(di Abel Ferrara, 2019)
È un piacere tornare dopo diversi anni al Cinema di Abel Ferrara, regista da sempre lontano da tutti i circuiti mainstream, piazzato in gioventù sul piedistallo che si riserva a quegli artisti meno acclamati di altri dal grande pubblico e anche per questo affascinanti, circondati da quell'aria maudit, capaci di andare controcorrente e regalare film forti all'interno dei quali è possibile scovare (e scavare) le debolezze dell'animo umano, le sue laceranti dipendenze alle quali lo stesso Ferrara per lungo tempo ha pagato pegno. In questo ambito Ferrara, a prescindere dagli invaghimenti giovanili di chi scrive, lascia testimonianze di altissimo livello, dopo l'esordio nel 1977 con il porno 9 lives of a wet pussy, il regista newyorkese (di origine campana) sigla alcuni film che con gli anni si sono ritagliati una certa fama, per ricordarne alcuni citiamo almeno The driller killer, L'angelo della vendetta, Fratelli, Kings of New York, The addiction - Vampiri a New York e il più celebre di tutti: Il cattivo tenente rifatto in epoca più moderna da Werner Herzog con Nicholas Cage al posto di Harvey Keitel, un remake che per ora mi sono rifiutato di guardare.A più di vent'anni di distanza da quei film, con Tommaso ritroviamo un Abel Ferrara che ancora ci racconta le sue dipendenze, le sue difficoltà nell'affrontare la vita quotidiana, lo fa però mettendo da parte le metafore (i vampiri di The addiction per esempio) e portando in piazza, alla luce del sole, un sentito e sincero esame di coscienza con un film autobiografico nel quale il protagonista, il sodale Willem Dafoe, è semplicemente Ferrara in un corpo diverso, con un nome diverso, tanto che a recitare nei ruoli della compagna Nikki e della figlia DeeDee ci sono proprio la moglie di Ferrara, Cristina Chiriac e sua figlia Anna. La camera del regista riesce a restituire un'aura di veridicità al racconto nonostante lo spettatore sappia benissimo che pur nel narrare più sincero, inscenato con autentica aderenza ai fatti e massima onestà nelle intenzioni, nel Cinema sta la finzione, sappiamo che Dafoe non è realmente Ferrara, che lo sguardo dell'autore incide sul risultato, eppure entriamo in una storia quotidiana e la bolliamo come vera, aiutati forse dall'ambiente, una Roma quantomai alla portata del passante occasionale, del cittadino, lontana dai luoghi da cartolina nonostante qualche bello scorcio (è pur sempre Roma, sarebbe impossibile il contrario), nelle passeggiate di Tommaso, nei pomeriggi ai giardini con DeeDee, nelle soste nei bar del quartiere, emerge una semplice quotidianità abitata con grande naturalezza da un regista di successo (certo, non è Spielberg, ma comunque...).
Tommaso è un regista americano trasferitosi a Roma che sta lavorando alla fase di scrittura del suo prossimo film, le sue giornate passano tra i doveri di padre e di marito nei confronti della piccola DeeDee e della moglie Nikki e una serie di altre attività ricorrenti: il corso di italiano per imparare sempre meglio la lingua del paese delle sue origini, quello di recitazione che invece tiene come docente a un nutrito gruppo di giovani ragazze e ragazzi, gli incontri con gli alcolisti anonimi, forza trainante per mantenere l'impegno di non ricadere in dipendenze ormai sepolte nel passato, i momenti di meditazione e soprattutto i piccoli bisticci quotidiani con una moglie molto più giovane di lui, in cerca di un'identità precisa, di una forma di libertà che provoca in Tommaso preoccupazioni e gelosie.
Commuove la forte determinazione di Tommaso/Abel nel non ricadere negli errori del passato e nel dare a questa bambina tutto ciò di cui ha bisogno, soprattutto sotto il punto di vista della presenza, come a redimersi da vecchi errori fatti nei confronti di altre persone abbandonate in passato, Tommaso è uno scavo continuo nel momento, nella vita, nel susseguirsi dei giorni, per trovare un difficile equilibrio esistenziale che deve tener conto dei rimorsi, dei demoni interiori, delle gelosie, delle altrui necessità, dell'arte, dell'energia attraente del sesso (e delle altre donne) che qui si sostanzia in sequenze oniriche più che nel rapporto con una moglie bella e giovane ma spesso distante. Lo stile di ripresa adottato è quello di prossimità, siamo come spettatori molto spesso vicini a Tommaso, lo inseguiamo nelle sue passeggiate, nei suoi spostamenti, le scelte stilistiche di Ferrara ci proiettano dentro la storia, accanto ai protagonisti, è questa un'opera di una sincerità disarmante che non può che farci affezionare ancora un po' di più a un regista, meglio a un uomo, che anni fa era altro e che amavamo per i suoi vizi e che ora si lascia amare nel suo tentativo di abbandonarli e tenerli lontani. Come molti degli esiti del regista newyorkese anche questo Tommaso non è riuscito a catturare il grande pubblico, probabilmente un'opera del genere non è neanche troppo interessata a farlo.
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