lunedì 30 aprile 2012

MARVEL VINTAGE 8

Puntate precedenti

Ci eravamo lasciati nel 1944, anno abbastanza ricco di uscite da parte della Timely Publications. Oltre al fumetto "rosa" Tessie the typist e il doppio rilancio degli Young Allies su Amazing Comics prima e Complete Comics dopo, andiamo a vedere cosa propose la casa editrice durante l'arco dell'annata.

Ancora serie umoristiche grazie ai cari e convenienti animali antropomorfi: l'antologico Comic Capers esordisce nell'autunno del 1944 proponendo le avventure dei già noti Ziggy Pig, Silly Seal e Super-Rabbit. Stesso tipo di contenuti per l'albo Animated Funny Comic Tunes che esce per la prima volta nell'estate del '44 con il numero 16 concludendosi poi con l'uscita numero 23 e per l'esordio di Ideal Comics che conterà solamente quattro uscite.

Cover di Comics Capers 1 di Vince Fago (autunno 1944)

Funny-Tunes 16 (estate 1944), artista sconosciuto

Ideal Comics 1 (autunno 1944), artista sconosciuto


Oltre agli albi antologici i personaggi più famosi delle serie umoristiche della Timely si fregiavano di albi che portavano in copertina il nome di questi strampalati animaletti. Sempre nel 1944 si vide la nascita di Super Rabbit e Ziggy Pig-Silly Seal.

Super Rabbit 1, artista sconosciuto (1944)

Ziggy Pig-Silly Seal Comics 1, artista sconosciuto ('44)


La casa editrice non ha ovviamente abbandonato i supereroi, con il numero 9 Daring Mystery Comics si trasforma semplicemente in Daring Comics continuando a presentare le avventure della Torcia Umana e di Namor il Sub-Mariner.

Cover di Daring Comics 9 di Alex Schomburg, autunno 1944


Mystic Comics invece uscì nell'ottobre del 1944 e vide solamente quattro volte l'edicola. Le prime tre copertine ritraevano L'Angelo, personaggio ormai annoverato tra i classici della Timely, il quarto numero vedeva in prima fila nuovamente gli Young Allies.

Cover di Mystic Comics 1 (Ottobre 1944) di Syd Shores


Per ridare nuovo slancio al genere supereroico tentando di avvicinare a esso il pubblico femminile, già dal gennaio del 1944 venne lanciato un nuovo titolo dedicato alla super-eroina Miss America. In realtà il personaggio aveva esordito già in Marvel Mystery Comics 49 l'anno precedente grazie alla mente di Otto Binder e alle matite di Al Gabriele. Dal secondo numero l'albo Miss America diventerà un magazine dove personaggi e storie adolescenziali come quelle di Patsy Walker prenderanno il sopravvento sulle storie a tema supereroico. Da segnalare che il personaggio di Miss America sposerà la Trottola e le loro peripezie avranno qualche sviluppo anche nell'epoca moderna della Marvel. Per capire come, tenete d'occhio la ristampa della favolosa X-Statix di Milligan e Allred.

Cover di Miss America Comics 1 (Gennaio 1944) di Ken Bald


Nel secondo numero dell'albo la veste si trasforma in quella di  magazine ed esordisce Patsy Walker con le sue storie rosa. La particolarità del personaggio è che la Walker, nel 1976 diventerà l'eroina Hellcat affiliata al noto gruppo dei Vendicatori. Con il cambio di rotta anche l'editor Vince Fago (che all'epoca sostituiva Stan Lee) lascia il posto a Bessie Herman Little.

Miss America Comics 2 (Novembre 1944)

Cover di Miss America Comics 3 (Dicembre 1944) di Louise Altson


Nel marzo del 1944 la Timely diede alle stampe il primo numero di Gay Comics. Nell'autunno dello stesso anno la pubblicazione di Gay Comics riprese con il numero 18. Al momento non è dato sapersi dove siano finiti i numeri dal 2 al 17 e perché si sia ripresa la numerazione proprio dal diciottesimo numero.

Cover di Gay Comics 1 del marzo 1944 (artista sconosciuto)

Cover di Gay Comics 18 del settembre 1944 (artista sconosciuto)


L'albo presentava le storie di personaggi come Millie the model, Tessie the typist e Nellie the nurse.

Unico numero di Junior Miss del 1944. Cover di Mike Sekovsky


Continua...

domenica 29 aprile 2012

ACTION COMICS 1

Questo articolo è stato scritto per il sito fumettidicarta (e relativo blog)

Action Comics 1 - Cover di Joe Shuster
La scorsa settimana, in allegato a Panorama e a Tv Sorrisi e Canzoni (e che ci volete fare?) è uscito il primo numero di una nuova collana di volumi dedicata all'uomo d'acciaio a cura della Lion, nuova etichetta per la quale viene pubblicato in italia il materiale della DC Comics. Si parte con la saga Origini di Geoff Johns e Gary Frank e vi confesso di non aver neanche iniziato a leggere questo volume (che sarà probabilmente anche l'unico che acquisterò).

