martedì 31 dicembre 2019

FIRMA AWARDS 2019 - FILM CLASSICI e LIBRI

Seconda parte degli awards più retrò del web, come ben sottolinea l'immagine qui a fianco. Dopo aver visto ieri i podi virtuali dedicati alle categorie Serie Tv e Film d'Animazione, oggi se è possibile andiamo ancora di più sul vintage tanto amato da queste parti. Eh si, perché se con i film d'animazione e con le serie tv ci si è comunque mossi su prodotti degli ultimi anni, quindi molto recenti, con le categorie che prenderemo in considerazione oggi si tornerà un pochino più indietro nel tempo.

Da qualche anno, un paio credo, preferisco dividere la categoria Film, che è quella con più materiale tra cui scegliere, in due tronconi: quello più nutrito per numero di opere con i film più recenti (post anno 2000) inerenti alle uscite del nuovo millennio, e quello con i film più classici dove ci finisce tutto ciò che è stato prodotto dal 1999 andando a ritroso nel tempo. Visto che oggi ci occupiamo proprio della categoria Film Classici ovviamente le opere un po' datate sono inevitabili. 

Stessa cosa succede con la categoria Libri, difficilmente leggo cose uscite nell'ultimo anno solare, un po' per questione di edizioni (non amo i libri cartonati e ingombranti anche se qualcuno ce l'ho) e poi anche per questione di prezzi, offerte, tempo, etc., etc... Andiamo allora a vedere in questo 2019 cosa ci hanno riservato queste due categorie, si finirà poi domani con i film più recenti, blocco che sarà un po' più numeroso di quelli presentati tra ieri e oggi.



Partiamo con la categoria dei FILM CLASSICI, visti o rivisti nel corso di quest'anno solare. A differenza che in anni passati devo ammettere di non aver trovato tra i film visionati grandi capolavori del passato, ho ripiegato quindi su un paio di opere già viste in passato e in una piacevole sorpresa dalla quale non mi aspettavo molto.

Terzo classificato:
Ufficiale e gentiluomo di Taylor Hackford
Classicissimo degli anni 80 che colpevolmente non avevo mai visto. Approcciato con una certa diffidenza il film mi ha piacevolmente colpito riconoscendogli meriti superiori rispetto a film coevi altrettanto o ancor più noti (vedi Top Gun ad esempio).



Secondo classificato:
Il Corvo di Alex Proyas
Film diventato di culto grazie a un'estetica senza dubbio accattivante e alla cattiva sorte che il film portò al protagonista Brandon Lee. Dal bellissimo fumetto di James O'Barr un'opera divenuta generazionale. Mito!



Primo classificato:
Fuoco cammina con me di David Lynch
Non ci sono rivali, per chi ama Lynch e I segreti di Twin Peaks è sempre un piacere, seppur inquieto, immergersi nelle atmosfere insalubri del regista, così come è un piacere ritrovare Gordon Cole, l'agente Cooper e tutta la cricca di svitati di quella che è ormai una mitologia moderna.




E ora qualcosa di completamente diverso! Niente, mi piaceva l'idea di aprire come i Monty Phyton. Passiamo ai LIBRI, purtroppo pochi quest'anno, una flessione dovuta alla lettura molto impegnativa di un volumone di più di millecinquecento pagine di prosa non così facile e scorrevole da assorbire. Per il resto andiamo a vedere di che si tratta...

Terzo classificato:
Il libro dei morti viventi di AA.VV.
Bella antologia curata da Skipp e Spector dedicata in toto a racconti con protagonisti zombi, morti viventi, erranti o chiamateli come vi pare, qualità media molto alta per una serie di autori quasi tutti poco tradotti qui in Italia, a parte i soliti nomi noti come Stephen King e Joe R. Lansdale. Genere Splatterpunk (non sempre così splatter) per una serie di racconti davvero piacevole.



Secondo classificato:
Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald
Recupero di un classico della letteratura americana, una storia d'amore nella quale si legge chiara la solitudine dell'esistenza dell'uomo dipinta in un contesto affascinante come quello dei ruggenti anni 20 americani.



Primo classificato:
Jerusalem di Alan Moore
Libro immenso in tutti i sensi, opera non facilissima, anzi, ma all'interno della quale c'è un mondo, anzi, ci sono più mondi. Una prosa colta e ricchissima per un'opera impossibile da condensare in poche righe. Da leggere assolutamente ma armati della giusta pazienza.




