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domenica 29 agosto 2021

AN ELEPHANT SITTING STILL

(Dàxiàng xídì'érzuò di Hu Bo, 2018)

Di pochi film si può dire che siano dei veri monumenti, opere che lasciano il segno e un'eredità incancellabile, nel caso specifico di insanabile disperazione; An elephant sitting still è uno di questi, senza ombra di dubbio, l'opera prima e purtroppo ultima di un giovane regista, Hu Bo, che terminata la realizzazione di questo film fiume (sfiora le quattro ore di durata) si toglierà la vita apparentemente per dissapori con la produzione. Guardando il film si può solo ipotizzare un malessere esistenziale da parte dell'autore di cui peraltro non abbiamo prove certe ma che riecheggia in maniera dolorosa, lancinante, all'interno di una narrazione di cupo nichilismo senza speranza, uno strazio profondo senza via d'uscita emerge dalle quotidiane esperienze dei personaggi messi in scena da Hu Bo e da una disgregazione sociale insostenibile che all'apparenza una delle maggiori potenze mondiali come la Cina non si cura di prendere nemmeno in considerazione, lasciando i suoi cittadini in balìa di una quotidianità di vuoto disperato, sofferenza e rassegnazione. Non è semplice tradurre in parole le sensazioni che l'opera di Hu Bo suscita durante la visione, l'immersione in queste quattro ore di cinema è totalizzante, se ne uscirà con un dolore nuovo per esistenze di cui raramente abbiamo consapevolezza.

An elephant sitting still ci mostra la quotidianità di quattro personaggi le cui vite sono destinate a incrociarsi, tutti i protagonisti arrivano da situazioni familiari insostenibili, Bu Wei (Peng Yuchang) vive in condizioni precarie, disprezzato dal padre, un ex poliziotto che ha perso il lavoro; per difendere l'amico Li Kai (Ling Zhenghui) dal pericoloso bullo Yu Shuai (Zhang Xiaolong) Bu Wei ferisce accidentalmente quest'ultimo. Il bulletto è però fratello di Yu Cheng (Zhang Yu), piccolo criminale che per questioni d'onore non può lasciar correre l'episodio. Lo stesso Yu Cheng è in una situazione di grande costernazione, pur tentando di giustificare a sé stesso e ad altri l'accaduto, è stato causa del suicidio del suo migliore amico che lo ha scoperto a letto con la moglie. Huang Ling (Wang Yuwen) vive sola con la madre che per lei non ha una stilla d'amore, la loro abitazione e in condizioni misere, la madre vive in un'apatia perenne, nell'abbandono e nello sfacelo del quale Ling non riesce più psicologicamente a farsi carico, distrutta dalla vita miserabile che conduce si appoggia al vice preside della sua scuola, un uomo molto più grande di lei, per poter passare almeno qualche ora in una casa decente e ordinata; tra le altre disgrazie la scuola che frequentano lei e Bu Wei è destinata alla chiusura, è una delle peggiori scuole della città, il destino di questi ragazzi è segnato, non c'è speranza, se va bene finiranno in strada a fare gli ambulanti per tutta la vita. Wang Jin (Liu Congxi) invece è un uomo anziano, vive con la figlia e il genero che sono decisi ad abbandonarlo in un'ospizio fatiscente togliendogli anche la compagnia della piccola nipotina.

Hu Bo si fa cantore del fallimento di un Paese abbacinato da nuove possibilità di ricchezza portate dall'asset globale ma indifferente al benessere e alla felicità dei propri cittadini, argomenti che in altre forme abbiamo visto anche nel cinema di Jia Zhang-ke. An elephant sitting still è un grido d'aiuto per quei milioni di persone che non hanno voce, condannate a esistenze che sono inferni privati senza possibilità d'uscita se non la morte. In una sequenza una Huang Ling preoccupata fa notare a Bu Wei come Yu Cheng potrebbe anche ammazzarlo per quel che è accaduto al fratello, alla preoccupazione della coetanea il giovane ragazzo risponde con un laconico e disperato "sarebbe fantastico". Questa è la misura delle esistenze dei protagonisti che non vedono prospettive e ai quali le giornate pesano ormai come macigni, accomunati da uno stralunato desiderio, quello di muovere verso Manzhouli, città dove sembra ci sia, presso un circo, un fantomatico elefante (che non vedremo mai) indifferente a tutto, capace di sopravvivere alla vita standosene seduto immobile tutto il giorno, lontano da sofferenze e preoccupazioni, una condizione alla quale sembrano ambire i nostri protagonisti altrimenti flagellati da dolore, mancanza d'amore, infelicità, disperazione sconfinata. Lo sguardo di Hu Bo segue caratteristiche ben precise, molta camera a mano (fermissima) a seguire costantemente i protagonisti, poche le panoramiche su un contesto intuibile come degradato e depress(iv)o, spesso gli attori sono pedinati, inquadrati di spalle, come i ragazzi di Elephant di Van Sant ma in una prossimità ancora maggiore; il circostante, i coprotagonisti, sono spesso fuori fuoco come a concentrare l'attenzione dello spettatore sulla desolazione di questi uomini, ragazze, ragazzi, vecchi. La consapevolezza dell'infelicità sconfinata di queste vite aumenta su brevi momenti di pausa che Hu Bo concede allo spettatore, come a far digerire le sensazioni suscitate dal film, qui interviene lo score musicale di Hua Lun, minimale, oscuro, perfetto per aumentare ancora il mood disperato della narrazione. Si chiude con un forte senso di perdita per un autore che avrebbe potuto dare molto al cinema e al quale, per qualche motivo, come accade ai suoi personaggi, almeno per un momento la vita deve essere sembrata insostenibile.

4 commenti:

  1. Un film difficile, ne scrivo proprio domani e lì saprai cosa ne penso, che qui su due piedi è complicato parlarne.

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  2. Finito ora.
    Che dire... Trovare parole è difficile...

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    1. Film capolavoro, totale, devastante, una delle cose più dense che ho visto negli ultimi anni, probabilmente in assoluto.

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