(Tau man ji D di Andrew Lau e Alan Mak, 2005)
Nuova incursione nel Cinema orientale, questa volta siamo dalle parti di Hong Kong, città che per anni è stata la patria d'oriente del Cinema action e muscolare (ma non solo), una scuola prolifica che ha sfornato parecchi prodotti di alto livello. Tocca dire, purtroppo, che non è il caso di Initial D, film a target adolescenziale che pur lasciandosi guardare non ha davvero nessuna freccia al suo arco per entusiasmare lo spettatore con un minimo di pretese di qualità. Initial D è tratto dall'omonimo manga in quarantotto volumi di Shuichi Shigeno che ha generato anche diverse trasposizioni in anime, le serie a cartoni animati giapponesi, e questo live action diretto a quattro mani (ma ne sarebbero bastate davvero anche solo due) da Lau e Mak. Al centro della vicenda ci sono le corse illegali in auto che prendono vita sui tornanti del monte Akina e dove a guidare i veicoli sono dei ragazzi adolescenti o poco più. Proprio le gare, che avrebbero dovuto essere il punto di forza del film, si rivelano invece il suo punto debole (non che ne manchino altri), le discese a rotta di collo dal monte Akina sono tutte più o meno uguali, le riprese molto simili tra loro, si aspetta a ogni curva la scodata vincente propria del drifting, le variazioni sono minime e il gioco viene presto a noia, in un film come questo dove l'aspetto dinamico è fondamentale una regia più fantasiosa e vivace era il minimo che ci si potesse aspettare, invece...
Takumi (Jay Chou) è uno studente che dopo la scuola lavora alla stazione di servizio di proprietà della famiglia del suo amico Itsuki (Chapman To), uno sbruffoncello grassotto dagli scarsi talenti. La sera Takumi aiuta il padre ubriacone Bunta (Anthony Wong) con le consegne di tofu che l'uomo prepara durante il giorno. A Takumi capita spesso di effettuare delle consegne con la AE86 di suo padre proprio sul monte Akina sulle cui strade Takumi si è fatto le ossa e, un po' per esperienza, un po' per talento, un po' per genetica (il padre è stato un grande pilota), ha imparato a conoscerne le strade come le sue tasche. Coinvolto dal suo amico Itsuki, Takumi entrerà nel giro delle gare clandestine che si corrono più per la gloria che per i soldi, qui affronterà altri piloti fino ad arrivare a gareggiare contro dei veri professionisti. Nel frattempo prenderà corpo una bella relazione con l'amica d'infanzia Natsuki (Anne Suzuki) innamorata da tempo del ragazzo, Natsuki però sembra serbare un qualche tipo di segreto.
Come si diceva il film si può guardare a patto di non aspettarsi nulla, in ogni caso ci sono modi migliori per passare un paio d'ore, Initial D non rientra di certo tra le migliori espressioni del Cinema asiatico. Anche dal punto di vista attoriale non c'è troppo da stare allegri, il protagonista Jay Chou ha meno espressioni di quelle che attribuiva Leone a Eastwood (non ha nemmeno il cappello quando guida), Wong recita per tutto il film con gli occhi chiusi per caricare la parte dell'ubriaco, Chapman To gioca la parte del deficiente, della macchietta vista in tanti manga, insopportabilmente sopra le righe, si salva la Suzuki che tra l'altro interpreta anche il personaggio più bistrattato, unico ruolo femminile di peso in un film tutto al maschile e non ne esce nemmeno troppo bene. Initial D potrebbe interessare agli appassionati di auto ma manca l'adrenalina che la gara dovrebbe scatenare, il manga non vanta un'edizione italiana e quindi anche qui non c'è un pubblico di riferimento, lo si può consigliare a chi ha apprezzato le serie anime, rimarcando una volta ancora che in giro si trova sicuramente di meglio.
Stavolta passo, e comunque se proprio il binomio cinema orientale - auto ci deve andare, Tokyo Drift deve essere ;)
RispondiEliminaCiao Pietro, questo lo puoi saltare a piè pari, non so nemmeno io perché l'ho guardato :)
EliminaLo vidi al cinema all'epoca (forse in qualche rassegna?) e francamente anch'io non ricordo motivi validi per recuperarlo, se non per le scene di corsa su strada.
RispondiEliminaCiao Christian, guarda anche le scene su strada sono tutte molto simili una all'altra, anche su quel versante non c'è di che gioire.
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