A domani per la corposa categoria dei film più recenti

lunedì 30 dicembre 2019

FIRMA AWARDS 2019 - ANIMAZIONE e SERIE TV

Rieccoci per una nuova edizione dei premi meno attesi dell'annata in procinto di concludersi, anche perché come ben sa chi segue da tempo questo spazio, raramente qui si premiano opere uscite effettivamente nell'anno in corso ma, in modo del tutto anarchico, se ci andasse di segnalare un libro del Diciannovesimo Secolo o un film degli anni 70, allora perché non farlo?

Qui si premiano solo cose che si sono lette e viste nel corso del 2019, fottendosene altamente dell'anno di provenienza di film, serie tv o libri. Per quest'anno ho deciso di eliminare la categoria fumetti, troppi ritardi accumulati, tante ristampe di materiale già noto e già letto in passato, ci si concentrerà quindi su film, libri e serie tv con ben cinque categorie prese in esame: Serie Tv, Film Classici (tutto ciò che è uscito prima del 2000), Film (dal 2000 in avanti), Film d'animazione e Libri.

Poi se scrivendo mi vien voglia magari qualche volumetto a fumetti ce lo inseriamo pure...



Partiamo dalla categoria per quest'anno meno significativa, sempre meno sono infatti i FILM D'ANIMAZIONE visionati, sarà che di Miyazaki abbiamo visto quasi tutto, di interessante abbiamo incontrato poco (mamma mia che brutto Frozen 2), in attesa di riavvicinare nuovi autori del Sol Levante per ora premiamo....

Terzo classificato:
Ralph spacca Internet di Phil Johnston e Rich Moore
Per pochi giorni non aveva partecipato agli awards dell'anno scorso ed è comunque riuscito a tenere tutto l'anno e ad aggiudicarsi il terzo gradino del podio. Magari non all'altezza del primo ma è un film che diverte toccando (in superficie) temi attuali e di interesse. Evolve l'amicizia tra Ralph e Vannellope. Niente male.



Secondo classificato:
Toy Story 4 di Josh Cooley
All'insegna della nostalgia, una chiusura che trova spazio nei cuori di grandi e piccini, riflessioni sull'andare avanti, sulle figure genitoriali, sui legami. Punta sul sentimento Toy Story 4 e fa centro nei cuori degli spettatori non troppo aridi.



Primo classificato:
La mia vita da zucchina di Claude Barras
Vince un film piccolo che è anche un piccolo capolavoro. Stop-motion e pupazzetti per una storia dai temi importanti e duri letti in chiave leggera e commovente, con pochi peli sulla lingua e senza nascondere nulla, un'onestà di vedute che spesso in Disney/Pixar manca totalmente. Chapeaux!




Passiamo alle SERIE TV: quest'anno ho avuto il tempo di guardare non più di una decina di stagioni in totale, senza contare qualche sitcom, da segnalare il finale di The Big Bang Theory che ci lascia dopo parecchi anni e migliaia di risate, e le cadute di tono di serie storiche come The Walking Dead (ormai alla deriva) e Game of Thrones (fortunatamente conclusasi). Sbirciamo sul podio...

Terzo classificato:
Stranger Things 3 dei Duffer Brothers
La serie per questa terza stagione cambia per rimanere sé stessa, evolve il contesto e tutto il décor di contorno, più horror delle precedenti vanta alcune sequenze memorabili, se non la migliore in assoluto almeno la più attesa. Sempre.



Secondo classificato:
Vinyl di Martin Scorsese, Mick Jagger, Rich Coen e Terrence Winter
L'era del declino del rock visto da Martin Scorsese, una produzione extra-lusso per narrare le vicende di una casa discografica in declino nei maledetti anni 70 tra sesso, droga e rock 'n roll. Tanta buona musica e un impianto visivo da paura. Forse costava troppo, cancellata dopo la prima stagione. Maledetti bastardi!



Primo classificato:
Gomorra 1/3 di Roberto Saviano
Narrazione italiana a livelli altissimi per tutta la prima stagione, poi un filo di schematismo serpeggia ma la serie regge in maniera strepitosa. Grandi personaggi, tutte merde ingiustificabili e ripugnanti, nella loro visione mai accondiscendente (insieme a quella splendida sui luoghi) sta la grandezza della serie. Orgoglio nazionale (non per l'ispirazione ovviamente...).



Alla prossima per le altre categorie...

domenica 29 dicembre 2019

REGALI 2019

Giorni di latitanza qui sul blog, non che nessuno ne abbia sentito la mancanza, probabilmente nemmeno io, però colgo l'occasione di augurarvi un buon fine festività, manca ancora Capodanno, anche l'Epifania e qualche momento di relax possiamo ancora concedercelo, quindi buone feste proprio a tutti!

