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domenica 26 luglio 2020

THE LITTLE HOUSE

(Chiisai ouchi di Yoji Yamada, 2014)

Prosegue l'esplorazione del Cinema di Yoji Yamada. Con The little house il regista adatta un romanzo di Kyoko Nakajima che narra le vicende legate a una coppia sposata che vive a Tokyo in una bella casa dal tetto rosso; siamo negli anni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale, in quel tempo il Giappone era in guerra con la Cina mentre mese dopo mese si muovevano gli eventi che avrebbero portato il Paese allo scontro aperto con gli Stati Uniti d'America.

La storia si svolge su tre piani temporali: nel presente l'ormai anziana Taki (Chieko Baisho) arriva alla fine dei suoi giorni; dopo la cerimonia funebre il suo affezionato nipote Takeshi (Satoshi Tsumabuki) inizia a ripercorrere con la memoria l'ultimo periodo della vita della zia (secondo piano temporale) che negli ultimi anni di vita aveva preso a scrivere la sua autobiografia, racconto che porta la narrazione su un terzo piano temporale, la sua giovinezza, in un'epoca in cui una giovane Taki (Haru Kuroki) lasciò la prefettura di Yamagata per trasferirsi a Tokyo a servizio della famiglia Hirai. Il Signor Hirai (Takataro Kataoka) è un dirigente di un'azienda di giocattoli, uomo molto tradizionalista è sposato alla bella Tokiko (Takako Matsu), i due hanno un figlio, il piccolo Kyoichi alla cui guarigione dalla poliomielite contribuiranno molto le cure offerte proprio da Taki che pian piano diventerà una di famiglia. Un giorno, durante un incontro tra colleghi alla casa dal tetto rosso, il Signor Hirai presenta alla famiglia l'ultimo acquisto dell'azienda, un nuovo creativo, giovane, sensibile, un po' sognatore e scapolo, molto diverso dai barbosi amici che di solito frequenta il Signor Hirai, il suo nome è Shoji Itakura (Hidetaka Yoshioka) e molto presto, in modi diversi, entrerà nei cuori di Taki e di Tokiko.


Il film di Yamada mantiene un tono molto letterario, pur non sapendo a priori che il film è tratto da un libro, l'informazione la si può dedurre semplicemente godendo dell'incedere del racconto, messa in scena lievemente patinata rispetto ad altre opere del regista, sguardo comunque sempre accattivante e amorevole nei confronti dei personaggi, soprattutto quelli femminili, bello sguardo sui luoghi che vanno sempre a impreziosire i racconti messi in scena dal regista, qui inoltre c'è un bellissimo lavoro sui costumi d'epoca, sulla ricostruzione della casa, sugli accessori come gli ombrelli della tradizione giapponese, gli arredi, gli spazi. Molto curioso il contrasto sull'aspetto storico narrato dal punto di vista di una giovane Taki, una donna che ha praticamente vissuto sempre in casa, in un ambiente chiuso, con notizie riportate, spesso filtrate dalle opinioni degli uomini che frequentavano casa Hirai, e che pur avendo vissuto quei tempi ne conserva un'idea parziale rispetto a quella del nipote Takeshi che pur non avendoli vissuti ne conosce meglio le implicazioni geopolitiche per averle apprese lungo il suo percorso di studi, questo contrasto uscirà più volte nel corso della lettura dell'autobiografia della zia da parte di Takeshi. Al centro della narrazione una, forse due, storie d'amore delicate, trattenute, quasi impossibili nella società giapponese degli anni 30/40, raccontate con garbo da un regista del quale ormai, dopo soli tre film, posso ammettere di essermi invaghito.


La delicatezza, la serenità di sguardo, il rispetto, caratterizzano opere che corrono come un fiume placido e si lasciano amare senza riserve, peccato che dell'immensa produzione di Yamada solo poche opere siano disponibili o facilmente reperibili nel nostro paese.

2 commenti:

  1. Avevo già messo gli occhi su questo, e penso che presto passerà anche dai miei schermi ;)

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