domenica 31 luglio 2011

NON PENSARCI

(di Gianni Zanasi, 2007) 

Mi sono avvicinato a questa commedia con poche aspettative, non sapevo bene cosa stessi andando a vedere e la commedia italiana non è proprio il mio genere preferito. Mi ci sono divertito davvero parecchio. Un cast che presenta alcuni tra i volti migliori del nostro cinema: il grande in tutti i sensi Giuseppe Battiston, Valerio Mastandrea, Anita Caprioli, Caterina Murino e altri nomi noti in ruoli secondari. Tutti in parte dal primo all’ultimo, commedia amarognola dove però si ride parecchio e in maniera intelligente. Molte sono le scene dove basta uno sguardo, una smorfia, due parole e scatta la risata nonostante la trama ci metta di fronte a drammi di vita quotidiana dentro i quali chiunque può finire. Spaesamento, difficoltà economiche, divorzi, mancanza di comunicazione, etc... Il contributo maggiore alla riuscita della pellicola è quello di Mastandrea che senza difficoltà crea un personaggio con il quale si entra subito in empatia. Fragile e allo stesso tempo divertentissimo. 

Stefano Nardini vive a Roma e fa il musicista, un nuovo disco in arrivo. Causa piccolo trauma associato a una crisi personale, decide di partire verso Rimini, sua città d’origine, per andare a trovare i suoi. Mamma, papà, il fratello Alberto (Battiston) e la sorella Michela (la Caprioli). Arriva per cercare serenità ma si dovrà scontrare con i problemi del resto della famiglia. Il padre in pensione forzata, Alberto impegnato in un divorzio e nella crisi dell’attività di famiglia, la sorella sola e allontanatasi dall’università, la madre poco serena. Solo l’unità familiare potrà sistemare tutto. Ma questo tutto passerà attraverso situazioni comiche e surreali, grottesche e malinconiche. 

L’alchimia tra i tre fratelli, che forse si conoscono poco, risulta perfetta sullo schermo, funziona a tal punto che dal film verrà tratta anche una serie Tv in 12 episodi con gli stessi attori del lungometraggio. Davvero ben delineati anche una serie di personaggi di contorno, quasi tutti amici d’infanzia di Stefano che cresciuti sono diventati banchieri, sindacalisti, matti, guardie giurate, politici e che danno un bel valore aggiunto al film. Uno di quei film dove fortunatamente non si ha l’impressione che il regista si sia caricato sulle spalle il fardello di insegnarci qualcosa, di dirci a che punto stanno gli adolescenti o i trentenni o la famiglia o gli omosessuali etc... Chi se ne frega tra l’altro. Una bella commedia, leggera, divertente e ben recitata. Vi basta?

sabato 30 luglio 2011

BACK TO THE PAST: 1971 PT. 3

Grande successo per i Rolling Stones nel 1971 che immettono sul mercato uno dei loro album più celebri: Sticky fingers.
Il singolo Brown Sugar si piazza in breve tempo in cima alle classifiche statunitensi nonostante la presenza di liriche controverse.



Altro brano celebre e altra celebre band. Tornano gli Who con il pezzo Won't get fooled again.



Tra i primi gruppi ad essere etichettati come glam rock ci sono i T-Rex (o Tyrannosaurus Rex) di Marc Bolan. Proprio Bolan nel 1971 compone il pezzo rock di facile presa Get it on. Band di grande successo nel Regno Unito comincerà in seguito a percorrere territori in direzione punk. Occhio al piano.



Altro album interessante targato 1971 è Growers of mushroom dei poco conosciuti Leaf Hound. Un ottimo hard rock del quale vi propongo una versione live recente in mancanza di materiale d'annata.