Archiviata in casa nostra la credenza "Babbo Natale", non sono mancati i consueti regali con i quali intrattenersi nei prossimi giorni. Come al solito ecco il post riassuntivo di tutto ciò che è giunto dalle nostre parti... quest'anno magari vi faccio vedere anche qualcosa dei regali ricevuti da mia moglie e da Lauretta.

Ma partiamo dai miei: nei regali del mio Natale "dei sogni" non compaiono capi di abbigliamento ma solo cose che per altri vengono considerate futili, e quest'anno ci siamo andati vicino... (per altri mi riferisco alle persone concrete e noiose).

Sul versante abbigliamento abbiamo ottenuto solo un utile berretto che andrà a sostituire il mio, ormai consunto e passato.



Passiamo invece alle cose serie...

Per la seconda volta (arrivò già qualche anno fa) l'indispensabile abbonamento ad Internazionale, impegnativo se lo si vuole seguire in toto e per bene ma un'ottima opportunità per mettersi in pari con ciò che succede nel mondo!



Unire l'utile al dilettevole: Bowie - The Illustrated Story di Pat Gilbert. Arriva dall'Inghilterra, bellissime foto, tutto in inglese, un bel modo di ripercorrere la carriera di un grande artista e allo stesso tempo di esercitarsi con la lingua.



I consueti libri, un paio quest'anno: un vecchio recupero di Stephen King e uno dei primi Coe.



Questo me lo sono regalato io, perché i fumetti fichi non me li regala mai nessuno: Hellboy Presenta: B.P.R.D. - La Macchina Universale.



E a chiudere l'immancabile Tessera Musei, ormai un appuntamento fisso.



Segnalo ancora un bellissimo gioco ricevuto da Laura, molto ben congegnato e divertente dove ogni giocatore può impersonare uno dei più noti cattivi di casa Disney: La Regina di Cuori, Capitan Uncino, Jafar, Ursula, Malefica o Re Giovanni. Il gioco si chiama Villainous, molto bello anche esteticamente.



A chiudere uno dei miei regali per mia moglie che già abbiamo con piacere iniziato a sfruttare, il cofanetto con la serie completa di Downton Abbey.



E per quest'anno è più o meno tutto. Ancora buone feste a tutti!

martedì 17 dicembre 2019

PASSENGERS

(di Morten Tyldum, 2016)

Per godere appieno di Passengers, film senza grosse pretese, bisogna evitare di considerarlo un film di fantascienza, nonostante la situazione iniziale e l'ambientazione riportino al genere sci-fi, e vederlo invece per quello che è: un film sentimentale leggero leggero interpretato da due attori accattivanti. Visto in quest'ottica il film è piacevole, tecnicamente ben realizzato e con diverse trovate visive interessanti, corre lieve fino alla fine senza troppo entusiasmare ma anche senza mai annoiare, alla fine Passengers si ritaglia un suo perché lungo le due ore di durata, ben gestite dal regista e soprattutto dalla bella coppia formata da Chris Pratt e Jennifer Lawrence.

La nave spaziale Avalon sta viaggiando con pilota automatico verso il pianeta Homestead II, a bordo 5.000 persone sono tenute in animazione sospesa da una tecnologia criogenica avanzatissima, stanno affrontando un viaggio lungo un centinaio d'anni per cominciare una seconda vita su un nuovo pianeta ricco di risorse naturali. La Avalon si troverà però a dover affrontare una tempesta di meteoriti imprevista e di forte intensità, a causa dei numerosi impatti e di un guasto tecnico, all'interno della nave la capsula criogenica occupata dal meccanico Jim Preston (Chris Pratt) subisce un malfunzionamento risvegliando così il suo ospite. Il risveglio dei passeggeri è previsto con quattro mesi di anticipo sulla data d'arrivo, in modo che questi possano seguire dei corsi di preparazione per affrontare al meglio la vita sul nuovo pianeta. Purtroppo per Jim la sua capsula si aprirà con ben 90 anni di anticipo su quella data, condannando il meccanico a vivere una vita fatta di solitudine a bordo della nave, con la consapevolezza che questa procederà in un viaggio interminabile che per lui non avrà mai una meta. Preston rischia così di impazzire, le prova tutte per riaddormentarsi, pensa anche alle soluzioni più terribili finché un giorno si imbatte nella capsula contenente Aurora Lane (Jennifer Lawrence), una bella scrittrice che cattura l'attenzione di Jim.


