga rapito da un narcotrafficante rivale, <b>Amir Asif</b> (<i>Priyanshu Painyuli</i>) che lo nasconde in un rifugio a Dacca, capitale del Bangladesh. Per recuperare il ragazzo viene contattata l'agenzia di mercenari diretta dalla bella e pericolosa (ma non priva di sentimenti) <b>Nik Khan</b> (<i>Golshifteh Farahani</i>) la quale affida il compito al suo uomo di punta, <b>Tyler Rake</b> (<i>Chris Hemsworth</i>), un soldato super addestrato e con un'apparente desiderio di morte dentro il cuore (per il figlio di cui sopra). Nonostante l'estrazione (da cui il titolo originale) di <b>Ovi </b>in principio riesca, qualcosa comunque va storto e i soldi che avrebbero dovuto arrivare sul conto corrente dell'agenzia non vengono trasferiti; a questo punto <b>Tyler </b>si rifiuta di abbandonare il ragazzo e lo scenario si complicherà alquanto tra le due fazioni in lotta, <b>Saju </b>che cerca di recuperare <b>Ovi </b>per conto suo, un vecchio amico di Tyler, <b>Gaspar </b>(<i>David Harbour</i>), che verrà coinvolto nella vicenda, la polizia corrotta e infine l'intervento in prima persona di <b>Nik</b>. Uscire da Dacca non sarà per niente facile.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyfn8XTh14qsxr3iJZ98JIWbRxYRnc8RlHXM4RjH2tAWEnKD4nxH-TvZtC1N7UkOuE1XI3ivGRvGlHAL6zSTC2uXgUZW8Zqlcv3S8WtOjd5jTivqjyqFKlDfcxJbTXcw94ITJnmBEA4UXYb6H72FETnsOU4ACVUWw7CFVjrPMhKNTzEFtu64PwQmTaEQkl/s1000/Tyler%20Rake%203.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="562" data-original-width="1000" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyfn8XTh14qsxr3iJZ98JIWbRxYRnc8RlHXM4RjH2tAWEnKD4nxH-TvZtC1N7UkOuE1XI3ivGRvGlHAL6zSTC2uXgUZW8Zqlcv3S8WtOjd5jTivqjyqFKlDfcxJbTXcw94ITJnmBEA4UXYb6H72FETnsOU4ACVUWw7CFVjrPMhKNTzEFtu64PwQmTaEQkl/w400-h225/Tyler%20Rake%203.jpg" width="400" /></a></div><p><i>Tyler Rake</i> è un <i>action movie</i> onesto, senza velleità, solido, ritmato e divertente il giusto, mantiene quel che promette e chi questo cerca questo trova, nel suo segmento un film riuscito. Il problema di <i>Tyler Rake</i>, visto oggi, potrebbe essere dato dal fatto che lo spettatore potrebbe non aver più voglia (o almeno non dovrebbe averne) di immergersi in scenari di guerra, in viaggi nella violenza estrema per la quale sembra che oggi, parlando di quella reale, con i morti veri, si stia sviluppando un'indifferenza senza ritorno. Certo, sappiamo tutti che l'origine del male non sono certo i film come questo, ci mancherebbe, non è questo il punto. È che a guardare un certo tipo di narrazione, sapendo quel che succede nel mondo, un po' di disagio forse lo si dovrebbe provare, come in alcuni passaggi l'ho provato io. Magari per un periodo ci si potrebbe concentrare su altro o affrontare il genere con maggiore consapevolezza e profondità, cercando di aprire occhi e smantellare le indifferenze, abbandonare il conflitto usato come mero divertimento. Sono queste ovviamente considerazioni personali, <i>Tyler Rake</i> è del 2020, anno nel quale le recenti sciagure ancora non erano iniziate, nulla si vuol quindi rimproverare a <b>Hargrave</b> che confeziona un film godibile (magari in altri tempi) che sfoggia doti tecniche di tutto rispetto: c'è almeno una sequenza vertiginosa e realizzata con una maestria incredibile che contiene inseguimenti, corpo a corpo, effetti speciali, gestione degli spazi e dei tempi degna del passato da stuntman del regista che va a far concorrenza all'altro stuntman passato dietro la macchina da presa in tempi recenti, quel <b>Chad Stahelski</b> regista di <i>John Wick</i> dotato però di un tocco più ironico. <b>Hemsworth</b> è un <i>action man</i> credibile e preparato, meglio qui che in film più gettonati come <i>Blackhat </i>o nelle imbarazzanti recenti sortite nei panni del "dio del tuono"; affascinanti le location, magari non troppo credibile il conteggio dei morti a favore ma per quello, si sa, c'è la tanto cara e utile sospensione d'incredulità.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7APlzq2PL5gw5mQVUct67trkDrvARb3Ki-oyAcaqaUsNYOE4H5h5qIhEbIXcUrriW0pXat0j2LiFyN3QTxrcB07g1-sq_qTRTHnZCXT8lEyat_O-9CDCNhPDIcVg8gVWacD011KzjnyiWYbfT6zcL9AbsKgpHGoeps6e6_Rb5_4ZX5y0WwuMQcoYWqe6r/s1400/Tyler%20Rake%204.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="933" data-original-width="1400" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7APlzq2PL5gw5mQVUct67trkDrvARb3Ki-oyAcaqaUsNYOE4H5h5qIhEbIXcUrriW0pXat0j2LiFyN3QTxrcB07g1-sq_qTRTHnZCXT8lEyat_O-9CDCNhPDIcVg8gVWacD011KzjnyiWYbfT6zcL9AbsKgpHGoeps6e6_Rb5_4ZX5y0WwuMQcoYWqe6r/w400-h266/Tyler%20Rake%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-5501794221425360422024-03-01T23:10:00.000+01:002024-03-01T23:10:12.473+01:00BYZANTIUM<p>(di Neil Jordan, 2013)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7tYNlBDV_hktdMpoSHMulzWSW2MHVafdsv6vnuWa48TsNIXgtONKr-5xUfqFIO6f9azMA_tZP2mPHYvfushGZMoHaPo5OksR-ms8tcbD6V15b4jPAgEv0CrmijfICrUZ79XTufV4NdKQv8qObaiqpGH_Nxn-lPVKjl28ZXhL28gOisctvh5_HXdr3I0y9/s616/Byzantium.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="616" data-original-width="420" height="503" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7tYNlBDV_hktdMpoSHMulzWSW2MHVafdsv6vnuWa48TsNIXgtONKr-5xUfqFIO6f9azMA_tZP2mPHYvfushGZMoHaPo5OksR-ms8tcbD6V15b4jPAgEv0CrmijfICrUZ79XTufV4NdKQv8qObaiqpGH_Nxn-lPVKjl28ZXhL28gOisctvh5_HXdr3I0y9/w343-h503/Byzantium.jpg" width="343" /></a></div>È probabile che, andando contro al celebre detto, anche cinque o sei indizi possano non fare una prova, certo è che messi insieme questi diventino perlomeno una discreta indicazione. Questa volta ci ripetiamo, lo si era già detto in occasione del commento a <i><a href="https://lafirmacangiante.blogspot.com/2022/05/triplo-gioco.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Triplo gioco</span></a></i> dello stesso <b>Neil Jordan</b>, commento al quale la visione di questo <i>Byzantium </i>diventa una (abbastanza) solida conferma: al cinema di <b>Neil Jordan</b> sembra mancare sempre un qualcosa per esplodere, convincere appieno e farsi ricordare. Ancora lontani dall'aver esaminato l'intera opera del regista, si può però considerare parecchio significativo, in merito alla formulazione di un giudizio seppur parziale, il peso di opere quali <i>Non siamo angeli</i>, <i>Intervista col vampiro</i>, <i>Michael Collins</i>, <i>Triplo gioco</i>, <i><a href="https://lafirmacangiante.blogspot.com/2018/08/breakfast-on-pluto.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;">Breakfast on Pluto</span></a></i> e buon ultimo anche questo <i>Byzantium</i>, film spalmati lungo i decenni, tutti onesti e ben fruibili (anche se di <i>Michael Collins</i> ne ho un ricordo intorpidito) ma mai entusiasmanti. Con <i>Byzantium</i>, a distanza di quasi vent'anni da <i>Intervista col vampiro</i>, <b>Jordan </b>torna ai succhiasangue narrandone ancora una volta un'esistenza che si dipana, tra eventi attuali e ricordi dei protagonisti, lungo il corso dei secoli. Meno romantica del predecessore anche questa sortita nel mondo degli abitanti della notte (che in realtà qui si muovono tranquillamente anche di giorno) nasce dalla penna di una donna, per <i>Intervista col vampiro</i> la fonte era il romanzo omonimo di <b>Ann Rice</b>, per <i>Byzantium</i> alla base abbiamo invece una pièce teatrale firmata da <b>Moira Buffini</b> (<i>A vampyre story</i>), qui anche sceneggiatrice.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiERY1Hw9TtmdvYgSOQ7cBxhKVorzsJl15sLIQjnE6bSweW1fhgpZHLiX5Xz0SPleIURAaU0v_1M0_suxD4nv2Mwk3NhzJmGFF10lkpH45Ebiqe1s1Vbpn06m9vlyNR3NDo5EZS2aHuRm8UpO9467jFe9muuRM1XP3X_-jSgMT9JS3BZl4VB4WJ82XthMX_/s640/Byzantium%203.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="640" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiERY1Hw9TtmdvYgSOQ7cBxhKVorzsJl15sLIQjnE6bSweW1fhgpZHLiX5Xz0SPleIURAaU0v_1M0_suxD4nv2Mwk3NhzJmGFF10lkpH45Ebiqe1s1Vbpn06m9vlyNR3NDo5EZS2aHuRm8UpO9467jFe9muuRM1XP3X_-jSgMT9JS3BZl4VB4WJ82XthMX_/w400-h281/Byzantium%203.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Clara </b>(<i>Gemma Arterton</i>) ed <b>Eleanor </b>(<i>Saoirse Ronan</i>) vivono in un fatiscente caseggiato inglese, sono due vampire; <b>Clara </b>lavora come ballerina in un night e non è nuova al mestiere più antico del mondo, la donna si preoccupa di procurarsi da vivere per lei e per la sorella <b>Eleanor</b>. Questa, più giovane anche nell'aspetto (in realtà entrambe sono pluricentenarie), limita le sue sortite alla ricerca di plasma e globuli rossi ai danni di uomini già morenti, <b>Clara </b>è invece più spregiudicata e diretta. Appartenenti come spiegato in diversi flashback alla congrega dei vampiri, da questa <b>Clara </b>e <b>Eleanor </b>non sono ben viste in quanto donne; nel momento in cui qualche regola della confraternita viene elusa le due "ragazze" diventano prede di una caccia feroce che porterà le nostre a nascondersi ad Hastings, all'interno di un hotel in rovina, il <b>Byzantium</b>, di proprietà del timido <b>Kevin </b>(<i>Tom Hollander</i>), uomo mite e debole presto soggiogato dall'avvenente e disinibita <b>Clara</b>. Il <b>Byzantium </b>diventa così il nuovo rifugio delle due sorelle; ad Hastings <b>Eleanor </b>incontra un ragazzo di nome <b>Frank </b>(<i>Caleb Landry Jones</i>) che finirà per piacerle e nel quale troverà un confidente; da tempo <b>Eleanor </b>sente la necessità di raccontare a qualcuno del suo retaggio, più volte la vampira ha scritto la sua storia, la frequentazione insieme a <b>Frank </b>di un corso di scrittura creativa sarà l'occasione per far emergere il suo inconfessabile segreto. Seguiranno tragedie.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0e3A2zSlP4bc40le5A1ENU5BqAOmsvGO0RAkmkMnoXh3nGGZzPKIkjvzTWWI9PKVB0YyUUppSLkxApE_ZRbjnxH5vslIS8KGaVT4mvgRLqv8LLkXJr2t6pcL6agVd2RYhTp3hZwrXmQmyy7ae5HqGkwbWJ-tIx3Ps9h3_M9cj32mfkNcvGOjGF_qvKftw/s1031/Byzantium%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="575" data-original-width="1031" height="223" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0e3A2zSlP4bc40le5A1ENU5BqAOmsvGO0RAkmkMnoXh3nGGZzPKIkjvzTWWI9PKVB0YyUUppSLkxApE_ZRbjnxH5vslIS8KGaVT4mvgRLqv8LLkXJr2t6pcL6agVd2RYhTp3hZwrXmQmyy7ae5HqGkwbWJ-tIx3Ps9h3_M9cj32mfkNcvGOjGF_qvKftw/w400-h223/Byzantium%202.jpg" width="400" /></a></div><p>L'elemento di maggior interesse nel film di <b>Jordan </b>è dato dalle due figure femminili, donne già ostracizzate secoli addietro in quanto accettate di controvoglia in un mondo (la fratellanza) prettamente maschile e che le vede come oggetti di consumo (lo sfruttamento sessuale, i ripetuti tentativi di violenza). La <b>Arterton </b>e la <b>Ronan </b>riescono a delineare due vampiri dal carattere molto diverso, il desiderio di libertà e di verità della più giovane porta la coppia di ragazze ad avere più di un problema e nel percorso di svelamento della loro vera natura regalerà alla <b>Ronan </b>i passaggi drammatici più efficaci del film, capaci di farne uscire il limpido talento che si staglia anche sulla prova della coprotagonista <b>Arterton</b>. Eleganti e d'impatto alcune scene costruite da <b>Jordan </b>come i bagni nella cascata di sangue e l'ingresso con l'insegna gialla dell'hotel <b>Byzantium</b> ben scenografato in tutti i suoi interni, ottima ricostruzione d'ambiente. <b>Jordan </b>lavora bene con i rossi, ritornanti anche in alcuni costumi, delinea una visualità elegante che ammanta un film ancora una volta piacevole ma non memorabile, mette da parte alcune convenzioni trite sulla figura del vampiro (un punto a favore) e cesella due donne nelle quali, nonostante i secoli d'età, si leggono ancora i traumi della crescita per una e la responsabilità della tutela per l'altra. Non male quindi, aspetto però ancora la folgorazione.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhis2icrQMF1VkcgZtJAKmIHVO6QyvBHT32LqZiCYvvlRsQgBw1txxZWqc0zY68r2Z2lxHP-Ey1MEA-3cF0I3O9fSQuuGMAyWFt3jej8pBvodDrnvq0z2ZTAypd3oA9ZfKMjfLv5FzUp3oP-QyFaD4UcS1g5wJJmGtdmSeaxiaOyX9pbagu9ckTkEjuZVpA/s720/Byzantium%204.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="404" data-original-width="720" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhis2icrQMF1VkcgZtJAKmIHVO6QyvBHT32LqZiCYvvlRsQgBw1txxZWqc0zY68r2Z2lxHP-Ey1MEA-3cF0I3O9fSQuuGMAyWFt3jej8pBvodDrnvq0z2ZTAypd3oA9ZfKMjfLv5FzUp3oP-QyFaD4UcS1g5wJJmGtdmSeaxiaOyX9pbagu9ckTkEjuZVpA/w400-h225/Byzantium%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-53354204176665936432024-02-28T00:35:00.001+01:002024-02-28T00:35:23.811+01:00UPSTREAM COLOR<p>(di Shane Carruth, 2013)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhN6om4pH64gZ8sbzk_wYLEPsgcN2VSXqgjFq2PGinaq5sxah9f1YeE33l0WJ7klvyoksg5XhA7aiHBuCo0ZP8Pa42tUsIN8p_jZ5nXEaQX64XU306GNXYXKWbFABm7UsXvE2H9ryDZyjoeaM3gvvJZeV7LDDWIp9yKWHfLZ55YguJ33euX4DXCRutgOchv/s1000/Upstream%20color.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="736" height="493" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhN6om4pH64gZ8sbzk_wYLEPsgcN2VSXqgjFq2PGinaq5sxah9f1YeE33l0WJ7klvyoksg5XhA7aiHBuCo0ZP8Pa42tUsIN8p_jZ5nXEaQX64XU306GNXYXKWbFABm7UsXvE2H9ryDZyjoeaM3gvvJZeV7LDDWIp9yKWHfLZ55YguJ33euX4DXCRutgOchv/w364-h493/Upstream%20color.jpg" width="364" /></a></div>Ci è già capitato in passato di affermare come per film particolarmente enigmatici o che semplicemente richiedano allo spettatore uno sforzo interpretativo più consistente del normale, sia tutto sommato semplice sposare una linea di lettura e andare poi a cercare nell'opera elementi che possano corroborarla o quantomeno renderla (per quanto possibile) un minimo credibile. Nulla di male in questo, è fuori di dubbio come molti critici o anche semplici amanti del cinema si dilettino nella maniera più onesta e appassionata a questa pratica che può facilmente rivelarsi stimolante e finanche divertente. <i>Upstream color</i>, secondo lungometraggio del regista statunitense <b>Shane Carruth</b>, si presta in toto all'essere sviscerato dall'intelletto dello spettatore più volenteroso alla ricerca di un recondito significato dell'opera, cosa tra l'altro impossibile da trovare se non nel campo delle ipotesi o delle speculazioni, le certezze non abitano da queste parti (e a sentire chi ha visionato anche l'esordio <i>Primer </i>non abitano nemmeno in casa <b>Carruth</b>). Film ermetico quindi che apre il fianco a dibattiti senza fornire risposta alcuna; genio dell'autore? Volontà di confondere le acque? Approccio "arty"? Supercazzola per immagini (e poche parole)? Ai posteri, o anche a voi amati lettori, l'ardua sentenza!<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwo4Wf8WRBqI_gGcE2lbWuPvZiycgDPJhWYnkc_aS12W9EVeFpP-unJ0AltT_2lhxmhrw4BKyqCcTML66HjGSomeXlVVSvnJEtsUG0nmWEp8_cGf1QqXZ3WFME9PQSDrDS5-7wLrQsRrgw49WNK5zYUbcrIk8U7pFyXPfRkX1puWVCE2cyTDaQRrLwmvg8/s805/Upstream%20color3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="478" data-original-width="805" height="238" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwo4Wf8WRBqI_gGcE2lbWuPvZiycgDPJhWYnkc_aS12W9EVeFpP-unJ0AltT_2lhxmhrw4BKyqCcTML66HjGSomeXlVVSvnJEtsUG0nmWEp8_cGf1QqXZ3WFME9PQSDrDS5-7wLrQsRrgw49WNK5zYUbcrIk8U7pFyXPfRkX1puWVCE2cyTDaQRrLwmvg8/w400-h238/Upstream%20color3.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Kris </b>(<i>Amy Seimetz</i>) è una donna con una vita all'apparenza normale; una sera viene aggredita da uno sconosciuto (<i>Thiago Martins</i>) che la costringe a ingoiare una larva coltivata e trattata dallo stesso e da un team di suoi giovani collaboratori. Questa larva entra nell'organismo di <b>Kris </b>inducendole un forte stato ipnotico che la porta a trovarsi alla completa mercé del suo aggressore che pian piano riesce a portarle via l'intera sua vita: tutti i suoi risparmi, la casa, alla fine anche il lavoro e la possibilità di mantenersi da sola. Quando l'insolito criminale sembra aver sfruttato appieno <b>Kris </b>questa, sempre attraverso il parassita che ora le abita il corpo, viene attratta da un altro uomo misterioso che potremmo chiamare <b>l'uomo dei maiali</b> (<i>Andrew Sensenig</i>), all'apparenza non chiaramente intenzionato a far del male alla donna, infatti questi la libera dalla larva trasferendola in un maialino; <b>Kris </b>è ora libera, senza più nulla al mondo ma, forse, con qualche tipo di legame residuo con quel suino. Poi arriva <b>Jeff </b>(lo stesso regista <i>Shane Carruth</i>), un uomo che sembra aver subito esperienze simili a quelle di <b>Kris</b>, si conoscono in metro, la loro unione potrà diventare un'amplificarsi del trauma o, se i due si dimostreranno forti e fortunati, magari una cura per entrambi.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimw5EtyYywcnVsOO5IT6_eZdpTOH3hjNuCKEoa8FwEfMGX9WBqqZCMt3qPA1aFLkMvkEwB5vsruQkw0iJDeq3X6sLlPV3Jli0CeoPtsarCdQKeFCVEYM4rKmMQp4GMaZaaZczllbaw2uwKKZUaR8jkWCOy-BHWfDoYeKoqWUXOu6gkxad4els5ac2GrkIs/s1280/Upstream%20color4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="544" data-original-width="1280" height="170" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimw5EtyYywcnVsOO5IT6_eZdpTOH3hjNuCKEoa8FwEfMGX9WBqqZCMt3qPA1aFLkMvkEwB5vsruQkw0iJDeq3X6sLlPV3Jli0CeoPtsarCdQKeFCVEYM4rKmMQp4GMaZaaZczllbaw2uwKKZUaR8jkWCOy-BHWfDoYeKoqWUXOu6gkxad4els5ac2GrkIs/w400-h170/Upstream%20color4.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Carruth</b>, tramite l'utilizzo di immagini e sequenze suggestive e avvolgenti, costruisce una (non) storia dalla difficile interpretazione. Da due situazioni di crisi, una sola ben esplicitata allo spettatore (quella di <b>Kris</b>) si arriva a quella che potrebbe essere vista o come una storia d'amore difficile e screziata di follia o come una cura, un sostegno da trovare (l'uno) nell'altro per affrontare e sconfiggere le difficoltà e le minacce poste dal mondo esterno, possibile metafora della società moderna in cui ci troviamo a vivere. Ma, sempre rimanendo nel campo delle elucubrazioni, anche una ritrovata libertà (<b>Kris </b>si libera dal verme) può essere solo apparente e qualcun altro per noi continua a tirare i fili del gioco (<b>Kris </b>è ancora in qualche modo legata al maiale e all'<b>uomo dei maiali</b>). E pure quando il male evidente può sembrare sconfitto, siamo poi proprio sicuri che i processi che stanno sopra di noi siano effettivamente debellati? (è finita davvero la minaccia del controllo esterno? Tema di grande attualità). Sono parecchie le tesi che possono accostarsi al film di <b>Carruths</b>: controllo, elaborazione del trauma, guarigione tramite relazione, caso e insondabilità degli eventi; ad ogni modo il film è godibile, forse profondo, forse solo paraculo, di certo affascinante, ben diretto e studiato. Vi piace interrogarvi su strutture poco limpide e significati reconditi? <i>Upstream color</i> è il film che fa per voi.