lunedì 22 gennaio 2018

LA GRANDE FUGA

(The great escape di John Sturges, 1963)

Per moltissimi aspetti La grande fuga mi ha ricordato il più celebre filmone bellico Quella sporca dozzina, diversi gli elementi in comune tra i due film per i quali è doveroso sottolineare che è proprio La grande fuga ad essere stato realizzato per primo, se c'è stata quindi ispirazione tra le due opere è quest'ultima che ha figliato in qualche modo il grandissimo film di Robert Aldrich. L'episodio che sta alla base delle vicende narrata ne La grande fuga ha moltissimi elementi di verità storica, il film, trasposizione del libro di Paul Brickhill, racconta quella che è stata una delle più ardite evasioni da un campo di prigionia tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale, nella fattispecie quella degli aviatori inglesi trattenuti dalla Luftwaffe nel campo Stalag Luft III a Sagan (attuale Polonia). La parte iniziale de La grande fuga presenta toni molto scanzonati, quasi da commedia, ci mostra l'arrivo di tutta una serie di personaggi, alcuni sopra le righe, appartenenti all'aviazione inglese e rinchiusi in un campo di prigionia gestito dagli ufficiali dell'aviazione tedesca. È chiaro fin da subito come l'unico interesse di pressoché tutti i militari inglesi (e qualche americano) sia la fuga, fuga tra l'altro già tentata da tutti loro in altri campi di prigionia, ragion per cui l'esercito tedesco decide di raggrupparli in un unico campo altamente sorvegliato. Il rapporto descritto da Sturges tra inglesi e tedeschi è però di massimo rispetto, c'è una gestione dei prigionieri da parte della Luftwaffe molto lasca che dà adito quindi a quella contaminazione tra il bellico e la commedia che così bene ha funzionato anche per Quella sporca dozzina. Appurato che il nodo centrale del film, come sottolineato banalmente anche dal titolo, sarà la realizzazione di una grande fuga, non resta che procedere all'assemblaggio di una squadra che realizzerà il piano per portare fuori dal campo il maggior numero di prigionieri, e si parla di un'evasione di circa duecentocinquanta uomini, almeno nelle intenzioni.


Anche in questo caso il cast è ricco, il volto simbolo del film è sicuramente quello di Steve McQueen nel ruolo del Capitano Virgil Hilts, che più volte fungerà da diversivo e da prezioso informatore, sue alcune delle scene più belle e iconiche del film, quelle della famosa fuga sulla motocicletta tra le verdi campagne tedesche. In film come questo non può mancare il volto imbronciato di Charles Bronson, uno degli addetti alla costruzione dei tunnel per la fuga, ovviamente claustrofobico, tutto il piano è coordinato da Richard Attenborough che si affida tra gli altri anche al falsario interpretato da Donald Pleasence, incaricato di fornire tutti i documenti necessari agli uomini che riusciranno ad evadere dal campo, all'attrezzista interpretato da James Coburn incaricato di costruire tutto il necessario per attuare il piano di fuga e al maneggione tuttofare interpretato da James Garner. Tra i numerosi altri volti spicca ancora quello di David McCallum, insomma sugli attori messi in campo (di prigionia) non ci si può proprio lamentare. La storia segue tappe obbligate, la regia non è mai invadente ma ci regala diverse sequenze spettacolari, il film si lascia guardare con piacere nonostante i 172 minuti di durata siano effettivamente un po' troppi, probabilmente qualcosa si poteva accorciare apportando ancora maggior beneficio alla tenuta globale dell'operazione. Come spesso accade in film di questo stampo, che sembrano prendere anche il volo con toni scanzonati e leggeri, arriva poi il pugno nello stomaco, perché la vicenda è reale, l'argomento maledettamente serio e i comparti tedeschi delle SS e della Gestapo erano sicuramente meno concilianti degli ufficiali della Luftwaffe. Come spesso accade in film di questo stampo alla fine, è inevitabile, si contano i morti, i cadaveri delle vittime venutesi a trovare di fronte alla barbara e insensata crudeltà del nemico. La grande fuga verrà tentata da molti, saranno molti meno quelli che riusciranno a portarla a termine con un esito positivo.