Con questi presupposti viene subito da pensare, a pochi minuti dai titoli di testa, come l'impianto fantascientifico del film non possa reggere (e infatti non lo fa, se analizzato rasenta il ridicolo). Immaginiamo una nave programmata per viaggiare nello spazio aperto per anni, tutto sommato viene da pensare che la prima cosa da fare è quella di prevedere ogni tipo di impatto e prevenire eventuali danni da questo provocati. Ma diamo per buono l'evento imprevedibile, che ovviamente deve essere di una certa portata per creare danni non previsti dagli ingegneri che hanno messo in volo una nave come la Avalon. Ora sarà mai possibile che quel tipo di evento danneggi una sola capsula criogenica su cinquemila? E ancora, perché una nave dove tutti sono addormentati viaggia con delle luminarie accese come nemmeno l'albero di Natale del Rockfeller Center, in barba a qualsiasi criterio di risparmio energetico? Sistemi di individuazione del danno, automatismi di riparazione, etc., etc. Insomma, da questo punto di vista il film non sta in piedi (e infatti non ricevette grandi apprezzamenti al momento della sua uscita).


Il lato più umano e romantico invece funziona, non fa gridare al miracolo ma rende Passengers un film tutto sommato divertente e piacevole. Pratt è bravo a inscenare un personaggio che arriva a rasentare la follia a causa della solitudine, unica compagnia quella di un androide barista con le fattezze di Michael Sheen che riporta alla mente l'altrettanto inumano barista di Shining. Interessante il dilemma morale di fondo, vivere e morire in solitudine o risvegliare almeno un'altra persona, condannando così anch'essa a un viaggio senza meta, infrangendone per sempre sogni, programmi e aspettative? Anche questo aspetto è al servizio della classica costruzione da rom-com incontro - innamoramento - delusione - riavvicinamento. La scenografia contribuisce a rendere tutto più interessante, gli ambienti della gigantesca nave sono accattivanti, Tydlum realizza alcune sequenze davvero molto ben riuscite e soprattutto i due protagonisti hanno una bella chimica. Il Morandini ci ha visto (forse) una metafora del matrimonio e del rapporto chiuso, a mio avviso finanche una forzatura per dare un senso diverso a quella che, inserita in uno sfondo diverso, sarebbe stata nient'altro che una piacevole commedia romantica.

sabato 14 dicembre 2019

IL CORRIERE - THE MULE

(The mule di Clint Eastwood, 2018)

Sono passati dieci anni dall'ultimo film per il quale Eastwood si è adoperato sia dietro che davanti la macchina da presa. Parliamo dei tempi di Gran Torino, uno dei manifesti della poetica del vecchio Clint, film al quale guarda anche questo The mule, pur con le dovute e importanti differenze, proprio grazie alla presenza di un Eastwood molto anziano che interpreta un personaggio che per alcuni versi potrebbe richiamare alla mente l'ormai celebre Walt Kowalski. Il corriere però è un film meno cupo, un'opera che vede un protagonista di dieci anni più vecchio ma che al contrario del burbero Kowalski è ancora in grado di godersi gli aspetti più frivoli, divertenti e goderecci della vita, rapido alla socializzazione, seppur diretto fino all'ingenua maleducazione Earl Stone risulta molto spesso amabile, un tipo con il quale è piacevole scambiare due parole, un uomo all'apparenza sereno pur avendo in passato perso tanto e commesso errori difficili da riparare. È quasi come se il tempo rimasto, presumibilmente non più tantissimo, avesse pacificato anche il personaggio più rude, il quale avendo preso coscienza dell'ineluttabile trascorrere del tempo cerca di affrontare come può la parte che ne rimane traendo da ogni situazione, anche le più rischiose e bislacche, solo il meglio, facendolo poi fruttare per aiutare chi invece di tempo ne ha ancora molto e per riparare alle gravi mancanze che in passato hanno causato così tanto dolore. Pur nella sua indole ironica, The mule appare un film testamento, una chiusura (apparente, perché in realtà sappiamo che Clint ha già pronto il prossimo film) che più del Kowalski con l'accendino in mano ha il sapore della consapevolezza. Con queste premesse Clint abbandona la figura dell'eroe americano per tornare all'uomo comune che in maniera altrettanto eroica tenta di fare qualcosa di giusto, almeno una vola nella vita, pur facendo la cosa sbagliata, ma gestendo anche questa con la leggerezza e i ritmi decelerati di chi vuole godersi ogni momento, che questo sia dato da un bel sedere di donna o dal miglior tacchino d'America poco importa, questo passaggio uomo/eroe è ben sottolineato anche dall'autoironica comparsa di un locale che porta il nome Gunny's, apparizione che ai fan del vecchio regista non può non strappare un sorriso divertito.