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZDYWexLdqlfjiU0puI56L6P-8r8hDQp4SM7gMwfeCUTeESLS_UgIKiCxU8eIqlSkZpEjmMwwFw839yrnL-VgAoBQER6zYH0cMN0tOov4BboR-ZnojWE8_DmIzVC8csqkM0_fnhnyxTqEjMQA9TW7Tq3tbqKbWwfylhe_2j6y1wCLnSB5Hg5JDUgJ-ATgw/s1920/Upstream%20color%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="802" data-original-width="1920" height="168" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZDYWexLdqlfjiU0puI56L6P-8r8hDQp4SM7gMwfeCUTeESLS_UgIKiCxU8eIqlSkZpEjmMwwFw839yrnL-VgAoBQER6zYH0cMN0tOov4BboR-ZnojWE8_DmIzVC8csqkM0_fnhnyxTqEjMQA9TW7Tq3tbqKbWwfylhe_2j6y1wCLnSB5Hg5JDUgJ-ATgw/w400-h168/Upstream%20color%202.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-69440444058332335422024-02-26T01:04:00.000+01:002024-02-26T01:04:00.442+01:00DOLORES CLAIBORNE<p>(di Stephen King, 1993)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0AZtjds3xAo07NSSpACI9FgKV05zEHcFhBewgDkfrYKq-fpQZUNFJfnBnZ55RKjP9XsXVKF1kahJN3Kqb22fOykpX05e33o6EsNNFbVJh2jO-tyxWHvSDxnYgaasLb82sMmTYC6lLIxA7nri6ZaLyDIFrWE-xjDbbX0_9uMZtoUDqbYZpm1aW7IPRNv8W/s385/Dolores%20Claiborne.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="385" data-original-width="255" height="525" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0AZtjds3xAo07NSSpACI9FgKV05zEHcFhBewgDkfrYKq-fpQZUNFJfnBnZ55RKjP9XsXVKF1kahJN3Kqb22fOykpX05e33o6EsNNFbVJh2jO-tyxWHvSDxnYgaasLb82sMmTYC6lLIxA7nri6ZaLyDIFrWE-xjDbbX0_9uMZtoUDqbYZpm1aW7IPRNv8W/w348-h525/Dolores%20Claiborne.jpg" width="348" /></a></div>"Che cosa vuole una donna?"<br /><i>Sigmund Freud</i><p></p><p>"R-E-S-P-E-C-T, scopri che cos'è per me."<br /><i>Aretha Franklin</i></p><p>Anno 1993, decenni prima che il ruolo della donna finisse sotto i riflettori del dibattito pubblico, anche per quel che riguarda l'ambito della cultura (pop e non), <b>Stephen King</b> scriveva questo romanzo per sola voce femminile nel quale venivano sottolineate le difficoltà che dovevano affrontare le donne in un'America ancora rurale e operaia e non troppo scolarizzata, prendendo in esame un arco temporale che nei ricordi della protagonista <b>Dolores Claiborne</b> abbraccia un periodo che va più o meno dagli anni 50 fino alla contemporaneità d'uscita del romanzo, gli anni Novanta dello scorso secolo. Il "Re del brivido" non è nuovo nel mettere sotto accusa una società americana dove disparità e ingiustizie sono all'ordine del giorno e diffuse in tutti gli Stati del Paese, in questo caso al centro della narrazione c'è proprio la difficile condizione dell'essere donna in un mondo profondamente maschilista. All'epoca dell'uscita di questo romanzo il periodo d'oro del Re, quello durante il quale <b>King </b>non sbagliava un colpo (o quasi), era forse giunto al termine, ma anche nel decennio dei Novanta non è difficile trovare all'interno della bibliografia dell'autore di Bangor opere valide come questa che comunque si attestava tra gli scritti ben riusciti del Re trovandosi in buona compagnia: si ricordano infatti nello stesso decennio almeno <i>Cose preziose</i>, <i>Quattro dopo mezzanotte</i>, <i>Cuori in Atlantide</i> e <i>Il miglio verde</i>, tutte opere più che meritorie.</p><p>Little Tall Island nel Maine è una piccola comunità isolana, è in questa località che vive ed è cresciuta <b>Dolores Claiborne</b>, una donna che oggi ha passato la sessantina e che continua a occuparsi della sua datrice di lavoro, l'anziana <b>Vera Donovan </b>non più completamente autosufficiente. Quando <b>Vera </b>muore a causa di un incidente domestico le autorità locali sospettano qualcosa riguardo <b>Dolores</b>, così la donna si troverà a dover rilasciare una corposa dichiarazione lungo la quale dovrà ripercorrere il pluriennale rapporto che la lega e l'ha legata a <b>Vera Donovan</b>, nel far questo verrà rivangato anche il passato della famiglia di <b>Dolores</b>, il rapporto con un marito difficile, <b>Joe St. George</b>, e le circostanze, già sviscerate in altre occasioni, riguardo la sua morte accidentale, il legame dei due figli maschi con il padre e le vicende legate all'unica figlia femmina di Dolores, <b>Selena St. George</b>. Testimoni di questa fluviale confessione sono il capo della polizia di Little Tall <b>Andy Bissette</b>, l'agente <b>Frank Proulx</b> e la giovane stenografa <b>Nancy Bannister</b>.</p><p>Oltre a essere un ottimo romanzo con <i>Dolores Claiborne</i> <b>Stephen King</b> realizza anche un pregevole esercizio di stile che rende questo scritto un'opera originale all'interno della bibliografia del Re. Sono almeno due gli elementi che caratterizzano questo <i>Dolores Claiborne</i>: il primo consta nel fatto che l'intero libro si presenta come un unico flusso di coscienza della protagonista; è lei infatti che prende la parola fin dalla prima pagina del romanzo e ci accompagna raccontandoci la sua storia fino all'ultimo punto dell'ultima pagina. Nel mezzo non ci sono interruzioni, non ci sono stacchi, non ci sono capitoli, solo un unico flusso ininterrotto di ricordi che accompagna il lettore e lo spinge a rimanere sul libro fino alla sua naturale conclusione. Anche quando <b>Dolores </b>è impegnata in brevissimi scambi con i tre ascoltatori (agenti e stenografa) noi sentiamo solo le sue parole e al limite deduciamo gli interventi degli altri personaggi, ma anche queste situazioni sono molto limitate nell'economia del racconto. Altro elemento che conferma la grandezza di <b>King </b>(e qui c'è anche la mediazione del traduttore, <b>Tullio Dobner</b> per l'edizione in mio possesso) è lo stile di scrittura adottato dall'autore che con un linguaggio in parte sgrammaticato rende al meglio la condizione sociale e culturale di una donna semplice cresciuta con la fatica e non con i libri, il tutto rende la narrazione di <b>Dolores </b>ancor più credibile e avvincente. Sono pochi gli sprazzi concessi al sovrannaturale, giusto qualche piccola allusione, per il resto quella di <b>Dolores Claiborne</b> è una storia drammatica e concreta, fatta di soprusi, rapporti difficili, amore, coraggio e decisioni dure da prendere. Ancora una volta <b>King </b>dimostra di essere un ottimo scrittore indipendentemente dai generi, cosa che nonostante il successo planetario di vendite forse continua a non essergli riconosciuta al pari dei suoi meriti.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizud-mhj1X4FqYsEP5J22_OwMrY2LvnszZxeFGQqG88njDptqnabGYAqyJZ8vuYz3Xh7EwC1bBJ67lbKifG-jyn9uujHvxguJq1DXl4FDCLsGJSPWxgUBxSgQA_LgY5ijh4b92cdsGaiIhSUz1kddh7pWlhanFHFcYBZ7RlA_IvPPB8ndLmbDBV2cLjUyv/s480/Stephen%20King5.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="360" data-original-width="480" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizud-mhj1X4FqYsEP5J22_OwMrY2LvnszZxeFGQqG88njDptqnabGYAqyJZ8vuYz3Xh7EwC1bBJ67lbKifG-jyn9uujHvxguJq1DXl4FDCLsGJSPWxgUBxSgQA_LgY5ijh4b92cdsGaiIhSUz1kddh7pWlhanFHFcYBZ7RlA_IvPPB8ndLmbDBV2cLjUyv/w400-h300/Stephen%20King5.webp" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-18177947246345183262024-02-23T18:49:00.004+01:002024-02-23T18:49:48.376+01:00I PREDATORI<p>(di Pietro Castellitto, 2020)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIlFeIDBOfGQ2mjp30X4jsDCdMxgF29KSSNsSHCcHZ7qJGj-XhZ8uY6NVMVYJNpHYdBx7PI8bUEC8ct2nq1UtCNPFeBbIYJi5HhA1uzmKAIlPnLOTVjivWpVA4_vqSphl-mNsZF-9okmxWxkfZ4Sk7C22elaNZDcFPCV_bApaJVuqi57B9vc0L3VwW7bQ7/s600/I%20predatori.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="526" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIlFeIDBOfGQ2mjp30X4jsDCdMxgF29KSSNsSHCcHZ7qJGj-XhZ8uY6NVMVYJNpHYdBx7PI8bUEC8ct2nq1UtCNPFeBbIYJi5HhA1uzmKAIlPnLOTVjivWpVA4_vqSphl-mNsZF-9okmxWxkfZ4Sk7C22elaNZDcFPCV_bApaJVuqi57B9vc0L3VwW7bQ7/w368-h526/I%20predatori.jpg" width="368" /></a></div>È un bell'esordio quello di <b>Pietro Castellitto</b>, film che ha diviso la platea tra chi ci ha visto un'opera prima fresca e vivace seppur nelle sue fondamenta non originalissima e chi l'ha bollata come un'accozzaglia di sequenze slegate o come un film ingiustamente premiato, anche a causa di un linguaggio poco comprensibile, problema che, pur non vantando origini romane, io non ho riscontrato. Forse un poco di verità trova spazio al di là di entrambi i lati della barricata, il fatto poi che il film divida e abbia fatto discutere è di per sé già un motivo d'interesse e sintomo di una volontà di discostarsi dalla media della nostra commedia, cosa che non può che esser vista con un certo favore. Il film in effetti non poggia su basi nuove, al centro c'è il contrasto tra una famiglia della borghesia benestante romana e una proletaria e fascistella con qualche aggancio criminale. Come in diversi hanno avuto modo di ricordare, l'accostamento più facile da fare per questo <i>I predatori</i> è quello con il più celebre <i>Ferie d'Agosto</i> di <b>Paolo Virzì</b> datato 1996, qui le due famiglie erano rappresentate da <b>Silvio Orlando</b> ed <b>Ennio Fantastichini</b>, tra l'altro con qualche punto in comune tra i due film (l'armeria). Ciò in cui <i>I predatori</i> si discosta dal suo predecessore sta nel fatto che i contatti tra i componenti dei due nuclei familiari, i <b>Pavone </b>(i borghesi) e i <b>Vismara </b>(i coatti), si riducono a pochi brevi (seppur importanti) momenti, il confronto non è mai diretto tra protagonisti ma sta più nella penna di <b>Castellitto </b>e nell'occhio e nella sensibilità dello spettatore, scelta che differenzia questa narrazione da altre e punto a favore della causa del Nostro simpatico figlio d'arte (<b>Pietro </b>è figlio di <b>Sergio</b>). Un'altra verità indubbia è che il film denoti una struttura (volutamente) slegata, fatta di <i>tranches</i>, momenti, suggestioni che vanno a costruire in maniera libera personaggi e comportamenti più che una storia, che comunque pur se strampalata c'è e non è poi difficile da seguire.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB6btG2ceZmXNuV-t2mMW5hQuvyr9yvPohc3U5XQ7aonDlQM6CupI7C2q0GrUofJdqc99mivp5_fPEfdwTKXWwZzYNWLf_WK_jpU3fLO6i7M3iuF3QEk49LaknTC8vr_rVn_gvXVPyy4q3aIwiqTZN9xgB7NsTzIMScaBT7BB75E-SRQwkNgtzSCDHCtnU/s970/I%20predatori%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="647" data-original-width="970" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB6btG2ceZmXNuV-t2mMW5hQuvyr9yvPohc3U5XQ7aonDlQM6CupI7C2q0GrUofJdqc99mivp5_fPEfdwTKXWwZzYNWLf_WK_jpU3fLO6i7M3iuF3QEk49LaknTC8vr_rVn_gvXVPyy4q3aIwiqTZN9xgB7NsTzIMScaBT7BB75E-SRQwkNgtzSCDHCtnU/w400-h266/I%20predatori%202.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Federico Pavone</b> (<i>Pietro Castellitto</i>) è cresciuto in una famiglia ricca della buona borghesia romana: il padre <b>Pierpaolo </b>(<i>Massimo Popolizio</i>) è uno stimato medico, la madre <b>Ludovica </b>è una regista affermata non troppo tenera con i suoi collaboratori. <b>Claudio Vismara</b> (<i>Giorgio Montanini</i>) è invece il proprietario di un'armeria, tipo un po' ignorante e sempre alle prese con i soldi e le spese in continuo aumento, è sposato e ha un figlio giovane già appassionato di armi. Quando l'anziana madre di <b>Claudio</b>, la signora <b>Ines </b>(<i>Marzia Ubaldi</i>) viene investita dopo essere stata truffata da un losco giovane (<i>Vinicio Marchioni</i>), sarà proprio <b>Pierpaolo </b>a salvarla; il lambirsi di queste esistenze porterà a una serie di eventi che coinvolgeranno le frustrazioni di <b>Federico </b>nei confronti del suo professore universitario (<i>Nando Paone</i>) che lo ha escluso dal progetto di riesumare il corpo di <b>Friedrich Nice</b> (!), la coppia di amici dei <b>Pavone </b>composta dal primario <b>Bruno </b>(<i>Dario Cassini</i>) e da sua moglie <b>Gaia </b>(<i>Anita Caprioli</i>) e il malavitoso <b>Flavio Vismara</b> (<i>Antonio Geraldi</i>), zio di <b>Claudio</b>.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvImvUvniYKQx1pMGyAZkwBFwDnHWchHtkYf7_U2dhf1tPCB60U7P47BEJUSPhrFAjdQnrtxxtIURlynKnU67Rrk_CIu6dhprWI7XiG88iRnILMhekfOGHSXHTI0fmtZ-JloPFXnTY9yiXUQy2U1r8k1pis52iG94OI_OQdHwwx8MA9O-8C-5mlnrrJjQs/s1400/I%20predatori%203.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="700" data-original-width="1400" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvImvUvniYKQx1pMGyAZkwBFwDnHWchHtkYf7_U2dhf1tPCB60U7P47BEJUSPhrFAjdQnrtxxtIURlynKnU67Rrk_CIu6dhprWI7XiG88iRnILMhekfOGHSXHTI0fmtZ-JloPFXnTY9yiXUQy2U1r8k1pis52iG94OI_OQdHwwx8MA9O-8C-5mlnrrJjQs/w400-h200/I%20predatori%203.jpg" width="400" /></a></div><p>Non si capisce bene se <b>Castellitto </b>con <i>I predatori</i> volesse ergersi a voce anti borghese, anti fascista, anti "radical chic" o anti commedia "troppo italiana" per dirla con <b>La Rochelle</b>, oppure se al giovane di tutto ciò non gliene fotta una beneamata minchia e nelle sue intenzioni prospettasse solo quella di creare una commedia diversa, libera, capace di scompigliare un poco le carte pur senza iniziare una rivoluzione, l'idea di divertirsi e divertire (e ci riesce parecchio bene) usando i toni del grottesco e a tratti dell'esagerazione mettendo in campo fin da questo esordio una capacità di dirigere, macchina e attori, tutto sommato da non sottovalutare e da tenere d'occhio per il prossimo futuro. Da queste parti si tende ad abbracciare la seconda ipotesi, più genuina, simpatica e anche più accogliente, adatta a un corpo attoriale comico, quello appunto di <b>Pietro</b>, capace di imbroccare al primo colpo momenti e tempi comici, situazione e quadro generale che, seppur slabbrato nei contorni e (solo) apparentemente senza direzione, alla fine funziona, intrattiene e ci fa ridere parecchio. Magari un po' fuori fuoco (che poi è pure il suo bello), <i>I predatori</i> mi sembra una bella opera prima che finalmente non puzza di muffa già dal principio, poi se proprio si deve ritoccare qualcosa c'è tutto il tempo per farlo, magari se ne riparlerà in merito al successivo <i>Enea</i>.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOnv9q7_XZSQR27kjq42NlErEhfMVT6scRaQUN3fUS-VwPTih0l6GtzuhI3YxE7yqLjuEa-CrEOs8m7LhNO3H2JB0VoNUlV9ULMKWWwAMxn0SA3yfYvFh4J1Oi236XFkOBhtdoIIhS9qSmwozzbKtoIllaYmK7OOtY3aUV90G1mFbC5iEVnDs5M1otA6e3/s2560/I%20predatori%204.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1707" data-original-width="2560" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOnv9q7_XZSQR27kjq42NlErEhfMVT6scRaQUN3fUS-VwPTih0l6GtzuhI3YxE7yqLjuEa-CrEOs8m7LhNO3H2JB0VoNUlV9ULMKWWwAMxn0SA3yfYvFh4J1Oi236XFkOBhtdoIIhS9qSmwozzbKtoIllaYmK7OOtY3aUV90G1mFbC5iEVnDs5M1otA6e3/w400-h266/I%20predatori%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-7177498759215420602024-02-14T22:52:00.002+01:002024-02-15T13:48:23.109+01:00SORELLE MAI <p>(di Marco Bellocchio, 2010)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiP2OapNTex3ngcL-AScN9OY_7W9yYG3Rlr09BEJ7727J2eaV8-Iir6iVmP68mikkcPyHgXFehj48HttJ2gPLG1Od9Z0KVhZoYTaVYM7fW-p7R7kpvm3RxCF_N_cB6kNfIUPB0EeaSmee6cntIo9QwREy6RvYCL_Lgt6hvOMelV9vo84tEYV1KEV0koVNr8/s600/Sorelle%20mai.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="463" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiP2OapNTex3ngcL-AScN9OY_7W9yYG3Rlr09BEJ7727J2eaV8-Iir6iVmP68mikkcPyHgXFehj48HttJ2gPLG1Od9Z0KVhZoYTaVYM7fW-p7R7kpvm3RxCF_N_cB6kNfIUPB0EeaSmee6cntIo9QwREy6RvYCL_Lgt6hvOMelV9vo84tEYV1KEV0koVNr8/w324-h463/Sorelle%20mai.jpg" width="324" /></a></div>Sono diverse le forme che nel tempo ha adottato il cinema del regista di Bobbio <b>Marco Bellocchio</b>; alle numerose opere nelle quali è la dimensione intima e familiare a ricoprire la parte del leone nella narrazione e nella messa in scena del regista, si alternano film dal respiro più ampio, capaci di guardare anche a un mercato internazionale e di raccontare l'Italia e la sua (la nostra) Storia uscendo dalle vicende della provincia emiliana, dalla dimensione privata, per abbracciare il pubblico e il condiviso, ne sono esempi molto riusciti i premiati <i>Buongiorno notte</i> del 2003, <i>Vincere</i> del 2009 oppure <i>Il traditore</i> del 2019. <i>Sorelle mai </i>appartiene alla prima categoria ed è un'ampliamento di un precedente lavoro di <b>Bellocchio </b>dal titolo <i>Sorelle</i>, un mediometraggio di poco più di un'ora che conteneva già alcuni dei frammenti riutilizzati poi in questo <i>Sorelle mai</i>, film più lungo (105 minuti) e composto da sei sezioni girate in anni diversi. Il progetto originario, <i>Sorelle </i>appunto, è stato realizzato all'interno del progetto "<i>Farecinema - Incontro con gli autori</i>", iniziativa creata proprio da <b>Bellocchio </b>a Bobbio, paese dove il regista è cresciuto, poi ampliatasi anno dopo anno e trasformatasi in una vera e propria manifestazione dedicata al cinema, il <b>Bobbio Film Festival</b>. Il film del 2006 era stato realizzato con l'aiuto degli studenti di Farecinema e, cosa non nuova per <b>Bellocchio</b>, mettendo in scena diversi componenti della famiglia del regista che si prestano qui in qualità di attori.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQgRs5v3FQLmO9rW0W_peqc0JKFiaCYm8-ORrKbMa3jbJXl4KWTej7BeF58OyKr2b5PFG6_Yer-0wsPlIUDZYof9fQkuZn0Xq5zxPX1Yqb1dLzyof9ife0-swgAf8YhK6NvbyZ8wgzVCTNjEkWByhAnXQokg5o0TU4baRcvVv50xlWm5K7mWMlpEqg0pxg/s2004/Sorelle%20mai%202.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="2004" height="120" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQgRs5v3FQLmO9rW0W_peqc0JKFiaCYm8-ORrKbMa3jbJXl4KWTej7BeF58OyKr2b5PFG6_Yer-0wsPlIUDZYof9fQkuZn0Xq5zxPX1Yqb1dLzyof9ife0-swgAf8YhK6NvbyZ8wgzVCTNjEkWByhAnXQokg5o0TU4baRcvVv50xlWm5K7mWMlpEqg0pxg/w400-h120/Sorelle%20mai%202.jpg" width="400" /></a></div><p>A Bobbio, nella casa di famiglia, zia <b>Mariuccia </b>(<i>Maria Luisa Bellocchio</i>) e zia <b>Letizia </b>(<i>Letizia Bellocchio</i>) badano alla piccola pronipote <b>Elena</b> (<i>Elena Bellocchio</i>). La bambina è figlia di <b>Sara </b>(<i>Donatella Finocchiaro</i>), nipote delle due anziane signore, una giovane madre che nonostante i ripetuti insuccessi non riesce ad abbandonare il sogno di fare l'attrice, cosa che la porta a dover stare a Milano in una situazione molto precaria che non le consente di crescere in prima persona sua figlia, bambina che ama moltissimo e che torna a trovare al paese ogni qualvolta se ne presenti l'occasione. Il fratello <b>Giorgio </b>(<i>Piergiorgio Bellocchio</i>) patisce questa situazione convinto che la sorella <b>Sara</b>, alla quale è molto legato, stia trascurando la piccola <b>Elena</b>. Gli averi della famiglia, come i gioielli, la casa, finanche la cappella di famiglia al cimitero, sono curati con serietà e dedizione dall'amico <b>Gianni</b> (<i>Gianni Schicchi Gabrieli</i>), è a lui che <b>Giorgio </b>si rivolgerà quando, fidanzato con una creatrice di gioielli, avrà desiderio di aprire una sua attività orafa; finirà per fare l'attore. Nel frattempo gli anni passano, <b>Elena </b>cresce, le cose si muovono, ma l'attrazione verso Bobbio, verso quella provincia all'apparenza ferma e immutabile continua a farsi sentire, soprattutto per <b>Giorgio </b>che sente la sua vita girare a vuoto.