Dopo il successo ottenuto nel 1960 con I magnifici sette, John Sturges, che si porterà dietro anche parte del cast, riesce a fare il bis con La grande fuga, altro bell'esempio di come la Hollywood di quegli anni riusciva a portare in scena film spettacolari e prestigiosi con ottimi risultati.

13 commenti:

  1. Il tipo di film con cui sono cresciuto, un classico del cinema che ancora oggi viene citato in continuazione, grazie per il post ma pure mannaggia a te, ora ho voglia di rivedermelo… no dai, direi più grazie, consigliare e far vedere e rivedere film così è sempre cosa buona e giusta ;-) Cheers!

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    1. E vabbè, che sarà mai? Riguardatelo, meno di tre ore e ti passa la paura! :)

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  2. Ho quasi 50 anni e ho visto il film la prima volta quando avevo l'età di Crepascolino ora ( quasi nove anni ), ma ancora oggi quando devo pianificare una missione dall'esito incerto come convincere il mio bimbo che è il caso di ripassare le ere geologiche prima della interrogazione invece di giocare con la PS a Jurassic World sento nella mia zucca il tema della Grande Fuga. Sono sempre stato per non fate la guerra e piuttosto dedicatevi a quell'altra cosa, ma quel film è entrato in me ad un livello tale che soffro di claustrofobia come Bronson nel tunnel ogni volta che entro in una IKEA e sto meditando di metter in scena i trucchetti di Don Pleasance per nascondere a Crepascola che è il caso rifaccia gli occhiali. Crepascolino poi sembra il bonsai di McCallum. Una combo di Dennis The Menace e Steve McQueen che considera un classico La Mia Moto di Jovanotti. Brr. Troppo lungo, vero, e si poteva tentare una sintesi, ma credo che Sturges e la sua posse desiderassero il pubblico si affezionasse a quegli escapisti di modo da colpirlo sotto la cintura quando il plot ne avesse piallati alcuni. Se ci pensi, Fuga per la Vittoria di Jay Huston - pellicola in cui si scappa e si pareggia lasciando il campo vincitori morali- sembra quasi una parodia di The Big Escape...ciao ciao

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    1. Vero, tra l'altro anche Fuga per la vittoria dovrei riguardarmelo. La tendenza a tenere tempi lunghi, proprio per i motivi di cui parlavi tu, era caratteristica comune a molte pellicole di quell'epoca, se il ritmo non si affloscia troppo la cosa può anche non essere un male. Le ere geologiche? per carità, sotto con Jurassic World :)

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    2. Peccato che in Fuga per la vittoria il ruolo alla Steve Mc Queen va a Stallone. Ma tanto Huston è capace di far recitare pure Bobby Moore e Ardiles.

      Tra l'altro il grande Don Pleasence fu davvero abbattuto e internato in un campo tedesco, quindi avrà fatto poca fatica a recitare quel ruolo.
      Un grande attore sottovalutato, dovevano dargli almeno l'Oscar alla carriera perché ha interpretato (bene) veramente di tutto, da Himmler al professore di "psicologica scienza" in Altrimenti ci arrabbiamo.

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    3. Un pensierino per Donald al minuto 1,26 di questo filmato:

      https://www.youtube.com/watch?v=dMIwrdP5bYc

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    4. Vero, ottimo anche Pleasence in un cast all star!

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  3. Ciao e scusa per il commento off-topic. Ma volevo avvertirti che ho risposto quest'oggi nel mio blog al Liebster Award di cui mi hai insignito a dicembre.

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  4. Lo vidi da piccolo, poi ebbi modo di risentirlo citato in un paio di pellicole tra le quali la mia preferita "Cioè, uno che con l'attrezzo ci scava i tunnel, come Charles Bronson ne La grande fuga." in Reservoir Dogs di Tarantino.

    Un pezzo di storia del cinema che fu, che mi sono pronesso di rivedere prima o poi.

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    1. Un recupero lo merita tutto, poi c'è un gran cast, una regia diligente, da vedere almeno una volta.

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