Earl Stone (Clint Eastwood) coltiva fiori da una vita, lavoro e passione, partecipa a concorsi e convention floreali trascurando così la moglie Mary (Dianne Wiest) e la figlia Iris (Alison Eastwood) per le quali non è mai stato presente; ora che è ormai un vecchio, l'unica persona ancora a essere affezionata a lui è la nipote Ginny (Taissa Farmiga). A causa dell'avvento di internet e delle nuove frontiere del commercio l'attività di Earl subisce un brutto colpo, l'anziano imprenditore è costretto a liquidare i suoi dipendenti, il suo terreno e la sua casa vengono pignorati, Earl rimane con il suo Pick-Up come unica proprietà. La situazione economicamente sfavorevole lo metterà in condizione di deludere ancora una volta i suoi cari, compresa la nipote così affezionata a quel nonno assente. Per porre rimedio alla situazione Earl accetta l'offerta di lavoro fornitagli da un conoscente della nipote, qualcuno cerca un autista prudente, disciplinato, un corriere che non dia nell'occhio. Earl accetta in principio con ingenuità, si adatterà col tempo a un lavoro rischioso per un cartello sulle cui tracce c'è anche la DEA con gli agenti Bates (Bradley Cooper) e Trevino (Michael Pena), facendolo però senza perdere mai il suo stile e senza aver mai paura di affrontare con ironia e decisione i brutti musi con i quali si troverà ad avere a che fare, riuscendo spesso ad ammansirli con il suo modo di fare che alla fine conquista proprio tutti.


Dopo le sperimentazioni di Attacco al treno, Eastwood torna a quell'impostazione da Cinema classico grazie alla quale il regista ha sfornato i suoi pezzi migliori, all'America degli spazi aperti e degli spostamenti (quella di Un mondo perfetto), da Gran Torino recupera l'amore per l'inclusione e il fallimento dei sogni (e delle persone), mescolando il tutto in un film che risulta deliziosamente ironico e più "leggero" rispetto ad alcuni dei drammoni ai quali Clint ci aveva abituato. Fa tenerezza vedere quello che è stato ed è tutt'ora per molti di noi un vero e proprio mito invecchiare in un misto di fragilità e dignità genuina, una versione che se non raggiunge le vette toccate con i film sopra citati ha almeno tutte le carte in regola per toccare il cuore e per rimanerci ancora a lungo. Che Dio ce lo preservi ancora per lunghi anni.

martedì 10 dicembre 2019

FUOCO CAMMINA CON ME

(Twin Peaks: Fire walk with me di David Lynch, 1992)

Con Twin Peaks David Lynch ha costruito un mondo e una poetica che hanno cambiato Cinema e televisione; che lo si apprezzi o meno, o meglio, che si apprezzino o meno le sue opere (perché il Lynch regista rimane indiscutibile), siamo di fronte a un artista che ha squarciato i confini e le percezioni di più mezzi espressivi così come ha fatto con quelli della realtà dei mondi finzionali costruiti per le sue narrazioni più sfuggenti e surreali. Lynch, ancora oggi, a distanza di anni e a visioni reiterate, è uno dei pochi autori capaci di farmela fare addosso dalla paura a causa di quell'inquietudine malsana che è capace di instillare nello spettatore scatenando i pensieri più folli e sconclusionati. Fuoco cammina con me è un ponte tra il famoso Diario segreto di Laura Palmer (scritto dalla figlia di Lynch e fisicamente presente in questo film) e la serie televisiva Twin Peaks, un film in cui vengono narrate vita privata e ultimi giorni di Laura Palmer, poco prima di quell'ormai storico ritrovamento di cadavere che darà il via a una delle serie fondamentali della storia della televisione.


