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giovedì 28 marzo 2013

V - TO OUR CHILDREN'S CHILDREN'S CHILDREN

Torno dopo diverso tempo a occuparmi della piccolissima e neonata collezione di vinile. Le scorse volte ho speso qualche parola su due album storici, due dischi frutto di altrettanti regali: Sgt. Pepper's Lonely Hearts club band dei Beatles e The dark side of the moon dei Pink Floyd.

Questa volta cercherò di raccontarvi qualcosa sul primo acquisto fatto di mia sponte, dopo una ricerca neanche troppo approfondita nei meandri dei due mercatini dell'usato ubicati vicino casa mia.  La scelta infine è caduta sull'album To our children's children's children dei The Moody Blues pubblicato nel 1969 per l'etichetta Treshold Records.

Siamo sul finire dei '60 in quella che è considerata l'epoca d'oro del progressive rock alla quale diedero il loro contributo molte band inglesi tra le quali troviamo proprio i The Moody Blues. Questo è il loro quinto album, venuto dopo lavori probabilmente più noti e meglio considerati dai seguaci del prog-rock d'epoca.

Ciò nonostante trovo questo disco un lavoro degno di interesse, che lascia spazio a diverse interpretazioni e che, pur entrando con pieno diritto nel filone del prog-rock, non abusa delle caratteristiche del genere proponendosi come un'opera coesa, non esageratamente cervellotica e scevra di eccessivi virtuosismi e sperimentazioni fini a se stesse.

Sono assenti lunghe suite e brani dalla durata smodata, l'unico pezzo strumentale si incastra perfettamente in quello che risulta essere un concept dedicato al viaggio spaziale. L'album esce nell'ottobre del 1969 quando sono passati solamente tre mesi dal giorno in cui Armstrong, Aldrin e Collins contribuirono a fare la storia delle missioni spaziali conquistando la Luna. Però, come accenavo prima, sono almeno un altro paio le interpretazioni possibili per i testi di alcuni brani, forse anche qualcuna in più.



Nonostante l'apertura dell'album e della prima traccia, Higher and higher, simuli il suono di un razzo spaziale in partenza, l'ascensione verso l'alto suggerita dal titolo potrebbe essere intesa sia in senso fisico ma anche spirituale e in ultima istanza essere legata al processo evolutivo della razza umana giunta finanche a conquistare i cieli, tesi supportata dall'artwork del vinile che propone pitture rupestri contaminate da chiari elementi di modernità (armi primitive e moderne, un aereo, un oggetto non ben identificato in rotta verso il sole, etc...). Nella seconda traccia emerge un'altra delle tematiche presenti lungo tutto il corso dell'album, la speranza e il ruolo dell'uomo come parte di un qualcosa di più grande e meraviglioso, un inno di positività visto sul piano fisico come un viaggio verso qualcosa di nuovo, in questo caso la Luna. Le atmosfere sono delicate tra arpeggi di chitarra acustica e suoni d'arpa in apertura di brano. Su melodia orecchiabilissima si apre un'altra possibile chiave di lettura. In Floating la descrizione di quelle che potrebbero essere sensazioni provate in assenza di gravità sono facilmente travisabili e riportabili al caro vecchio LSD e al viaggio mentale, argomenti non rari nella musica di quegli anni. Personalmente al primo ascolto, quando ancora non avevo letto nulla sulla genesi dell'album e sulle intenzioni della band, il mio primo pensiero posso assicurarvi che non è andato al viaggio spaziale. Tutto questo assume, musicalmente parlando, toni ora più vivaci, ora più riflessivi in un alternarsi armonico che rende l'ascolto sempre gradevole senza tralasciare cambi di tempo ed elementi sonori ricorrenti come si conviene a un'opera prog, il tutto proposto in un'equilibrio vicino alla perfezione. Alle varie descrizioni, reali o mentali che siano, si uniscono riflessioni e peripezie di un misterioso personaggio, il Gipsy che ha l'onore di aprire il lato B del vinile accelerandone un pelo il ritmo, metafora o semplice narrazione? Passaggi malinconici, momenti zuccherosi (So love everybody/And make them your friends/So love everybody/And make them your friends), ritmi orientaleggianti, accenni lisergici, pezzi acustici contribuiscono tutti all'amalgama che rende To our children's children's children un lavoro davvero stimolante e ben riuscito.