NUOVA DISCIPLINA DEL PREZZO DEI LIBRI

Il 20 Luglio u.s. è passata la nuova legge che disciplina il prezzo dei libri (qui il testo completo). In sintesi, se ho ben interpretato, questo dice: come regola generale chiunque venda libri (librerie piccole e grandi, supermercati, commercio on-line, etc...) può applicare sconti fino ad un massimo del 15%. Si potrà andare in deroga per campagne promozionali specifiche di un mese di durata al massimo (escluso in dicembre) con sconti che non ho capito bene se possono arrivare al 20 o al 25%. Tali promozioni non sono reiterabili. Anche qui se ho ben capito: ad es. Feltrinelli può effettuare una promozione del 25% su tutto il catalogo Tea al massimo per un mese, solo una volta l'anno e non a dicembre. Segue un elenco di varie eccezioni e mancate applicazioni su categorie specifiche di libri. Conclusioni: a noi andrà bene, male o tutto rimarrà lo stesso? Oggi ho parlato con un commesso della Feltrinelli che riteneva la legge positiva. Questa a suo dire arginerà lo strapotere della grande distribuzione (intesa come supermercati, grosse catene dove i libri sono solo una piccola parte del venduto, e forse anche l'on-line). A suo dire in libreria non cambierà molto, semplicemente il lettore perderà la possibilità di vedere libri scontati al 30% o al 50% (cosa in effetti rara per quel che riguarda il 50%). Comunque un 5% sulle promozioni lo perderemo. Non si sa bene cosa succederà ai libri ri-prezzati. Mi spiego. Oggi ho acquistato I serial killer della Newton, prezzo di copertina 9,90 euro incellofanato e riprezzato con bollino a 4,90. E tanto l'ho pagato, nessuna percentuale di sconto. Una promozione con un nuovo prezzo. Altro discorso l'on-line. Da vari mesi ormai è attivo Amazon.it con prezzi assolutamente competitivi. La legge varrà anche per loro. Durante quest'anno ho acquistato tramite il sito alcuni volumi con prezzo di copertina anche abbastanza alto ma fortemente scontati (più del 30%). Da settembre non potrò più usufruire di questi sconti e quindi il risultato sarà che comprerò meno libri (e non che andrò a comprarli in libreria, ve lo garantisco perché non me lo posso permettere). Quindi questa legge gioverà davvero alle piccole librerie (me lo auguro) o sarà l'ennesima batosta ai consumatori? Voi che ne pensate?

LA TERRAZZA SUL LAGO

(Lakeview Terrace, di Neil LaBute, 2008) 

Serata svogliata, e dire che stanotte ho dormito un sacco e stamattina mi sentivo fresco e riposato. Sono bastate le otto ore di lavoro per demolirmi moralmente e mentalmente se non proprio fisicamente. Sono arrivato a casa tardi, ho mangiato un toast e una mela e non avevo voglia di fare niente. Neanche di leggere che per me è molto preoccupante. Non avevo voglia di film fracassoni e volevo assolutamente stare lontano dai cartoni animati almeno per qualche giorno. Su DVD avevo questo La terrazza sul lago con Samuel L. Jackson e così è andata. Film perfetto per una serata fiacca.
Un impianto da thriller ma senza sorprese e assente da grandi colpi di scena, plot sfruttato già una marea di volte e, signor Jackson a parte, nessuna grande star a riempire il video. Una coppia giovane, bianco lui nera lei, prende possesso della nuova casa sulle colline di Los Angeles, villa con piscina, quartiere all’apparenza tranquillo e pacifico. Come vicino di casa il nostro Samuel, agente della polizia di L. A., vedovo con due figli a carico. Cosa si può chiedere di più? Passerà però poco tempo prima che la coppia interrazziale si accorga di non essere troppo simpatica al tutore dell’ordine, un nero razzista che disapprova le unioni miste e una serie di altre cose.

Sviluppo canonico che potete intuire da voi, piccoli screzi, dispetti e disapprovazione fino ad arrivare alla vera e propria intimidazione in un crescendo tutto sommato molto prevedibile. Gli interpreti portano a casa la sufficienza senza doversi sforzare poi troppo, il film scivola via senza infamia e senza lode. Jackson è come al solito credibile, è bravo e non lo scopriamo certo adesso e comunque ha fatto di meglio, la giovane coppia è interpretata da Patrick Wilson e Kerry Washington.  Due i punti di interesse. L'accento posto sul razzismo da parte dell'agente di colore verso la coppia mista, schema ribaltato rispetto al cliché ma sicuramente non nuovo, e il mistero del titolo scelto per la pellicola.
Infatti nel film non c'è neanche l'ombra del lago citato. Informatomi in rete ho scoperto che la Lakeview Terrace del titolo originale, che perde quindi ogni riferimento in italiano, è la zona dove avvenne il brutale pestaggio di Rodney King che portò alle ben note conseguenze. Il regista con la scelta del titolo probabilmente voleva sottolineare le tematiche presenti nel film. Insomma, abbiamo visto di meglio.
   

