Giungiamo infine alla sezione più corposa dei
Firma Awards 2022 con la categoria
FILM nella quale trovano posto tutti quei film usciti negli ultimi vent'anni e visionati da queste parti durante i dodici mesi appena trascorsi. Devo ammettere per quest'anno di aver preparato il post con un po' d'anticipo rispetto a quanto fatto l'anno scorso, nel 2011 infatti il post per questa categoria era stato studiato man mano che lo stesso veniva costruito, in tempo reale, creandomi così dei mal di testa non da poco. Quest'anno i mal di testa me li son fatti venire prima, ora devo "solo" costruire fisicamente il post, scrivere trenta piccole presentazioni e inserire le immagini (già trovate in precedenza per fortuna). La difficoltà maggiore è stata quella di dare un ordine credibile ai trenta titoli selezionati, la scaletta non è una compilazione blindata, nulla di strano che a qualcuno di voi possa piacere più, che so, la posizione ventiquattro che non la diciassette (buttate lì a caso a titolo di esempio, al momento non ho sotto mano i film che inserirò alle suddette posizioni), in più mi sono costretto a redigere la classifica di cuore (e di pancia), senza curarmi troppo dei voti affibbiati ai vari film nelle recensioni scritte per
Loudd, basandomi invece sulle impressioni rimaste, ora che le varie opere sono state assimilate, digerite e valutate più a freddo. Dentro c'è finito un po' di tutto: generi diversi, gusti personali mediati con una certa ricerca di obiettività (quasi impossibile da trovare, non siamo nei confini di una scienza esatta per fortuna), un poco di partigianeria e tanta passione. Spero che la compilazione possa far piacere a qualcuno e offrire magari qualche buono spunto di visione. Via che si va...
Trentesimo classificato:
Voglio mangiare il tuo pancreas di Shinichiro Ushijima (2018)
Struttura parecchio sfruttata nelle narrazioni rivolte agli adolescenti, due giovani alle prese con una nuova (e forzata) amicizia, rapporto in evoluzione nel quale subentra la malattia; pur se non sviluppato a dovere in tutti i suoi aspetti, senza abusare di soluzioni scontate Voglio mangiare il tuo pancreas raggiunge il cuore, tocca le corde giuste e affronta il dolore con una costruzione per lo più vivace e mai deprimente. Consigliato.
Ventinovesimo classificato:
The myth of american sleepover di
David Robert Mitchell (2010)
Il mito del pigiama party americano:
David Robert Mitchell tratteggia un momento di passaggio di un nutrito gruppo di adolescenti che si avviano verso l'età (non ancora) adulta dandone una visione delicata, lontana dagli eccessi di molti film a tema, che ben tratteggia insicurezze, aspettative, timori. Scenario noto visto con un'ottica poco abusata.
Ventottesimo classificato:
Don't look up di
Adam McKay (2021)
L'idiozia umana di fronte alla catastrofe,
McKay mette tanta carne al fuoco (forse troppa) e non risparmia nessuno e noi, in attesa del disastro, sempre in balia di potenti, guru della finanza e politicanti che in mente hanno sempre e solo soldi e opinione pubblica. Si ride di quanto siamo imbecilli e autolesionisti.
Ventisettesimo classificato:
Funny games di
Michael Haneke (2007)
Pur non riuscendo ad amarlo, non posso negare che le opere di
Haneke abbiano un valore intellettuale da sfruttare a posteriori, a visione ultimata.
Funny games ci fa riflettere sulla violenza, sul suo ruolo nella società dell'intrattenimento e sul nostro ruolo di fronte a essa. Film di testa, da valutare a freddo.
Ventiseiesimo classificato:
First cow di
Kelly Reichardt (2019)
Oregon, agli albori di quella che sarebbe stata l'epoca (e l'epica) del western, in una zona dove ancora non ci sono i mandriani perché le vacche sono ancora lì da venire. Uno sguardo femminile su ciò che l'America avrebbe potuto essere se non si fosse abbeverata fin da subito nella violenza, in nuce il marciume del sistema del capitale.
Venticinquesimo classificato:
Ghostbusters: Legacy di
Jason Reitman (2021)
Un
blockbuster che si rivela presto come una vera e profonda questione d'amore, di un regista per il lavoro del padre, di un uomo per la scomparsa di un amico di famiglia, il ricordo di
Harold Ramis pervade l'intero film, la questione dell'eredità (
legacy appunto) è presente dietro e davanti lo schermo. I giovani ragazzi e il film funzionano molto bene.
If there's something strange in your neighborhood, who you gonna call?
Ventiquattresimo classificato:
Aloners di
Hong Sun-eun (2021)
Seguendo le giornate della protagonista
Jina la regista
Hong Sun-eun ci racconta il fenomeno degli
honjok molto diffuso in Corea del Sud, giovani con una tendenza sempre più accentuata alla solitudine, propensi ad approcciare anche attività solitamente svolte in compagnia in totale assenza di contatti umani. Assenza di emozioni e anaffettività con aperture grottesche.
