Il fascinoso Chow Mo-wan (Tony Leung) lascia Hong Kong e la donna con cui intrattiene una relazione, Lulu (Carina Lau), per trasferirsi a Singapore dove troverà impiego come giornalista iniziando anche la stesura di un romanzo dal titolo 2046. Tornato ad Hong Kong dopo un periodo passato a Singapore Chow Mo-wan trova casa in un albergo un poco fatiscente; qui richiede al proprietario di poter alloggiare nella camera 2046 (la stessa in cui si consumava l'amore de In the mood for love) la quale però, a causa di un fatto probabilmente increscioso, non è disponibile e verrà in seguito occupata dalla prostituta Bai Ling (Zhang Ziyi) mentre l'uomo si sistemerà nell'adiacente 2047. Nel frattempo Chow Mo-wan porta avanti il suo romanzo fantascientifico nel quale il 2046 (un anno? un luogo?) è una meta agognata dove poter ritrovare i propri ricordi perduti, una meta alla quale in molti approdano ma dalla quale nessuno ritorna, nessuno tranne il protagonista del libro che sembra muoversi senza raggiungere più nessun luogo e nessun tempo. In realtà potrebbe essere proprio l'autore del romanzo a rincorrere il ricordo di un amore perduto, una Su Li-Zhen (Maggie Cheung) sepolta nel passato e cercata in qualche modo in Lulu, nella prostituta Bai Ling con la quale Chow avrà una relazione di una certa importanza seppur condotta sul filo del mercimonio, in misura minore nella vicinanza con Wang Jing-wen (Faye Wong), la bella figlia dell'albergatore fidanzata con un giapponese (e per ragioni storiche il padre i giapponesi li odia) e infine Su Li-Zhen, un'altra Su Li-Zhen (sempre Maggie Cheung), giocatrice professionista. Ma il tempo e le occasioni non tornano, non rimane che custodire la memoria di un amore, anche per sempre, in fondo "nella vita il vero amore lo si può mancare se lo si incontra troppo presto, o troppo tardi".
Quanto deve essere stato difficile approcciare la realizzazione dell'opera successiva a un capolavoro riconosciuto e amato come In the mood for love? Wong Kar-wai decide così di non allontanarcisi troppo e allo stesso tempo di sperimentare, con le forme della narrazione e con il nucleo di quel film dal quale in più di un senso questo 2046 discende e matura. Tanta carne al fuoco, a volte la percezione disorientante è che sia addirittura troppa, in un'accavallarsi di protagonisti, di donne soprattutto, di realtà e finzione, presente, passato e futuro, luoghi, anni. 2046 diventa così un numero simbolico: era la camera d'albergo dove in In the mood for love si ritrovavano i due protagonisti, è il titolo del romanzo che sta scrivendo Chow Mo-wan, è l'anno o il luogo a cui tendono i protagonisti del libro, è la camera in cui avrebbe dovuto alloggiare ora l'uomo e che invece viene occupata dalla bellissima Bai Ling, è l'anno in cui il periodo complicato, di transizione per Hong Kong terminerà con il ritorno definitivo alla Cina. Questo fantomatico 2046 nel quale si andrebbe a recuperare i ricordi perduti è il legame di un uomo che nel ricordo di un amore vive, al quale si aggrappa e che gli impedisce di trovare una nuova relazione sincera, profonda, anche se i presupposti gli si presentano più volte, soprattutto grazie alla "vicina" Bai Ling. Ma la perdita di quell'amore primigenio porta Chow Mo-wan a rifiutare legami duraturi, a perdersi in gozzoviglie con amici e colleghi, nel gioco, in relazioni temporanee fatte di sesso e chiusura ai sentimenti. 2046 è ancora un film d'amore, slabbrato quanto si vuole ma denso e carico, un film che diventa un corpo d'opera con il suo predecessore e come tale va letto, d'altronde i segnali di stile, e che stile, parlano chiaro: ancora le inquadrature sui lampioni, la pioggia, i muri, i vestiti eleganti d'epoca (meravigliosi), tutte cose che ci riportano a In the mood for love insieme all'uso delle cromie, alle strettoie virate al rosso qui alternate a campiture di verde, ancora una volta negli abiti, nelle pareti delle stanze. E poi gli specchi, a riprendere e richiamare inquadrature perfette, il controcampo con le figure di spalle, gli spazi stretti, gli interni carichi. Tutto questo, ammantato da una scelta musicale di nuovo significativa, ci racconta una solitudine, un rimpianto narrato in maniera quasi letteraria da un voice over molto presente, quasi fuori misura, e alla fine ci si domanda se l'amore più forte, più persistente e duraturo non sia inevitabilmente quello che non ci appartiene.
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