venerdì 29 luglio 2011

SHREK E VISSERO FELICI E CONTENTI

(Shrek forever after, di Mike Mitchell, 2010)

Questo è il quarto e fortunatamente ultimo (almeno sembra) capitolo della saga del verde orco di casa Dreamworks. Noia, noia e ancora noia. E anche noia a dirla tutta. Dopo un ottimo primo episodio, dal capitolo successivo questa saga aveva iniziato a mostrare la corda.
Un accumulo di citazioni che invece di risultare divertenti alla lunga hanno finito per stancarmi. In questo quarto capitolo non c’è ombra di originalità né di innovazione dal punto di vista grafico né tanto meno da quello della trama e dei personaggi. Il divertimento latita per l’intera durata della pellicola durante la quale (93 minuti) sono riuscito ad addormentarmi due volte e non ero neanche particolarmente stanco. Bene, pare la Dreamworks ci abbia messo il punto. Ottimo ragazzi, cercate di non tornare sui vostri passi. Magari evitate di sfruttare allo sfinimento anche gli altri brand, tutti gli spettatori morti di noia in fondo sono potenziali utenti paganti in meno per le prossime pellicole. È semplice marketing o anche matematica elementare se volete. 

Cosa succede in questo quarto capitolo? Shrek ha una crisi di mezza età. Sposato con figli (in questa frase ho già citato due canzoni, sapete dirmi quali?) e addomesticato comincia a risentire della mancanza di libertà e della monotonia delle sue giornate. È diventato un idolo della zona e più nessuno ha paura di lui. Tristezza.  Flashback: anni addietro il meschino Tremotino stava per diventare padrone del regno di Molto, molto lontano, questo semplicemente promettendo di salvare la principessa Fiona imprigionata nella torre. Peccato per lui che sia stato anticipato da Shrek. Odio ancestrale.  Ora Tremotino ha la sua occasione di vendetta, con l’inganno promette all’orco una giornata durante la quale lui possa tornare ad essere il terrificante orco di una volta. In cambio Tremotino esigerà solamente un’altra giornata della vita di Shrek. Tremotino ovviamente la farà sporca e si impossesserà del giorno in cui Shrek è nato cambiando la storia e diventando il re di Molto, molto, lontano.  Insomma, uno spunto iniziale interessante sprecato sfocia in un film noioso. Tagliamo corto e datemi retta. Lasciate perdere.
   