Ventitreesimo classificato:
La famosa invasione degli orsi in Sicilia di
Lorenzo Mattotti (2019)
Da
Dino Buzzati una trasposizione di una bella fiaba da parte di
Mattotti, uno dei più importanti fumettisti nostrani, l'arte di
Buzzati e lo stile di
Mattotti trovano un incontro molto felice che si compie in questa "famosa invasione" colorata e visionaria.
Ventiduesimo classificato:
Ancora animazione italiana, non una fiaba questa volta ma un viaggio nel dolore di una lontananza, da un fratello e dall'arte, una lontananza che ha costretto Sergio in un autoesilio all'interno di un taxi sporco in movimento costante in una Napoli apocalittica. Rivelazione.
Ventunesimo classificato:
L'onda di
Dennis Gansel (2008)
Film non perfetto, alcune scelte un po' facili, eppure
L'onda è uno di quei film che andrebbe fatto vedere in tutte le scuole per riflettere sui sistemi totalitari e sulla loro capacità di influenzare le masse. Film doveroso, necessario pur con tutte le sue imperfezioni.
Ventesimo classificato:
Shiva baby di
Emma Seligman (2020)
Commedia imbevuta di cultura ebraica, molto divertente e che affronta l'argomento delle
sugar babies, giovani ragazze che concedono favori sessuali a uomini adulti in cambio di contributi economici; quando la ragazza in questione e il suo
sugar daddy si incontrano a uno
shiva, una cerimonia funebre ebraica, con tanto di famiglie al seguito, i momenti imbarazzanti sono inevitabili.
Diciannovesimo classificato:
Malcolm & Marie di
Sam Levinson (2021)
Elegantissimo
kammerspiel al massacro tra un lui e una lei che si amano ma che comunque si vomitano addosso di tutto esplorando le pieghe di un rapporto che nella claustrofobia degli interni (magnifici) elabora le sue verità. Fotografia splendida.
Diciottesimo classificato:
Apollo 10 e mezzo di
Richard Linklater (2022)
Viaggio sul viale dei ricordi per
Richard Linklater, un viaggio che non è nello spazio ma è nel tempo, nella nostalgia per la sua infanzia, per quell'America carica di promesse che guardava alla Luna ma che avrebbe trovato il Vietnam. Un giro nella memoria che è del suo autore ma che facilmente diventa di tutti.
Diciassettesimo classificato:
The assassin di
Hou Hsiao-hsien (2015)
Opera di una bellezza formale accecante, ogni immagine, ogni sequenza, ogni movimento è un piccolo gioiello d'arte cinematografica, una protagonista splendida (
Shu Qi) per "
un'epica del dolore narrata con classe innata" (cit.
Jean Jacques di
Recensioni Ribelli).
Sedicesimo classificato:
Argo di
Ben Affleck (2012)
Affleck si conferma meglio come regista che come attore, cinema che guarda al classico e che ricostruisce un episodio storico un po' dimenticato con un occhio alla ricostruzione e uno allo spettacolo, ottima forma, struttura solida, uno stile da preservare.
Quindicesimo classificato:
Frank di
Lenny Abrahamson (2014)
La malattia mentale affrontata con tenerezza e delicatezza in puro stile Abrahamson, una commedia musicale con protagonista un musicista che non esce mai dalla sua maschera gigantesca in cartone, è Frank, uno dei personaggi da ricordare nel cinema di questi anni.
Quattordicesimo classificato:
La vita e l'opera del fotografo Sebastiao Salgado vista con gli occhi di Wim Wenders, un connubio perfetto tra cinema e fotografia, immagini che si fondono l'una nell'altra per un racconto che si fa arte esso stesso, un viaggio tra sociale e privato lungo una vita.
Tredicesimo classificato:
Anche nella forma del documentario ibrido, tra testimonianze reali e altre scritte e recitate, Jia Zahngke continua a narrare i cambiamenti della sua Cina in un periodo di transizione tra tradizione e progresso, nella fattispecie tra la chiusura della fabbrica 420 e la nascita di città 24.
Dodicesimo classificato:
In Jackson Heights di
Frederick Wiseman (2015)
A rendere imperdibili i documentari di
Wiseman è proprio la sua mano invisibile, la scelta di intervenire il meno possibile mentre i protagonisti, gli abitanti del quartiere newyorkese di
Jackson Heights in questo caso, si raccontano e raccontano la materia. J.H. è una delle comunità più multiculturali al mondo e per circa tre ore anche noi diventiamo abitanti del quartiere.