L'edizione in mio possesso dovrebbe essere, e uso il condizionale, una prima stampa inglese con tanto di bollino con prezzo in sterline. All'interno l'inserto con i faccioni dei Moody Blues con tanto di testi. Condizioni del disco buone, un po' meno quelle della confezione, ma per una decina d'euro non ci si può proprio lamentare dell'acquisto. A conti fatti quest'album è stata una bella scoperta che ha richiesto più di un ascolto per farmi entrare in sintonia con l'opera, però ne è valsa davvero la pena.

Qui sotto il video di Floating per chi vuole un assaggio e l'album completo per i curiosi e i pazienti.





To our children's children's children, 1969 - Threshold Records

Justin Hayward: voce, chitarra elettrica, chitarra acustica, sitar
John Lodge: voce, basso, arpa
Ray Thomas: voce, flauto, tamburello
Graeme Edge: batteria, percussioni
Mike Pinder: voce, mellotron, piano

Tracklist:
01 Higher and higher
02 Eyes of a Child I
03 Floating
04 Eyes of a Child II
05 I never thought I'd live to be a hundred
06 Beyond
07 Out and in
08 Gypsy (of a strange and distant time)
09 Eternity road
10 Candle of life
11 Sun is still shining
12 I never thought I'd live to be a million
13 Watching and waiting

giovedì 17 gennaio 2013

V - THE DARK SIDE OF THE MOON

Eccomi di nuovo a parlare della ristretta e neonata collezione in vinile, ancora una volta  grazie a un bel regalo. Questa volta il pezzo preso in esame non ha particolare fascino collezionistico, è una riedizione del 2011 di uno degli album più noti della storia della musica. Al contrario di quel che succedeva per Sgt. Pepper's dei Beatles qui siamo di fronte all'essenzialità grafica. Mentre la bellissima cover dell'album dei Beatles viveva sull'accumulo di indizi, citazioni e personaggi messi in scena ad arte, qui si è giocato su una realizzazione altrettanto sublime ma opposta nello stile. La conoscete tutti.... il nero, il raggio di luce, il prisma e la luce scomposta. Come nella stampa originale nessun bollino a indicare nome del gruppo e titolo dell'album. La pulizia e la perfezione dell'artwork rispecchiano in maniera palpabile le caratteristiche sonore dell'album, già questo un grandissimo risultato.

Una delle cose carine delle nuove ristampe in vinile, almeno per alcuni degli album dei Pink Floyd, è quella di poter scaricare gratuitamente il disco in formato digitale (tramite un codice) direttamente dal sito ufficiale della band. Non manca all'interno della confezione neanche il materiale aggiuntivo, un paio di strane cartoline adesive, un poster con foto d'epoca del gruppo, uno con le piramidi e una versione decisamente psichedelica della cover dell'album.

Metto il disco sul piatto, parte l'intro di Speak to me e arriva la prima sorpresa sul passaggio a Breathe. Mentre già mi perdevo estasiato tra i suoni ormai familiari, arriva mia figlia di corsa gridando: "Papà, papà, questa la conosco. Ce la metteva la maestra di biodanza alla scuola materna". Tutta contenta.
Bene. Ora se c'è ancora qualcuno che pensa che i bambini non abbiano bisogno di frequentare la scuola materna non può far altro che cambiare opinione. Immediatamente.
L'ho baciata. Capito? Lei, di suo, conosceva Speak to run e Breathe. Se non son soddisfazioni queste.



Poi parte Time, uno dei miei pezzi preferiti in assoluto (non solo del disco e non solo dei Floyd). In questo pezzo c'è tutto, o almeno tutta la parte amara della vita, il nostro lato oscuro della luna se volete. Per me c'è, e posso crogiolarmici dentro tutte le volte che voglio. I versi, che qua e là ho riportato più volte, non lasciano scampo. I momenti di apatia, le occasioni sprecate, il tempo che passa senza pietà. Li riporto ancora, i miei preferiti:

You are young and life is long and there is time to kill today
And then one day you find ten years have got behind you
No one told you when to run, you missed the starting gun

e ancora:

The sun is the same in the relative way, but you're older
Shorter of breath and one day closer to death

E' un pezzo amaro, moltissimo, c'è il mio fallimento, quello di tanti altri. Eppure dopo ogni ascolto ne esco bene, quasi vincitore, potenza di questa musica. L'inquieto tichettare del tempo accompagnato dai colpi di un Mason efficacissimo, l'inconfondibile chitarra di Gilmour e il tappeto piano/basso Wright/Waters creano semplicemente qualcosa di perfetto. Piazzatevi al centro del suono, in mezzo alle casse, e chiudete gli occhi. Ma che ve lo dico a fare che già lo sapete. E potrebbe finire qui, solo che poi c'è giusto The great gig in the sky con la voce ormai eternna di Clare Torry.