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbe8dB9oOlwB4GebS641kUp9g-ZHSJcL6_rERYRHtoAuTlRtZaVo5UyOvqWZ4mKRYIo6ou7ScOgVs5cZ8GzNeXgmkeun2BugmQDVDdl6ocB8J5zB3mivFAqz1xF7kdxKLPRp2JX7qCrukjRfCqAoADIhsMmXccIqmmPilSymRWvly3mS79pXbyMgK41Klw/s1200/Sorelle%20mai%203.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="682" data-original-width="1200" height="182" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbe8dB9oOlwB4GebS641kUp9g-ZHSJcL6_rERYRHtoAuTlRtZaVo5UyOvqWZ4mKRYIo6ou7ScOgVs5cZ8GzNeXgmkeun2BugmQDVDdl6ocB8J5zB3mivFAqz1xF7kdxKLPRp2JX7qCrukjRfCqAoADIhsMmXccIqmmPilSymRWvly3mS79pXbyMgK41Klw/s320/Sorelle%20mai%203.jpg" width="320" /></a></div><p>Per <i>Sorelle mai</i> <b>Bellocchio </b>torna a Bobbio a girare nella casa del suo esordio, il più duro e problematico <i>I pugni in tasca</i> datato 1965, qui riprende dinamiche familiari non semplici seppur meno tragiche di quelle narrate nel suo primo film. Sei spezzoni girati in anni diversi lungo i quali si possono ammirare la maturazione dei personaggi e degli attori, soprattutto quella della piccola <b>Elena Bellocchio</b> diventata pian piano giovane adolescente. Oltre ai problemi che, piccoli e grandi, affliggono la serenità di molte famiglie, tra i quali desideri infranti, lontananze, immaturità, delusioni, guai economici, <b>Bellocchio </b>(e collaboratori) pone sotto la lente un'inspiegabile attrazione verso le proprie radici, verso le origini che richiamano forte anche quando la vita sembra volersi e doversi sviluppare altrove, lontano da Bobbio, dalla zona di Piacenza, lontano dall'Emilia. È una narrazione piana quella che si trova in <i>Sorelle mai</i> eppure mai noiosa, le vicende della famiglia si dipanano con un ritmo naturale ben ripreso in video dalla naturalezza delle immagini, mai laccate o troppo rielaborate, ci sono diversi passaggi dall'effetto un poco sfocato o sgranato, con un equilibrio precario nell'illuminazione, elementi che donano una patina di veridicità a un film che si accosta più alla vita che al cinema. Senza grandi uscite a effetto <b>Bellocchio</b> imbastisce un altro valido tassello di una filmografia eclettica capace di dirci qualcosa andando a pescare da materiale il più disparato tra quello a disposizione nel bagaglio di un regista colto e capace, cosa deducibile anche da opere come queste magari considerate minori nel corpo d'opera di uno dei maestri del cinema italiano contemporaneo.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJ-22djuIqscAFjQ8pJ4j2SIOwdosYDzokahANIERhGegoHkLv4vOzDBhahCa5Iq47YHDnADRd0pE3AtcdP6g6eNpJ3k99dch2WdHng_YQve6WmQ0SzPtyiwFp4B9j2dwwQ3fjfq7wvxq16TVkIJ1v4ixXqEp-QGXmMgCRKMtZOrChVFX4TO3tvBBpjxTi/s540/Sorelle%20mai%204.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="304" data-original-width="540" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJ-22djuIqscAFjQ8pJ4j2SIOwdosYDzokahANIERhGegoHkLv4vOzDBhahCa5Iq47YHDnADRd0pE3AtcdP6g6eNpJ3k99dch2WdHng_YQve6WmQ0SzPtyiwFp4B9j2dwwQ3fjfq7wvxq16TVkIJ1v4ixXqEp-QGXmMgCRKMtZOrChVFX4TO3tvBBpjxTi/w400-h225/Sorelle%20mai%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-86129467312445566082024-02-12T21:49:00.007+01:002024-02-22T22:45:13.095+01:00LOKI - STAGIONE 2<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjTqCqeoxEJTlEWwGXDjnpOzjr4iYL0EGDAay_5zvaxVgdESBdfA_wBtt4XADK3LVYpYnbS6rKogoqeCRtslAfDo1ECSDs7H-LsQa0t9OxaSr8sKWvrZgtx6bEEpa_Ac2XkS3Y3zDKndaLM6HbT9buMh0qjuI67ytGuF8_bUBlVWY1BfQITbpIExh_jPjv/s1350/Loki%202.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1350" data-original-width="1080" height="470" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjTqCqeoxEJTlEWwGXDjnpOzjr4iYL0EGDAay_5zvaxVgdESBdfA_wBtt4XADK3LVYpYnbS6rKogoqeCRtslAfDo1ECSDs7H-LsQa0t9OxaSr8sKWvrZgtx6bEEpa_Ac2XkS3Y3zDKndaLM6HbT9buMh0qjuI67ytGuF8_bUBlVWY1BfQITbpIExh_jPjv/w376-h470/Loki%202.jpg" width="376" /></a></div>Dopo lo sperpero di idee sulla carta potenzialmente buone messo in atto con <i>Secret Invasion</i>, a distanza di qualche mese la sezione televisiva del <b>Marvel Cinematic Universe</b> prova a risalire la china con questa seconda stagione dedicata al <b>Loki </b>interpretato dall'attore inglese <b>Tom Hiddleston</b>. Prima di addentrarci nel racconto di ciò che si è potuto ammirare in questa seconda annata tengo a precisare che arrivo da un ricordo non troppo lusinghiero di una prima stagione che non mi aveva entusiasmato pur mostrando qua e là alcuni elementi di interesse (opinione personale, ovvio). Ci eravamo lasciati con l'arrivo di <b>Colui che rimane</b> (<i>Jonathan Majors</i>) e con l'espansione del multiverso, concetto di difficile gestione, frammentatosi in un'infinità di linee temporali alternative in seguito agli eventi messi in moto da <b>Sylvie</b> (<i>Sophia Di Martino</i>) in chiusura di prima stagione. Per porre rimedio ad alcune disastrose conseguenze poste in essere dalle azioni di <b>Sylvie</b> (una delle tante versioni alternative di <b>Loki </b>stesso), tra le quali figura anche il rischio di distruzione completa della stessa<b> TVA </b>(<i>Time Variance Authority</i>), <b>Loki </b>dovrà convincere <b>Mobius</b> (<i>Owen Wilson</i>) e gli altri alleati su cui può contare all'interno dell'agenzia dell'urgenza di fermare <b>Sylvie</b> e ripristinare così la stabilità del telaio temporale che garantisce alle realtà alternative di non collassare una sull'altra. Prima di fare questo <b>Loki </b>dovrà trovare il modo di stabilizzare la sua condizione fisica, a inizio stagione infatti troviamo un protagonista affetto da un'involontaria disgregazione che lo porta a saltare da un tempo all'altro e da un luogo all'altro senza nessun controllo. Per portare a termine le varie missioni necessarie a impedire il caos più totale i protagonisti già noti (<b>Loki</b>, <b>Mobius</b>, <b>B-15</b>, <b>Casey</b>) potranno contare sull'esperto della linea temporale <b>Ouroboros</b> detto <b>O.B.</b> (<i>Ke Huy Quan</i>) e su una versione proveniente dall'epoca vittoriana dello stesso <b>Colui che rimane</b>, l'inventore <b>Victor Timely</b> (sempre <i>Jonathan Majors</i>).<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg706h4vqSJ0_Pt1AnYi0Z692-TQuPvB2YposUkN2KRiiC-2xU4ENU1T56sK-WI_d8GmcyfCGnn2L1eD3JuLHGttfm5ui-o8I8QZ_-o-gUlqrRgn8xmiUPSWvIrK8Y7uXwP8q8jrl8owJqVC9CH7bs5j81yqnAlFkozzA-NNLmGLDDANYX9mQtqr0hYkkVi/s1280/Loki%202b.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg706h4vqSJ0_Pt1AnYi0Z692-TQuPvB2YposUkN2KRiiC-2xU4ENU1T56sK-WI_d8GmcyfCGnn2L1eD3JuLHGttfm5ui-o8I8QZ_-o-gUlqrRgn8xmiUPSWvIrK8Y7uXwP8q8jrl8owJqVC9CH7bs5j81yqnAlFkozzA-NNLmGLDDANYX9mQtqr0hYkkVi/w400-h225/Loki%202b.jpg" width="400" /></a></div><p>Detta così sembra un gran casino, è questo il rischio più grande dell'andare a impelagarsi con la gestione di un multiverso che forse è in parte il motivo per cui diverse opere recenti del <b>Marvel Cinematic Universe</b> hanno fatto storcere più di un naso. In realtà (sempre parere personale) questa seconda stagione di <i>Loki </i>si dimostra tutto sommato abbastanza semplice da seguire e anche meglio riuscita della precedente, forse meno sperimentale o innovativa ma più concreta e centrata andando a lavorare bene sulla coralità dei personaggi (non in egual misura su tutti) e donando un percorso coerente di redenzione al protagonista che forse potrebbe trovare qui la sua ultima partecipazione all'interno del <b>MCU</b> (pare che <b>Hiddleston </b>voglia dedicarsi ad altro). Il rimpianto maggiore si può ricondurre alla scelta in casa <b>Marvel </b>di abbandonare le caratteristiche di base del personaggio classico, il "dio dell'inganno" è ormai divenuto un bravo ragazzo intento a salvare il futuro di tutti quanti con una propensione all'eroismo propria (forse) di qualche incarnazione cartacea più moderna di <b>Loki</b>. Per il resto, al netto di qualche passaggio a vuoto, questa seconda stagione risulta sempre godibile, per <b>Majors </b>si trova uno spazio più ampio nel quale l'attore può gigioneggiare con la dovuta maestria e affiancare il talento <b>Hiddleston </b>che si conferma un <b>Loki </b>tagliato a misura; viste le recenti vicissitudini legali che hanno coinvolto <b>Majors </b>è però probabile che non rivedremo a breve il personaggio di <b>Kang </b>(o <b>Colui che rimane</b> o <b>Victor Timely</b>) o quantomeno non lo rivedremo con lo stesso volto. Indovinato l'inserimento del personaggio di <b>O.B. </b>interpretato da <i>Ke Huy Quan</i>, l'attore vietnamita può finalmente dedicarsi seriamente alla costruzione di "tracobetti" utili a salvare la giornata come desiderava fare fin dai tempi dei <i>Goonies</i>, inoltre il nome del suo personaggio, <b>Ouroboros</b>, è emblematico di tutta la questione temporale dipanatasi nell'arco delle sei puntate e che si spera vada a chiudersi con la quadratura del cerchio (l'<i>Oroboro</i> è il serpente che si mangia la coda, simbolo di circolarità). Visivamente ben realizzata, la stagione sfoggia un'estetica in bilico tra retrò e fantascienza molto azzeccata con sfoggio di alcune trovate esteticamente davvero funzionali, i fan dei fumetti di <b>Thor </b>non potranno non apprezzare il nuovo status quo pensato per <b>Loki </b>con la simbologia realizzata nelle ultime sequenze della stagione.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLXge-GXc1gtdDJfxYO5eA0VP6dGvaq3cLP4AKbC43CnKoVaX23J04yMrmyPH3ho1HYaHZ2d4_FI4NiB9RTDQeWBDJEwrXAauhGn4npznbrZh344L2Qo8-xgrN7MStIckMrrQiNoR6apnnNqOldf27P4dO1YSL1UELvAbEvjyaeD0xUlhCvxy6hnp6G995/s1280/Loki2c.webp" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLXge-GXc1gtdDJfxYO5eA0VP6dGvaq3cLP4AKbC43CnKoVaX23J04yMrmyPH3ho1HYaHZ2d4_FI4NiB9RTDQeWBDJEwrXAauhGn4npznbrZh344L2Qo8-xgrN7MStIckMrrQiNoR6apnnNqOldf27P4dO1YSL1UELvAbEvjyaeD0xUlhCvxy6hnp6G995/w400-h225/Loki2c.webp" width="400" /></a></div><p>Stagione quindi più che godibile fermo restando la necessità di non stare a far le pulci su ogni minimo passaggio: il multiverso è il caos e le soluzioni trovate dalla <b>TVA</b> per non mandare l'esistenza di tutti in vacca sono piuttosto fantasiose, i superpignoli potrebbero anche trovar qualcosa che potrebbe non collimare nello sviluppo di questo caos, siamo pur sempre nei confini del fantastico e se si prende la serie per l'intrattenimento che è questa alla fine riesce a risultare tutto sommato ben costruita e abbastanza divertente. Si è lavorato bene su qualche personaggio (<b>Loki</b>, <b>Mobius</b>), un po' meno su altri poco sfruttati (<b>Renslayer </b>ad esempio), qualche momento di stanca c'è ma ci si risolleva con un bellissimo finale che in effetti potrebbe chiudere in maniera perfetta il ciclo di <b>Loki </b>all'interno del <b>Marvel Cinematic Universe</b>, se rivedremo il personaggio solo il futuro potrà dircelo. O forse il passato. O forse una linea temporale alternativa. O forse...</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRTOPbYdBYffQ4c5nLBjjexFc-QN6ptMYhX3R8QvzoSWY9RdOmUIfDEjgBlXFAce-KVpsRX15n3vYnWuWtfBtT5CiHhDPPMdUD3UBJs3Ol4JULYkD33Tdmnb8DdoUO-VXrH3fuhApfsa-CIpDh1A9xQDbIGCj4bOceH_fMMuZEI1NOw66VhVUX9poH4PM2/s670/Loki%202d.webp" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="377" data-original-width="670" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRTOPbYdBYffQ4c5nLBjjexFc-QN6ptMYhX3R8QvzoSWY9RdOmUIfDEjgBlXFAce-KVpsRX15n3vYnWuWtfBtT5CiHhDPPMdUD3UBJs3Ol4JULYkD33Tdmnb8DdoUO-VXrH3fuhApfsa-CIpDh1A9xQDbIGCj4bOceH_fMMuZEI1NOw66VhVUX9poH4PM2/w400-h225/Loki%202d.webp" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-38793052411656885642024-02-06T00:26:00.000+01:002024-02-06T00:26:04.302+01:00LIBERTÀ<p>(<i>Freedom </i>di Jonathan Franzen, 2010)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3tsW56CMfJCdyLynd93DVodWsHg646J24QTWy3zIFOYEXzQAUiLenZsLYxKswfm_3b1xGjd6pnDgpQ2Np-tHvk-W_vS83pUQ9jFNgcQeSfIpqB65PUwD2_vPB5WdOt1RLGEInHM7CYlR6E7EJvHFI7UkBMDjgG6hF6obdawibIeQ45x9pKUkgepw8oCTr/s833/Libert%C3%A0.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="833" data-original-width="536" height="535" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3tsW56CMfJCdyLynd93DVodWsHg646J24QTWy3zIFOYEXzQAUiLenZsLYxKswfm_3b1xGjd6pnDgpQ2Np-tHvk-W_vS83pUQ9jFNgcQeSfIpqB65PUwD2_vPB5WdOt1RLGEInHM7CYlR6E7EJvHFI7UkBMDjgG6hF6obdawibIeQ45x9pKUkgepw8oCTr/w345-h535/Libert%C3%A0.jpg" width="345" /></a></div><i>Libertà </i>all'interno della bibliografia di <b>Jonathan Franzen</b> segue l'osannato <i>Le correzioni</i> (vincitore del <i>National Book Award</i>) e giunge alla pubblicazione ben otto anni dopo il precedente romanzo; nel tempo intercorso tra le due uscite <b>Franzen </b>si è dedicato alla stesura di qualche racconto e alla scrittura di un libro di memorie uscito nel 2006 (<i>Zona disagio</i>). L'attesa è stata lunga ma di certo ne è valsa la pena, i lettori che hanno imparato ad amare lo scrittore statunitense grazie alle vicende private della famiglia <b>Lambert </b>narrate ne <i>Le correzioni</i> non faranno difficoltà a innamorarsi anche di questo <i>Libertà</i>, romanzo nel quale <b>Franzen </b>torna ancora una volta su dinamiche familiari immerse nella contemporaneità del momento e calate nella realtà statunitense dei nostri anni, dando così in pasto al lettore sì un ottimo romanzo familiare ma anche un resoconto tra le righe dello "stato dell'Unione" e di quello dei suoi appartenenti. La connessione tra vicende private e vita pubblica, nello specifico anche politica, si evince in maniera forte in un possibile parallelo tra i due romanzi: ne <i>Le correzioni</i> l'ultimogenito dei <b>Lambert</b>, <b>Chip</b>, figura in parte problematica e inconcludente, trova a un certo punto la sua strada al seguito di un alto papavero lituano che lo porterà nel suo Paese per mettere a punto un affare poco pulito con il quale ingannare investitori statunitensi e accumulare soldi nel giro di pochissimo tempo nascondendosi dietro un'ufficialità solo all'apparenza rispettabile. Anche il trampolino di lancio di <b>Joey</b>, figlio maschio dei <b>Berglund</b>, la famiglia protagonista di <i>Libertà</i>, si muove in bilico tra politica, finanza sporca e territori di guerra, con un traffico di forniture militari difettate, anche qui una potenziale scorciatoia per arrivare al soldo facile e veloce. È proprio questo incastro naturale e perfetto tra il microcosmo familiare e le macro situazioni che rispecchiano l'andamento di un Paese e di un epoca a rendere i romanzi di <b>Franzen </b>(almeno questi due) così riusciti e imprescindibili per un amante della buona letteratura, senza tralasciare il fatto che quando l'autore si addentra nelle pieghe dei rapporti interpersonali, tra parenti, tra amanti, tra genitori e figli, tra amici, riesce sempre a delineare dinamiche di grandissimo interesse con una profondità mai banale e non così facile da trovare in giro.<p></p><p><i>Libertà </i>è uno di quei romanzi per i quali si soffre una volta girata l'ultima pagina; questa può sembrare un'affermazione un po' retorica e anche un poco scontata ma abbandonare <b>Walter</b>, <b>Patty</b>, <b>Richard</b>, <b>Joey</b>, <b>Connie</b>, <b>Lalitha </b>e gli altri, dopo un viaggio di più di seicento pagine, dispiace un poco. Il livello di dettaglio con il quale <b>Franzen </b>tratteggia i suoi protagonisti li rende tutti quanti vivi e rotondi e la discesa tra le pieghe dei sentimenti che questi provano l'uno per l'altro, in un senso o nell'altro, è la dimostrazione della caratura di un autore di altissimo livello capace di cogliere sfumature e dinamiche così intime e personali che sembrerebbe quasi impossibile tradurle al meglio in parole per poi poterle riversare sulla pagina bianca. <b>Franzen </b>ce la fa, questo talento insieme alla capacità dello scrittore dell'Illinois di costruire un quadro d'insieme sentito, partecipato e allo stesso tempo dotato di grande lucidità, ne fa un narratore perfetto per ergersi a cantore tanto dell'animo umano quanto dell'ambiente in cui questo si trova a coltivarsi, a crescere, a prosperare o a deperire, un po' come può accadere all'ambiente, pallino verde di <b>Walter</b>, che può essere influenzato in positivo o in negativo a seconda dei comportamenti di chi gli vive sopra e intorno. Le interconnessioni fanno gli uomini e le donne, i rapporti con padri e madri lasciano segni indelebili che veicolano, a volte pregiudicano, l'intero andamento di vite all'interno delle quali trovare la via personale, se si è fortunati quella giusta, diventa spesso un'impresa tutt'altro che semplice. C'è in <i>Libertà </i>una ricchezza di rapporti complessi che trasuda vita da ogni pagina, certo, c'è anche qualche passaggio più dispersivo qua e là, soprattutto nel momento in cui <b>Walter </b>e <b>Lalitha </b>si addentrano nella missione <i>green </i>di salvaguardia nei confronti della <i>dendroica cerulea</i>, uccellino passeriforme che vive nelle foreste decidue del Nord America orientale, <b>Franzen </b>è meticoloso in tutte le sue descrizioni, non solo quelle sociali o dell'animo ma anche in quelle ecologiche, indubbiamente per molti di più difficile digestione.</p><p>C'è in <b>Franzen </b>una meravigliosa capacità di esprimersi, di tirar fuori le cose, di raccontare uomini, di raccontare donne, di raccontare genitori, figli, stati d'animo, ansie, paure, senso del dovere, amore per ciò che è giusto, tentativi di distacco, fedeltà e tradimenti, amicizia e rancore, desiderio, amore, fastidio e tutto ciò che ancora rimane, alla fine è quasi impossibile non innamorarsi di uno che scrive così e dei suoi romanzi.