(di Shane Carruth, 2004)
Non è passato molto tempo da quando ci siamo occupati di Upstream color, enigmatica opera seconda del regista originario della Carolina del Sud Shane Carruth, oggi, giusto per rimanere in tema, facciamo un salto indietro nel tempo e diamo un'occhiata al lungo d'esordio del regista, quel Primer che fin da subito si è visto affibbiare l'etichetta di "film cervello" e che ha scatenato diverse discussione sul web da parte di fan e detrattori per cercare di venire a capo di una struttura complessa che, come succederà anche con il film successivo, rende l'opera parecchio criptica se non proprio ostica. In realtà Primer, seppur complesso nella sua struttura narrativa (tanto da richiedere un piccolo schema esplicativo sulla sua pagina di Wikipedia), resta più inquadrabile rispetto al suo successore. Se in Upstream color si naviga a vista qui almeno lo spettatore ha ben chiaro di cosa il film si occupi, cioè i viaggi nel tempo. Magari Carruth affronta l'argomento con un piglio inedito e, per diversi motivi, con una narrazione poco chiara da seguire e complicata per il pubblico italiano dall'impossibilità di vedere il film doppiato (è su Mubi che presenta solo lingue originali con sottotitoli), però il contesto è limpido, sappiamo cosa stanno facendo i personaggi e anche perché, il come ecco... magari questo sì è da capire e decifrare, ma per questo tipo di film proprio questo aspetto potrebbe essere "il loro bello" (poi qualcuno citando Abatantuono potrà pur dire "sarà il suo bello ma a me mi fa cagare").Quattro amici, tutti ingegneri, nel loro tempo libero lavorano nel garage di uno di loro, Aaron (Shane Carruth), a un esperimento portato avanti utilizzando pezzi di recupero e materiali sottratti dal posto di lavoro o da apparecchiature private dei quattro amici. Il gruppo, di cui fanno parte anche Abe (David Sullivan), Robert (Casey Gooden) e Phil (Anand Upadhyaya) non naviga nell'oro e sta cercando un qualcosa che possa dare una svolta alle rispettive vite; all'apparenza però i rapporti tra i quattro non sono completamente distesi, forse divergenze di opinioni e un po' di frustrazione stanno minando i loro esperimenti volti a studiare una forma di levitazione magnetica (o qualcosa di simile). Poi un fatto casuale porta uno di loro, Abe, ad approfondire alcuni elementi, riflessioni scaturite dal formarsi di una muffa a contatto di uno dei piccoli oggetti utilizzati per l'esperimento. Abe scopre che questa muffa si è sviluppata a una velocità che in natura non sarebbe possibile, ipotizza quindi una sorta di viaggio nel tempo compiuto dall'oggetto all'interno del macchinario usato dal gruppo per l'esperimento, unica possibilità per cui la muffa possa essersi sviluppata in tale fretta. In solitaria Abe porterà l'esperimento su un altro livello per permetterne l'applicazione su scala "umana", solo in seguito Abe coinvolgerà nella sua scoperta anche l'amico Aaron.
Come si diceva, più chiaro il contesto rispetto a Upstream color ma dannatamente complesso capirne lo sviluppo; in rete è possibile trovare dei piccoli studi sul film alcuni dei quali hanno la ragguardevole capacità di riuscire a farvi capire ancora meno di questo Primer rispetto a quel che possiate aver pensato di aver capito a fine prima visione (visioni successive e multiple sono necessarie per iniziare a orientarsi). Carruth, che di formazione è un matematico teorico, non indugia tanto sui paradossi temporali, i protagonisti cercano infatti dei modi per evitare qualsiasi possibilità di intoppo o alterazione alla loro realtà, gioca invece su un multilivello per cui ogni azione dei protagonisti che coinvolga la macchina del tempo andrà a creare una linea temporale alternativa e aggiuntiva all'originale (o così credo d'aver capito, ma non è mica detto...) ma il singolo componente, Abe o Aaron nel nostro caso, continuerà a esistere su una sua linea temporale per lui canonica ma con la possibilità di avvantaggiarsi dei propri brevi viaggi (la macchina ha capacità molto limitata) semplicemente anticipando i movimenti di borsa e investendo di conseguenza. Non è chiaro purtroppo come funzioni l'alternarsi in video di queste linee temporali anche se il flusso dovrebbe essere ben codificato, non è chiaro nemmeno se il flusso narrativo utilizzato da Carruth sia coerente e totale o se la proposta al pubblico sia frammentaria o sfasata rispetto alla totalità degli eventi. Visivamente si percepisce la povertà dei mezzi (si dice 7.000$ di budget), la grana dell'immagine non è pulita, la cromia è straniante e in generale tutta la fotografia (di Carruth che dirige, interpreta, scrive, pensa, monta, produce, musica, forse un po' troppo, "sì ma ti calmi" direbbero i giovani d'oggi) contribuisce a creare un senso di realtà sospesa che ben si sposa con il concetto di "fuori dal tempo", che poi non è proprio quello presente nel film ma tant'è... in fondo qual è proprio questo concetto presente nel film? Forse un po' troppo enigmatico questo Primer ma Carruth ha la capacità di affascinare e intrigare, i fan delle "seghe mentali" troveranno pane per i loro denti.