La magia si spezza per un momento, giusto il tempo di metter su l'altra facciata del disco. Il basso pulsante, gli effetti sonori introducono un'altra di quelle canzoni considerate tra le hit di un gruppo che di hit non è mai vissuto, non nel senso comune del termine almeno. Money è un'altro pezzo senza sbavature, caratteristica che accomuna tutto l'album, qui non sono Waters, Wright e gli altri a fare tutta la storia, non ci si può non innamorare del sax di Dick Parry. Il passaggio ad Us and them è graduale ma apre la porta verso un altro mondo sonoro, avvolgente e delicato nonostante il brano tratti temi come la guerra. Pian piano l'amalgama sonoro giunge, passando per altri tre brani attraverso la follia umana verso la più degna delle conclusioni possibili. E, smentite o non smentite, riaffiora il ricordo di Barrett.


Spesso negli ultimi tempi mi sono interrogato (ed è tutta colpa di quella scimmia cattiva, cattiva, cattiva :) se parlare di album arcinoti come questo, senza aggiungere nulla a quanto già scritto se non le mie emozioni/sensazioni di fronte all'opera, avesse o meno ancora un senso. Non lo so, come non so se ancora in giro ci sia qualcuno che non si è messo almeno una volta, con tutta la dovuta calma, ad ascoltarsi questo disco. Ma se anche uno ci fosse e per pura combinazione stesse leggendo queste righe, allora ecco il consiglio: fatelo e poi tornate qui a ringraziarmi :)



The dark side of the moon, 1973 - Harvest/Capitol

David Gilmour: chitarra, voce, sintetizzatore
Nick Mason: batteria, percussioni
Roger Waters: basso, voce, sintetizzatore
Richard Wright: tastiere, voce, sintetizzatore

Dick Parry: sassofono
Clare Torry: voce

Tracklist:
01 Speak to me
02 Breathe
03 On the run
04 Time
05 The great gig in the sky
06 Money
07 Us and them
08 Any colour you like
09 Brain damage
10 Eclipse

domenica 28 ottobre 2012

V - SGT. PEPPER'S LONELY HEARTS CLUB BAND

Come forse sa chi segue un po' questo blog, da qualche tempo mi sono attrezzato in maniera artigianale (cioè con recupero di un vecchio impianto) per l'ascolto di musica in vinile. Proprio in questi giorni pensavo di iniziare a parlare di quei dischi che sono riuscito ad accaparrarmi tra fiere, mercatini e amazon nel vecchio, ma allo stesso tempo nuovamente attuale, formato a 33 giri.

L'occasione ghiotta si è presentata grazie a mia moglie Paola (che forse voi conoscete come La Citata attualmente in testa alla classifica del giochino 10 volti) che tramite mio cognato Gabriele (che forse voi conoscete per averne sentito un pezzo qui) mi ha fatto arrivare da Londra un bel regalone.

Si tratta di una ristampa in vinile rosso di Sgt. Pepper's lonely hearts club band dei Beatles, tiratuta 7027 pezzi, non sono riuscito a risalire però all'anno di pubblicazione (Scimmia aiutami tu). A Londra dicono sia datato anni '70 e la condizione del disco rosso rende l'ipotesi alquanto credibile. Ottimo invece lo stato di conservazione della confezione esterna. Sicuramente più un pezzo da collezione che il giusto veicolo per un ascolto impeccabile.

Per carità, il disco si può ascoltare, non salta e l'esperienza non è frustrante. Oltre ai piccoli fruscii abbastanza frequenti durante l'ascolto di vecchi vinili soprattutto quelli usati, l'inconveniente più grosso è una sorta di "effetto stiratrice", un pfuuuu che ricorda uno sbuffo di vapore che fa capolino ciclicamente soprattutto durante l'ascolto del lato A dell'LP. Però chi se ne frega, è un pezzo bellissimo, per una buona resa audio posso sempre ascoltarmi il CD.