giovedì 28 luglio 2011

AMERICAN SPLENDOR: UN ALTRE GIORNO

Questo articolo è stato scritto per il sito fumettidicarta (e relativo blog) Qualche giorno fa, consigliato da un amico, mi sono visto il film American Splendor (ne parlo qui). Ovviamente, visto che ve ne sto parlando su queste virtuali pagine, il film è attinente all’argomento fumetto (siete su Fumetti di Carta se non ve ne siete accorti, su cercate di non distrarvi). Si tratta di un film biografico e narra le vicende che hanno portato Harvey Pekar (1939 – 2010), archivista all’ospedale di Cleveland, ad avere un buon successo come fumettista underground. Pienamente soddisfatto dalla visione della pellicola e interessato alla storia e alla produzione a strisce di Pekar, ho dato un’occhiata in rete per vedere cosa fosse disponibile dell’autore nel nostro paese. Pochino a dire il vero. Un unico volume edito da Planeta DeAgostini: American Splendor – Un altre giorno. Eh si, avete letto bene, non è un refuso: American Splendor: un altre giorno. Ve lo ripeto: American Splendor: un altre giorno. Così. Lettera per lettera. Sulla copertina. American Splendor: un altre giorno. Penso che questo la dica lunga su cosa penso della cura che la Planeta DeAgostini riserva ad alcuni dei suoi albi. E’ davvero così difficile notare un errore di stampa su una copertina che riporta solo poche parole: Vertigo. Harvey Pekar. American Splendor. Un altre giorno. Planeta DeAgostini. Basta, finito. Non è che ci sia da controllare poi molto, almeno la copertina. Stesso errore sul dorso del volume. Comunque. Torniamo a bomba. Harvey Pekar è diventato una sorta di cantore della vita quotidiana, la voce narrante dell’eterno districarsi tra i piccoli (e grandi) accadimenti di tutti i giorni. Emblematica la frase ordinary life is pretty complex stuff. La vita di tutti i giorni è una cosa abbastanza complessa. Questo è il succo, tutto in una frase. La vita, la nostra, quella di tutti, quella della classe media, quella di chi si deve arrabattare per andare avanti. Niente superpoteri, niente stronzate, niente mondi paralleli, niente action, nessun clamoroso colpo di scena. I nemici sono i cessi otturati, gli editor rompicoglioni, i conti a fine mese, la neve, l’insonnia, le vendite di questi fottuti albi a fumetti. Lo splendore americano. I superproblemi sono i rapporti con il vicinato, la gestione dei figli adolescenti, lo sbarcare il lunario, il non cedere a depressione e attacchi d’ansia (purtroppo Pekar ne ha sofferto fino alla fine dei suoi giorni). Gli accadimenti narrati da Pekar non seguono una cronologia serrata eppure mi sento di consigliare prima la visione del film e dopo la lettura di questo albo (e mi sento di consigliarla) che uscì qualche anno dopo la pellicola. Tanto abile narratore di spicchi di vita quanto incapace di tenere una matita in mano, Pekar si avvale di una moltitudine di illustratori che si alternano nella realizzazione delle sue brevi esplosioni di quotidianità. La parte del leone tocca a Dean Haspiel con ben cinque storie all’attivo tra le quali l’epico scontro con il cesso di cui sopra. Tratto vagamente caricaturale (ma neanche troppo) in contrapposizione allo stile maggiormente realistico in retini di grigio usato da Ty Templeton che disegna un Pekar davvero somigliante a quello reale. Tra le pagine del volume anche nomi più celebri: Hilary Barta nota principalmente per le sue chine, il tratto inconfondibile di Richard Corben, e ancora Eddie Campbell (From Hell), Leonardo Manco (Hellblazer), due splendide tavole di Chris Weston (The Filth), Gilbert Hernandez (Love and Rockets) e molti altri. La prosa di Pekar è essenziale, spazia tra ricordi e vissuto attuale, regala sorrisi divertiti e sorrisi amari, qualche rimpianto e piccole soddisfazioni, brevi frecciate e interessanti argomentazioni. Potremmo andare per le lunghe perché in American Splendor: un altre giorno (sigh!) ci sono tutte le piccole cose nelle quali ci imbattiamo continuamente nel nostro (speriamo lunghissimo), cammino quotidiano. Cosa dire ancora: buona vita a tutti!

martedì 26 luglio 2011

A-Z: 35007

Approfitto subito della nuova etichetta A-Z per ovviare al fatto che in questi giorni non sono riuscito a scrivere nulla nonostante qualche spunto nella mia testa sia presente.

Una piccola precisazione. Per ogni gruppo qui presentato cercherò di linkare al nome il sito ufficiale in modo che la vostra curiosità potrà trovare sfogo in maniera rapida.

E' il turno dei 35007, gruppo olandese ormai scioltosi. Digitando sulla calcolatrice il nome del gruppo e ribaltandolo (come facevamo alle elementari) esso suona come Loose.

In un periodo durante il quale stavo provando varie riviste musicali mi imbattei nella recensione di Phase V, ultimo album della band prima del loro scioglimento. Credo arrivi dalle pagine di Metal Hammer o qualcosa di simile.

