(The dead don't die di Jim Jarmusch, 2019)
Fiumi d'inchiostro e cataloghi infiniti d'immagini hanno inondato e rielaborato gli zombi di Romero nel corso dei decenni, giunge ora il tempo anche per Jim Jarmusch di dire la sua sull'argomento, il regista di Akron sceglie di farlo giocando, divertendosi come un pazzo allestendo un film che è un coacervo di citazioni, trovate assurde e slanci metatestuali altrettanto bislacchi che vanno a comporre una storia che non amplia di molto il discorso, anzi, ma che non può che risultare dannatamente divertente. The dead don't die (che bello il titolo originale, provate a pronunciarlo ad alta voce) non presenta l'evoluzione di quegli zombi ormai assurti a metafora del tarlo del consumo, gli zombi di Jarmusch non sono l'evoluzione di quelli di Romero semplicemente perché questi zombi (noi) non si sono evoluti nemmeno un pochino, sono piuttosto una versione uguale a quella vecchia traslata nella realtà di oggi, esseri ciondolanti, ottusi e illuminati solo dalla luce di uno smartphone (emblematica fino al didascalismo la scena dei telefonini), in qualche modo pericolosi, l'assunto non è sottile né mascherato, Jarmusch ce lo spiattella lì, banalmente in evidenza, mentre è impegnato a cazzeggiare con la sua cricca di amici per costruire questo film completamente stralunato.Centerville è una piccola cittadina con meno di mille anime ad abitarla, Cliff (Bill Murray) e Ronnie (Adam Driver) sono gli unici tutori della legge insieme all'agente Minerva Morrison (Chloë Sevigny), posto tranquillo, poco movimento per la coppia di pards se non per fare qualche controllo su presunti furti di polli da parte del vagabondo del paese (l'eremita Tom Waits, non poteva mancare). Alla radio, in televisione, inizia a diffondersi la notizia che le operazioni di fracking ai due poli della Terra stanno compromettendo l'equilibrio dell'asse terrestre, in contemporanea a Centerville (e presumibilmente in tutto il mondo ma noi non lo vediamo) iniziano a verificarsi strani fenomeni: il buio arriva sempre più tardi, gli animali si allontanano dal centro abitato, fino a che un paio di non morti, tra i quali un Iggy Pop ormai marcescente, saltano fuori dai loro fossi mietendo le prime vittime, con in testa una piccola ossessione per il caffè. Già prima di quest'ultimo episodio Ronnie capisce che "tutta questa storia non andrà a finire bene". Ognuno degli abitanti del paese affronterà il nuovo status quo con un piglio differente: Ronnie con una grande naturalezza mista a inconsapevole cinismo, Cliff è fatalista ma con un tocco di riguardo in più (ma non troppo), Minerva è l'unica giustamente spaventata e sconvolta, Bobby (Caleb Landry Jones), proprietario dell'emporio del paese, cerca di mettere a frutto le sue conoscenze da nerd cinefilo, supportato dal ferramenta Hank (Danny Glover) che ci mette l'attrezzatura. L'inquietante titolare dell'impresa di pompe funebri Zelda Winston (Tilda Swinton), novella Michonne albina, taglia teste a suon di katana, l'allevatore Miller (Steve Buscemi) riversa le sue rozze maniere, prima beneficio dei concittadini, sui caracollanti nuovi arrivati, e via di questo passo.
Jarmusch realizza un puro divertissement, ci mette dentro le canzoni che gli piacciono, persino il titolo è preso pari pari dal brano The dead don't die di Sturgill Simpson, chiama a raccolta i suoi amici tra i quali a Tom Waits, uno di quelli di più lunga data, è affidata la chiosa all'assunto del film, nel caso ci fosse tra gli spettatori qualcuno particolarmente distratto che non ne avesse colto il messaggio ("Che mondo di merda!"), innerva nel racconto citazioni a cose a lui presumibilmente care (su una delle lapidi del cimitero si legge il nome di Samuel Fuller) e offre un bel lavoro di regia scompigliando anche le carte di per sé già ben mescolate con l'aggiunta di autoconsapevolezza attoriale da parte di un paio di personaggi. Insomma, I morti non muoiono è un calderone dove ci finisce dentro un po' di tutto, ma Jarmusch è un cuoco esperto, originale e talentuoso, forse un po' matto, butta però sul piatto solo pezzi da novanta: Adam Driver con la sua presenza fisica atipica è perfetto per questa Centerville, Murray fa Murray e lo conosciamo, impagabile lo zombi di Iggy Pop che qui eclissa anche Tom Waits, Buscemi nel ruolo dello stronzo lamentoso è nel suo, la Swinton è indecifrabile e la Sevigny porta un tocco di sana normalità. Cast di gran classe (e ci sono ancora RZA, Selena Gomez, Danny Glover, Carol Kane), ottima confezione e approccio sufficientemente laterale per far guadagnare un posto di rispetto a I morti non muoiono nell'ormai infinita epopea dei morti viventi.
Questo film è stato giustamente adorato dalla maggior parte dei critici. A proposito di Iggy Pop...mi sa che il nostro deve essere un grande appassionato del cinema horror. Se non ricordo male, in tempi recenti, aveva legato il suo nome ad una campagna di crowdfounding per un progetto di film di Dario Argento del quale Iggy avrebbe dovuto diventare uno degli interpreti. Purtroppo poi come la maggior parte dei progetti recenti dell' ex Darione nazionale alla fine non si è concretizzato niente.
RispondiEliminaProbabilmente Iggy è fan di un certo Cinema, qui in un ruolo in cui ipotizzo si sia divertito molto. Tutto il film sembra un grande gioco tra amici, e alla fine funziona!
EliminaNon ho simpatia per i film di zombie, neanche quelli di Romero, ma da Jarmush compro qualunque cosa, anche un nuovo film su Pinocchio, quindi cercherò di vedermelo.
RispondiEliminaSi, dai, per Jarmusch ne vale la pena.
EliminaDivertente ma a conti fatti non del tutto soddisfacente, speravo meglio.
RispondiEliminaA me è piaciuto proprio perché molto strambo, non è ovviamente un grande film però molto divertente.
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