Avere tra le mani l'artwork di questo disco ormai conosciuto anche dalle pietre, in un grande formato è una bella soddisfazione, una cover con una buona idea alla base e disseminata di tutti quegli ipotetici indizi che ravvivarono la strampalata ipotesi secondo la quale Paul McCartney fosse deceduto l'11 settembre (o il 9 novembre a seconda delle interpretazioni della data 9/11) del 1966 a causa di un incidente stradale.

Tra gli indizi più affascinanti a mio avviso ci sono la composizione floreale gialla con una vaga forma di basso (strumento di Paul) ma con tre sole corde, la foto sul retro di copertina nella quale Paul è l'unico girato di spalle e la questione della scritta sulla grancassa che visionata allo specchio... (se siete curiosi guardate pure su wikipedia o altrove nel web, le info non mancano).

Non parliamo poi della bellisima foto interna con i quattro agghindati con le coloratissime divise della Lonely heart's club band del sergente Pepper.



Nonostante l'idea di base fosse quella di creare un concept album il risultato finale non è così omogeneo per quel che riguarda temi e liriche, il fil-rouge che lega l'album è semplicemente la fittizia esecuzione degli stessi da parte dell'altrettanto fittizia band dei cuori solitari. In fin dei conti l'ascoltatore, che sia fan o meno dei quattro inglesi, non può che ringraziare per quello che è scaturito dalle registrazioni di un album a mio avviso davvero riuscito alla grande. Concept, non concept, Paul è vivo, Paul è morto, la copertina vi piace, non vi piace, il disco salta o non salta ma quando il vinile rosso inizia a girare, come si dice in gergo musical-professionale, non ce n'è.

E' un disco che ho sempre apprezzato, forse innamorandomene proprio per la sua fascinazione visiva prima ancora che per i brani in esso contenuti, in fondo altri ottimi pezzi sono disseminati nei diversi lavori dei Beatles, non è che questi siano in assoluto superiori agli altri. Però a questo disco sono un po' più affezionato, mettiamola così.

Per quanto possa sembrare una scelta scontata almeno un paio dei brani contenuti in Sgt. Pepper's balzano di diritto nella mia classifica personale dei pezzi migliori scritti dal quartetto di Liverpool. Parlo di She's leaving home e A day in the life, due canzoni dove ritrovo quella malinconica sofferenza che riescono a trasmettermi solo alcune composizione provenienti dalla terra d'Albione. La semplice storia di una ragazza che senza alcun motivo apparente scappa da casa, l'angoscia e la delusione dei genitori raccontata splendidamente con un arrangiamento minimale e allo stesso tempo struggente (purtroppo l'audio della traccia sul vinile non è ottimale, sigh, ritenterò la pulizia). Stessa malinconia nel secondo brano pur ottenuta in maniera diametralmente opposta, testi criptici che hanno in comune con il pezzo precedente solo l'aver preso spunto da un fatto di cronaca e nulla più. Si è parlato a proposito di A day in the life di visioni filtrate dalle droghe, di scenari apocalittici, di percezioni acuite. Certo è che il brano trasmette una grande sensazione di disagio pur convincendo l'ascoltatore di essere al cospetto di una composizione fantastica. Sensazione difficile da esprimere a parole. Arrangiamenti e lavoro sul brano di altissimo livello. E forse potrebbe bastare.

Invece l'album è cosparso di tracce che stanno solo qualche gradino più in basso delle due sopra citate (parlo sempre di gusto personale). L'apripista, e mai questo termine è calzato più a pennello, Sgt. Pepper's è pura gioia, la celebre Lucy in the sky with diamonds portatitrice di tante polemiche (LSD), la voce di Ringo su With a little help from my friends e segnalerei ancora l'originale Being for the benefit of Mr. Kite! rendono quest'opera assolutamente degna di essere ascoltata e riascoltata più volte.



PS: consiglio a tutti di leggere i due articoli Le brutte recensioni - Le parole esiliate e Prigioniero del proprio testo che forse hanno fatto prendere a questo breve scritto una direzione un po' diversa da quella originaria. Ora so che andrò in crisi ogni volta mi verrà voglia di scrivere di musica ;)

PS2: la V nel titolo indicherà i commenti agli album acquistati in vinile.