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYoCD2RGuZpkhelbw8RtmBJ4pyMsBEoV59Fw7T2icK0w-casq7WZnDYmbfo4sMdMzs1OCNIBEvY0Jj9vP3fUs2ALsElDjKzhkt5zwRQFYsPBoFxXbYzgRxxqTXx_2WZgxgRiLqLk1uBIgvGCCStf8YUSr3kic4nQ-KCMd5BGVNtrtXzTORGbdDyal1Qjzv/s640/Jonathan%20Franzen%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="275" data-original-width="640" height="173" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYoCD2RGuZpkhelbw8RtmBJ4pyMsBEoV59Fw7T2icK0w-casq7WZnDYmbfo4sMdMzs1OCNIBEvY0Jj9vP3fUs2ALsElDjKzhkt5zwRQFYsPBoFxXbYzgRxxqTXx_2WZgxgRiLqLk1uBIgvGCCStf8YUSr3kic4nQ-KCMd5BGVNtrtXzTORGbdDyal1Qjzv/w400-h173/Jonathan%20Franzen%202.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-45928145017528416232024-02-03T17:03:00.001+01:002024-02-03T17:03:52.006+01:00THE GUITAR MONGOLOID<p>(<i>Gitarrmongot</i> di Ruben Östlund, 2004)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpqJLk54PlgrRxtEGsWvk1TcG9XWCUEHpE-rzRPgLsG8pzRh8bW7eYmtP2PXAgj0lN22c3a2ugeorTXJuS0A88Y_hqaK700YPH-iOxVSK927MqQG5LYbyES65QUBJLE_yVJ7OPhgz0ZM3ftMYxPNuJt4bQDbB8Zms5NwMmDI1R7ySxKkko1EpjHXobDHgX/s720/The%20guitar%20mongoloid.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="508" height="497" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpqJLk54PlgrRxtEGsWvk1TcG9XWCUEHpE-rzRPgLsG8pzRh8bW7eYmtP2PXAgj0lN22c3a2ugeorTXJuS0A88Y_hqaK700YPH-iOxVSK927MqQG5LYbyES65QUBJLE_yVJ7OPhgz0ZM3ftMYxPNuJt4bQDbB8Zms5NwMmDI1R7ySxKkko1EpjHXobDHgX/w352-h497/The%20guitar%20mongoloid.jpg" width="352" /></a></div>Torniamo a stretto giro al cinema scandinavo dopo aver da poco parlato dell'ottimo <i>Sick of myself</i> del norvegese <b>Kristoffer Borgli</b>; questa volta ci spostiamo in Svezia per occuparci del film d'esordio dell'oggi molto apprezzato <b>Ruben Östlund</b>, regista originario di Göteborg e che ambienta questo suo primo lungometraggio nella fittizia Jöteborg, versione alternativa della sua città natale. Le reazioni a questo <i>The guitar mongoloid</i> sono state da subito contrastanti, la fama del regista e l'apprezzamento che molta critica oggi gli tributa è arrivato solo col tempo grazie soprattutto alle opere successive siglate dal regista svedese, a oggi sullo scaffale della cameretta di <b>Östlund </b>brillano già due <b>Palme d'Oro</b> (<i>The square</i> e <i>Triangle of sadness</i>), un premio della giuria nella sezione <i>Un Certain Regard</i> di Cannes (<i>Forza maggiore</i>) e un <b>David di Donatello</b> (<i>The Square</i>). Anche per questo <i>The guitar mongoloid</i>, sul quale la critica si è mostrata più divisa, è comunque valso al regista qualche riconoscimento come ad esempio il premio <b>FIPRESCI </b>al Festival di Mosca del 2005. Esordio non semplice e anti narrativo questo <i>The guitar mongoloid</i> che può essere visto come un collage di suggestioni atipiche e laterali che compongono una sinfonia storta di una cittadina abitata da gente che adotta comportamenti strani e gente "normale" che sembra non accorgersi o non curarsi degli appartenenti alla prima categoria.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjb7aX_eztI_NB_Z0vJkTZEEMUZu0M7GdjvTETeDB7Wn_QarHi5QPCDNIGdYx6i7nTq_-J7KA-o5P_pPj0P-LbkeXp0yxXpiuCAI9vG9XpF1SvEbvYE_yDep1wqDXOMYX-V_zQ3u86X1WcAAnJIKoSYKfR8L99oDMzQqkrVCkfgtgAz6l-N49sYO7kmIhzE/s856/The%20guitar%20mongoloid%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="482" data-original-width="856" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjb7aX_eztI_NB_Z0vJkTZEEMUZu0M7GdjvTETeDB7Wn_QarHi5QPCDNIGdYx6i7nTq_-J7KA-o5P_pPj0P-LbkeXp0yxXpiuCAI9vG9XpF1SvEbvYE_yDep1wqDXOMYX-V_zQ3u86X1WcAAnJIKoSYKfR8L99oDMzQqkrVCkfgtgAz6l-N49sYO7kmIhzE/w400-h225/The%20guitar%20mongoloid%202.jpg" width="400" /></a></div><p>Il film inizia con una serie di immagini televisive che pian piano si sfocano, presentano disturbi, sul tetto di un condominio un ragazzino si diverte a cambiare l'orientamento di tutte le parabole impedendo la ricezione del segnale ai condomini, un comportamento reiterato di disturbo assolutamente immotivato. Seppur ripreso da lontano il fatto che il ragazzo porti una camicia a scacchi rossi e neri e che porti sulle spalle la custodia di una chitarra lascia presupporre che lo spettatore si trovi di fronte alle prime imprese del "guitar mongoloid" a cui il titolo fa riferimento e che troveremo più volte nel corso del film. Stacco, si passa a una signora affetta apparentemente da qualche disturbo comportamentale che in maniera ossessiva continua a girare una chiave nella toppa della porta di casa affermando più e più volte "questa è l'ultima volta". Il film procede poi di questo passo con stacchi continui su personaggi diversi: due idioti un po' brilli in uno scantinato passano il tempo... beh, facendo gli idioti. Un gruppo di giovani ragazzi si prodigano nel trovare nuovi modi per accanirsi sulle biciclette che capitano loro a tiro vandalizzandole. Il chitarrista di cui sopra intrattiene uno strano rapporto con quello che sembra a tutti gli effetti essere per lui una sorta di figura paterna, altrettanto fulminata quanto lui. Tre ragazzi tentano una roulette russa casalinga con esiti per fortuna non sanguinosi. Episodi con questi e con altri protagonisti si alternano e costruiscono l'ossatura di questo <i>The guitar mongoloid</i>.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAi2PtQv0bQtZrb3006ZbtKfN7InhozHgDXFCYWK8VT2XLWV3FDpczT46uou9NQLkTK3hW7JDG5rFxhBNMTMMmH_1SN6kCdC616bm3Zj_6eWnSiyI85VABMznL0EOixoPKPbNZg_50MMBTDQdpEzU6Hg6vSswvrZvHpLhmlMdY0ieukdUs6bPWGrYntUqg/s500/The%20guitar%20mongoloid%203.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="364" data-original-width="500" height="291" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAi2PtQv0bQtZrb3006ZbtKfN7InhozHgDXFCYWK8VT2XLWV3FDpczT46uou9NQLkTK3hW7JDG5rFxhBNMTMMmH_1SN6kCdC616bm3Zj_6eWnSiyI85VABMznL0EOixoPKPbNZg_50MMBTDQdpEzU6Hg6vSswvrZvHpLhmlMdY0ieukdUs6bPWGrYntUqg/w400-h291/The%20guitar%20mongoloid%203.jpg" width="400" /></a></div><p>Guardando <i>The guitar mongoloid</i> mi è venuto alla mente il <i>Trash humpers</i> di <b>Harmony Korine</b>, film dalla struttura simile (ma non uguale) che comunque non può esser stato riferimento per <b>Östlund</b> in quanto successivo a questo. C'è da dire che la differenza tra le due pellicole risiede nel fatto che <b>Östlund</b> quanto meno qui non cerca di provocare o disturbare lo spettatore, almeno questa è stata la mia percezione, in alcune sequenze il regista riesce anche a farci sorridere, caratteristiche queste che mi hanno fatto preferire <i>The guitar mongoloid</i> a <i>Trash humpers</i>. Nel complesso tutto ciò non è sufficiente per poter consigliare la visione di un film molto slegato che nelle intenzioni, forse, questo è molto difficile da affermare con certezza, vuole mostrarci il degrado e la mancanza di prospettive di una parte di cittadinanza in una fittizia città svedese, o forse l'indifferenza verso queste persone da parte della restante fetta di popolazione che qui assume una funzione del tutto spettatoriale. Detto questo e prendendo per buona la volontà del regista nel trasmetterci qualcosa, non rimane poi molto di interessante nella costruzione del film. Mezzi poveri, camera quasi sempre fissa, nessuna sceneggiatura di stampo narrativo, qualche momento un po' più apprezzabile e una bella sequenza finale perfettamente riuscita con un minimo sforzo. <i>The guitar mongoloid</i> presenta un quadro al quale non viene affibbiato un giudizio, una visione straniante di una società altra in un film indipendente consigliato solo agli appassionati di questo tipo di cinema. Per gli altri la noia potrebbe sopraggiungere dopo poche sequenze.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmnvSSGbvgQIEjhqjfAaFGp5NEQuVVftaYh6cxenI_t8DC9bnmaDctfk-aspV6C855r5gSvvhGQ1CpqFe_iPCich6UpSuYw8yLzOhS7ab3uaEV01GRSSMHCtu8oy2znzaNeO7FFAWVjAy2aG5in3_1qwPHS0C5j2Or46Rj0DBMcH3x0S563ud_mxsMRD3q/s528/The%20guitar%20mongoloid%204.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="384" data-original-width="528" height="291" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmnvSSGbvgQIEjhqjfAaFGp5NEQuVVftaYh6cxenI_t8DC9bnmaDctfk-aspV6C855r5gSvvhGQ1CpqFe_iPCich6UpSuYw8yLzOhS7ab3uaEV01GRSSMHCtu8oy2znzaNeO7FFAWVjAy2aG5in3_1qwPHS0C5j2Or46Rj0DBMcH3x0S563ud_mxsMRD3q/w400-h291/The%20guitar%20mongoloid%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-14196259453537449892024-01-31T21:57:00.005+01:002024-01-31T21:57:45.443+01:00KILLERS OF THE FLOWER MOON<p>(di Martin Scorsese, 2023)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgorwh_cOpbkFZTzUvxvsmCG5UPuhb-TKuDyalCZsb4vqG9nsJ1jc9AvPamYHsPl_Hj27x91aDDREB_tA7mZd0OhG4xV3Oa_GrUFpN8mQQNANG5miLcP9ePMtWRQUr53HEfwuO7q27d89LWOiTOeND2WIGCAZgpR54BMpxA2Floj0kbV_ufmzvjejaxKMxw/s525/Killers%20of%20the%20flower%20moon.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="525" data-original-width="420" height="461" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgorwh_cOpbkFZTzUvxvsmCG5UPuhb-TKuDyalCZsb4vqG9nsJ1jc9AvPamYHsPl_Hj27x91aDDREB_tA7mZd0OhG4xV3Oa_GrUFpN8mQQNANG5miLcP9ePMtWRQUr53HEfwuO7q27d89LWOiTOeND2WIGCAZgpR54BMpxA2Floj0kbV_ufmzvjejaxKMxw/w369-h461/Killers%20of%20the%20flower%20moon.jpg" width="369" /></a></div>Il cinema ci ha mostrato in più occasioni come le fondamenta degli Stati Uniti d'America e del loro glorioso sistema del capitale siano imbevute di violenza e sangue; lo stesso <b>Scorsese</b> ce ne ha lasciato testimonianza con alcune opere che tornano alla gioventù della nazione (<i>Gangs of New York</i>) e con altre che ne esplorano le derive violente e criminose più moderne (<i>Casinò</i>, <i>Quei bravi ragazzi</i>, <i>Mean streets</i>); <b>Scorsese</b> non è stato di certo l'unico ad affrontare l'argomento, opere monumentali hanno detto la loro a questo riguardo, prendiamone una per tutte come esempio approfittandone per citare ancora una volta il fluviale <i>I cancelli del cielo</i> di <b>Michael Cimino</b>, film incompreso che distrusse la reputazione di un grande regista solo in seguito rivalutata insieme a quella del film. Con <i>Killers of the flower moon</i> <b>Scorsese </b>torna a battere su quel chiodo dando giustizia a un fatto sottaciuto della storia americana e rendendo onore e giusta considerazione alla popolazione Osage dell'Oklahoma che subì da parte dei bianchi una sottile, viscida e premeditata decimazione volta a sottrarre loro il controllo delle loro terre e relative ricchezze aumentate a dismisura dopo la scoperta nel territorio Osage di grandi quantità di petrolio, allora come oggi fonte di sconfinata prosperità. La base di partenza è il saggio dello scrittore <b>David Grann</b> dal titolo <i>Gli assassini della terra rossa</i>, adattato poi dalla sceneggiatura dello stesso regista e di <b>Eric Roth</b>, immancabile l'apporto musicale di <b>Robbie Robertson</b>, collaboratore ormai storico di <b>Scorsese </b>e scomparso purtroppo proprio lo scorso anno.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjR4mksWFFrIlGHnDJcjZwVNDDdqF9BWLQt1bK7MBptcuwwuFp10w48WypUuUYBl5J15ZoLm8sEGEJgvQNiSCanVoJjfMbFLXYuq8ajoCF-g5_iyWJm_Q6FFGzPWNRYvFn4Q4ylek2VLYETszZrBirRUidX22VvWNU6ubdGmF1vOKobBmMcBqfqKUkO_pYg/s1331/Killers%20of%20the%20flower%20moon%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="557" data-original-width="1331" height="168" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjR4mksWFFrIlGHnDJcjZwVNDDdqF9BWLQt1bK7MBptcuwwuFp10w48WypUuUYBl5J15ZoLm8sEGEJgvQNiSCanVoJjfMbFLXYuq8ajoCF-g5_iyWJm_Q6FFGzPWNRYvFn4Q4ylek2VLYETszZrBirRUidX22VvWNU6ubdGmF1vOKobBmMcBqfqKUkO_pYg/w400-h168/Killers%20of%20the%20flower%20moon%202.jpg" width="400" /></a></div><p>A Fairfax in Oklahoma il reduce <b>Ernest Burkhart</b> (<i>Leonardo Di Caprio</i>) torna a casa dopo aver combattuto durante la Prima Guerra Mondiale; il giovane trova ospitalità presso lo zio <b>William Hale</b> (<i>Robert De Niro</i>), uomo molto influente nella zona e, almeno di facciata, amico del popolo Osage. Questi indiani d'America sono i proprietari di molte terre nella zona di Fairfax, terre nelle quali in tempi recenti sono stati scoperti numerosi giacimenti di petrolio che hanno portato gli Osage ad arricchirsi e a provocare le invidie e le mire di molti uomini bianchi. <b>Burkhart </b>inizia a lavorare come autista, le automobili vanno diffondendosi e non sono più così rare nella contea di Osage; grazie al suo lavoro l'uomo conosce <b>Mollie Kyle</b> (<i>Lily Gladstone</i>), una donna Osage appartenente a una famiglia ora molto ricca. Lo zio <b>Hale</b> caldeggia un'unione tra il nipote e <b>Mollie</b>, l'idea che il patrimonio indiano inizi a fluire verso le casse della sua famiglia solletica l'avidità dell'anziano profittatore; dal canto suo <b>Burkhart</b> è un vizioso al quale i soldi non fanno certo schifo, inoltre prova in effetti un'attrazione in qualche modo reale per la donna indiana, così i presupposti per una relazione duratura ci sono tutti. Nel frattempo diversi appartenenti al popolo Osage trovano la morte: strani casi di "consunzione", incidenti, morti violente. La supremazia bianca, qui puramente economica, cerca la sua strada a discapito di un popolo fin troppo ingenuo che dovrà subire l'asservimento al dio denaro dell'avido e subdolo uomo bianco.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLyU3rkPacdORjx2U7PqKTSp7UdQndruq75Dmn8-A_D_HinM1FYGReYh-ki5VB1L-ROQWO10h2XmLDujH0U7KZh_Va9NyLUknMupE6MGcbiC4p-40WpR1dtlwQodCiOW7chzeWC5lUfOHh5ktuua7WROYmIQJUsfwez_XXmxxlFQc0p6OUzJHMyP0PK-SC/s1920/Killers%20of%20the%20flower%20moon%203.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1920" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLyU3rkPacdORjx2U7PqKTSp7UdQndruq75Dmn8-A_D_HinM1FYGReYh-ki5VB1L-ROQWO10h2XmLDujH0U7KZh_Va9NyLUknMupE6MGcbiC4p-40WpR1dtlwQodCiOW7chzeWC5lUfOHh5ktuua7WROYmIQJUsfwez_XXmxxlFQc0p6OUzJHMyP0PK-SC/w400-h225/Killers%20of%20the%20flower%20moon%203.jpg" width="400" /></a></div><p>Se <i>The irishman</i> poteva essere considerato una sorta di tramonto su quell'epica criminale che a più riprese <b>Scorsese </b>aveva portato al cinema (regalandoci tra l'altro dei veri capolavori), <i>Killers of the flower moon</i> potrebbe esserne l'alba o almeno manifestarsi come uno dei tasselli fondativi di un modo di fare e pensare criminale e violento che troverà terreno fertile nella costruzione dei moderni States. La sopraffazione, la violenza, l'avidità, il vizio (del gioco) sono elementi già ben presenti in questo <i>Killers of the flower moon</i> (ambientato prima di molte altre pellicole del Nostro), tutte caratteristiche che porteranno poi l'America e il cinema di <b>Scorsese </b>a essere ciò che oggi ben conosciamo; se i temi sono gli stessi trattati in più opere dal regista newyorkese, quest'ultimo film è però asciugato da quell'epica criminale che ammantava alcuni degli esiti più celebri e riusciti di <b>Scorsese</b>. Il film è denso, antispettacolare, corposo, costruito in maniera studiata e forte scena dopo scena, non ci sono aperture e deviazioni dalla tragedia del possesso a tutti i costi, del "tutto questo deve essere mio, deve essere nostro", la visione per una parte di pubblico potrebbe finanche risultare un poco faticosa (e la durata non aiuta). Ne esce un film di certo più potente che agile, più significativo che brillante, in questo caso il cinema di <b>Scorsese</b> sembra essere pensato "a tema", ci illustra un pezzo di storia poco noto e tramite quello, ancora una volta, ci porta a notare le macchie di sangue che bagnano la sua terra (intesa come Paese), ci ricorda il sacrificio degli innocenti sull'altare del dio denaro e la forza dei prepotenti. Il personaggio interpretato da <b>De Niro</b> è una delle più detestabili incarnazioni di quel "<i>manifest destiny</i>" del quale agli americani è da sempre piaciuto riempirsi la bocca, un concetto traviato e asservito alle logiche del capitale e dell'avidità, <b>Di Caprio</b> rappresenta un tipo di male diverso, vizioso e manipolabile, debole e altrettanto nocivo. Si salvano gli oppressi che trovano in <b>Lily Gladstone</b> un'ottima rappresentante probabilmente lanciata verso l'Oscar. <b>Scorsese </b>mette da parte lo spettacolo, non è più tempo di "divertirsi", forse è ora di cominciare a riflettere.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6Qcvi2bu6KZ9ZIcEv9RCSyT342FPsd50Lf5w-8NAXx_8HJqwXoEmLhDdJD06xY3D1PdQp51fl6Fk3u2StszqeCvL8tlq43cRw9aDM572W451YUTwbcZpeEHytwDFvwkzpoWf4Z3HqTnTjTOaBKVTaOXgQ9xZaDpSjYQlMwlcoIpHMjtD_ie_3SFkA2nEU/s1440/Killers%20of%20the%20flower%20moon%204.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="810" data-original-width="1440" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6Qcvi2bu6KZ9ZIcEv9RCSyT342FPsd50Lf5w-8NAXx_8HJqwXoEmLhDdJD06xY3D1PdQp51fl6Fk3u2StszqeCvL8tlq43cRw9aDM572W451YUTwbcZpeEHytwDFvwkzpoWf4Z3HqTnTjTOaBKVTaOXgQ9xZaDpSjYQlMwlcoIpHMjtD_ie_3SFkA2nEU/w400-h225/Killers%20of%20the%20flower%20moon%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-38364900736807111882024-01-28T16:46:00.001+01:002024-01-31T22:15:30.009+01:00SICK OF MYSELF<p>(<i>Syk pike</i> di Kristoffer Borgli, 2022)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBL5zjw4PLSYWcp85Hb8r-ioz2zVS_3KEbbqEx0CRzEPfaRySiHW3JvzyKjKXU9qDJt_5Nqat2pCo6FdxSJa_lMoCaLrBNr82UM2I_3MPBTHkcgUfFYIAoFg68ooO2x6BxLFWWtJhMxt5_UwwG8PU7ypUEYel5aDCCmCQgYw0DlZ8Zyy4TwzXIlytI6CZt/s636/Sick%20of%20myself.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="636" data-original-width="411" height="526" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBL5zjw4PLSYWcp85Hb8r-ioz2zVS_3KEbbqEx0CRzEPfaRySiHW3JvzyKjKXU9qDJt_5Nqat2pCo6FdxSJa_lMoCaLrBNr82UM2I_3MPBTHkcgUfFYIAoFg68ooO2x6BxLFWWtJhMxt5_UwwG8PU7ypUEYel5aDCCmCQgYw0DlZ8Zyy4TwzXIlytI6CZt/w341-h526/Sick%20of%20myself.jpg" width="341" /></a></div>Del regista norvegese <b>Kristoffer Borgli </b>si è parlato ultimamente a proposito della sua ultima opera, quel <i>Dream Scenario - Hai mai sognato quest'uomo?</i> che vede protagonista l'inossidabile <b>Nicolas Cage</b>, l'uomo del titolo che in maniera inspiegabile inizia a comparire nei sogni di diverse persone. Il nome di <b>Borgli</b> però, nonostante non sia ancora conosciuto alle masse, aveva iniziato già a circolare l'anno precedente proprio grazie a questa sua opera seconda, <i>Sick of myself</i>, presentata nel 2022 sia all'interno della sezione <i>Un Certain Regard</i> del <b>Festival di Cannes</b> sia nella programmazione del <b>Torino Horror Festival</b> dello stesso anno. In realtà <i>Sick of myself</i> non si può considerare un vero e proprio film dell'orrore nonostante presenti alcuni passaggi accostabili al <i>body horror</i>, per il resto la struttura narrativa del film è distante dal genere e assume i contorni di un dramma grottesco con punte anche divertenti (sebbene non ci sia nulla da ridere nel film di <b>Borgli</b>). Sembra essere viva la scena del cinema norvegese che oltre alle opere di <b>Borgli </b>vanta altri nomi di sicuro interesse come <b>Joachim Trier</b> (<i>Oslo, 31. August</i>, <i>Thelma</i>, <i>La persona peggiore del mondo</i>) del quale abbiamo già parlato in un paio di occasioni.