Perché quello che mi interessava portare a casa con i tre euro e novanta centesimi della prima uscita era la ristampa anastatica di Action Comics 1 del giugno 1938, numero sul quale esordirono Superman e il moderno fumetto supereroico (beh, moderno almeno per i canoni del tempo ma il mito nasce proprio su quelle pagine).

A differenza dell'odierna incarnazione della testata, all'epoca Action Comics era un albo antologico che non presentava solamente le storie di Superman, trovavano spazio tra le sue pagine personaggi dediti all'avventura e alla magia, le storie del vecchio west e quelle umoristiche, detective e pugili, insomma il sommario era molto variegato.

L'onore della copertina e della storia d'apertura della nuova collana spetta proprio a Superman. I creatori Jerry Siegel e Joe Shuster (sua anche la cover) avevano pensato le avventure dell'azzurrone per il formato comic strip riadattandole solo in seguito al formato comic book proprio per l'esordio su Action Comics, prima vera occasione data al personaggio di arrivare al grande pubblico (i due autori avevano ricevuto alcuni precedenti rifiuti).

Scordiamoci le origini che noi tutti conosciamo, la storia di Krypton, i coniugi Kent che trovano la navicella in un campo di grano, etc...

La storia di Superman è condensata nella prima tavola in tre blocchi di tre vignette ciascuno.

Primo blocco.

Vignetta uno: Un pianeta (anonimo) esplode, uno scienziato spedisce una navetta con suo figlio nello spazio.
Vignetta due: la navetta atterra sulla Terra e il bimbo finisce in orfanotrofio.
Vignetta tre: il neonato gioca sollevando le poltrone.

Nel secondo blocco di vignette Superman, che qui viene già chiamato Clark, salta palazzi, solleva pesi tremendi, corre più veloce di un treno (l'espresso, non il regionale di Trenitalia che sono capace anche io). Rispettivamente vignette uno, due e tre.

Nel terzo blocco c'è l'esordio di Superman in costume e un paio di vignette con "una spiegazione scientifica della stupefacente forza di Clark Kent". Nessun accenno al sole giallo e al sole rosso, semplicemente si descrive il popolo di Superman come gente che al momento della maturità ottiene meravigliosi poteri.

Tutto in una tavola, una tavola che ci fa notare come il mito si sia affinato ed evoluto nel corso di lunghi anni. Graficamente invece Superman presenta già tutte le caratteristiche che ben conosciamo, unica differenza una S sul petto appena accennata e molto più simile alla S tonda del nostro alfabeto rispetto all'attuale segno decisamente più geometrico.

Caratterialmente ci troviamo davanti a un eroe in difesa dei deboli dai modi però piuttosto bruschi. Come contraltare Clark Kent recita la parte del codardo e proprio per questo risulta inviso alla giornalista Lois Lane. Piccola curiosità: il giornale per il quale lavorano i due è il Daily Star e non il più conosciuto Daily Planet (che esordì solo nel 1940).

Le storie sono a dir poco telegrafiche. In tredici tavole Superman riesce a salvare una donna condannata ingiustamente (facendo sfoggio di superforza e invulnerabilità), fermare un bruto che picchia la moglie, assicurare alla giustizia il prepotente che insidia la bella Lois e occuparsi di un caso di corruzione. Altra curiosità: non si vede mai Superman nell'atto di volare, in aria l'eroe è disegnato sempre in posizione di salto, mai si accenna alla proprietà di volo del personaggio.

Visti oggi, storie e disegni risultano ingenui, schematici, poco sviluppati. La sensazione di avere tra le mani un grande pezzo di storia che riguarda la nostra passione però è impagabile. Inserito nel contesto dell'epoca il tutto assume un grandissimo valore (più di due milioni di dollari a essere precisi), non è da tutti inventare un genere e un personaggio ancora sulla cresta dell'onda dopo ben settantaquattro anni dalla loro nascita. Pensare che Siegel e Schuster non hanno visto che la minima parte dei soldi ricavati dalla loro creatura.

Chuck Dawson di Homer Fleming
Come dicevamo Action Comics era in origine un albo antologico. Per la seconda storia dell'albo ci si trasferisce nel Wyoming con Chuck Dawson, storia di vendetta in salsa western dove volano cazzotti e le mascelle si frantumano. Disegni più che all'altezza (considerando la data d'uscita) a opera di Homer Fleming, incerta l'attribuzione della storia che come quella di Supes entra nel vivo senza troppi preamboli. Dopo una ventina di uscite del personaggio si persero le tracce se si eccettuano un paio di future ristampe.

Altro esordio importante è quello del mago e illusionista Zatara che con l'aiuto del fido Tong tenta di sgominare la banda di ladri della Tigre. Anche qui azione e ingenuità (bellissima la scena in cui Zatara per aiutare un ferito con la magia fa comparire un kit di pronto soccorso) vanno a braccetto grazie alla storia e alle legnose matite di Fred Guardineer. Personaggio che ancora oggi compare nel DC Universe, conosciuto più che altro per aver dato i natali alla bellissima figlia Zatanna e per l'uso delle frasi al contrario per evocare i suoi incantesimi.