Completamente strumentale, i ragazzi proponevano sonorità a cavallo tra Stoner, Psych e Prog. Suoni monolitici, parecchio interessanti anche se potrebbero risultare difficili da digerire in dosi massicce.

Non male a mio avviso nonostante gli ascolti dedicati al combo non siano stati moltissimi. Carini anche i concept spaziali legati alla loro musica, parliamo ovviamente di immagini e suggestioni considerata l'assenza di testi. Fatevi un giro sul loro sito, tramite Youtube è possibile ascoltare l'intero album.

Ascoltiamoci la prima traccia: 2009

domenica 24 luglio 2011

A-Z: 10 YEARS

Come successo già l'anno scorso prima delle vacanze, qualche nuova idea per il blog si sta affacciando alla mente. Il desiderio maggiore è quello di dare più spazio alla musica. Già da tempo ho iniziato ad affiancare ai vari appuntamenti di Back to the past il nuovo Music Box che volevo usare per proporre brani anche recenti che avessero per me un significato particolare. Ho notato che per tirar fuori qualcosa dal cilindro in questo senso devo essere davvero ispirato. Infatti i Music box sono stati al momento relativamente pochi.
Ora mi sta frullando in testa un'altra idea.
Nel corso degli anni (molti ormai), sono venuto in contatto con tantissima musica, tanti gruppi, generi diversi e così via. Una parte è rimasta ben impressa, altra è scivolata via, alcuni dischi non li ascolto da anni, altri pezzi li ho ascoltati solo un paio di volte, alcuni li ho consumati. Musica che è arrivata tramite consigli, amici, Tv, tramite la rete e soprattutto grazie alle riviste musicali specializzate.
Buona musica, capolavori, cose molto vicine alle mie corde, musica dozzinale, spazzatura, di tutto un po'...
Ho sempre avuto una fissa. Quando qualcuno mi consigliava qualcosa, quando leggevo una bella recensione, quando qualcosa mi colpiva, prendevo un appunto.
Mi segnavo un nome per aver poi modo in seguito di andare ad ascoltare qualcosa su Youtube o procurarmi un Cd, etc...
Lo faccio ancora, soprattutto con i libri.
Mi è rimasta quindi la possibilità di andare a recuperare molte delle cose che ho ascoltato (o magari NON ho ascoltato) nel corso degli anni (decenni?). Figo Eh?
E ora posso proporveli, dai capolavori alla merda. Siete contenti?
Non ho però voglia di scervellarmi più di tanto quindi puro (+ o -) ordine alfabetico. Magari scoprirete qualcosa di nuovo o qualcosa di vecchio, qualcosa che vi piacerà o semplicemente qualcosa che vi farà ridere per quanto è brutto.
E' ben inteso che di molte di queste cose io non so (più) un cazzo.
Spero possa essere divertente.

Iniziamo subito: 10 Years con l'album The autumn effect.

Bene, devo dire che non so chi questi baldi giovani siano. Americani di Knoxville, attivi dal 2002 esordio nel 2004. L'album in questione esce nel 2005 e il singolo Wasteland pare abbia riscosso un buon successo nei circuiti alternative metal.

Ascoltiamocelo e fatemi sapere che ne pensate (del pezzo e della nuova idea).



Change my attempt good intentions...

Crouched over
You were not there
Living in fear
But signs were not really that scarce
Obvious tears
And I will not
Hide you through this
I want you to help
Please see
The bleeding heart perched on my shirt

Die, withdraw
Hide in cold sweat
Quivering lips
Ignore remorse
Naming a kid, living wasteland
This time you've tried
All that you can turning you red

Change my attempt good intentions
Should I, could I
Here we are with your obsession
Should I, could I

Crowned hopeless
The article read living wasteland
This time you've tried
All that you can turning you red
but I will not
Hide you through this
I want you to help

Change my attempt good intentions
Should I, could I

Here we are with your obsession
Should I, could I

Heave the silver hollow sliver
Piercing through another victim
Turn and tremble be judgmental
Ignorant to all the symbols
Blind the face with beauty paste
Eventually you'll one day know

Change my attempt good intentions
Limbs tied, skin tight
Self inflicted his perdition