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrnhIjQ6zJ2t9iGckUbfOZVJPyVup3efaLxankimnFYU5Zk6XSexbVbLmYpNj6FPCiglELCqhegUYvrlv5PQdP07zRFY-HbwUd7rw6u6RKfouLKSqE_OrEGPQoAnzHI9z6hoXaTA7Egt0k-5y6Q0JMmekgMFPi9zNkrnqy12xfOBQAwA8ONDv-rjeGOUsM/s1500/Sick%20of%20myself2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="832" data-original-width="1500" height="221" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrnhIjQ6zJ2t9iGckUbfOZVJPyVup3efaLxankimnFYU5Zk6XSexbVbLmYpNj6FPCiglELCqhegUYvrlv5PQdP07zRFY-HbwUd7rw6u6RKfouLKSqE_OrEGPQoAnzHI9z6hoXaTA7Egt0k-5y6Q0JMmekgMFPi9zNkrnqy12xfOBQAwA8ONDv-rjeGOUsM/w400-h221/Sick%20of%20myself2.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Thomas </b>(<i>Eirik Sæther</i>) e <b>Signe </b>(<i>Kristine Kujath Thorp</i>) sono una giovane coppia di Oslo, lui artista e creatore d'installazioni moderne ricavate da oggetti che ruba in giro, lei cameriera in un bar del centro. Entrambi i giovani sono narcisisti patologici sempre alla ricerca di attenzioni e desiderosi di porsi al centro della scena in qualsiasi situazione, anche in quelle più assurde come in occasione dei vari furtarelli organizzati da <b>Thomas</b>. <b>Signe </b>si sente già un poco messa da parte da <b>Thomas </b>quando questi si dedica alla sua arte o ne parla con altre persone, la situazione si esaspera quando lui inizia a ricevere attenzioni dalla critica e dalla stampa e ottiene di conseguenza, in una certa misura, riconoscimento, lodi e fama mediatica. <b>Signe </b>non riesce ad accettare questo squilibrio e il fatto di scivolare così in secondo piano durante gli eventi ufficiali legati al lavoro di <b>Thomas </b>o anche solo nelle serate fra amici la fa impazzire; la ragazza inizia così a inventarsi storie di sana pianta o a ingigantire eventi in modo da tornare quantomeno a un livello di attenzione paritario se non addirittura surclassare quella che <b>Thomas </b>ora catalizza con la sua arte. Per ottenere risultati e porsi finalmente sotto i riflettori e al centro della scena <b>Signe </b>non esiterà ad adottare comportamenti pericolosi fino a mettere in gioco in maniera seria la propria salute fisica e mentale (quest'ultima non troppo equilibrata fin da principio), fino ad arrivare ad assumere farmaci pericolosi che le sfigureranno volto e fisico.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjX-qs3kPJNv2Yb9tKgPsdF31MnwzTZKMznBQ_X7esQdCjLkiYOBFpJ8UYoJLioNpn9p042fpn6ljqXv48cXtdmTDh1536PYeiZ1uc9Jp1pUJhfjSYt-TxbLTdA4pWUxY0rdNQhsD-rDncyx1mnOCuEO7oMQuF9z7fruxxv1ToKhIceaPNhaKgOJnYPweLD/s2560/Sick%20of%20myself3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1384" data-original-width="2560" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjX-qs3kPJNv2Yb9tKgPsdF31MnwzTZKMznBQ_X7esQdCjLkiYOBFpJ8UYoJLioNpn9p042fpn6ljqXv48cXtdmTDh1536PYeiZ1uc9Jp1pUJhfjSYt-TxbLTdA4pWUxY0rdNQhsD-rDncyx1mnOCuEO7oMQuF9z7fruxxv1ToKhIceaPNhaKgOJnYPweLD/w400-h216/Sick%20of%20myself3.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Borgli </b>mette in scena uno dei mali patologici che affliggono la società odierna e soprattutto le nuove generazioni, quello legato alla ricerca costante di visibilità e attenzione, ci racconta inoltre una dinamica di relazione dove nessuno dei due componenti la coppia ricerca davvero la felicità dell'altro, entrambi così presi dal loro ego da non vedere altro che la propria "realizzazione" agli occhi del mondo. Se per <b>Thomas</b>, in modo egocentrico e vanesio, questa affermazione la si cerca tramite la propria arte, per <b>Signe</b>, che non possiede nessuna base solida per mettersi in mostra, si opta in prima battuta per l'esagerazione delle proprie imprese (il "salvataggio" della donna morsicata da un cane), in seguito sull'esasperazione di difficoltà inesistenti, unica strada percorribile per <b>Signe </b>che la porterà a rovinarsi con le sue stesse mani, incapace di porre limiti e buon senso di fronte a un desiderio di attenzione irrazionale e assurdo. <b>Borgli </b>gestisce tutto con grande intelligenza non disdegnando di lanciare frecciate a quell'industria mediatica sempre pronta a sfruttare notizie e fenomeni basati sul nulla, sull'assoluto vuoto riempito solo dalla voglia di farsi notare, qui ce n'è sia per i media e i giornali sia per il mondo dell'arte e della moda. Ottimi i due interpreti principali, in particolar modo la <b>Kristine Kujat Thorp</b> che cesella con naturalezza un personaggio odioso e respingente capace allo stesso tempo di attrarci nella vicenda narrata senza mai prestare il fianco a momenti di stanca. La storia di <b>Thomas </b>e (soprattutto) <b>Signe </b>ci viene narrata da <b>Borgli </b>attraverso piccoli salti temporali che ne delineano i momenti salienti, si arriva spesso al grottesco nel comportamento narciso di due persone che rispecchiano una categoria di cui è pieno il mondo. Purtroppo loro sono così sembra dirci <b>Borgli</b>, la società in qualche modo li asseconda, ma noi, a conti fatti, stiamo anche lì a guardarli e ad ascoltarli.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDUqmdGzZpuUFVK5ZoecodXRDtpmMdHPTVwFCBYjfuwKcxdZkktBFdjHTYj60M1c_cir21EzFrM_NyPy_t-96Ar5bmuK20-n5NlcSkBB-oR4ghQuRK5xel0sOpXezvb0Dm8kSoPdoRIkDJPeQolU9LENlbafDFaT8Po0c-_g7AwiNbdsHG1zJk1XCAWPXc/s1500/Sick%20of%20myself4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="811" data-original-width="1500" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDUqmdGzZpuUFVK5ZoecodXRDtpmMdHPTVwFCBYjfuwKcxdZkktBFdjHTYj60M1c_cir21EzFrM_NyPy_t-96Ar5bmuK20-n5NlcSkBB-oR4ghQuRK5xel0sOpXezvb0Dm8kSoPdoRIkDJPeQolU9LENlbafDFaT8Po0c-_g7AwiNbdsHG1zJk1XCAWPXc/w400-h216/Sick%20of%20myself4.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-71521981727774376492024-01-26T00:20:00.004+01:002024-01-26T00:20:52.988+01:00IL PRIGIONIERO DI AMSTERDAM<p>(<i>Foreign correspondent</i> di Alfred Hitchcock, 1940)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyw3HwF_NopsteGUpbEQBsyIzpIdlCVFcmLM_KtYJi2YWd327pSFwbP4AKHBBGZF2MNo1Y62tmjjc5RvKkB1hlzDxO1nxkpRqNm9NK0_qK5dbtB9O1bDBjhZwN-TUrylhb8vFEeB8lhqjv9r0HQAFzswTu-T8EHxQtPspvzq6JjFrZH8No47tDPiAQJ4YG/s1000/Il%20prigioniero%20di%20Amsterdam.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="708" height="529" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyw3HwF_NopsteGUpbEQBsyIzpIdlCVFcmLM_KtYJi2YWd327pSFwbP4AKHBBGZF2MNo1Y62tmjjc5RvKkB1hlzDxO1nxkpRqNm9NK0_qK5dbtB9O1bDBjhZwN-TUrylhb8vFEeB8lhqjv9r0HQAFzswTu-T8EHxQtPspvzq6JjFrZH8No47tDPiAQJ4YG/w376-h529/Il%20prigioniero%20di%20Amsterdam.jpg" width="376" /></a></div>In maniera un po' colpevole si è forse parlato troppo poco del cinema del maestro <b>Alfred Hitchcock</b> da queste parti; le opere del regista inglese sono ovviamente arcinote, sono state proposte nel corso degli anni numerose volte anche dalla tv generalista alla quale, in questo caso, si può sollevare una sola obiezione: quella di aver messo in programma più o meno sempre gli stessi titoli (per carità, tutti capisaldi di gran valore). Nella divulgazione delle opere di <b>Hitchcock</b> al grande pubblico viene in genere trascurato completamente (o quasi) il suo periodo inglese che va dagli esordi nei primi anni 20 fino alla fine del decennio successivo, è infatti nel 1940 con la direzione di <i>Rebecca - La prima moglie</i> che si apre il periodo hollywoodiano del re del mistero. Di tutto ciò che <b>Hitchcock </b>girò in precedenza sono pochi i titoli che si possono trovare negli archivi dei vecchi passaggi televisivi (forse <i>La signora scompare</i> o <i>Il club dei 39</i>). Discorso diverso per i film realizzati dal regista negli U.S.A., i titoli si moltiplicano ma anche qui sono più o meno sempre gli stessi, rinfranca almeno una certa abbondanza: dal <i>Rebecca - La prima moglie</i> già citato il discorso si amplia a <i>Io ti salverò</i>, a<i> Notorius</i>, <i>Il caso Paradine</i>, <i>Nodo alla gola</i>, <i>Io confesso</i>, <i>Il delitto perfetto</i>, <i>La finestra sul cortile</i>, <i>Caccia al ladro</i>, <i>L'uomo che sapeva troppo</i>, <i>La donna che visse due volte</i>, <i>Intrigo internazionale</i>, <i>Psycho</i>, <i>Gli uccelli</i>, <i>Marnie</i>, <i>Il sipario strappato</i>, <i>Frenzy</i>, forse un po' meno visibilità hanno avuto <i>Paura in palcoscenico</i>, <i>La congiura degli innocenti</i>, <i>Complotto di famiglia</i> e <i>Topaz</i>. Nell'elenco si evince come siano più d'una le pietre miliari della storia del cinema firmate da <b>Sir Hitchcock</b>, oggi grazie alle piattaforme è possibile recuperare anche qualcosa che negli anni passati era stato un poco trascurato come questo <i>Il prigioniero di Amsterdam</i>, film comunque appartenente al periodo americano.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOpSh0Ll3vc7Rx75cqtFIKMrrTzl3jBXCqbtUwi2wUhCE2kx8jmg7I5ne-4bexQKWzUna1xPymBXzOJkwEy3GXOcyukUdmGScHWbyvGDcKyTL3O7uE8dXw9cH-slMd6UeBkKsOzlool-anDOxx9Mk5k56mLrfxYTGuVn-_BPJePvFjyqtgmOxg1YpNORxC/s1200/Il%20prigioniero%20di%20Amsterdam%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1200" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOpSh0Ll3vc7Rx75cqtFIKMrrTzl3jBXCqbtUwi2wUhCE2kx8jmg7I5ne-4bexQKWzUna1xPymBXzOJkwEy3GXOcyukUdmGScHWbyvGDcKyTL3O7uE8dXw9cH-slMd6UeBkKsOzlool-anDOxx9Mk5k56mLrfxYTGuVn-_BPJePvFjyqtgmOxg1YpNORxC/w400-h266/Il%20prigioniero%20di%20Amsterdam%202.jpg" width="400" /></a></div><p>Il direttore del <b>New York Morning Globe</b> sta cercando un reporter capace di raccontare i primi venti di guerra provenienti dall'Europa (siamo nel 1939) in maniera più libera e meno ingessata di come stanno facendo al momento i suoi corrispondenti. La soluzione sembra essere l'indisciplinato ma dinamico <b>Johnny Jones</b> (<i>Joel McCrea</i>) pronto a partire per Londra su due piedi. Giunto sul posto <b>Jones </b>prende contatto con un'associazione pacifista nelle persone del presidente <b>Fisher</b> (<i>Herbert Marshall</i>) e di sua figlia <b>Carol </b>(<i>Laraine Day</i>), questi hanno organizzato un incontro in onore di un diplomatico olandese, l'anziano <b>Van Meer</b> (<i>Albert Bassermann</i>) che <b>Jones </b>tenta di intervistare senza molto successo. Trasferitosi ad Amsterdam a caccia dell'intervista di cui sopra <b>Jones</b> assiste all'omicidio del diplomatico, ucciso in pubblico in pieno giorno. Sul luogo ci sono anche i Fisher, insieme a <b>Carol </b>e al collega giornalista<b> Scott Ffolliot</b> (<i>George Sanders</i>) <b>Jones </b>si lancia all'inseguimento dell'assassino venendo trascinato in un'avventura dai risvolti imprevisti e decisamente movimentati.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgg6ovoNzxpxOArgqpKu7gRIItVaw4vHlvz46Z_LnGpFXCzBPHKfW36GpXlCite7EVBnIqZnrQT_EWZPjnieij8qQ4gXwd-EnUzH45BLy8VRMn33b_cOpDYhMjSyJ8ORYhVjx3WyO0qW6tacQQW3k0tbMFEvv-Luhxkw3eeceX_6qbmPH5WNoyojRbAxEGA/s1280/Il%20prigioniero%20di%20Amsterdam%203.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgg6ovoNzxpxOArgqpKu7gRIItVaw4vHlvz46Z_LnGpFXCzBPHKfW36GpXlCite7EVBnIqZnrQT_EWZPjnieij8qQ4gXwd-EnUzH45BLy8VRMn33b_cOpDYhMjSyJ8ORYhVjx3WyO0qW6tacQQW3k0tbMFEvv-Luhxkw3eeceX_6qbmPH5WNoyojRbAxEGA/w400-h225/Il%20prigioniero%20di%20Amsterdam%203.jpg" width="400" /></a></div><p><i>Il prigioniero di Amsterdam</i> rientra in quel novero di film di <b>Hitchcock </b>considerati "minori". Pur presentando la pellicola parecchi punti di interesse, questa catalogazione che potrebbe in parte sminuirne il valore può essere in effetti ricondotta ad almeno due caratteristiche dell'opera stessa: la prima è quella di presentare un cast in ottima forma ma privo di quei nomi di richiamo che spessissimo abbiamo potuto ammirare nel cinema di <b>Hitchcock</b>: se ci limitiamo a pensare ad altre pellicole legate al filone dello spionaggio (o simili, al quale anche questo film appartiene) la presenza di un <b>Paul Newman</b> (<i>Il sipario strappato</i>), di un <b>Cary Grant</b> (<i>Intrigo internazionale</i>) o di uno <b>James Stewart</b> (<i>L'uomo che sapeva troppo</i>) avrebbero di certo innalzato le quotazioni de <i>Il prigioniero di Amsterdam</i>. La seconda caratteristica che potrebbe essere percepita come un difetto è la gestione della tensione che si concentra in alcune riuscitissime sequenze ma che nell'economia complessiva del film si disperde un poco, fermo restando una valore complessivo dell'opera sempre più che sufficiente. Se lo sviluppo degli eventi non è tra i più elettrizzanti tra quelli proposti dal maestro inglese la realizzazione di alcune sequenze è semplicemente magistrale. Pensiamo a esempio alla sequenza all'interno del mulino costruita da <b>Hitchcock </b>giocando sulla verticalità delle inquadrature (sua caratteristica ricorrente), sul dislivello che si viene a creare tra i vari protagonisti e sul rapporto tra suspense e spazi angusti. Tornano altezza e vertigine ("vertigo" in inglese, vorrà pure dire qualcosa) sulla torre della cattedrale, qui la tensione sale e scende proprio come fa l'ascensore che porta i turisti in cima al campanile, la sensazione di pericolo è tangibile, piccolo gioiello la sequenza dell'incidente aereo con un uso dei mezzi tecnici che per il 1940 era cosa d'alta scuola. Propaganda bellica a favore dell'interventismo neanche troppo nascosta a chiudere il tutto. Magari non tra i migliori dieci di <b>Hitchcock</b>, a ogni modo <i>Il prigioniero di Amsterdam</i> non merita l'oblio. Recuperatelo!</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6K1ECLlCIAiGtwXBrBmixDy6sVWgaVwzrfO4DpSo5YItRgs1H8C7i2wJiQgonVTnfFeSxzWQ6pQA5AOWppv65S1kFkEXv2J1U9z74Bk5nYvKvuIYTKbx2ra1ymjXJ4O83SnWP6n6bM93TbTAL69aPmTP6JRZfKAHiMCMJ3GlF_vfzpfF_0UiHJtecQpA4/s759/Il%20prigioniero%20di%20Amsterdam%204.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="571" data-original-width="759" height="301" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6K1ECLlCIAiGtwXBrBmixDy6sVWgaVwzrfO4DpSo5YItRgs1H8C7i2wJiQgonVTnfFeSxzWQ6pQA5AOWppv65S1kFkEXv2J1U9z74Bk5nYvKvuIYTKbx2ra1ymjXJ4O83SnWP6n6bM93TbTAL69aPmTP6JRZfKAHiMCMJ3GlF_vfzpfF_0UiHJtecQpA4/w400-h301/Il%20prigioniero%20di%20Amsterdam%204.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ovviamente c'è anche Hitch!</td></tr></tbody></table>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-19925086163374624242024-01-23T19:14:00.003+01:002024-01-23T19:14:51.465+01:00IT FELT LIKE LOVE<p>(di Eliza Hittman, 2013)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfcGc-gHsHAn07h4VPnvXTLViwqF0PtKSlUAp9V9Zv8Ep3sbvQKjIuQx6Qj3AEYm1vVgYygULffK0MrqBe-V_mM1QnUpuJE39foRlfkyx-VWeddgQrx4a93N_XJxH0kqEve8-ABAHndRqplySLZFDzMdJ1-H8IeCF3ZQuW3y3w7TQAY08Zw0ATOcjhQ3Md/s1500/It%20felt%20like%20love.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1000" height="511" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfcGc-gHsHAn07h4VPnvXTLViwqF0PtKSlUAp9V9Zv8Ep3sbvQKjIuQx6Qj3AEYm1vVgYygULffK0MrqBe-V_mM1QnUpuJE39foRlfkyx-VWeddgQrx4a93N_XJxH0kqEve8-ABAHndRqplySLZFDzMdJ1-H8IeCF3ZQuW3y3w7TQAY08Zw0ATOcjhQ3Md/w340-h511/It%20felt%20like%20love.jpg" width="340" /></a></div><i>It felt like love</i> è il film del 2013 con il quale la regista di Brooklyn <b>Eliza Hittman</b> inizia a farsi conoscere nei giri che contano, primo suo lungometraggio arrivato dopo una serie di corti con i quali la <b>Hittman </b>aveva raccolto già qualche riconoscimento; con <i>It felt like love</i> l'autrice torna al <b>Sundance Film Festival</b>, manifestazione destinata a portarle fortuna, è infatti qui che vince il premio per la regia con il successivo lungometraggio (<i>Beach rats</i>), poi un po' di serialità in televisione e infine il film che ha fatto conoscere la <b>Hittman </b>anche qui da noi e che le è valso sia l'<b>Orso d'argento</b> che il gran premio della giuria al <b>Festival di Berlino</b>: <i>Mai raramente a volte sempre</i>. Il cinema della <b>Hittman </b>è molto vicino agli adolescenti, al loro mondo e alle loro scoperte, <i>It felt like love</i> fin dal titolo coglie i movimenti interiori e gli slanci verso l'esterno di una giovanissima ragazzina alla ricerca della sua sessualità e di una sua identità in un'età di passaggio già di suo spesso molto complicata e qui resa ancor più difficile dalla mancanza di una delle due figure genitoriali di riferimento. Sono temi sui quali la regista tornerà a più riprese e sui quali la <b>Hittman</b> getta una luce e uno sguardo decisamente interessanti, già ben identificabili in questa riuscita opera prima.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgaUVlx6zZ3BBtYcSXd3SbYTr7LOoyav6fgp1TNp5AOpLVTS6IgXv4e9DSmYzpmPOTpuHkcPrZbXs9y41acZwEwqrKpoW4I24wCWqUfU2oCnoNT6IF3IwgpdQhp56O9YJqEirlUgA5ZoWDXxWX2UmtzdtN7XT61okpXWIrEBxWbZuOGBQg1gZSy6glj_IJ/s1200/It%20felt%20like%20love2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="630" data-original-width="1200" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgaUVlx6zZ3BBtYcSXd3SbYTr7LOoyav6fgp1TNp5AOpLVTS6IgXv4e9DSmYzpmPOTpuHkcPrZbXs9y41acZwEwqrKpoW4I24wCWqUfU2oCnoNT6IF3IwgpdQhp56O9YJqEirlUgA5ZoWDXxWX2UmtzdtN7XT61okpXWIrEBxWbZuOGBQg1gZSy6glj_IJ/w400-h210/It%20felt%20like%20love2.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Lila </b>(<i>Gina Piersanti</i>) ha quattordici anni e vive a Brooklyn con suo padre (<i>Kevin Anthony Ryan</i>), la ragazzina è legata alla sua amica <b>Chiara </b>(<i>Giovanna Salimeni</i>), più grande di lei e con la quale frequenta un corso di danza. <b>Lina </b>vede <b>Chiara </b>e i suoi comportamenti come un modello da emulare, l'amica non solo è più grande di lei ma vanta anche un rapporto molto più aperto con la sua sessualità, ha già avuto rapporti con dei ragazzi e frequenta ora il giovane <b>Patrick </b>(<i>Jesse Cordasco</i>), con i due <b>Lina </b>esce spesso trovandosi terzo incomodo nei momenti in cui <b>Chiara </b>e <b>Patrick </b>si lasciano andare a effusioni amorose. <b>Lina </b>così, un po' per desiderio, un po' per sentirsi e farsi vedere più grande e più matura di quel che è in realtà, mente, racconta storie su sue presunte esperienze, cerca di mostrarsi più emancipata di quel che la sua giovane età richiede e consente, un comportamento che potrebbe portare anche a qualche rischio e a un approccio sbagliato con l'altro sesso. Quando sulla spiaggia <b>Lila </b>conosce <b>Sammy </b>(<i>Ronen Rubinstein</i>), anch'egli più grande di lei, tenta di attirare le sue attenzioni andandolo spesso a trovare nella sala giochi dove lavora e frequentando feste e serate con gli amici del ragazzo. I desideri e l'approccio all'altro sesso tra maschi e femmine (non si può ancora parlare di uomini e donne) sono però parecchio differenti.