Zatara di Fred Guardineer

Dopo un racconto in prosa di due paginette è la volta della storia umoristica che però non fa ridere intitolata Sticky-Mitt Stimson attribuita ad Alger. Trascurabile.

Sven Elven ci porta sui sentieri dell'avventura con il viaggio di Marco Polo verso i territori del Khan mentre Fred Guardineer concede il bis facendoci salire sul ring insieme al peso mediomassimo Pep Morgan dove lo stile del disegnatore/scrittore sembra più dinamico. Anche questo personaggio non fece una grande carriera dopo l'avventura su Action Comics (circa 40 numeri) però il suo esordio avvenne già nel 1935 sulla collana More Fun Comics della National Allied Publications (antesignana della DC Comics).

A chiudere l'albo Scoop Scanlon di Will Ely, giornalista d'assalto che non si cura di finire in mezzo ai proiettili e Tex Thomson, petroliere arricchito in cerca d'avventure in giro per il mondo. Se non erro (non è facile districarsi tra le varie realtà alternative di casa DC) quest'ultimo diventerà in seguito Mr. America, un eroe mascherato minore.

Un albo tutto sommato divertente, le storie di poche pagine mi lasciano sempre con l'amaro in bocca però il mio animo nostalgico in questi casi prende il sopravvento. Sicuramente sarei tra i sostenitori di ristampe economiche di materiale così datato che, seppur lontano dalla nostra sensibilità moderna, ha un fascino difficilmente eguagliabile ancora oggi.

Scoop Scanlon di Will Ely

Spendeteli questi quattro euro scarsi che per avere in mano un pezzetto di storia ne vale la pena.

giovedì 26 aprile 2012

BRADIPIT 15

La frenesia è lenta, il bradipismo è rock.
Lo stakanovismo è lento, la lentezza è rock.
Il giaguaro è lento, il bradipo è rock.

Avete già costruito la bambola?
Se la risposta è no, siete lenti (e andate a ri-guardarvi il post di ieri), se la risposta è si ovviamente siete rock.


Clicca sull'immagine per ingrandire.

Aiutaci a diffondere il verbo del Bradipo linkandolo. Fallo tu perché il Bradipo fa n'caz.

mercoledì 25 aprile 2012

BRADIPIT SPECIAL 2

Bene, bene, bene. Come una vecchia e tirchia nonna inacidita che elargisce ai nipotini cenciosi regali nel dì di festa, anche la premiata ditta Bradi/Pit è pronta ad allietare la vostra giornata con il migliore dei regali possibili per le nostre tasche in questi tremebondi tempi di crisi alquanto provate.

Oh, sia chiaro che il regalo di oggi non vi dispensa da celebrare la funzione settimanale del giovedì che come sempre (domani) spunterà miracolosamente da queste parti.

E ora il regalo. Chiudete gli occhi. Non sbirciate.... ok potete riaprirli. Et voilà.

E ora, con molta, molta, molta, molta, molta calma, montatemi. Oh, che avete capito!

Spero di riuscire a spiegarmi per bene: ritagliare lungo i bordi, piegare lungo le pieghe tratteggiate, incollate dove c'è la colla, infilate le zampe dove i bradipi hanno le zampe. Tutto chiaro?

No? Bravi, siete lenti come un Bradipit.

PS: cliccate sull'immagine per ingrandirla, prima di iniziare a ritagliare vi consigliamo di stampare l'immagine.

Bradi Pit alla ricerca della mela perduta

lunedì 23 aprile 2012

VISIONI 37

Grande talento quello di Dave Perillo che nei suoi lavori ricorda molta animazione, specie quella che ci propone spesso la cricca di Cartoon Network. Non so se l'artista si è mai cimentato nell'animazione, sicuramente ha talento da vendere nella realizzazione di poster e illustrazioni.

Sul suo blog o anche usando la funzione Google images le possibilità di ammirare la sua arte sono infinite.

Ecco il suo tributo ad Alfred Hitchcock per la mostra Suspense e gallows humor.

The master of suspence


Poster per la linea di action figures Serial Wars.

A galaxy of hope


Bellissimi i suoi poster verticali, tributi ad Alice, Jack Skeleton e alla Pixar.

Pixar 25th anniversary

Alice in Wonderland

The nightmare before Christmas


Ancora un paio di film:

Flash Gordon


The wonderful wizard of Oz


La chicca finale

Treasure chest of fun

domenica 22 aprile 2012

A-Z: AA.VV. - I LOVE RADIO ROCK

L'appuntamento con questa specie di rubrica etichettata come A-Z nasceva qualche tempo fa per la voglia di proporre la musica che nel corso degli anni mi è capitato di ascoltare. Album di culto (personale ovviamente), ottima musica, semplice intrattenimento, musica di merda, album imperfetti, insomma di tutto un po'...

Decisi di seguire un ordine rigorosamente alfabetico, così per praticità.

Dopo vari mesi ancora non sono riuscito a passare ai veri artisti e siamo ancora impelagati alla voce, che inizia per A, AA.-VV., quella delle compilation e delle colonne sonore.