Pur non essendo stato apprezzato in maniera significativa dagli addetti di settore e dal pubblico all'epoca della sua uscita, rivisto oggi Fuoco cammina con me rimane uno degli episodi più compiuti del filone "onirico" della carriera di Lynch che qui si giostra tra il suo lato più ironico e grottesco e quello spaventoso e inquietante, con il valore aggiunto di andare a lavorare nuovamente con una mitologia sovrannaturale di propria invenzione ormai diventata proprietà collettiva di schiere di fan del regista e della cittadina dai picchi gemelli. Inoltre, alla luce della terza e recente stagione di Twin Peaks, da poco eletta dai Cahiers du Cinéma miglior film dell'ultimo decennio (esatto, film), Fuoco cammina con me scatena ulteriori cortocircuiti con alcune sequenze riprese da Lynch, in particolare quella che vede protagonista il compianto David Bowie che presenzia in una - neanche a dirlo - "strana" comparsata. Altra ragione per cui il film oggi lo si può apprezzare in misura ancor maggiore è che a trent'anni dall'uscita della serie nessuno più si aspetta risposte e si può godere quindi delle atmosfere e delle situazioni che Lynch riesce a creare in maniera unica e inimitabile, andando a lavorare su inquadrature sghembe, colori saturi e perturbanti, unendo alle sue immagine, evocative come quelle di pochi altri, le musiche di un Badalamenti gigante e un lavoro eccezionale su suoni e rumori, da soli capaci di far accapponare la pelle anche allo spettatore più freddo e distaccato. Nonostante non tutti gli attori del cast di Twin Peaks accettarono di partecipare a questo prequel (pesa ad esempio l'assenza di Lara Flynn Boyle), è proprio nelle scelte di casting che sta una delle note vincenti del film e in generale di tutto il progetto Twin Peaks; Sheryl Lee, Ray Wise, Dana Ashbrook, Grace Zabriskie, lo stesso Lynch, Frances Bay, Michael J. Anderson, Frank Silva, Al Strobel hanno tutti caratteristiche indiscutibilmente adatte a concretizzare nei gesti, negli sguardi, nelle urla, sia quell'inquietudine sovrannaturale così terrificante che quel lato grottesco e improbabile che non può evitare di strappare una sana risata di tanto in tanto. Indovinata, per oliare il motore e ripartire, la presenza di Chris Isaak nei panni di Chester Desmond, agente dell'F.B.I. inviato da Gordon Cole (David Lynch) a indagare sull'omicidio di Teresa Banks (Pamela Gidley), episodio dal quale inizierà la riconnessione alla vita di Laura Palmer (Sheryl Lee) e a tutto ciò che di strano gira intorno alla Loggia Nera.


Rimane da dire come Fuoco cammina con me sia comunque un film per fan, per lo spettatore completamente a digiuno dei vari segreti di Twin Peaks, l'escursione nella provincia americana potrebbe risultare spiazzante, fermo restando la validità universale del lavoro fatto su immagini e suoni che può comunque incantare chiunque. Episodio da rivalutare e che acquista valore grazie ai vari collegamenti, e sono più d'uno, con la nuova stagione di Twin Peaks, riaccende il fuoco (che realmente cammina con me) del desiderio di tornare ancora una volta a quei luoghi e a quei personaggi. Non disperiamo.

venerdì 6 dicembre 2019

HARDWARE - METALLO LETALE

(Hardware di Richard Stanley, 1990)

Con il passare degli anni alcuni film acquistano lo status di invisibili, un po' come è accaduto anche ad Hardware di Richard Stanley, nonostante questo piccolo film in bilico tra fantascienza post apocalittica e horror si sia ritagliato il suo bel seguito e venga generalmente apprezzato da chi è riuscito a vederlo. Qui mi preme avviare una piccola digressione. Ovvio che se proprio voglio questo film in particolare, sul web posso acquistarne il dvd a un prezzo ragionevole (7,50 o 10,50 se preferisco il blu-ray), in fondo parliamo di un film del 90, non troppo vecchio in fin dei conti. Ma facciamo un discorso più generale. Diciamo che un appassionato già va al Cinema ogni tot, supponiamo che abbia acquistato anche qualcuno degli abbonamenti streaming più in voga (e Hardware ad esempio NON è presente su Infinity né su NowTv, né su Prime Video, né sul gratuito Raiplay e, pur non avendo avuto modo di controllare, suppongo nemmeno su Netflix), in chiaro ovviamente è un impresa vederlo passare sulle tv generaliste e arduo anche su quelle dedicate al Cinema (magari la notte). Fino a qualche tempo fa in casi come questo ci veniva in aiuto la rete, ma adesso... Conosciamo purtroppo tutti le vicende legate al più noto portale italiano che metteva a disposizione un mare di cultura al quale è stata fatta una guerra spietata levando lo scudo del "diritto d'autore" (e presumo che in tutto ciò i vari servizi con contenuti a pagamento abbiano avuto la loro parte), così come sappiamo che ormai è sempre più difficile avere accesso a contenuti gratuiti, anche dove questi palesemente non muovono più significativi flussi di denaro, con conseguente sbarramento alla conoscenza come al solito per chi ha poca capacità di spesa, perché chi è ricco o benestante questi problemi nemmeno se li pone. Il discorso è questo: chi già spende una cifra mensile per la sua passione e ha uno stipendio da fame (cosa al momento in Italia non così rara), non avendo più possibilità di reperire materiale senza ulteriori aggravi, non andrà di certo a comprarsi 5/6 dvd al mese per recuperare quei titoli che potrebbero interessargli, perché non se lo potrà permettere, semplicemente rinuncerà, e questo contribuirà col tempo a far sparire dalla memoria opere che i più curiosi avrebbero potuto invece visionare, commentare, pubblicizzare gratuitamente come facciamo noi che ne scriviamo e magari portarne anche un beneficio economico indiretto. Mi sembra sia in atto l'ennesimo processo di impoverimento che va a colpire chi avrebbe voglia di maggiore conoscenza (alta o bassa che sia), senza che questo possa risollevare le sorti economiche di chichessia o arricchire ulteriormente chi ha già beneficiato largamente dei frutti del proprio lavoro, con il rischio di togliere visibilità a opere che qualcuno ancora si prendeva la briga di andare a cercare; una grande perdita, anche e soprattutto una perdita dell'abitudine democratica alla scelta, perché non inganniamoci, le piattaforme di nuova generazione scelgono per noi cosa guardare, tra profiling, suggerimenti, campagne di mass marketing, i film consigliati per te, etc., etc...