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdkMYJi97xx36-7Nb22g3Y-JHCE7lReGoY6nl60KLM0KuYaG7zN0s99iJYBAgwWFhnu96JhCkmBO_prbHXWY5pn0jVnIq4I_JDEghKcjlJQhe5qwEj00vJF2I-UEryfY8y5L9Kqv7RDxmJSxq5ry2FAMR_17Qss3ksXia5C4XOMcOWdPNl54VTYbmWWXcR/s1200/It%20felt%20like%20love3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="675" data-original-width="1200" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdkMYJi97xx36-7Nb22g3Y-JHCE7lReGoY6nl60KLM0KuYaG7zN0s99iJYBAgwWFhnu96JhCkmBO_prbHXWY5pn0jVnIq4I_JDEghKcjlJQhe5qwEj00vJF2I-UEryfY8y5L9Kqv7RDxmJSxq5ry2FAMR_17Qss3ksXia5C4XOMcOWdPNl54VTYbmWWXcR/w400-h225/It%20felt%20like%20love3.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Eliza Hittman</b> trova in <b>Gina Piersanti</b> una bellissima protagonista, un volto intenso e profondo che non può far altro che raccontare innocenza, anche quando le sue labbra narrano qualcosa di diverso. È un cinema interiore quello della <b>Hittman </b>che affronta di petto la sessualità femminile andando un poco a ribaltare gli stereotipi a cui siamo da tempo abituati ma confermando anche alcuni aspetti che, c'è poco da star lì a discutere, vivono pari pari nella nostra realtà quotidiana. Il desiderio di conoscenza di <b>Lisa</b>, la voglia di bruciare le tappe nei rapporti con i ragazzi, è forse dato dalla perdita di un legame fondamentale come quello con la madre, la percezione che l'approccio all'altro sesso da parte di <b>Lisa </b>sia un poco forzato quanto prematuro aleggia per tutto il film, la <b>Hittman </b>lascia aperti all'interpretazione diversi passaggi, sottolinea molto bene i momenti nei quali la protagonista sembra forzare sé stessa e alcune situazioni (i discorsi con il piccolo <b>Nate</b>) e presenta un universo femminile in caccia ma che in fin dei conti rischia ancora una volta di incarnare il ruolo di preda di fronte a un universo maschile poco sensibile e rispettoso. La camera della regista stringe tantissimo sui corpi, si avvicina alla pelle scoperta, ai volti giovani, soprattutto quello della protagonista, non si cela dietro a falsi pudori e imbarazzi pur senza mai scadere nella volgarità. Ci sono già molto stile, scelte consapevoli e un'andamento da film indipendente non necessariamente accostabile a tanto <i>indie </i>già visto. Essenziale nella forma ma molto ben studiato, non definitivo nella costruzione dei protagonisti (come conviene alla loro età), <i>It felt like love</i> è la voce, magari ancora in divenire, di un discorso che promette di potersi fare parecchio interessante.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGqlOShxNhyn7SWQJ2-uW_ZIqoaM1_hQLTR6m6fZvl5wI_gK0WwVQiwKJdp5xJ39Eb9rMT8TKzBYgft-W-sOJj-Lw2HDjlCj5rCvDHMr0DpATXVb4P4UweZ7vpVjRfPB8438lflQ37OfnqIGk_a2VwQQs4NuylXS-6HCBQMCtREGNMzUP46jrxri1pjV9r/s1280/It%20felt%20like%20love4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="689" data-original-width="1280" height="215" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGqlOShxNhyn7SWQJ2-uW_ZIqoaM1_hQLTR6m6fZvl5wI_gK0WwVQiwKJdp5xJ39Eb9rMT8TKzBYgft-W-sOJj-Lw2HDjlCj5rCvDHMr0DpATXVb4P4UweZ7vpVjRfPB8438lflQ37OfnqIGk_a2VwQQs4NuylXS-6HCBQMCtREGNMzUP46jrxri1pjV9r/w400-h215/It%20felt%20like%20love4.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-29864369581715792532024-01-19T00:50:00.000+01:002024-01-19T00:50:14.570+01:00MALARAZZA<p>(di Samuel Marolla, 2009)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmH8mrrGHokgE8kH3WRwU2wgU6LCqN_UnZ-TYxUHAzY7koxHD7bzRLUa7qQrs-8JexsHIxkOOzg5lhNsaWeBrt_XtOokBYSsxMgOuX0bMF4eRCg8sQ_EoYBv7lHHRl8TAalwpoLF8_TytA3bNEw4KYVXso3qdF8acNbv-GBsYVXJ51Ge2DlsD_hl64e3yQ/s1273/Malarazza.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1273" data-original-width="750" height="547" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmH8mrrGHokgE8kH3WRwU2wgU6LCqN_UnZ-TYxUHAzY7koxHD7bzRLUa7qQrs-8JexsHIxkOOzg5lhNsaWeBrt_XtOokBYSsxMgOuX0bMF4eRCg8sQ_EoYBv7lHHRl8TAalwpoLF8_TytA3bNEw4KYVXso3qdF8acNbv-GBsYVXJ51Ge2DlsD_hl64e3yQ/w323-h547/Malarazza.png" width="323" /></a></div>Recupero d'annata di un ottimo episodio all'interno di una collana da edicola che è durata poco più d'un momento; il <i>Malarazza</i> di <b>Samuel Marolla</b>, scrittore nostrano non dedito solo alla letteratura e sconosciuto ai più, si è rivelata una lettura sorprendente, sinceramente non mi aspettavo che nel panorama del racconto breve a tema horror italiano potesse esserci qualcosa capace di rivelarsi così stuzzicante pur senza essere rivoluzionario né troppo innovativo. La collana a cui si fa riferimento poco sopra è la linea<b> Epix </b>pubblicata da <b>Mondadori</b>, un'iniziativa che si andava ad affacciare nel panorama delle edicole alla fine del primo decennio del nuovo millennio affiancando pubblicazioni arcinote come i classicissimi <i>Urania</i> o <i>Il giallo Mondadori</i>. Poco più di una dozzina di titoli all'attivo con la missione di andare a pubblicare scritti vicini all'horror e alle varie declinazioni del fantastico tralasciando ovviamente la fantascienza già appannaggio della collana madre <i>Urania</i>. L'ottava uscita del lotto propone proprio il <i>Malarazza</i> di <b>Marolla</b>, autore che vanta esperienze anche nel mondo del fumetto con in curriculum alcune sceneggiature per le collane <i>Dampyr </i>e <i>Zagor </i>di casa <b>Bonelli</b> e varie sortite nel campo dei giochi di ruolo; oggi purtroppo <b>Marolla </b>risulta un poco sparito dagli scaffali di edicole e librerie.<p></p><p><i>Malarazza </i>è una raccolta di tredici racconti di ambientazione italiana, le influenze sono le più disparate e <b>Marolla </b>è bravo nel tenere, tra alti e bassi, comunque sempre desta l'attenzione del lettore il quale viene catturato fin dal primo racconto che porta il titolo di "<i>La Carne</i>", succoso antipasto (è proprio il caso di dirlo) che predispone al meglio chi si appresta ad affrontare la lettura dell'intera antologia. Con "<i>La pista ciclabile</i>" arriva la prima vera chicca del libro con la quale <b>Marolla </b>esibisce un'ottima capacità di creare atmosfere e soprattutto immagini inquiete, lo stile di scrittura, che a tratti mi ha ricordato in qualche modo quello di <b>Ammaniti</b>, è evocativo, immaginifico il giusto, divertente quando serve ma capace anche di metterti addosso la giusta strizza nei passaggi salienti, il riferimento è soprattutto al racconto "<i>Sono tornate</i>", magari non sempre originalissimo ma orchestrato alla perfezione e dotato di quella sana tendenza a istigare disagio, pieno di quella verve in grado di non lasciare il lettore mai del tutto rilassato, un racconto con due protagoniste, due agghiaccianti gemelline, che torneranno a tormentarvi anche a libro chiuso, a parer di chi scrive la carta migliore del mazzo. È innegabile come alcuni episodi essendo brevissimi lascino magari meno il segno di altri, la qualità media è però davvero alta, cosa che di per sé per un'antologia non è così scontata e che quindi diventa pregio non da poco. Il racconto "<i>Tè nero</i>", che mostra una vena visionaria non banale, è stato pubblicato in diverse raccolte a tema horror e ha fruttato a <b>Marolla </b>diverse menzioni, è qui tra le ultime cartucce sparate nel libro (penultimo racconto), nel mezzo altri episodi interessanti che non mancano di intrattenere a dovere. <i>Malarazza </i>uscì in un'edizione molto economica e, a differenza di altri titoli della stessa collana, esibiva anche una copertina riuscita che era un bel sunto dei contenuti che si potevano trovare nel libro, un'iniziativa che con i tempi che corrono oggi forse non sarebbe più possibile tentare.</p>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-60952747777872213522024-01-17T00:30:00.004+01:002024-01-17T00:30:35.859+01:00NON CONOSCO IL TUO NOME<p>(<i>The unnamed</i> di Joshua Ferris, 2010)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjBHsug3Bxd2QY2R4UBkZsoJXUVuzLPk20TK2NfSjKiqGMvftMFhqpJlULj-SJwvHnSyWrb5UGlGlIJEkcHO1Lh8kJSuwASmNb1umZsQdFGDDvIOjopJScgSgkyYaxi3wmzxRzWgeSRchtH1tspwlErthtdighv_6KMUAlA7k4SP-5j4dVKxigpfsStB1C/s1000/Non%20conosco%20il%20tuo%20nome.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="644" height="508" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjBHsug3Bxd2QY2R4UBkZsoJXUVuzLPk20TK2NfSjKiqGMvftMFhqpJlULj-SJwvHnSyWrb5UGlGlIJEkcHO1Lh8kJSuwASmNb1umZsQdFGDDvIOjopJScgSgkyYaxi3wmzxRzWgeSRchtH1tspwlErthtdighv_6KMUAlA7k4SP-5j4dVKxigpfsStB1C/w327-h508/Non%20conosco%20il%20tuo%20nome.jpg" width="327" /></a></div>Opera seconda questo <i>Non conosco il tuo nome</i> per <b>Joshua Ferris</b>, autore che si era affacciato nel circuito delle librerie quattro anni prima con l'ottimo <i><a href="https://lafirmacangiante.blogspot.com/2011/03/e-poi-siamo-arrivati-alla-fine.html" target="_blank"><span style="color: red;">E poi siamo arrivati alla fine</span></a></i>, esordio folgorante che in un mix di commedia e momenti più tesi e introspettivi inquadrava un gruppo di persone, tutti colleghi di lavoro, alle prese con le conseguenze della crisi e con la chiusura dello studio nel quale tutti loro sono impiegati e dal quale dipendono economicamente. <i>Non conosco il tuo nome</i> mantiene le aspettative (alte) che si erano create in attesa del nuovo lavoro di questo autore relativamente giovane (36 anni all'epoca dell'uscita del libro), si perdono i toni della commedia, <b>Ferris </b>ci accompagna in un viaggio segnato dalla malattia, una malattia inclassificabile e che non segna precedenti, un viaggio lungo il quale avremo modo di vivere insieme al protagonista <b>Tim </b>le conseguenze che la malattia riversa sul fisico e sulla mente di questo giovane uomo ma anche, e forse soprattutto, quanto questo accanirsi del destino sull'uomo provochi danni nelle relazioni che questi ha con la moglie <b>Jane </b>e con la figlia <b>Becky</b>, rapporto quest'ultimo già difficile di suo vista l'età di passaggio della ragazza. È una sorpresa questo <i>Non conosco il tuo nome</i> e allo stesso tempo la conferma del talento di uno scrittore fresco da tenere d'occhio con il dovuto interesse, combinazione che quando si presenta non può far altro che far piacere.<p></p><p><b>Tim </b>è un giovane avvocato di successo e di bell'aspetto, socio di un prestigioso studio legale di Manhattan e molto apprezzato dai veterani dello studio stesso. <b>Tim </b>è sposato con la bella Jane, un'agente immobiliare che vende case in quartieri in voga di New York, sua figlia <b>Becky </b>sta attraversando l'età dell'adolescenza in bilico tra un'attrazione di troppo per il cibo e una passione per la musica estrema e per la chitarra. Condurrebbe una bella vita <b>Tim </b>se non fosse per quella malattia sconosciuta e inspiegabile che porta il giovane avvocato a camminare e camminare senza sosta; incapace di controllare le sue gambe <b>Tim </b>deve andare, deve mettere un passo dopo l'altro verso nessuna meta, verso un luogo che di volta in volta né lui né le sue gambe possono prevedere, con ogni condizione climatica, a qualsiasi ora del giorno, qualsiasi cosa <b>Tim </b>stia facendo, quando parte l'impulso <b>Tim </b>va e deve andare fino al momento di stramazzare al suolo per la stanchezza, fino a quando quelle maledette gambe non reggono più e finalmente, solo allora, <b>Tim </b>si potrà addormentare. Si potrà addormentare ovunque si trovi: al freddo con il rischio di assideramento, tra i barboni, in quartieri degradati facile preda di malintenzionati, nei boschi, starà a <b>Jane </b>andarlo a recuperare appena passate quelle crisi che hanno una forza incontrollabile, non arginabile e imprevedibile. Alla lunga questa strana condizione di cui i medici non sanno capacitarsi minerà i rapporti dell'uomo con la sua famiglia, con i colleghi, con la sua vita.</p><p>Qual è la fonte di questa malattia? È psicologica? È fisica? <b>Ferris </b>si destreggia bene tra le due ipotesi che angosciano il protagonista che in cuor suo, è facile intuirlo, prega di non esser diventato del tutto matto. Non c'è risposta, non c'è causa apparente, rimane allora solo l'ipotesi della metafora, può essere che questa malattia impossibile da veder arrivare possa essere un significante tradotto in parole di un concetto che è semplicemente ogni singolo (e rilevante) imprevisto che la vita ci può presentare? un imprevisto di portata tale da mettere in dubbio un'esistenza per come fino a quel momento era stata concepita. Le cose succedono, magari ci sconvolgono, così, senza nessun motivo, eppure tocca continuare a vivere, "<i>shit happens but life goes on</i>" per dirla con <b>Forrest Gump</b>. È facile ipotizzare come il titolo <i>Non conosco il tuo nome</i> possa far riferimento a questa incomprensibile smania di camminare, una cosa che col tempo si può arrivare ad accettare, l'estensione al "non ne conosco le cause" un po' meno, in questo <b>Ferris </b>è bravo a ritagliarsi tutto il tempo necessario per cercare di farci capire cosa passi nella testa del protagonista nei momenti di crisi, descrive in maniera perfetta il pericolo di sprofondare nella follia che a un certo punto <b>Tim </b>si trova ad affrontare, ci regala alcuni dialoghi e momenti molto sentiti e toccanti ma soprattutto lavora molto bene sui due personaggi comprimari che diventano forse più interessanti dello stesso protagonista:<b> Jane </b>di fronte a una prova d'amore quasi insostenibile all'interno di un rapporto che, involontariamente, le sta comunque rovinando la vita, <b>Becky </b>alle prese con un processo di maturazione che nel corso del romanzo le farà cambiare la prospettiva sulla luce che la malattia ha gettato sul padre. Non è facile cambiare registro tra un primo romanzo di successo e il suo successore andando a segno entrambe le volte, a parer mio <b>Joshua Ferris</b> ce l'ha fatta.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh62nKckjnUC_Qu-IMmulDewNmrlF61yYvVHtYNhK5_JjMLuKGpvIv2Koow-4b00eN3_mJM0ba61MgR6R8JcRflI-2OGLiBmgo-L30382RI72om0Wbveh9TaKIi8jLwpGfLWUoQ8rAedwIN8oDMhiKIhbsp93CrSLmIMQN1khSWNeWwmbRuwekPtz1TqeJO/s520/Joshua%20Ferris.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="312" data-original-width="520" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh62nKckjnUC_Qu-IMmulDewNmrlF61yYvVHtYNhK5_JjMLuKGpvIv2Koow-4b00eN3_mJM0ba61MgR6R8JcRflI-2OGLiBmgo-L30382RI72om0Wbveh9TaKIi8jLwpGfLWUoQ8rAedwIN8oDMhiKIhbsp93CrSLmIMQN1khSWNeWwmbRuwekPtz1TqeJO/w400-h240/Joshua%20Ferris.webp" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-84633377127310710592024-01-15T09:15:00.044+01:002024-01-16T00:02:29.476+01:00THE TERRORIZERS<p>(di Edward Yang, 1986)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhe2SaqPAFzhdLjfUh4VeqaKbu67Hyf0LXD4wRb4UvqDJxRSdZ9Z-q1KDFBKzwUmWlPKXBPACav2SY8JMey1T5VzrII2c7qYexYGg-8SxtbC7eZtvANTon-FU3ZnyOBTv2vLWgjYM-s59bUW_WljNOITOMVbIlt9tao624CQOdR-gJK93h2BXP98QDAhnc_/s1000/Terrorizers.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="750" height="490" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhe2SaqPAFzhdLjfUh4VeqaKbu67Hyf0LXD4wRb4UvqDJxRSdZ9Z-q1KDFBKzwUmWlPKXBPACav2SY8JMey1T5VzrII2c7qYexYGg-8SxtbC7eZtvANTon-FU3ZnyOBTv2vLWgjYM-s59bUW_WljNOITOMVbIlt9tao624CQOdR-gJK93h2BXP98QDAhnc_/w367-h490/Terrorizers.jpg" width="367" /></a></div>Siamo nel 1986 quando <b>Edward Yang</b>, regista scomparso a causa di una malattia nel 2007, dirige questo <i>The terrorizers</i>, a due anni di distanza dall'ottimo <i>Taipei story</i>. Siamo ormai in piena <b>New Wave</b> del cinema <i>taiwanese</i>, una corrente che proprio <b>Edward Yang</b>, insieme ad altri registi, contribuì a inaugurare nel 1982 con il film collettivo <i>In our time</i> e della quale il regista divenne uno dei due esponenti di punta insieme al più noto <b>Hou Hsiao-hsien</b>. <i>The terrorizers</i> è l'emblema perfetto di come un cinema fino a pochi anni prima controllato da una sorta di censura di regime sia riuscito non solo a ottenere maggiori libertà nella proposta di stili e contenuti ma finanche a diventare modernissimo (o addirittura post-moderno) nel tempo di un battito di ciglia. Del cinema di Taiwan abbiamo già parlato in maniera più ampia in occasione dei pezzi su <i>Cute girl</i>, <i>The green, green grass of home</i> e <i>I ragazzi di Feng Kuei</i>, tutti di <b>Hou Hsiao-hsien</b>, e in quello su <i>Taipei story</i> dello stesso <b>Yang</b>, non staremo quindi a riassumere di nuovo le vicende che portarono alla nascita della <b>New Wave</b>, limitandoci qui a sottolineare come questo nuovo cinema poté finalmente affrontare temi non solo maturi ma anche scomodi per una società in forte cambiamento (fenomeno comune a molti paesi asiatici) a causa di un'apertura a modelli occidentali basati sul capitale e sul libero commercio capaci di creare nuove possibilità di sviluppo ma anche di destrutturare certezze e causare spaesamento e confusione nelle generazioni più giovani incapaci (o in forte difficoltà) nel trovare una loro via in una società sempre più mobile e confusa, uno spaesamento che traspare in maniera perfetta dalla visione di questo film con il quale <b>Edward Yang</b> riesce a far traballare ogni certezza anche nell'esperienza di visione dello spettatore.