Devo dire che l'ascolto di queste è a volte un vero toccasana e torno a proporvi la soundtrack di uno dei tanti film che non ho visto. I love radio rock mi dicono sia una pellicola davvero piacevole e se così è la colonna sonora non è da meno. Puro amore per le sonorità rock dei meravigliosi Sessanta.

Ascoltiamoci qualcosa:

Dal 1964 il brano All day and all of the night dei britannici The Kinks.



Dal genio di Burt Bacharach e Hal David un pezzo lasciato al cantante Herb Alpert diventa un piccolo gioiello: This guy's in love with you, registrata nel 1968, raggiunge in breve la posizione numero 1 nella Billboard Top Ten.



A opera dei The Troggs il brano With a girl like you che nel 1966 raggiungeva invece la vetta delle U.K. charts.



Chiudiamo con Yesterday man di Chris Andrews, pezzo che si posiziona "solo" al terzo posto delle classifiche inglesi ma sfonda in Irlanda e Germania.



venerdì 20 aprile 2012

10 ANNI

Per una volta mi concedo un post (auto)celebrativo in un'occasione davvero speciale.

Nonostante io sia un giovincello non ancora in vista del traguardo dei quaranta, oggi festeggio con la mia dolce metà Paola (che qualcuno di voi conosce come La Citata), il decimo anniversario di matrimonio.

Proprio così, dieci anni passati in un attimo. E forse va bene così, vuol dire che le cose sono andate bene nonostante il tempo corra sempre più veloce.

E poi diciamocelo, guardando tutto quel che ci capita intorno, siamo anche orgogliosi. Al giorno d'oggi una convivenza decennale sembra un'impresa titanica degna dei più duri tra i supereroi.

Quindi auguri a mia moglie e anche a me, altri 100 (ma anche qualcosa di meno va bene) di questi anni.


Peter Parker e Mary Jane Watson


Clark Kent e Lois Lane


Reed Richards e Susan Storm


Scott Summers e Jane Grey


Luke Cage e Jessica Jones


Oliver Queen e Dinah Lance

giovedì 19 aprile 2012

ARTHUR E IL POPOLO DEI MINIMEI

(Arthur et les Minimoys, di Luc Besson, 2006)

Famiglia poco convenzionale quella di Arthur (Freddie Highmore), ragazzino di dieci anni che vive in un paese rurale con la nonna Granny (Mia Farrow). Genitori assenti e interessati solo alle cose materiali, Arthur compensa il disinteresse di mamma e papà con l'affetto per la nonna e il mito del nonno avventuriero. Nonno Archibald (Ron Crawford), esploratore in Asia e Africa dove ha fatto amicizia con la tribù dei Matassalai, si dice abbia scoperto un magico portale tramite il quale si accede al mondo dei piccoli Minimei.

Un bel dì, a causa di questioni economiche, Arthur e la nonna si trovano a rischiare di perdere la loro casa. Servono soldi e pare che il nonno avesse in passato nascosto un tesoro da qualche parte. In cerca di questa possibilità di salvezza Arthur si imbatte nelle istruzioni lasciate da Archibald per raggiungere il mondo dei Minimei, luogo nel quale anche il nonno attualmente dimora. L'unica speranza per mantenere la proprietà della casa sembra quella di andare a chiedere aiuto proprio a lui.

Arrivato nella fantastica terra dei Minimei dopo essere stato temporaneamente trasformato in un piccolo ometto egli stesso, Arthur inizia insieme alla principessa Selenia e a suo fratello Betameche la ricerca di nonno Arthur rapito dal malvagio Maltazard.

L'esordio di Luc Besson nell'intrattenimento per ragazzi in tecnica mista (animazione e live action) è da considerarsi estremamente positivo e ben riuscito. La trama del film, a portata di bambino, risulta gradevole e mai noiosa anche per gli adulti (se io e mia moglie possiamo essere considerati validi campioni della categoria) e stessa cosa si può dire per la tecnica d'animazione con la quale è stata realizzata la parte ambientata nel mondo dei Minimei.


Buona l'interazione tra i personaggi, nonostante segua canovacci ampiamente noti risulta gradevole il rapporto tra Arthur nel nuovo corpo da minimeo e la principessa guerriera Selenia. Si evita la citazione a tutti i costi se non in qualche divertente sequenza, tipo quella in discoteca, e questo non può che essere un bene. Buona la prova degli attori, compreso il piccolo Freddie Highmore così come la caratterizzazione delle creature digitali che prendono vita in maniera realistica.

Considerato lo strapotere delle major americane in questo tipo di prodotto la pellicola del francese, che vanta già due seguiti (Arthur e la vendetta di Maltazard e Arthur e la guerra dei due mondi), si fà rispettare ed entra di diritto tra i prodotti del genere che mi sento di consigliare sia ai bimbi che ai genitori.

BRADIPIT 14

Il Bradicismo cinematografico è una corrente legata alla settima arte che ha mosso i suoi primi passi quando anche il Neorealismo emetteva i suoi primi vagiti.

Il Neorealismo ora è morto, il Bradicismo invece, con i suoi tempi (comici), sta arrivando a noi solo ora. Nello splendore del Technicolor!


