Come da intento originale dell'etichetta A-Z, soffermarsi anche su album che ho ascoltato tutto sommato poco o parecchio distanti dalle guide portanti del mio percorso musicale fa parte del gioco. Ciò mi permette di riprendere in mano cose dimenticate e magari scoprire pezzi validi ormai perduti nei meandri della memoria o, più semplicemente, di diversificare gli ascolti e tornare un poco sui miei passi. Diamo un'occhiata quindi anche a questo Elegy degli Amorphis.
Se l'ispirazione e l'impianto alla base di Elegy sono di indubbia matrice folk, la componente strumentale guarda al metal progressivo di stampo death più melodico, l'alternanza di cantato growl (che io non amo per nulla) e pulito, riesce a garantire un buon equilibrio e offre composizioni fruibili anche ad orecchie poco sensibili a questo tipo di sound.
Detto questo il combo, nonostante i nuovi innesti di Pekka Kasari (batteria), Kim Rantala (tastiere) e Pasi Koskinen (voci clean), sembra affiatato e capace di produrre buone cose. Il tipo di proposta può piacere o non piacere ma è indubbio che un pezzo come Better unborn, pur con tutto il suo pessimismo, goda di un ottimo tiro in bilico tra metal e lievi sapori orientaleggianti e induca anche a cantarne il motivo (quello in clean vocals) con molto piacere. Certo, magari ci si può sentire un po' idioti a cantare cose del tipo sarebbe stato meglio per me se non fossi nato, se non fossi cresciuto, se non fossi stato messo al mondo, se non fossi venuto su questa Terra e via dicendo, a parte questo il pezzo prende.
Non mancano elementi presi di peso dal metal ottantiano, quello tanto caro agli Iron Maiden e compagnia bella, la famosa NewWaveofBritishHeavyMetal, ne la doppia cassa, le epiche cavalcate a crescere e così via. Alcuni dei temi proposti sono anche interessanti o quantomeno curiosi, vedi ad esempio il trattamento riservato alla figura della vedova qui dipinta come una sorta di strega nel brano dal titolo programmatico Against widows.
I suoni sono ben amalgamati, le tastiere mai invadenti e le chitarre girano in armonia tra loro, anche sui passaggi più pacati gli Amorphis non sembrano cedere il passo. Sono percepibili, almeno da chi come me non è solito idolatrare il genere, alcuni momenti di stanca che emergono qua e là dopo l'ascolto della prima metà del disco, l'impressione che sia presente qualche calo di tensione si affaccia alla mente. E' innegabile che la scelta di attingere al folclore dei miti del proprio paese, miti che affondano nella vecchia tradizione orale, aggiunga una dose di fascino, seppur criptico, al lavoro dei finlandesi.
In Elegy i pezzi buoni ci sono, un ascoltatore magari più vicino di me a questo tipo di suoni avrebbe potuto certamente parlare dell'album in toni più entusiastici, per me semplicemente non è più tempo, questo nulla vuol togliere all'impegno messo dagli Amorphis nel confezionare questo album che sembra abbia riscosso anche un ottimo consenso di critica e pubblico.
Elegy, 1996 - Relapse Records
Tomi Koivusaari; voce, chitarre, tamburello
Esa Holopainen: chitarra
Olli-Pekka Laine: basso
Pekka Kasari: batteria
Kim Rantala: tastiere
Pasi Koskinen: voce
Tracklist:
01 Better unborn
02 Against widows
03 The orphan
04 On rich and poor
05 My kantele
06 Cares
07 Song of the troubled one
08 Weeper on the shore
09 Elegy
10 Relief
11 My kantele (acoustic reprise)
io gli Amorphis li conoscevo anche da prima e questo disco, bellissimo, fu una specie di shock, soprattutto perché furono tra i primi ad avvicinarsi al folk con sonorità per l'epoca nuove soprattutto nell'ambito death metal da cui provenivano , poi tanti altri li imitarono...
RispondiEliminaIo conosco solo questo disco che, nonostante non sia proprio il mio genere d'elezione, trovo un buon disco. Tra l'altro, a proposito di passaggi da sonorità più estreme a cose totalmente diverse, potrei a breve scrivere due parole sugli Anathema.
EliminaAltro mio grande amore di quegli anni...
RispondiEliminaAllora ne riparliamo tra un po'... :)
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