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVc6B2p-pr0bBXWY684RwiE3MqotGbulxyTAuY6_HuJznVYv92PiDXFVM79l_tcdWJV1LHZY1rf3SN8L7cVxbnfc9U0cyO7UAyJ1nsYNV7cs5SGxxkxqt01s5_2LptVbNAOYKjtBFDN2VwEngS6A8hBnjaSDf44rmDiYLcWpqq-aENZ2JO5hfJkMZnsqOG/s1152/Terrorizers2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="649" data-original-width="1152" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVc6B2p-pr0bBXWY684RwiE3MqotGbulxyTAuY6_HuJznVYv92PiDXFVM79l_tcdWJV1LHZY1rf3SN8L7cVxbnfc9U0cyO7UAyJ1nsYNV7cs5SGxxkxqt01s5_2LptVbNAOYKjtBFDN2VwEngS6A8hBnjaSDf44rmDiYLcWpqq-aENZ2JO5hfJkMZnsqOG/w400-h225/Terrorizers2.jpg" width="400" /></a></div><p>In una Taipei moderna e mutata dall'avvento del boom economico un giovanissimo fotografo (<i>Jiaquing Huang</i>) cattura l'immagine di una delinquente in erba (<i>An Wang</i>) fuggita dal luogo di un crimine, la giovane diverrà per il ragazzo una sorta di ossessione che scatenerà il risentimento della sua attuale compagna, <b>Huang Chia-ching</b>, una studentessa amante dei libri e della cultura. <b>Zhou Yufeng</b> (<i>Cora Miao</i>) e <b>Li Lizhong</b> (<i>Lee Li-chun</i>) sono sposati e rinchiusi all'interno di un matrimonio che sta pian piano appassendo: l'uomo, obnubilato dalle nuove possibilità di carriera e guadagno, cercherà con mezzi poco leciti di ottenere una promozione immeritata all'interno dell'ospedale in cui lavora, la donna è una scrittrice frustrata in piena crisi che non riesce a terminare il suo nuovo romanzo e che sta pensando di cambiare lavoro andando a impiegarsi alle dipendenze di un suo ex amante (<i>Chin Shih-chieh</i>). <b>Li</b> è inoltre amico di <b>Gu</b> (<i>Ku Pao-ming</i>), un poliziotto che sta indagando sul caso in cui è coinvolta la ragazza delle foto. In qualche modo le esistenze di questi personaggi si lambiranno in una Taipei che sembra non offrire né conforto né calore.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyiGFq8ynH7M6nqKH5z73Fm_aTLKfZH7nc5TIsRdTyy4fyu44BqZiPVDM3GtARgCw5yzLTw8K-qZGnOPsyVbwrGY3xNmxUb2XfUBb_uL6C1zq_3IuGiuNhoatRvzVaHOMDNmLAEXfMRh3LD9cCcvfmL_sao8C9zvMPeUXwS5twt2piUaeBZNRrEClRtHmD/s1200/Terrorizers3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1200" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyiGFq8ynH7M6nqKH5z73Fm_aTLKfZH7nc5TIsRdTyy4fyu44BqZiPVDM3GtARgCw5yzLTw8K-qZGnOPsyVbwrGY3xNmxUb2XfUBb_uL6C1zq_3IuGiuNhoatRvzVaHOMDNmLAEXfMRh3LD9cCcvfmL_sao8C9zvMPeUXwS5twt2piUaeBZNRrEClRtHmD/w400-h266/Terrorizers3.jpg" width="400" /></a></div><p>Quello di <i>The terrorizers</i>, più ancora che in <i>Taipei story</i>, è un cinema della confusione e dell'inafferrabile. In un periodo di mutamenti, di perdita di direzione e di valori da parte non solo dei più giovani, le storie messe in scena da <b>Edward Yang</b> rispecchiano il sentire del Paese, nelle mere vicende narrate ma anche nella struttura che il regista concepisce per le stesse. Non è presente infatti nessun legame forte tra le varie linee narrative di questo film, alcuni contatti tra le stesse sembrano non avere un nesso di causalità (pensiamo alla telefonata della ragazza in fuga a <b>Zhou</b>) bensì di casualità, anche l'incontro tra il giovane fotografo e la ragazza che lui poco a poco idealizza e che ritrae con una serie di fotografie bellissime è poco più di un'illusione, magari concreta, in carne e ossa, comunque evanescente. Lo stesso mosaico di fotografie che nella sua stanza ricrea il volto della giovane donna sembra sgretolarsi in seguito a un semplice alito di vento, è forse la metafora di un disgregamento della realtà per come finora la si era riconosciuta, come se il presente non reggesse e i protagonisti non vedessero più il loro futuro con lucidità, proprio come se avessero del fumo negli occhi (e in sottofondo passa <i>Smoke gets in your eyes</i> dei <b>Platters</b>). <i>The terrorizers</i> è così, un film da godere sequenza dopo sequenza, immerso in una realtà urbana a tratti respingente ma anche molto affascinante; a differenza di quanto mostrato nei primi film di <b>Hou Hsiao-hsien</b> che nutriva una nostalgia per la campagna in contrapposizione alle difficoltà della vita cittadina, per <b>Yang </b>c'è solo la metropoli, Taipei, scenario perfetto dove inscenare lo smarrimento dei nuovi sistemi. Ottimo il dipinto della città e dell'urbanizzazione da parte di <b>Yang</b> che tra suoni e immagini ci descrive un mondo di cemento dal quale sembra difficile trovare una via d'uscita e nel quale sembra impossibile anche solo trovare una via.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPHX2fAStLNzau167AKR_C6VyoYwXTaFt4gMGSHO6bswQKfNmxXcRqieN7qdFi_aDT5Z_zjAxPhNuog2qcPQwnPdqaGwbXFHzwo3TB7zqiuB6uI4BJ5gfDg-rEZwIhg87DVyOMjjJdGzeCDF4brW0_0kArbi3Q4GLn5TqWllATzEMwsb0F3zsOdzeyxxTp/s1280/Terrorizers4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPHX2fAStLNzau167AKR_C6VyoYwXTaFt4gMGSHO6bswQKfNmxXcRqieN7qdFi_aDT5Z_zjAxPhNuog2qcPQwnPdqaGwbXFHzwo3TB7zqiuB6uI4BJ5gfDg-rEZwIhg87DVyOMjjJdGzeCDF4brW0_0kArbi3Q4GLn5TqWllATzEMwsb0F3zsOdzeyxxTp/w400-h225/Terrorizers4.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-6912780635455707922024-01-11T23:53:00.003+01:002024-01-11T23:53:44.137+01:00CRIMEN PERFECTO - FINCHÉ MORTE NON LI SEPARI<p>(<i>Crimen ferpecto</i> di Álex de la Iglesia, 2004)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDyhhlQ6WuY4MU1X6sPQvOwaDIMcxoefR4a64MrPw5nKfjmcOCedLGJxxZrcf53CkBzHcEv6g-2kn4XxjFgZbtk1nmoj413BX2xpOUty8nQPBsvT7Q3jYX2OSpVE_B0JZd6_Woe9b7aHaRr07pW1wBR9083si8ZE33FMeXYYfu-zp7ySwbNciOnCqtoLaS/s607/Crimen%20perfecto.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="607" data-original-width="420" height="489" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDyhhlQ6WuY4MU1X6sPQvOwaDIMcxoefR4a64MrPw5nKfjmcOCedLGJxxZrcf53CkBzHcEv6g-2kn4XxjFgZbtk1nmoj413BX2xpOUty8nQPBsvT7Q3jYX2OSpVE_B0JZd6_Woe9b7aHaRr07pW1wBR9083si8ZE33FMeXYYfu-zp7ySwbNciOnCqtoLaS/w337-h489/Crimen%20perfecto.jpg" width="337" /></a></div>Non è la prima volta che il regista spagnolo <b>Álex de la Iglesia</b>, classe 1965, si dedica con il suo cinema a una commedia grottesca dai toni a tratti allucinati volta a mettere in ridicolo (forse più che a criticare) la società moderna in cui ci troviamo a vivere e i suoi prodotti, non tanto intesi come prodotti materiali quanto piuttosto come derive umane viziate e deragliate a causa dei deliri consumistici, di immagine e di possesso/successo imposti da una capitalismo sempre più invadente e idiota. Già in passato <b>de la Iglesia</b> aveva tratteggiato diversi tipi umani in preda alle voglie suscitate dalla fame di denaro e ricchezza in commedie come <i>La comunidad - Intrigo all'ultimo piano</i> per esempio, in qualche modo <i>Crimen perfecto</i> (che in originale in realtà è <i>ferpecto </i>per un gioco di parole che si coglierà solo guardando il film) ne è una sorta di prosecuzione del discorso, film caratterizzati da una vicinanza di temi e dalla stessa voglia di colpire il pubblico con del sano divertimento, esagerato, a tratti demente, provocatorio e quasi surreale. Per mettere in scena questa deriva dei costumi molto occidentale il regista di Bilbao sceglie di affidarsi ad attori non di primissimo piano come fatto in passato (ne <i>La comunidad</i> protagonista era <b>Carmen Maura</b>) ma non di meno indovina un cast capace di calcare la mano quando serve con il giusto trasporto per donare al film un'andatura ritmata e parecchio divertente.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuA6ppOmzHQv8se_vSXA2HCaOUoxrvjhvanrvf7OcmRErcGDG52_VKD2RLlX1xzmStpprGNTkYqgqU5gmD9J5hbEoIfiJqKRDjNNAUdVBEdv35bjRYTXAfXM08dnXbCmRACcO6XKy1sC5LlRCyy6BJWi2wBL22-IFmYerj07NtEbHDRpwiLNeHcI7bjVjG/s720/Crimen%20perfecto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="405" data-original-width="720" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuA6ppOmzHQv8se_vSXA2HCaOUoxrvjhvanrvf7OcmRErcGDG52_VKD2RLlX1xzmStpprGNTkYqgqU5gmD9J5hbEoIfiJqKRDjNNAUdVBEdv35bjRYTXAfXM08dnXbCmRACcO6XKy1sC5LlRCyy6BJWi2wBL22-IFmYerj07NtEbHDRpwiLNeHcI7bjVjG/w400-h225/Crimen%20perfecto2.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Rafael </b>(<i>Guillermo Toledo</i>) è un uomo ancora giovane con delle mire in mente ben precise: donne, vestiti eleganti, una bella automobile, soldi, un posto di prestigio nel suo micromondo lavorativo, una casa lussuosa e via di questo passo. Per ottenere questi risultati <b>Rafael </b>si dà da fare nel grande magazzino di Madrid in cui lavora, <i>Yoyo</i>, un qualcosa di simile alla nostra <b>Rinascente</b>, e sgomita per ottenere il posto di "responsabile del piano", posizione che si dovrà contendere con l'esperto <b>don Antonio</b> (<i>Luis Varela</i>), una vera istituzione del mestiere, un signore in odore di omosessualità e dallo stampo un poco antico. <b>Rafael </b>intrattiene o ha intrattenuto relazioni con tutte le commesse più belle del suo reparto, si cimenta in reiterati amplessi nei camerini con la disinibita <b>Roxanne </b>(<i>Kira Miró</i>) e scatena le invidie e i malumori della bruttina <b>Lourdes </b>(<i>Mónica Cervera</i>) che <b>Rafael</b>, uomo di gusto, non ha mai tenuto in nessuna considerazione. Quando arriva il momento della resa dei conti e la direzione preferirà <b>don Antonio</b> a <b>Rafael </b>questi inizia a rosicare e penare, maltrattato dallo stesso <b>don Antonio</b> che ora è il suo nuovo capo, durante un alterco <b>Rafael </b>accidentalmente uccide l'uomo. Da qui nascerà l'esigenza di far sparire il cadavere e l'unico aiuto per <b>Rafael </b>arriverà proprio da quella <b>Lourdes </b>che lui ha finora sempre ignorato. Ma, come la società del capitale insegna, nulla è senza prezzo e il costo di un aiuto simile potrà rivelarsi molto alto da pagare.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_1ShU6rXD6Lpg-jJDQYstuPodGWdmQUVRqTvB4WmYyuE3cYTjc_j1ih1l50g_12PIxFxiqqJyBnLGiv8J84yZjG3PcNz8g0G42fRbhElwN7aG2JzJ-oyXs6pEUBvasvEKpApNkpDUXcvSqYzikDrrJqRsGKGbyM53OQo8HUNT4RzuEQBhkMzGjYGO1S8P/s1200/Crimen%20perfecto3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="513" data-original-width="1200" height="171" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_1ShU6rXD6Lpg-jJDQYstuPodGWdmQUVRqTvB4WmYyuE3cYTjc_j1ih1l50g_12PIxFxiqqJyBnLGiv8J84yZjG3PcNz8g0G42fRbhElwN7aG2JzJ-oyXs6pEUBvasvEKpApNkpDUXcvSqYzikDrrJqRsGKGbyM53OQo8HUNT4RzuEQBhkMzGjYGO1S8P/w400-h171/Crimen%20perfecto3.jpg" width="400" /></a></div><p>Commedia nera che sottolinea in maniera divertente vizi e malcostumi odierni esasperati dalla società dell'immagine e del benessere materiale, <b>de la Iglesia </b>gestisce il tutto con una buona dose di cattiveria e altrettanto umorismo compiendo un'ottimo lavoro sulla direzione degli attori sempre vibranti e capaci di mantenere il ritmo serrato per l'intera durata della pellicola (103 minuti). Il film è vivace tra voci fuori campo, attori che parlano in macchina, trovate surreali (il ritornante <b>don Antonio</b>) e quant'altro, i personaggi sono dei veri stronzi, <b>Rafael </b>manipola le clienti per raggiungere i suoi scopi, <b>Lourdes </b>mostra una dose di cattiveria da competizione, <b>don Antonio</b> non si fa scrupolo nel vessare il suo collega rivale non appena ne ha la possibilità e così via, alcune sequenze sono spassose senza riserve come quella della cena con la famiglia di <b>Lourdes </b>(che ha una sorellina più insopportabile di lei), si gioca con le citazioni a partire dal titolo "hitchcockiano" (ma anche <b>Bunuel </b>e altro) mettendo in scena la "rivincita delle brutte", l'annebbiamento da capitale, le idiosincrasie per la coppia chiusa e tutta una serie di brutture non così lontane da alcune reali dinamiche del mondo del lavoro. Magari <i>Crimen perfecto</i> (o meglio <i>ferpecto</i>) non sarà la commedia del secolo però diverte, ha gusto e cattiveria sufficienti a spingere lo spettatore alla ricerca di altre opere del regista spagnolo.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjS11kC-Yx9WduWWtWbflMY4adM_q_EnPcw8enZSMw_XUbBIdkHz1XwLGMVV1FDIdZbGr9qAwNtIK_3hRxaJxqPRYuhVGHu1OyWJaMJH_94eyPi7JL-SD_jUdUxFPvtmWu99KDaUN6d3yw_7nZGyKBpI8vsdTumnVSO8Fl4qNt_dzKOvTMmROY2vv1sSptd/s1200/Crimen%20perfecto4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjS11kC-Yx9WduWWtWbflMY4adM_q_EnPcw8enZSMw_XUbBIdkHz1XwLGMVV1FDIdZbGr9qAwNtIK_3hRxaJxqPRYuhVGHu1OyWJaMJH_94eyPi7JL-SD_jUdUxFPvtmWu99KDaUN6d3yw_7nZGyKBpI8vsdTumnVSO8Fl4qNt_dzKOvTMmROY2vv1sSptd/w400-h200/Crimen%20perfecto4.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-85629302794703398252024-01-08T23:32:00.002+01:002024-01-08T23:32:59.212+01:00LE CONSEGUENZE DELL'AMORE<p>(di Paolo Sorrentino, 2004)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmGmMslqHuoMFCxoopbs67y5CFlKDXknXcNFM-a_mAyMJkGWAMuUxFb7X9gt2XGe6J7TBOmhinfVPLovfroI_3eDd4vba_OiITZpWCookHf0025IppSQVcJI86lYG0nHrNpUi4yqC3mjD7r3omN0Xo9Qpdi8ACnEe4H7bd8Sc47qmMFpAdnTpbBzFrsENi/s643/Le%20conseguenze%20dell'amore.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="643" data-original-width="450" height="458" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmGmMslqHuoMFCxoopbs67y5CFlKDXknXcNFM-a_mAyMJkGWAMuUxFb7X9gt2XGe6J7TBOmhinfVPLovfroI_3eDd4vba_OiITZpWCookHf0025IppSQVcJI86lYG0nHrNpUi4yqC3mjD7r3omN0Xo9Qpdi8ACnEe4H7bd8Sc47qmMFpAdnTpbBzFrsENi/w321-h458/Le%20conseguenze%20dell'amore.jpg" width="321" /></a></div>All'epoca dell'uscita nelle sale de <i>Le conseguenze dell'amore</i> <b>Paolo Sorrentino</b> non era ancora il regista affermato che oggi tutto il mondo conosce, era un giovane alla sua opera seconda, il vero exploit di fama e riconoscimento arriverà infatti in maniera definitiva solo quattro anni più tardi con l'uscita de <i>Il divo</i>, siamo nel 2008 e quell'anno si distinse anche <b>Matteo Garrone</b> con <i>Gomorra</i>, i film dei due registi vennero salutati come un risveglio dello stato di salute del cinema italiano: se la profezia (ottimistica) non siamo certi si sia pienamente avverata c'è da dire che almeno <b>Garrone </b>e <b>Sorrentino</b>, insieme a qualche altro nome, hanno comunque mantenuto le aspettative e continuano a regalarci ancora oggi opere di grande interesse e spessore. Tornando a noi, all'epoca di questo film <b>Sorrentino </b>non era ancora il regista portatore di quegli sprazzi visionari, di quelle accortezze quasi barocche, di quella ricchezza nella messa in scena che tutti gli riconoscono e che in molti amano, era però già un regista, un autore, con una visione ben precisa di cinema, con un'idea da perseguire non solo nella narrazione ma anche nella realizzazione tecnica del film, comparto nel quale fin da subito <b>Sorrentino </b>si dimostra dotato di grande talento. È un <b>Sorrentino </b>più glaciale quello de <i>Le conseguenze dell'amore</i>, all'apparenza più essenziale, minimale, ma in realtà già ricco anche se meno esplosivo, più trattenuto, una scelta di stile che si rivede nei tratti e nelle espressioni dell'enorme (in senso figurato) <b>Toni Servillo</b>.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrIVIQV4BmtlmH0JE9TxLBcjMX6uridgV5YFwEXitI5gQbJKnZQl1TTnrk7vFwvXFHLNGhBlg0RdO7I2y6cK1titwZPj4-A7K8i-Qu1L-hdPeh7Ys0licwnam6stjwfGXhyphenhyphenfwGxTatXy-fPWoQiT3I3_ZkXNqqOe646MKgxsX8ptmRyUG-ebaP86pM3exU/s720/Le%20conseguenze%20dell'amore2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="405" data-original-width="720" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrIVIQV4BmtlmH0JE9TxLBcjMX6uridgV5YFwEXitI5gQbJKnZQl1TTnrk7vFwvXFHLNGhBlg0RdO7I2y6cK1titwZPj4-A7K8i-Qu1L-hdPeh7Ys0licwnam6stjwfGXhyphenhyphenfwGxTatXy-fPWoQiT3I3_ZkXNqqOe646MKgxsX8ptmRyUG-ebaP86pM3exU/w400-h225/Le%20conseguenze%20dell'amore2.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Titta Di Girolamo</b> (<i>Toni Servillo</i>) è un uomo di mezza età molto serio che da numerosi anni vive in una piccola camera di un'albergo in Svizzera in prossimità del lago di Lugano. È un abitudinario <b>Titta</b>, per sua stessa ammissione un uomo privo di fantasia il cui unico sprazzo d'originalità appartiene a quel nome peculiare che si porta appresso; le sue giornate sono oziose: sedute interminabili a uno dei tavolini del bar dell'albergo a guardare oltre le vetrate la vita che scorre (quella degli altri, comunque scarsa), partite a carte all'infantile <i>Asso piglia tutto</i> con la coppia di ricchi decaduti e ormai in miseria composta da <b>Carlo </b>(<i>Raffaele Pisu</i>), che si è giocato tutta la sua fortuna perdendola, e <b>Isabella</b> (<i>Angela Goodwin</i>); una volta alla settimana un'uscita verso una banca per effettuare un deposito di somme sempre ingenti. Abiti eleganti, una bella macchina, la vita di un morto, un ex famiglia, moglie e figli che di lui non ne vogliono sapere, un fratello (<i>Adriano Giannini</i>) che in fondo gli vuole bene ma che lui ignora così come ignora la bella barista <b>Sofia </b>(<i>Olivia Magnani</i>) che invece a <b>Titta </b>sembra interessarsi parecchio. In questa routine che si ripete immutabile da anni alcuni accadimenti scombussolano il tran tran dell'uomo che andrà incontro a un precipitarsi di eventi ai quali dover far fronte.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWuwwDd7RCUiU4e97mltNhdazRorpd4-QRQ0cE9JPldIBQhAIMn_RgXIoVr0Yc43VHIUDq9mR2yclPhnr1vHcArOmhV9Db80cXf9B1E0ohpVMKv9mt0flET_fQ4LaR0YItUpRHHEtcVmT0MnVFSqLrU7FWlKTTT1aFp3F3yLOZVcsU2mWPSfxpztAYBue5/s1022/Le%20conseguenze%20dell'amore3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="449" data-original-width="1022" height="176" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWuwwDd7RCUiU4e97mltNhdazRorpd4-QRQ0cE9JPldIBQhAIMn_RgXIoVr0Yc43VHIUDq9mR2yclPhnr1vHcArOmhV9Db80cXf9B1E0ohpVMKv9mt0flET_fQ4LaR0YItUpRHHEtcVmT0MnVFSqLrU7FWlKTTT1aFp3F3yLOZVcsU2mWPSfxpztAYBue5/w400-h176/Le%20conseguenze%20dell'amore3.jpg" width="400" /></a></div><p><b>Sorrentino </b>apre il suo film con una figura maschile immobile in avanzamento su un nastro trasportatore, una scena lunga che potrebbe riportare alla mente il <b>Dustin Hoffman</b> de <i>Il Laureato</i>, emblema della confusione giovanile di fine anni 60 (ma anche per questo incipit probabilmente <b>Sorrentino </b>ha in mente la <b>Pam Grier</b> di <i>Jackie Brown</i>); ne <i>Le conseguenze dell'amore</i> l'apertura vede in campo un semplice figurante, il Nostro protagonista invece è uomo di mezza età, la giovinezza è ormai alle spalle e la confusione barattata con il vuoto, con un'imposta impossibilità di vivere, necessaria per mantenere un pericolosissimo status quo in potenza incrinabile solamente dalle conseguenze dell'amore. <b>Titta Di Girolamo</b> è appena un riflesso di un uomo, non per nulla sono molte le superfici riflettenti, i vetri, gli specchi attraverso i quali <b>Sorrentino </b>ce lo mostra, un uomo la cui fissità espressiva e di abitudini è il riflesso della morte stessa, è il riflesso di un'anima alla quale è stata succhiata la vita, condizione espressa in maniera magnifica dalla (mancanza di) espressività di un <b>Toni Servillo</b> impareggiabile. È un abitudinario <b>Titta</b>, lo abbiamo già detto, il versamento in banca, l'eroina una volta la settimana, quegli appunti per un futuro che non verrà mai nei quali si auto ammonisce intimandosi di porre attenzione a queste conseguenze dell'amore, saranno proprio loro, veicolate da <b>Sofia </b>(interpretata dalla nipote della <b>Magnani</b>), a dare la svolta a (non) vita e film. Il protagonista parla poco e bene, i vuoti sono spesso riempiti dalle eleganti scelte di <b>Sorrentino </b>in campo musicale (il regista mastica e parecchio), alcuni passaggi, senza troppo svelare, potrebbero sembrare fuori posto o come di routine, il film gode però di una costruzione pazzesca e millimetrica da parte di un regista non ancora esploso come lo conosciamo oggi (e non parliamo di fama ma anche di mestiere) ma già in grado di calibrare in maniera perfetta ogni movimento di macchina. Non a caso una delle nostre voci più note e apprezzate.