Clicca sull'immagine per ingrandire.

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martedì 17 aprile 2012

TIME MACHINE

Ancora tempo di post condivisi: questa volta l'onore è duplice. Ospiti graditissimi i grandi Blackswan e Lozirion. L'occasione era ghiotta: tutti sognano prima o poi di vivere in un altro luogo, ma dove vi spostereste avendo la possibilità di scegliere anche un'altra epoca?

Avendo già pubblicato un post con  Blackswan, lascio questa volta a Lozirion l'onore di aprire le danze.


MISSISSIPPI'S BURNING
Quando si ha una passione, una passione vera, prima o poi per forza di cose si finisce a studiarne la storia, si va a scavare nel passato di quel che così tanto ci affascina, per curiosità e un po' per una sorta di inconscio senso di gratitudine verso chi ha dato il via ad una passione che sentiamo nostra fin sotto pelle. Per la musica, così come per tutte le arti, tornare alle origini significa viaggiare all'indietro per decenni, secoli addirittura, e a volte ci si imbatte in periodi storici, contesti e luoghi nei quali si vorrebbe essere addirittura nati e vissuti, per poterne sentire totalmente e incondizionatamente il clima, respirare l'aria di quegli anni, affondare le mani in quella stessa terra così ricca di ispirazione....

Il rock, quello che più mi appassiona, è quello che però cronologicamente è più lontano. Mentre la massa guardava MTV e seguiva le hit mondiali io passavo pomeriggi interi guardando "Evergreen", e nella mia collezione di dischi ci sono moltissimi nomi che purtroppo ho potuto leggere soltanto sui libri e ascoltare e vedere in differita. Nomi grandi, che ancora oggi mettono un po' di soggezione e che anagraficamente parlando potrebbero essere miei genitori o spesso addirittura miei nonni. Ci sono nomi, tanti nomi, che appartengono agli anni '70, o meglio ancora ai '60, nomi che hanno la capacità di mettere tutti d'accordo e che stanno al di sopra delle semplici questioni di gusti personali o simpatie e antipatie. Ci sono i Beatles, i Rolling Stones, ci sono Led Zeppelin, Beach Boys, Frank Zappa, I Doors, Hendrix e chi più ne ha più ne metta; tutta questa gente ha cambiato la storia, ha cambiato la musica ed è riuscita, tramite la musica, ad arrivare dove la politica, l'economia e le importanti scienze che muovono il mondo non hanno saputo arrivare. La musica di quegli anni ha smosso popoli più delle motivazioni politiche, ha affondato colpi al sistema più di ogni vile attentato e non a caso è fonte di ispirazione ancora oggi che quegli anni sembrano tanto lontani....
 
B. B. King
Non sono però gli anni '70, e nemmeno i '60 quelli che personalmente rispondono davvero alla domanda "In quale periodo musicale avresti voluto vivere?". E' invece il decennio precedente, troppo spesso messo da parte e forse addirittura sottovalutato, ad affascinarmi tanto da desiderare di poter saltare su una DeLorean e tuffarmici a 88 miglia orarie. Gli anni '50, il primo decennio del dopoguerra, tempo di ricostruzione e di crescita, di incubi finiti e di buone speranze, anni non certo splendenti in tutto e per tutto, ma certamente ricchi di desiderio di cambiare le cose, lo stesso desiderio che negli anni '60 esploderà cambiando volto al mondo intero e che nasce proprio in questo periodo in cui lentamente si ripartiva e in cui la fatica era tanta e la musica era uno dei pochi modi per smorzarla.... C'è un luogo in particolare che personalmente reputo una sorta di Mecca in questo senso, un luogo sacro ricco di storia, a volte di mistero e musica, una musica che viene dal cuore della terra e dal profondo dell'anima; il luogo in questione è uno degli Stati Uniti, uno "Staterello" che oggi conta poco meno di 3 milioni di abitanti, che sfiora Memphis, ultimo baluardo del Tennessee, corre lungo il fiume da cui prende il nome e poi giù, fino alle coste del golfo del Messico. Naturalmente parlo del Mississippi e soprattutto delle rive del suo grande fiume, teatro di avventure letterarie e soprattutto di miti musicali. E' lungo le rive del Mississippi, all'incrocio di due sentieri sterrati che si dice che in una notte degli anni '20 Robert Johnson abbia stretto un patto con il diavolo vendendo la propria anima in cambio di saper suonare la chitarra. E' lungo le rive del Mississippi che nei successivi decenni nacquero il blues, il Jazz e il Rythm & Blues. E' il Mississippi, quando si tuffa nel golfo, che fa da culla al Delta Blues che diede il via a tutto. E' nel polveroso stato del Mississippi che negli anni '50 esplodono, su tutti, due mostri sacri del rock e del blues, il Re del Rock'N'Roll Elvis Presley e il "Blues boy" B.B. King. Con questi due nomi potrei chiudere il post e sentire di aver chiarito quali siano i motivi per adorare gli anni '50 a tal punto, ma sono i nomi a rendere grande il Mississippi o è il Mississippi a rendere grandi i nomi? Che aria si respirava 60 anni fa in quei luoghi rimasti per decenni quasi fuori dal tempo e che di colpo si sono trasformati da campi di cotone e fangose paludi alla culla del blues e del rock'n'roll? Non erano sicuramente la pace e la tranquillità ad aleggiare in quegli ambienti e non era certo il benestare la parola d'ordine, ma forse proprio per questo il risultato è stato così strabiliante. Faber in una sua stupenda canzone spiegava che "Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior"; più che di letame in questo caso si parla di fanghiglia, ma i fiori che ne sono nati sono splendidi e faccio davvero fatica a credere che non ci possa essere qualcosa di quasi magico in questi luoghi, qualcosa che ancora oggi non si riesce ad afferrare veramente, e mai ci si riuscirà senza aver vissuto il Mississippi sulla propria pelle. 
 