Ma come si è arrivati a questo discorso? Semplicemente per il fatto che essere riuscito a vedere questo film mi ha dato l'impressione di aver ritrovato un piccolo residuato underground, tanto poco visibile quanto prezioso, e non vorrei che a breve tutto ciò non fosse più possibile.


Futuro post atomico. Il livello di radiazioni è alto, fuori dalla città il deserto è di un rosso infuocato, poca vita ma se si è fortunati si possono trovare tra le dune incandescenti i rottami di qualche vecchio costrutto. Un cercatore solitario (Carl McCoy, voce dei Fields of the Nephilim) recupera i resti di un vecchio androide modello M.A.R.K-13, rivendendolo al commerciante di metalli Moses Baxter (Dylan McDermott) che lo vuole donare alla sua ragazza Jill (Stacey Travis), un'artista che costruisce su commissione opere in metallo e che farà della testa del M.A.R.K.-13 il centro della sua nuova scultura. Peccato che ancora nessuno sappia che il M.A.R.K.-13 è stato costruito per controllare gli umani, è un modello estremamente ostile capace di autoripararsi in presenza di sufficiente materia metallica, cosa che in quella sorta di prigione che diventerà la casa di Jill non manca di certo.


Il regista sudafricano Richard Stanley riesce a donare al film un'aura opprimente e tossica che rende al meglio un futuro invivibile grazie ai toni di un rosso radioattivo in contrasto con i toni più scuri del metallo. Sceglie la fantascienza per contesto e approccio visivo, film incentrato sulla condizione ambientale e sulla prevalenza dell'artificiale sull'umano, se non si arriva ancora al connubio carne/metallo del Tetsuo di Tsukamoto i germi sono comunque gli stessi. Ibrida però con l'horror e con il thriller del filone "il nemico è in casa", rendendo molto tese le sequenze survival di Jill, letta questa anche in chiave erotica e costantemente spiata dal lascivo vicino di casa Lincoln (William Hootkins). Hardware non si distingue per la presenza di grandi attori, anzi, rientra in una serie B di grande interesse e spinge anche sul versante musicale, colonna sonora metal e comparsate eccellenti, dei Nephilim abbiamo già detto, troviamo poi il buon vecchio Lemmy nel ruolo di tassista acquatico e la voce della città è scandita dal d.j. Angry Bob che ha l'ugola infuocata di Iggy Pop (in originale ovviamente). Attuale visto la tendenza al surriscaldamento del pianeta, Hardware alla fine non delude, se non avete intenzione di comprare il dvd trovarlo potrebbe non essere così semplice, soprattutto in una versione di alta qualità. La speranza è che con l'espandersi delle offerte in streaming, alcune delle quali hanno effettivamente prezzi alla portata di molti, possa arrivare qualche servizio interessato al Cinema sommerso, alla serie B di valore, al prodotto datato e di qualità che aiuti a non appiattire i gusti e a non conformare una ricerca culturale preziosa e stimolante.

martedì 3 dicembre 2019

CHI-RAQ

(di Spike Lee, 2015)

No peace, no pussy!