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyZvRvOsZf2KiEtSjzYA97Wbgh5o2RPy2tnyPPA8oSpvyW6jhbWzirfS1JSRmYr-R2wEN7RzNSv_DL_GzBmsiUPEHFYhYpqJeSScwu163I2c9ywaMuVpxUPaI71ONLBJOv02Lp2hIphA88pgG-gtBUNn3dNp94a3tl7DZu2d_eUTw67_0R05h8IoO67TOX/s1152/Le%20conseguenze%20dell'amore4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="767" data-original-width="1152" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyZvRvOsZf2KiEtSjzYA97Wbgh5o2RPy2tnyPPA8oSpvyW6jhbWzirfS1JSRmYr-R2wEN7RzNSv_DL_GzBmsiUPEHFYhYpqJeSScwu163I2c9ywaMuVpxUPaI71ONLBJOv02Lp2hIphA88pgG-gtBUNn3dNp94a3tl7DZu2d_eUTw67_0R05h8IoO67TOX/w400-h266/Le%20conseguenze%20dell'amore4.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-68082923282056351142024-01-06T00:51:00.000+01:002024-01-06T00:51:29.944+01:00WONKA<p>(di Paul King, 2023)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIv9PIn6hLrYRG8lZU1pJmxH-No-Z92yMkK8aMe23GXu7c5aLxLLuPIVxcROv5L2Vl6_g2dGGEqKFQBkLkv5-NdcJOlhVO1G5bFHF2wVkcw1azlu3-ofBQlLb-ZzAaxXJJncMuRWjSBVpIU10vzNdmHBt9IHeY3GWP5AlJ65TP9LP47ME21NK3pIWhXTMm/s640/Wonka.webp" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="448" height="416" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIv9PIn6hLrYRG8lZU1pJmxH-No-Z92yMkK8aMe23GXu7c5aLxLLuPIVxcROv5L2Vl6_g2dGGEqKFQBkLkv5-NdcJOlhVO1G5bFHF2wVkcw1azlu3-ofBQlLb-ZzAaxXJJncMuRWjSBVpIU10vzNdmHBt9IHeY3GWP5AlJ65TP9LP47ME21NK3pIWhXTMm/w291-h416/Wonka.webp" width="291" /></a></div>Il <i>Wonka</i> di <b>Paul King</b> si colloca come prequel del film <i>La fabbrica di cioccolato</i>, quello interpretato da <b>Gene Wilder</b> nel 1971, a questo si riallaccia apertamente riprendendone alcuni temi musicali e alcune caratteristiche visive, ignora invece la versione <i>burtoniana </i>del romanzo di <b>Roald Dahl</b> cosi come ne aggira in larga parte la vena più cattivella e cinica che sempre ha caratterizzato le opere dello scrittore gallese. Il <i>Wonka </i>di <b>King</b>, regista dei due lungometraggi dedicati all'orsetto britannico <b>Paddington</b>, è il film perfetto da proporre durante le feste natalizie, un prodotto ben confezionato e calibrato su misura per la visione inclusiva, un'esperienza che facilmente potrà mettere d'accordo i vari componenti delle famiglie, grandi e piccini, lo fa magari tradendo un poco l'attitudine di <b>Dahl </b>e quella che il personaggio di <b>Willy Wonka</b> dovrebbe portarsi dietro, però lo fa anche con stile all'interno di una produzione di buona qualità che riesce facilmente a centrare il bersaglio e l'obiettivo che ci si era prefissati (famiglie, ragazzi, feste appunto...). Se si approccia questa nuova avventura al cioccolato senza pregiudizi né riserve non sarà difficile apprezzare il lavoro svolto da <b>King </b>che punta su una favola musicale buonista con un protagonista lineare e positivo che trova in <b>Timothée Chalamet</b> un ottimo <b>Willy Wonka</b> da giovane; il ragazzo, oltre a essere bravo, mette in campo un'attitudine naturale per il ruolo che lo rende, almeno nell'aspetto e nelle movenze (magari meno nella scrittura, ma questa non è colpa sua), una perfetta e credibile controparte giovanile del <b>Wonka </b>che già tutti conosciamo.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfEv0n-g0tuaRX4fDC6Ew55XJ_me2XopTOMg5LrjHW3i3pOnK7Ir30p7SHG0VNb4AQis48D-QeoCaxrvFLqOt6Ha3cH6lJuv2pVt6O3W-17koVVMmyF3n8nUTsEgxm82zZA51txOUgmC4EzjsBY414nhfaZzbnyDwgDt0arbC6yl1ryBc9fxjtons6Y4Om/s1080/Wonka2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="541" data-original-width="1080" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfEv0n-g0tuaRX4fDC6Ew55XJ_me2XopTOMg5LrjHW3i3pOnK7Ir30p7SHG0VNb4AQis48D-QeoCaxrvFLqOt6Ha3cH6lJuv2pVt6O3W-17koVVMmyF3n8nUTsEgxm82zZA51txOUgmC4EzjsBY414nhfaZzbnyDwgDt0arbC6yl1ryBc9fxjtons6Y4Om/w400-h200/Wonka2.jpg" width="400" /></a></div><p>Il giovane <b>Willy Wonka</b> (<i>Timothée Chalamet</i>), una sorta di illusionista gioviale e analfabeta, nutre il sogno di aprire un negozio di cioccolata nella più lussuosa galleria commerciale della città, la Gallerie Gourmet. Il suo arrivo in città, da subito stupefacente, non è visto di buon occhio dalla triade del cioccolato formata da <b>Slughworth </b>(<i>Paterson Joseph</i>), <b>Protnose</b> (<i>Matt Lucas</i>) e <b>Fickelgruber</b> (<i>Mathew Baynton</i>) che farà di tutto per non lasciar spazio a questo potenziale concorrente capace di creare delle vere delizie al cioccolato. I tre cioccolatai non saranno però gli unici a creare problemi per <b>Wonka</b>: essendosi appena trasferito al giovane occorre un posto dove passare la notte; non solo analfabeta ma anche ingenuo e amichevole <b>Wonka </b>si lascia ingannare dall'accoppiata di "albergatori" la cui mente, la signora <b>Scrubbit </b>(<i>Olivia Colman</i>), con un contratto truffaldino costringerà il ragazzo alle sue dipendenze per gli anni a venire. Nella lavanderia della pensione Scrubbit, il giovane <b>Willy </b>avrà modo di conoscere altre persone come lui incastrate dalla padrona di casa tra le quali ci sono la piccola orfana <b>Noodle</b> (<i>Calah Lane</i>) e l'operoso e maturo <b>Abacus Crunch</b> (<i>Jim Carter</i>). Nonostante la reclusione <b>Wonka </b>non si dà per vinto e con l'aiuto di <b>Noodle </b>cercherà in ogni modo di realizzare il suo dolce sogno al quale è legato il ricordo della madre defunta (<i>Sally Hawkins</i>).</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkklhbC2wMDosSnz02GjSTNJd47hzp4xzxrSCoFIhOQhk9a9mMW22SaF4N6M4jnd-yP8XV8EnSwDSg_SWs-63GJXoXs4700OTZsJ4qo4SEIwVPPicNaIcGu6hWMIV5bBnIUh-m-ROX7XNG-dMk6vGoTp4B1kBEa-vQ3Gy-YwlbIyeid9qiCvJoB24n3pB8/s1280/Wonka3.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkklhbC2wMDosSnz02GjSTNJd47hzp4xzxrSCoFIhOQhk9a9mMW22SaF4N6M4jnd-yP8XV8EnSwDSg_SWs-63GJXoXs4700OTZsJ4qo4SEIwVPPicNaIcGu6hWMIV5bBnIUh-m-ROX7XNG-dMk6vGoTp4B1kBEa-vQ3Gy-YwlbIyeid9qiCvJoB24n3pB8/w400-h225/Wonka3.webp" width="400" /></a></div><p>Il <b>Wonka </b>di <b>Paul King</b> più che l'incarnazione giovanile del <b>Wonka </b>di <b>Wilder </b>sembra piuttosto una giovane <b>Mary Poppins</b> al maschile: il cappello di <b>Chalamet</b> richiama la celebre borsa di <b>Julie Andrews</b> così come alcune movenze e in generale le atmosfere e lo spirito dell'intero film ricordano la brillante governante inglese. A proposito di inglese... <b>King</b> mette in campo un <i>parterre </i>britannico di attori che riporta a tantissima fiction inglese degli ultimi anni: <b>Olivia Colman</b> (<i>The Crown</i>), <b>Sally Hawkins</b> (i due<i> Paddington</i>),<b> Matt Lucas</b> (<i>Doctor Who</i>), <b>Rowan Atkinson</b> (<i>Mr. Bean</i>), <b>Jim Carter</b> (l'indimenticabile<b> Carson </b>di <i>Downton Abbey</i>) per finire con <b>Hugh Grant</b> che (suo malgrado, pare) interpreta il ruolo del fin qui unico <b>Umpa Lumpa</b>, esserino dalla faccia arancione come nel film del '71. Il protagonista <b>Chalamet</b>, lui non britannico, è un giovane <b>Wonka </b>perfetto, a suo completo agio con le movenze teatrali del personaggio, col canto (?) e con il ballo (numeri non troppo complessi, per carità), l'impressione è che la visione in lingua originale qui sia d'obbligo per apprezzare al meglio il lavoro degli attori. <b>Paul King</b> dirige con mano abile, regia vivace e mai noiosa, la camera ferma al meglio ciò che la scenografia, a tratti fantasiosa, a tratti dickensiana propone, confezionando uno spettacolo per famiglie con un ottimo equilibrio tra impatto visivo (non troppo estremo), narrazione e inserti musicali. Guardato in concomitanza con il Natale <i>Wonka </i>ci chiede di non cedere al malaffare, di coltivare i sogni e la solidarietà, di voler bene alle altre persone e che alla fine di tutto non è nemmeno tanto importante il cioccolato in sé, lo è invece con chi lo si condivide. Lacrimuccia, titoli di coda.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEM89ajP8nwbfo9zUrr3uEvHi2A484ecVcwy9ZKJ8X5R6_Liv9Ua2lVYfo_iBd59hNtKc5dgdREKVuHOksiTBTOSt4r16rnXYW-_V-Gi3xdzVSLzskRiYiVDqMG-OWZJ7WO33-awoWAYbag3OPBqrTed7US56Ii3u0BWmXlAwE6RB5-RiX6tDSEoCpi5w0/s1198/Wonka4.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="799" data-original-width="1198" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEM89ajP8nwbfo9zUrr3uEvHi2A484ecVcwy9ZKJ8X5R6_Liv9Ua2lVYfo_iBd59hNtKc5dgdREKVuHOksiTBTOSt4r16rnXYW-_V-Gi3xdzVSLzskRiYiVDqMG-OWZJ7WO33-awoWAYbag3OPBqrTed7US56Ii3u0BWmXlAwE6RB5-RiX6tDSEoCpi5w0/w400-h266/Wonka4.webp" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-771000177996564408.post-54130619162969782032024-01-04T00:49:00.002+01:002024-01-04T14:16:58.747+01:00IL RAGAZZO E L'AIRONE<p>(<i>Kimi-tachi wa dō ikiru</i> ka di <b>Hayao Miyazaki</b>, 2023)</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiysSMjOATRb_izwpyI3ocmsuNeSuRJC9nBSebA1sZwyNWaGJMmw1XdKKKWwmkZ9K2janyg_EM4A6AFmAlujlw2SumacgZ9WhdBXo7eV7XppdX0GcNkR6Oul9cE1YQCt-FrTI_6D9uNM5b0jZUi0dhhFFTmH3NANSEhkl48QJfl07Betrz8WGQI8J1oelC/s2000/il%20ragazzo%20e%20l'airone.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2000" data-original-width="1333" height="504" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiysSMjOATRb_izwpyI3ocmsuNeSuRJC9nBSebA1sZwyNWaGJMmw1XdKKKWwmkZ9K2janyg_EM4A6AFmAlujlw2SumacgZ9WhdBXo7eV7XppdX0GcNkR6Oul9cE1YQCt-FrTI_6D9uNM5b0jZUi0dhhFFTmH3NANSEhkl48QJfl07Betrz8WGQI8J1oelC/w335-h504/il%20ragazzo%20e%20l'airone.jpg" width="335" /></a></div>Esce già il primo di gennaio quello che è senza dubbio uno dei film più attesi dell'anno e che, ne siamo certi, a dodici mesi da oggi sarà uno di quelli che verranno inseriti nelle classifiche dei migliori film del 2024. Ancora non v'è certezza sul fatto che questo sarà a tutti gli effetti l'ultimo lascito del conclamato maestro dell'animazione giapponese (e tradizionale) <b>Hayao Miyazaki</b>, cosa probabile vista l'età del Nostro, <i>Il ragazzo e l'airone</i> potrebbe quindi venir considerato il testamento di <b>Miyazaki</b> (lo fu già <i>Si alza il vento</i>) e forse per la tipologia di opera alla quale ci troviamo di fronte questo potrebbe risultare molto appropriato. Se con <i>Si alza il vento</i> <b>Miyazaki </b>faceva i conti con l'ambiguità dell'eredità paterna e con l'ambivalenza della passione dello stesso <b>Miyazaki</b>, noto pacifista, per gli aerei militari, grandi esempi di ingegneria e dell'acume tecnico umano ma anche macchine latrici di morte, <i>Il ragazzo e l'airone</i> sembra una summa degli elementi che nel corso degli anni hanno caratterizzato il cinema del regista giapponese, un film difficile da leggere quanto semplice da amare, carico di simbolismi, bizzarrie, creature fantastiche e ruoli dall'interpretazione non scontata e per niente immediata. Un testamento si diceva che ha il sapore però della rinascita, per il protagonista <b>Mahito Maki</b> ma che in generale coinvolge tutte le riflessioni che l'alternarsi e il sovrapporsi dei mondi immaginifici qui creati da <b>Miyazaki </b>sono capaci di far (ri)nascere e suscitare, riflessioni affascinanti e avvolgenti (sui significati, sul cinema del maestro) quanto difficili (o impossibili) da dirimere con certezza.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-X7UZwrarjSX3N3HOBPUdZ66oCRCsFd1DVMNFb3OQ1gv7ByxIIve2Y8_4S-1ijny-T4KjnW4WgQifWKwUVzlacMz-OJl_4696wn3ix7bHb8xVkYxJ0ROs905dHQ1i4liwtkdRfTMzyyXijvU6rT4lJiPi1NRphcL2I_VgH7sW3YvEQ9JzzMaxAQycm8ks/s2880/il%20ragazzo%20e%20l'airone%202.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1544" data-original-width="2880" height="215" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-X7UZwrarjSX3N3HOBPUdZ66oCRCsFd1DVMNFb3OQ1gv7ByxIIve2Y8_4S-1ijny-T4KjnW4WgQifWKwUVzlacMz-OJl_4696wn3ix7bHb8xVkYxJ0ROs905dHQ1i4liwtkdRfTMzyyXijvU6rT4lJiPi1NRphcL2I_VgH7sW3YvEQ9JzzMaxAQycm8ks/w400-h215/il%20ragazzo%20e%20l'airone%202.jpg" width="400" /></a></div><p>Seconda Guerra Mondiale, durante un bombardamento viene distrutto l'ospedale dove lavora la madre di <b>Mahito</b>, nulla possono il tentativo di intervento dei pompieri o del marito per salvare la donna, <b>Mahito </b>diviene così un giovane orfano afflitto dal dolore. Qualche tempo più tardi il padre del ragazzo sposa la bella sorella della moglie, <b>Natsuko</b>, la famiglia si trasferisce così in una grande residenza in campagna vicina alla fabbrica di componenti militari dove l'uomo lavorerà. Qui <b>Natsuko </b>cerca di farsi accettare come "nuova mamma" da <b>Mahito </b>che, ancora sofferente per la perdita della madre, si dimostra educatamente ostile alla nuova situazione familiare. Un giorno, girovagando nei pressi della sua nuova casa immersa nel verde, <b>Mahito </b>incappa in una vecchia torre nascosta tra i boschi e ne è subito attratto. Purtroppo l'entrata è interdetta e le vecchie donne di servizio della casa tentano di dissuadere il ragazzo dall'idea di entrare nella torre. In più uno strano airone cinerino dal piumaggio bianco e azzurro inizia a tormentare il ragazzo facendogli intuire la possibilità di poter incontrare di nuovo la sua madre defunta. L'incontro tra questi elementi condurrà <b>Mahito </b>(e non solo lui) in un'avventura dove i confini del reale si slabbreranno in favore di una molteplicità di universi, di tempi, di realtà che condurranno il ragazzo (e non solo lui) verso una nuova fase della sua vita.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcdEkPzsCvy1wiJNt8zT9tvVEuPTWtJ4khUM1FBjCin3RyoZO-X1Z7gYt0E0YNceGhIYbgitq49g4ilWOwUytlbepAPUQ7U1s_7K-rvi8kcPQ5pX4KkA1M2YLwk48r4CgrpX36fpEDdRJkvca9LgSFEN2oEsWsQzLlp9idJt5AMnNaT4EIsGvnGLVT_cGs/s900/il%20ragazzo%20e%20l'airone%203.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="430" data-original-width="900" height="191" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcdEkPzsCvy1wiJNt8zT9tvVEuPTWtJ4khUM1FBjCin3RyoZO-X1Z7gYt0E0YNceGhIYbgitq49g4ilWOwUytlbepAPUQ7U1s_7K-rvi8kcPQ5pX4KkA1M2YLwk48r4CgrpX36fpEDdRJkvca9LgSFEN2oEsWsQzLlp9idJt5AMnNaT4EIsGvnGLVT_cGs/w400-h191/il%20ragazzo%20e%20l'airone%203.jpg" width="400" /></a></div><p>La storia che principia con la tragedia della guerra, il padre del protagonista che dirige una fabbrica dove si producono le calottine degli aeroplani militari, sono elementi che danno a <i>Il ragazzo e l'airone</i> un senso di continuità con il precedente film di <b>Miyazaki</b>, <i>Si alza il vento</i>, così come lo fanno alcune frasi che sembrano parlare tra loro; questo lungometraggio è in parte ispirato al romanzo di <b>Genzaburo Yoshino</b> <i>E voi come vivrete?</i>, titolo che mostra una certa assonanza con il verso di <b>Paul Valery</b> presente nel precedente lungometraggio: <i>Le vent se leve, il faut tenter de vivre!</i> In generale è tutta la struttura del film che sembra avere legami con il cinema passato di <b>Miyazaki</b>, i riferimenti sono molteplici, l'eroe è però qui un ragazzo (fatto singolare, <b>Miyazaki</b> predilige le figure femminili), forse per questo sembra esserci una componente più distruttiva nella sua figura rispetto ad altre passate (le ferite autoinflitte, lo sprezzo del pericolo senza tentennamenti), come già accennato è difficile capire se nella testa di <b>Miyazaki </b>ci fosse l'idea di un addio (artistico?) o quella di una costruzione articolata e complessa, finanche onirica (<b>Internazionale </b>accosta addirittura <b>Lynch </b>a quest'opera) di una possibile rinascita tutta da elaborare, quel che è certo è che da questo lavoro emerge una cifra immaginifica con pochi rivali che per fascino può ricordare a ragione opere come <i>La città incantata</i> o <i>Laputa - Il castello nel cielo</i>. Tra spunti autobiografici, segni di stile ricorrenti (il cibo, i panorami mozzafiato, le creaturine fantastiche e simpatiche, qui i <b>Warawara</b>, le intriganti vecchine) e momenti di forte commozione (già dall'incipit) qui l'unica certezza è che tutto è mutevole, complesso, come lo sono i ruoli dei vari personaggi, in realtà diverse, in tempi diversi, in situazioni diverse. Per quel che riguarda la forma sembra che <b>Miyazaki </b>abbia lavorato su due livelli, uno sui fondali che sembrano dipinti, fermi, realistici, una sorta di rappresentazione della Storia, del reale, un altro invece dove si muovono con un'animazione più vivace i protagonisti che appunto hanno necessità di mutare, di evolvere in qualcos'altro e che quindi non possono appartenere a quell'animazione più statica e definita ma devono avere la possibilità di essere inglobati in mondi nuovi (come <b>Mahito </b>nelle viscere del pesce) e cangianti. Ennesimo capolavoro? Forse ce lo dirà il tempo, <i>Il ragazzo e l'airone</i> necessita di essere elaborato, la percezione dello stesso può darsi sia anch'essa una cosa mutevole, è molto facile che sia così, quindi perché pronunciarsi ora con un giudizio che non lascerebbe possibilità al cambiamento?</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuZm-E2f4Ryq-F5NaVAf0z2Zugb8X7WyXIm1BhYYBp19TFxOqlW1PnP51b-92Xt4vRGGbbFlIhMYRBZDbHKgYGBGIow3hWB70fjKI2W9bdvAVkTVrVwO3ts7pOLCMESQQImH5plFCWfUcxi94gJ1boMxXIAqaksmq28Y81EPSYOMJOpuXAO7WR3ob3v8lU/s1400/il%20ragazzo%20e%20l'airone%204.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="983" data-original-width="1400" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuZm-E2f4Ryq-F5NaVAf0z2Zugb8X7WyXIm1BhYYBp19TFxOqlW1PnP51b-92Xt4vRGGbbFlIhMYRBZDbHKgYGBGIow3hWB70fjKI2W9bdvAVkTVrVwO3ts7pOLCMESQQImH5plFCWfUcxi94gJ1boMxXIAqaksmq28Y81EPSYOMJOpuXAO7WR3ob3v8lU/w400-h281/il%20ragazzo%20e%20l'airone%204.jpg" width="400" /></a></div>La firma cangiantehttp://www.blogger.com/profile/11491739553621997306noreply@blogger.com0