Othar Turner - Mississippi Delta Blues Festival
E' nato il blues in quegli anfratti, dalle dita callose e le gole arse frutto di anni a lavorare nei campi di cotone per meno di un tozzo di pane, sono nati il jazz e lo swing, perchè proprio dove la vita si fa dura un po' di spensieratezza è l'ancora a cui avvinghiarsi per resistere, ed è nato il rock'n'roll, perchè il mondo stava davvero cambiando e i ragazzi lo sentivano, sono nate le hit e gli idoli quando un ragazzino meno che ventenne con i pochi spiccioli che aveva in tasca volle incidere una canzone su un disco da regalare alla madre, e ancora non sapeva che sarebbe diventato re.... Sono nati quei suoni che anche dopo 60 anni riecheggiano forti e densi come la prima volta, e potendo viaggiare nel tempo la mia direzione sarebbe senza dubbio quel periodo, quando tutta la musica che amo era ancora un germoglio, quando quelle vibrazioni malinconiche e quelle esplosioni di sentimenti le avrei potute afferrare realmente, quando la vita era dura ma la musica era splendida e forse, lungo gli argini di quell'imponente fiume, avrei potuto potuto sentire sotto la pelle quella strana ed affascinante ondata che come per magia da una mano callosa e sei corde tese sa colpire al cuore senza bisogno di un mirino.... 


LOZIRION
 
SOGNANDO CALIFORNIA
Quando Graham arriva in California dalla piovosa Inghilterra, forse non sa ancora che, di lì a breve, la sua vita cambierà radicalmente. Da qualche giorno, ha conosciuto Joni e se ne è innamorato perdutamente, probabilmente sta già facendo qualche progetto di convivenza, pensa di trasferirsi o comunque di stabilizzare il rapporto nonostante li separi un oceano. Ma ci sono anche i suoi Hollies che lo aspettano in patria per continuare a scalare le classifiche con belle canzoni di luminoso pop-rock. Forse sta proprio rimuginando sul da farsi, quando una sera, a casa di Joni, dove si riuniscono quotidianamente i migliori artisti e musicisti della scena losangelina, sente due ragazzi cantare. Si chiamano David e Sthepen e giocano con le voci come un prestigiatore fa trucchi con le carte. Stanno abbozzando una canzone che si intitola Helplessly Hoping e la melodia è qualcosa che avvicina al Creato. Graham si unisce ai due e quasi per scherzo inizia a cantare anche lui. Le tre voci si incastrano, si inseguono, si sovrappongono, si sfiorano, ma soprattutto accarezzano le orecchie degli astanti, convinti, come qualcuno sosterrà in seguito, di aver ascoltato un coro d’angeli caduti sulla terra. E’ il 1968 e nasce, a casa di Joni Mitchell, quello che sarà uno dei gruppi californiani più importante di sempre, i Crosby (David) Stills (Stephen) & Nash (Graham). Siamo a Los Angeles, siamo in California, siamo in quello che tra la seconda metà degli anni ’60 e la prima metà degli anni ’70 sarà il centro musicale del mondo. 
 
Crosby, Stills & Nash

La mia personalissima macchina del tempo è puntata esattamente in quegli anni, perché se potessi fare un viaggio attraverso un varco spazio – temporale – musicale io mi catapulterei lì, a percorrere anni e chilometri tra San Francisco e Los Angeles. C’è vita in quei giorni, tanta vita : c’è l’odore dei fiori, il mito del surf, ci sono gli hippies e la filosofia peace and love, c’è una fottutissima guerra, contro cui marciare e protestare, ci sono droghe vecchie e nuove, che aprono le porte della percezione, aiutano a creare, a sperimentare. E c’è una musica che nasce, libera, alternativa, politicamente impegnata o delicatamente romatica. A Frisco impazzano i Jefferson Airplane che parlano una lingua rock e psichedelica mai udita prima.
 
