martedì 11 giugno 2024

JUHA

(di Aki Kaurismaki, 1999)

Nonostante Juha mostri elementi comuni ad altro cinema del peculiare regista finlandese Aki Kaurismaki, uno che si lascia amare quasi a prescindere, quest'opera datata 1999 all'interno della sua filmografia sembra quasi un mero divertissement, un esercizio di stile con il quale Kaurismaki gira qualcosa di diverso rispetto a tanto cinema che si produce in epoca moderna ma anche un qualcosa di cui si apprezza l'idea di base ma che a conti fatti finisce per essere meno significativo e coinvolgente di altri esiti dello stesso regista decisamente più memorabili. Juha è l'adattamento del romanzo omonimo dell'importante scrittore finlandese Juhani Aho pubblicato nel 1911; per questa trasposizione Kaurismaki decide di girare un film muto in bianco e nero, corredato da didascalie esplicative dei principali dialoghi e accompagnato da un'indovinata partitura musicale a scandire l'avvicendarsi della varie sequenze che vanno a comporre la storia dei due protagonisti, la coppia di contadini formata proprio da Juha e da sua moglie Marja. A dar volto e corpo a questi personaggi ci sono due nomi noti per chi ama il cinema di Kaurismaki: Sakari Kuosmanen che interpreta Juha compare infatti in alcune delle pellicole più interessanti del regista tra le quali L'uomo senza passato, L'altro volto della speranza, Nuvole in viaggio e il recente Foglie al vento, Kati Outinen ha invece partecipato a una decina di titoli diretti dal finlandese che per brevità non staremo qui a elencare. A chiudere il millennio Kaurismaki ci propone, con una scelta parecchio originale, un moderno film muto.

Juha (Sakari Kuosmanen) e Marja (Kati Outinen) sono una coppia sposata di contadini che vivono una vita semplice e all'apparenza felice fatta di piccoli gesti quotidiani, della fatica dei campi, della vendita delle loro verdure (cavolo verza probabilmente) e di vicinanza e condivisione. Juha è un uomo concreto di poche parole e non troppo ricco di effusioni d'amore verso la consorte che comunque ama d'amore sincero; da principio sembra che tutto questo alla più giovane e ingenua Marja possa bastare. Un giorno dalle loro parti, una fattoria isolata nella campagna, capita un signore maturo (più di Juha) e ben agghindato, il suo nome è Shemeikka (André Wilms); a causa di un guasto alla sua auto sportiva l'uomo chiede aiuto proprio a Juha, nell'attesa che la sua auto venga riparata Shemeikka non manca di posare gli occhi sulla giovane e piacente Marja. Questa, dopo alcune avances, si sente lusingata e ammaliata da promesse di mille meraviglie cittadine e decide di abbandonare il marito per intraprendere una fuga e una nuova vita a fianco del più stimolante Shemeikka. Giunti in città questo si rivelerà essere un farabutto della peggior specie, un aspirante pappone e uno sfruttatore, ma (s)fortunatamente Juha non ha ancora rinunciato alla sua amata Marja.

Con la scelta di un bianco e nero netto, pulitissimo e moderno, fotografato dal sodale Timo Salminen (quasi una ventina di volte insieme al regista finlandese), Kaurismaki torna al muto sul volgere del nuovo millennio, lo fa in maniera spiritosa e con i piedi ben piantati nel suo presente. I temi richiamano quelli spesso esplorati dal regista: Juha in fondo è un marginale, un semplice, un buono, un solitario anche quando contornato da altre persone (il finale poi, che non sveliamo, è limpido cinema kaurismakiano. Si può dire kaurismakiano?), i personaggi sono un poco strambi, surreali. Le didascalie dei dialoghi sono asciugate all'osso, poche, solo quelle essenziali, la vicenda lineare è in qualche modo leggibile con un certo anticipo nella struttura da parte dello spettatore non completamente svagato o distratto. Diretto e semplice Juha si lascia apprezzare proprio per le idee di Kaurismaki e per il coraggio che il regista dimostra nel proporre qualcosa di diverso (non che Kaurismaki sia mai stato uno allineato) ma allo stesso tempo non riesce a entusiasmare proprio per la semplicità della narrazione, nonostante la recitazione tirata ad hoc per inscenare questo muto contemporaneo, con gesti e oggetti di scena enfatizzati, espressioni parlanti e quant'altro. Bene ma non benissimo si sarebbe detto qualche anno fa (magari anche oggi ma ormai saprete che lo stare sul pezzo non è proprio la qualità preponderante di chi scrive), non male ma del buon Aki si può di certo recuperare di meglio.

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