In anni in cui il nome di Spike Lee andava un pochino offuscandosi, rilanciato ora alla grande con il recente BlacKkKlansman, il caro Shelton detto "Spike" da Atlanta guarda alla commedia greca per risorgere dalle ceneri, nella fattispecie alla Lisistrata di Aristofane. Era ormai dai tempi di Miracolo a Sant'Anna che del vecchio Spike si erano un po' perse le tracce, nel 2008 il film ambientato in Italia non riscuote il successo sperato e muove diverse critiche, il successivo Red hook summer passa praticamente sotto silenzio, il suo remake di Old boy non piace a nessuno, Il sangue di Cristo va direttamente in home video, e anche questo Chi-Raq, ultima prova prima del grande ritorno, fa un rapido passaggio nelle sale U.S.A. (un solo giorno), per approdare subito dopo sulla piattaforma Prime Video, primo film prodotto dal colosso Amazon. Ora questa invisibilità non inganni, almeno questo Chi-Raq è un ottimo film carico di contenuti di peso, come il successivo BlacKkKlansman mischia denuncia e ironia, se possibile con Chi-Raq l'autore calca ancor di più la mano, tanto da irritare il sindaco di Chicago che tenterà di fare dell'ostruzionismo nei confronti del film (principalmente a causa del suo titolo), l'establishment americano e soprattutto la potentissima National Rifle Association, la lobby delle armi statunitense.


Chi-Raq, oltre a essere il nomignolo di uno dei protagonisti del film, è l'appellativo che nei quartieri poveri a maggioranza nera viene dato alla stessa Chicago, una crasi tra il nome della città e la parola Iraq, a sottendere la tragicità della vita in certe periferie che contano ogni anno più vittime di quelle fatte dalla guerra. L'incipit è terribile: sulle note rap di Pray 4 my city di Nick Cannon assorbiamo dati agghiaccianti; negli ultimi dieci anni le sparatorie in Chicago hanno ucciso più ragazzi americani della guerra in Iraq o di quella in Afghanistan, un fenomeno alimentato da ignoranza, noncuranza della classe dirigente e dall'annosa piaga tutta americana delle armi, il reperimento delle quali sembra più agevole di quello di un cartoccio di latte. Per la sua denuncia Spike Lee ricorre a Lisistrata (nome dell'antica commedia ma anche della protagonista femminile del film), donna dell'antica Grecia che promosse uno sciopero del sesso per porre fine alla guerra tra Sparta e Atene. Allo stesso modo in Chi-Raq la bella Lysistrata (Teyonah Parris), donna di Chi-Raq (Nick Cannon), il capo di una gang del quartiere, al motto di "No peace, no pussy" (niente pace, niente figa) vuole mettere fine al conflitto tra la banda di Chi-Raq e quella di Ciclope (Wesley Snipes), una faida insensata che ha appena provocato la morte di una bambina di dieci anni. A far maturare Lysistrata e a portarla sulla retta via c'è Miss Helen (Angela Bassett), una vera combattente che aiuterà a suo modo la causa di Lysistrata che diviene presto quella di tutte le donne del quartiere (e pian piano sempre oltre), delle madri dei ragazzi uccisi, delle mogli degli uomini delle gang, di tutte le donne che odiano la violenza.


Materia calda e delicata che Spike Lee gestisce su più registri. L'impianto generale è quello della commedia esplicita, nei testi e nei dialoghi anche volgare, intelligente in quanto nella forma richiama la commedia greca. La contrapposizione tra uomini e donne è data da due gruppi che hanno la funzione del vecchio coro greco, centrale è la figura del narratore affidata all'istrionico più che mai Samuel L. Jackson che spesso, come fanno anche gli altri protagonisti, si esprime in rima a richiamare i versi antichi così come le strofe del rap o dell'hip hop. Nonostante il tono comico non mancano i passaggi tragici, alcuni dei quali realmente toccanti come quello della morte della bambina e del conseguente dolore della madre per una perdita ingiustificabile. A Padre Mike (John Cusack), uno dei pochi personaggi bianchi positivi, è affidata una feroce invettiva contro tutti gli attori indifferenti a questa immane tragedia, una sequenza che ha la forza dirompente per uscire dal film e colpire duro, motivo per cui forse non abbiamo visto circolare molto questo Chi-Raq nelle sale. Non manca nemmeno il lato più grottesco nella figura imbecille del Sindaco della città (D. B. Sweeney) o in quella delle forze armate statunitensi rappresentate dal suprematista bianco King Kong (David Patrick Kelly), capace di perdere il possesso di una base americana al solo odore di una potentissima "black pussy".


Chi-Raq è un miscuglio di generi orientato alla commedia, scaglia dei ganci niente male ma soprattutto si rivela un'opera all'altezza dello Spike Lee dei bei tempi, quello che amavamo con trasporto. Anche alla luce del successivo BlacKkKlansman tutto ciò lascia ben sperare e soprattutto fa venire la voglia di andare a recuperare quelle cose che non ci hanno fatto vedere. Non sarà mica che sotto sotto c'era dell'interesse...

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