Should I, could I
Change my attempt good intentions
Should I, could I
Should I, could I

giovedì 21 luglio 2011

REC

(di Jaume Balaguerò, Paco Plaza, 2007) 

Non sono una fanatico di horror movie. Ogni tanto ne guardo qualcuno e forse proprio per questo mi fanno spesso il giusto effetto. Quella lieve inquietudine che si crea e cresce mentre ti guardi il film al buio, da solo, con le cuffie e percepisci ogni sussurro, ogni rumore e le urla e le immagini improvvise ti fanno sobbalzare. Se il film è buono ci si prova un certo gusto, ovvio che nel genere si trova anche immondizia bella e buona, come in ogni dove, in quel caso meglio passare. 

Nel caso non siate completamente assuefatti a emozioni del genere e questo tipo di pellicole ancora riescono a regalarvi qualche sussulto, mi sento di consigliarvi questo Rec, davvero un bel prodottino. Uso la parola prodottino non in senso dispregiativo ma perché il film è stato realizzato con pochi mezzi e la sua durata è contenuta a soli 75 minuti. 

Trama semplice, camera a mano, attori sconosciuti, effetti speciali ridotti, c’è la giusta tensione che non abbandona quasi mai lo spettatore, tutto si risolve relativamente in fretta e non necessariamente per il meglio. Angela Vidal è una conduttrice di una trasmissione televisiva prodotta da un’emittente locale spagnola. Nella puntata odierna, assieme al cameraman Pablo (che non si vede mai durante il film, essendo la sua camera il punto di vista dello spettatore) seguono in diretta un turno notturno di una squadra di Vigili del fuoco. La serata procede in maniera ordinaria, quasi noiosa fino al sopraggiungere dell’allarme. La mini troupe segue i Vigili fino ad un condominio nel quale strepiti e urla hanno attirato l’attenzione di alcuni condomini. Sul posto sopraggiunge anche la polizia. I poliziotti, i giornalisti e i vigili irrompono nell’appartamento dal quale arrivano le urla. È buio e c’è qualcuno. Una signora anziana, in stato confusionale, ricoperta di sangue. Non è possibile capire cosa sia successo, l’immagine della camera a mano traballa ed è poco chiara, la scena è raccapricciante. In un attimo la vecchia balza al collo di un poliziotto portandogliene via un pezzo. Una furia anomala e incontenibile, tra il terrore e lo sconcerto di tutti. Nel frattempo il condominio viene isolato dalla polizia e messo in quarantena. Impossibile uscirne. Non vi dico altro. Sicuramente d’effetto, povero nei mezzi eppure efficace. Molto. L’effetto camera traballante è contenuto, dipende da quanto patite questo tipo di riprese. Davvero niente male. Appena finito il film ho acceso la luce.

martedì 19 luglio 2011

VISIONI 23

Ancora iperrealismo o fotorealismo che dir si voglia. Ancora Stati Uniti. Ancora fine anni '60. Tra i primi esponenti della corrente iperrealista figura il nome di Ralph Goings. Usando tecniche varie ottiene risultati sorprendenti su soggetti vari che hanno però sempre a che fare con la quotidianità o con il paesaggio urbano.

No, non sono foto.

Blue Chip Truck


Town of Cobleskill Truck


Rocky's Cafè


Pee Wee's Diner Still Life



Waitress - Unadilla Diner


Country Girl Diner


Duke Diner


SoHo Sabrett


Sabrett

lunedì 18 luglio 2011

ZODIAC

(di David Fincher, 2007) 

Nelle prime ore della notte tra il 4 e il 5 Luglio 1969 Darlene Ferrin e Michael Mageau, a bordo dell’auto della donna si appartano in un luogo poco frequentato nei dintorni di Vallejo, California. E’ Estate, i ragazzi sono giovani e vogliono stare un po’ da soli. Dopo pochi minuti un’auto si ferma dietro quella di Darlene. La ragazza si mostra subito spaventata, come se conoscesse il proprietario dell’auto. Il ragazzo è confuso e spaventato. Ma l’auto riparte e se ne và, i ragazzi la vedono sparire in lontananza. Dopo pochi minuti l’auto torna indietro bloccando la strada ai due ragazzi. Ne esce un uomo che si avvicina alla coppia puntandogli contro la luce di una torcia. Raggiunta l’auto esploderà vari colpi da una Luger 9 mm. La ragazza muore, Michael Mageau, pur colpito in tre diverse parti del corpo riesce a sopravvivere. 