A un concerto degli Jefferson Airplane
Verranno capolavori come Somebody To Love e White Rabbit, verrà lo sperimentalismo spinto di After Bathing At Baxter’s, i mitici concerti al Fillmore, e gli Acid Tests, le luci stroboscopiche e LSD ad anticipare gli odierni rave party. E sarà proprio la filosofia della droga e dell’acido a marchiare indelebilmente la leggenda dei Grateful Dead, i loro concerti-happening, il loro rock anarcoide, sperimentale, onnivoro, che troverà il suo culmine in American Beauty (1970). Ma sono anche anni di guerra, c’è il Vietnam, c’è una generazione falcidiata da una morte che entra quotidianamente nelle case. La musica allora si fa protesta, rivoluzione, le rock band sfilano a fianco degli studenti che riempiono le manifestazioni in ogni angolo d’America. I Jefferson Airplane scrivono Volunteers (1969), che rappresenta la grande sfida del rock al sistema americano e il grido di rivolta delle frange estreme e radicali del movimento studentesco. Un impegno politico e sociale che a Los Angeles trova i propri alfieri nei CSN & Y (Y sta per Neil Young, che si unirà ai tre dopo il primo album), quattro diverse anime musicali che trovano una perfetta, quanto fugace, armonia, e scrivono il manifesto West Coast (Deja Vù), cristallizzano in versi l’epoca hippie (Teach Your Children, Woodstock) e propongono commoventi ballate libertarie e antimilitaristiche (Find The Cost Of Freedom, Ohio). 
 
Woodstock
 
Woodstock
Eppure, la scena losangelina è capace di dare vita anche a un movimento musicale introspettivo, romantico, che guarda non al sociale ma agli struggimenti privati di una generazione. Musicisti che Frank Zappa, con molto cinismo, definirà navel-gazers, coloro cioè che vivono rimirandosi l’ombelico ed elevano i propri problemi a dimensioni universali. Saranno la meravigliosa Carole King del sublime  Tapestry (1971), sarà James Taylor con il carezzevole rock di  Sweet Baby James (1970), sarà il folk colto di Joni Mitchell che sfornerà due capolavori come Ladies Of The Canyon (1970) e l’inarrivabile Blue (1971). Più di ogni altro, è questo il mondo musicale in cui avrei voluto vivere. Un mondo in cui la musica era inesauribile fermento, viveva in perfetta simbiosi con la generazione che rappresentava. Quello californiano era un rock che apriva nuove strade ai giovani, indicava loro la direzione e ne sosteneva il cammino, fra tensioni politiche e derive intimiste; e i giovani, per converso, aiutavano il rock a crescere, lo plasmavano ai loro desiderata, alle speranze, ai sogni. Non è un caso che quelli fossero gli anni dei grandi concerti: non semplici live act, ma veri e propri happening nei quali la gioventù si formava, cresceva intellettualmente, cambiava i propri costumi, sperimentava insieme. In nessun altro luogo al mondo, mi sarei visto così bene come nella California di quarantanni fa: il mare a cullarmi lo sguardo, infradito ai piedi, asciugamano in spalla, un purino di marjiuana fra le labbra e tanta musica nel cuore. Peace & Love, bros and sisters: andiamo, la spiaggia ci aspetta con le sue onde e il suo sogno di capelli al vento.


 BLACKSWAN
 
NEW YORK '70
Vivere in un altro luogo e in un altro tempo. Un sogno che penso abbia sfiorato tutti in qualche misura, un desiderio fuggente insinuatosi nella mente grazie a una canzone, alla scena di un film, a un costume, a un libro, a una fotografia magari.
Da parecchio tempo ormai ho il forte desiderio di visitare New York. Negli ultimi anni, e per ultimi intendo gli ultimi dieci più o meno, i viaggi si sono diradati, le vacanze standardizzate e, forse di conseguenza, i sogni sono aumentati. In realtà il sogno ricorrente è sempre quello: andare a New York, non meno di dieci giorni. Meglio se per un periodo più lungo.
Ogni tanto la fantasia parte per la tangente e allora il desiderio diventa andare a New York negli anni '70. Mi dicono sia una cosa che ancora non si può fare  a meno di non essere in possesso di un Tardis o di grandi dosi di LSD di quello buono.
 
 
Perché proprio New York negli anni Settanta? In realtà non c'è un motivo ben preciso, suggestioni, istinto, per lo più penso sia colpa del cinema. Il cinema che arriva a noi direttamente dai meravigliosi Seventies.
 
Capitolo primo: adorava New York, la idolatrava smisuratamente. Ma no, è meglio la, la mitizzava smisuratamente. Ecco.

L'incipit di Manhattan, film di Woody Allen datato 1979, dice tutto. Il nocciolo della questione sta tutto lì, in quella parola che non potrebbe essere un'altra in questo contesto: mitizzava. New York è un luogo mitico per chi ama la cultura pop. Cinema, libri, fumetti, musica hanno contribuito a rendere questo luogo un luogo di tutti. Non mi riferisco al melting-pot e cose del genere, New York è il luogo anche di chi come me non c'è mai stato. 


