domenica 1 maggio 2022

APOLLO 10 E MEZZO

(Apollo 10 1⁄2: A space age childhood di Richard Linklater, 2022)

All'interno di una proposta cinematografica (le serie sono un discorso a parte) che spesso offre una pletora di prodotti medi non sempre memorabili, ogni tot di tempo Netflix ci stupisce con un botto d'autore o con opere parecchio interessanti, vengono in mente ad esempio È stata la mano di Dio di Sorrentino, il The irishman di Scorsese, anche il divertente Don't look up di McKay, le ultime cose di Spike Lee o Roma di Cuarón e via discorrendo. Ora, senza troppi clamori, arriva il turno dell'ultima opera di Richard Linklater, regista interessante che ancora una volta colpisce nel segno con un film riuscitissimo e anche parecchio originale, in parte autobiografico, almeno per quelli che sono i ricordi personali di un'epoca ormai lontana e che coglie bene non solo un momento storico, un decennio, un evento, ma anche un'età, un istante nel tempo che (forse) è stato suo così come viene narrato in Apollo 10 e mezzo, ma che sicuramente è stato di tutti nei sentimenti, nelle sensazioni, nelle esperienze, per quanto queste possano essere state dissimili per epoca e luoghi (non tutti siamo cresciuti nell'America degli anni 60 ovviamente). Sebbene ci sia uno spunto finzionale nella narrazione di Linklater, quello che esce con prepotenza lungo lo srotolarsi del film e che si prende pian piano tutta la scena, è il flusso dei ricordi di giovinezza del protagonista, Stan, un bambino che all'epoca della corsa allo spazio, siamo appunto nei 60 a Houston (abbiamo un problema), aveva circa dieci anni. La sua infanzia, quella dei suoi fratelli, quella dei ragazzi del vicinato e in generale stile e prospettive di vita degli americani dell'epoca sono il nodo focale di un'amarcord molto dolce a dispetto di tutto, questioni sociali e guerra del Vietnam compresi, perché soprattutto per i ragazzini c'era ancora quella consapevolezza che in fondo si poteva ancora "scivolare nel sonno, sapendo che tutto sarebbe andato bene".

Siamo sul finire degli anni 60, l'America, come il resto del mondo d'altronde, è in trepidante attesa del momento in cui l'uomo per la prima volta nella Storia poggerà piede sulla Luna. Stan è un bambino di circa nove anni che vive a pochi chilometri dal centro di controllo della N.A.S.A. a Houston; è proprio qui che il papà di Stan lavora, un semplice impiegato dell'ufficio acquisti. In quegli anni Houston sembra una città in piena espansione, proprio grazie all'attività spaziale sorgono nuovi quartieri residenziali, molte famiglie vi si stabiliscono, proprio come quella di Stan formata da mamma (casalinga), papà e ben sei figli Stan compreso, tre maschi e tre femmine di cui il nostro protagonista è il più giovane. Tempo di ultimi test prima della missione Apollo 11, ora accade che, per un errore di progettazione, il velivolo di test che servirà a preparare il volo di Aldrin, Armstrong e Collins venga realizzato in scala troppo ridotta per i tre astronauti adulti, le menti fini della N.A.S.A. penseranno bene di far testare il tutto a un bambino, la scelta ricadrà proprio su Stan, tutta la missione però dovrà ovviamente svolgersi nel più assoluto riserbo mentre sullo sfondo proseguono le contestazioni del '68 e i giovani americani continuano a morire in Vietnam.

La trama imbastita da Linklater, quella di un giovane Stan collaudatore per la N.A.S.A., è un mero pretesto per mettere in scena un viaggio sul viale dei ricordi, un'affettuosa e coinvolgente ricostruzione di un'epoca, di sentimenti sepolti nel passato, di un momento storico irripetibile; è questo l'aspetto del film prevalente e che si mangerà quel filo di trama assolutamente marginale, ed è anche ciò che più cattura l'attenzione dello spettatore. Voce off quasi onnipresente, è il racconto dell'autore a portarci alla sua infanzia; per rendere la meraviglia di un periodo che all'apparenza vedeva il futuro spianarsi roseo per le giovani generazioni di americani bianchi, borghesi e tutto sommato benestanti, Linklater per la terza volta nella sua filmografia ricorre alla tecnica del rotoscopio, questa permette di convertire il girato effettuato con veri attori in animazione donando all'effetto finale, almeno in questo caso, sia un tocco sognante, quasi magico, ma anche un forte approccio fotorealistico. Quella che si respira è un'aria di fiducia, di ottimismo, un'America con consumi in crescita, una società del capitale in espansione nonostante le attenzioni al risparmio (la famiglia di Stan è composta da otto persone e un solo lavoratore) e all'ecologia, in questa situazione ci sono ragazzini per lo più spensierati, attratti dalla corsa alla Luna che a Houston (un po' come in tutta la nazione) si respira più o meno ovunque, ci sono poi giovani più grandi attenti ai cambiamenti della società, alla guerra, ai nuovi fenomeni musicali e culturali.

Tecnicamente molto indovinato, la realizzazione animata restituisce un'aria sognante che ben si sposa all'ottimismo di fondo e permette tutta una serie di variazioni visive quando si passa a raccontare i filmati televisivi d'epoca, i discorsi del presidente, i reportage di guerra, l'elenco vastissimo di serial televisivi, film, giochi da tavolo e altro ancora che allietavano le giornate dei ragazzi nei 60. La forma della narrazione passa dal classico racconto a un piglio ora più documentaristico, ora più legato a un libero flusso di ricordi, è un viaggio tenerissimo quello che Linklater ci propone, il sottotitolo originale non per nulla è A space age childhood (Un'infanzia dell'epoca spaziale), un'incursione in una terra di nuove prospettive in un Paese che innocente assolutamente non era ma che ancora poteva sembrarlo agli occhi dei giovani ragazzini e a quelli di alcuni dei loro genitori.

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