PS3: grazie a mia moglie per il fantastico regalo.


Sgt. Pepper's lonely hearts club band, 1967 - EMI

John Lennon: voce, chitarra ritmica, pianoforte, organo Hammond, armonica, maracas
Paul McCartney: voce, basso, pianoforte e organo Hammond
George Harrison: chitarra solista, voce, armonica, maracas, sitar
Ringo Star: batteria, congas, tamburello, maracas, campane tubolari, voce

Tracklist:
01 Sgt. Pepper's lonely hearts club band
02 With a little help from my friends
03 Lucy in the sky with diamonds
04 Getting better
05 Fixing a hole
06 She's leaving home
07 Being for the benefit of Mr. Kite!
08 Within you without you
09 When I'm Sixty-Four
10 Lovely Rita
11 Good morning good morning
12 Sgt. Pepper's lonely hearts club band (reprise)
13 A day in the life

domenica 26 agosto 2012

VINILE

Era ormai da un po' di tempo che l'idea di attrezzarmi per il vinile mi girava per la testa. Nessuna intenzione di conversione totale al supporto, cosa del tutto infattibile per me a livello di spesa. Pensavo piuttosto a un percorso parallelo, un gioco al recupero di vecchi dischi (non obbligatoriamente in versione originale o prima stampa, improponibile anche questo) e opere meritorie su vinile. Certo che il mondo vinile sembra più complesso e complicato di quello digitale, le possibilità d'errore sulle scelte dei giradischi, degli amplificatori e dei diffusori sembrano sempre dietro l'angolo, almeno questa è l'impressione del neofita come me.

Al momento siamo riusciti a scendere a un compromesso il vinile e io. Nessuna spesa azzardata, nessun investimento iniziale, il recupero di qualche vecchio disco e poi si vedrà, la scelta finale temo che spetterà al mio portafoglio.

Per ora, con l'aiuto di mio suocero, abbiamo recuperato il vecchio giradischi che usava mia moglie in gioventù, parliamo di un pezzo di almeno d'una ventina d'anni fa. In sincerità pensavo a un modello più vecchio, invece dal garage di mio suocero è spuntato un Aiwa Px-E75. Il primo piccolo problema (per lo spazio più che altro) si è presentato quando abbiamo scoperto che l'amplificatore era integrato a radio, mangiacassette ed equalizzatore, facendo levitare considerevolmente l'ingombro dell'apparecchio.

Aiwa PX-E75


Portato il tutto a casa, fare i collegamenti è stato semplicissimo, la puntina era in buone condizioni e le cinghie sono ripartire correttamente dopo un po' di rodaggio. Discorso diverso per il braccio del piatto che a fine corsa tornava indietro senza sollevarsi, con il rischio di rovinare il vinile in uso. Dopo varie prove e tentativi di regolazione anche questo problema è stato risolto. Ora torna indietro regolarmente, in qualche caso rimane a fine corsa mentre il disco continua a girare, poco male, almeno non torna indietro rischiando di crear danni a puntina e dischi. Inoltre ho visto che i ricambi per questo modello si trovano su E-bay a prezzi ragionevoli.

Ho collegato il tutto a due diffusori dell'home theater ormai in disuso con impedenza 8 (l'amplificatore consiglia 6 ma non è un problema). Certo è una soluzione arrangiata, probabilmente Aiwanon è mai stata leader nel settore giradischi e anche le mie casse non sono il massimo, però a costo zero è comunque un inizio. Se la scintilla scoccherà, con calma, si penserà ad altro. Al momento io e Laura ci stiamo godendo la raccolta in vinile del nonno, nella quale ci sono per lo più dei 45 giri, alcuni anche parecchio interessanti, musiche da film, Morricone, Martelli, etc...

Ecco una selezione:

Le prove tecniche le abbiamo fatte tutte con questo disco che se si rovina pazienza (ma chi l'avrà comprato?)...



Laura si è divertita con Johnny Bassotto, canzoni di Natale (ad agosto) e...



Tanto di cappello invece per...









Non mancano neanche i dischi fuori dal mio genere, pezzi d'annata come...







Ed ecco la chicca...


Ora inizia la ricerca...

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