Di questa sequenza iniziale tutto mi attrae. Le splendide note di Gershwin (Newyorkese), gli skylines, le luci all'imbrunire, i diners, le strade ricoperte dalla neve, il fumo che esce dai tombini, i taxi gialli, i campetti da basket, il parco, la folla brulicante, l'arte, i contrasti stilistici, le insegne luminose, tutto.
Però dice che la Grande Mela non fosse poi così linda e sicura negli anni '70. Tempi difficili quelli, il sogno iniziava a sgretolarsi dopo decenni decisamente più fortunati. Molte sono le pellicole tramite le quali ci viene mostrata la deriva della città in quegli anni: il degrado di quartieri come il Bronx e Harlem, quello delle notti a Central Park, gli homeless ai bordi delle strade, i ghetti, la droga, i problemi delle minoranze, la corruzione, la crisi finanziaria e quant'altro. Eppure in quelle immagini c'è una fascinazione incredibile, che ci mostrino la sfavillante Manhattan o la miseria di Harlem poco importa. Proprio nel tipo d'immagine sta il bello.  Quella grana sulla pellicola, quella luce, quei colori. Caratteristiche che si ritrovano anche in molti dei telefilm della nostra infanzia, almeno per chi come me nasce intorno alla metà di quel decennio (oh, in fondo è il mio decennio, servono altre giustificazioni? Sono nato negli anni '70 e me ne vanto, come non potrei?).
 
Brooklyn - New York '70
 
E poi le auto, la moda, le acconciature, la grafica degli album del periodo e ovviamente la musica. Se ai favolosi Sessanta si deve una grandissima rivoluzione musicale anche la poco florida situazione del decennio successivo a New York contribuisce alla germinazione di importanti generi musicali. I New York Dolls ad esempio venavano il loro rock di sprazzi punk con piglio glam andando a inserirsi nel filone proto-punk, c'erano i Ramones a dare il loro contributo alla scena punk rock, esplode la Disco Music con l'aumento nei '70 delle discoteche: prima evoluzione di Funk e R&B legata alla cultura nera, vero e proprio fenomeno musicale di massa nella seconda metà del decennio. Viene datata 1973 la nascita dell'Hip hop nel Bronx, New York. E già c'era Afrika Bambaataa, pensate. Insomma c'era fermento a New York nei Seventies. Molto.
 
The Ramones

Molto di questo fermento è dovuto alla ricerca di rivalsa della popolazione nera che ha dato un contributo fondamentale alla cultura del periodo. Affascinante, anche se poco apprezzato nel termine, il fenomeno della Blaxploitation. Legato principalmente al cinema con pellicole aventi per protagonisti attori afroamericani rivolte a un pubblico composto per lo più da afroamericani. Forse questa corrente cinematografica non ci ha lasciato film memorabili ma sicuramente alcune colonne sonore degne di nota (e le prove di una splendida Pam Grier). Shaft (1971), pur qualitativamente non eccelso, vinse addirittura un Oscar per l'omonima e bellissima canzone di Isaac Hayes e salvò la Metro Goldwin Mayer dalla bancarotta. I nomi coinvolti nella lavorazione delle soundtrack di questi film sono molti: Curtis Mayfield, Quincy Jones, Bobby Womack (splendida Across 110th street), Marvin Gaye, James Brown e chissà quanti altri ancora.
 
Black Caesar, film della corrente blaxploitation
 
Il sogno meriterebbe un numero ben maggiore di parole per essere descritto per bene ma cercherò di limitarmi e di chiudere parlando delle storie Newyorkesi che il decennio in questione ci ha lasciato in eterna eredità. Tralascio le suggestioni scaturite ammirando le splendide tavole dei comics d'epoca dove un Uomo Ragno appeso alla sua tela svolazza tra i grattacieli di Manhattan passando davanti al Baxter Building mentre a Hell's Kitchen un uomo vestito da Diavolo Rosso manteneva vivibile il suo quartiere e vado a concentrarmi ancora una volta sul cinema.
Dalle violente Mean streets Scorsesiane di Little Italy (1973) alla denuncia della corruzione dilagante nel corpo di polizia da parte di Frank Serpico (1973) il cinema dei '70 non ha di certo tenuto nascoste le magagne dell'epoca. La diffusione delle droghe e la French Connection sono alla base de Il braccio violento della legge (1971), il racconto di una rapina realmente tentata in quel di Brooklyn diventa il film di culto Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975), le macchinazioni di politica e servizi segreti immortalate nella spy story de I tre giorni del Condor (1975) e nel film Il maratoneta (1976), il dramma dei reduci dal Vietnam nel grandissimo Taxi driver (1976) e quello delle gang nel mitico I guerrieri della notte (1979). Ma non solo degrado e violenza caratterizzano il cinema ambientato nella Grande Mela dei settanta. Basti pensare ai film di Allen come Manhattan (1979) o Io e Annie (1977), al dramma sentimentale Kramer contro Kramer (1979) o all'altro film di culto La febbre del sabato sera (1977).
 
I guerrieri della notte, 1979
 
Di certo non era tutto rose e fiori all'epoca a New York, anni e vita dura per molti, lontane forse le speranze della controcultura hippie per distanza (fenomeno legato maggiormente alla costa ovest) e per il tempo trascorso. Rimane comunque un periodo culturalmente vivo e che esercita, almeno su di me, un incredibile fascino. Certo che per ora mi basterebbe andarci a New York, per i '70 poi si vedrà.


LA FIRMA CANGIANTE

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