Undicesimo classificato:
Estate '85 di
Francois Ozon (2020)
Si segnala lo splendido
Estate '85 ma in realtà nemmeno
Una nuova amica meriterebbe di rimanere fuori da questa classifica. In questi due film
Ozon lavora sulle identità dei protagonisti, sui sentimenti e sulle passioni. È un cinema elegante quello del regista francese, una meravigliosa sorpresa.
Decimo classificato:
Selfie di
Agostino Ferrente (2019)
Mosso da un tragico fatto di cronaca Ferrente decide di raccontare il Rione Traiano di Napoli, uno dei quartieri difficili della città partenopea, per farlo si affida ad Alessandro e Pietro, due amici, due ragazzi puliti che raccontano le speranze e i momenti di gioia di una giovinezza comunque difficile; con il cellulare di Ferrente sono loro a girare e costruire il film al quale il regista ha dato forma compiuta in sede di montaggio. Per una Napoli un poco diversa.
Nono classificato:
This is England di
Shane Meadows (2006)
Shane Meadows ci trasporta nell'Inghilterra dei "favolosi" anni 80, ci mostra il contesto della sua giovinezza, quella del proletariato inglese, sempre più messo da parte ai tempi della
Tatcher e della guerra nelle Falklands, la cultura skinhead, fenomeno di costume che quando incontra la politica... bellissimo spaccato di un'epoca e ottima ricostruzione d'ambiente.
Ottavo classificato:
Pleasure di
Ninja Thyberg (2021)
Lo sguardo femminile della
Thyberg sull'industria del porno mette in evidenza sopraffazioni, dinamiche malate e sfruttamento di genere che possono facilmente essere traslate in altri ambienti di lavoro, nel mondo del porno tutto è portato all'estremo; film parecchio duro se rapportato a quanto siamo abituati a vedere nel cinema
mainstream, un'opera che in alcuni passaggi potrebbe infastidire gli animi più sensibili.
Settimo classificato:
Audiard è un grande regista, capace di cambiare genere e direzione a ogni film mantenendo una qualità costante molto alta, Il profeta è forse il suo film simbolo, un dramma carcerario, un lento processo di formazione, non alla vita ma al crimine e alla sopravvivenza.
Sesto classificato:
Nel complesso un film meno significativo di altri segnalati nelle posizioni precedenti, The tender bar è però uno di quei film capaci di riappacificare lo spettatore con tutto, un feel good movie realizzato con la solita attenzione da parte di Clooney, ogni cosa è al posto giusto e tutto è pervaso da una sincerità e da un amore per i personaggi davvero preziosi.
Quinto classificato:
In una situazione di sospensione (temporale, spaziale) due gruppi di uomini posti ai due lati della barricata del sistema carcerario sono costretti al confronto. Alla fine un uomo è un uomo, che sia da questo o da quell'altro lato della grata di ferro. Cast strepitoso per un film che scava ben oltre la fine della visione.
Quarto classificato:
Mainetti ce lo dobbiamo tenere stretto, registi capaci di andare fuori dai sentieri (noiosissimi) della già codificata commedia nostrana sono un piccolo patrimonio. Con Freaks out si conferma la visione ad ampio raggio di Mainetti che, senza perdere una fortissima connotazione che ci appartiene, riesce a guardare al cinema in maniera ambiziosa e senza confini. Che belli i nostri super, così vivi e veri.
Terzo classificato:
L'elaborazione di un lutto attraverso piccoli gesti, movimenti minimi, contatti con l'altro, condivisioni del dolore e attraverso l'appropriazioni di tempi e ritmi che solo gli orientali sembrano padroneggiare con tale maestria. A volte la cura è un semplice silenzio condiviso.
Secondo classificato:
Altro lutto, altro dolore. Il film di Sorrentino e quello di Hamaguchi erano entrambi in lizza per l'Oscar come miglior film straniero (vinto dal giapponese), entrambi guardano all'arte ma con protagonisti che vanno in direzioni diverse. Film (ovviamente) sentito, Sorrentino abbandona un poco i suoi virtuosismi di stile e ci trascina in un vortice emozionale nel quale si ride e si piange, un ritorno a casa per la via del cuore. Film magnifico.
Primo classificato:
È una sensibilità tutta nuova quella che Koberidze ci propone nel fare e nel guardare il cinema. Un racconto surreale e delicato dove l'importanza dello sguardo, del riconoscimento, è fondamentale, una narrazione che riesce in qualche modo a far diventare i luoghi protagonisti, l'intera città di Kutaisi in Georgia, luogo mai sentito nominare prima, ti entra dentro e dopo un poco sembra di stare a casa. Una piccola rivoluzione, un piccolo capolavoro, da guardare a maggior ragione ora che l'Argentina ha vinto il Mondiale.
E così anche per quest'anno è tutto,
qui trovate i film più vecchiotti,
qui libri e serie tv.