Questo il fulminante incipit del film di David Fincher che racconta le vicende legate al killer dello Zodiaco che dall’estate del ’69 per vari anni mise in subbuglio la città di San Francisco e le vicine contee. Un mese dopo l’omicidio, lettere inviate al San Francisco Chronicle e ad altri due giornali della zona rivendicano gli omicidi fornendo dettagli specifici sugli stessi e allegando alle missive dei crittogrammi contenenti messaggi in codice. Il mittente si firma Zodiac. Al servizio di questa storia il regista schiera un cast di tutto rispetto. Due dei giornalisti che seguiranno negli anni la storia degli omicidi del serial killer sono interpretati da Robert Downey Jr. (Paul Avery) e da Jake Gyllenhall (il vignettista Robert Graysmith). La coppia di investigatori di San Francisco assegnati al caso hanno i volti di Mark Ruffalo e Anthony Edwards (il Dr. Green di E.R.). Nel cast anche Brian Cox e Cloe Sevigny

Molto buone le interpretazioni da parte di tutto il cast. Ruffalo e Edwards, seppur in maniera diversa, lasciano trasparire dalle loro prove gli effetti prodotti dall'indagine sui due poliziotti. Gyllenhall funziona bene nel rendere la caparbietà quasi ossessiva di Graysmith. Come al solito un po' sopra le righe la recitazione di Downey Jr., effetto dovuto al fatto che anche in questo film gli viene affidato un personaggio non troppo canonico. Il buon Robert comunque ci mette del suo. Lo sviluppo del plot segue quelle che sono state le vere piste d’indagine e i fatti della vicenda reale ponendo l’accento su una delle ipotesi investigative che ha ottenuto maggiori riscontri nel corso degli anni. Ad oggi quello del killer dello zodiaco rimane un caso ancora irrisolto. Mentre le indagini ufficiali si trovano spesso a naufragare in vicoli ciechi, la narrazione incede schematica e precisa, quasi fredda. Una prima parte del film pone le basi per fornire allo spettatore tutti gli elementi della vicenda. La seconda parte più tesa ed emotiva coincide con l’indagine personale di Graysmith che, dopo anni di insuccessi, ancora non riesce ad accettare che questo efferato assassino non abbia volto. Diversi sono i protagonisti che si faranno coinvolgere da un sorta di ossessione nei confronti del killer dello zodiaco, qualcuno ne pagherà anche lo scotto. All’inizio ho avuto l’impressione di un film un po’ glaciale. Mi sono ricreduto. In fin dei conti l’ho trovato un film molto buono sia dal punto di vista cinematografico sia dal punto di vista documentaristico. Se non sapete nulla dell’argomento, guardando Zodiac vi farete una discreta idea di quello che è stato un importante episodio di cronaca nera americana dello scorso secolo.

domenica 17 luglio 2011

LA DONNA DELLA DOMENICA

(di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, 1972)
Non è la trama, è la prosa. Non sono i personaggi, è l’ambiente. Non è il cadavere per terra, è tutta la città. E’ Torino, è l’epoca. Ci troviamo di fronte un racconto giallo ma la cosa passa quasi in secondo piano.
Quello che colpisce di questo romanzo di Fruttero e Lucentini è la felicità della scrittura, la precisa ricostruzione dei luoghi, impagabile per chi è di Torino, l’ironica descrizione della classe sociale borghese e della questione ancora irrisolta del meridionale trapiantato al nord.
Come dicevo non è la trama. La storia potrebbe essere considerata convenzionale, quasi una scusa. Fin dalla prima riga del romanzo sappiamo chi verrà assassinato. Ci sarà il cadavere, l’indagine della polizia, i sospetti, i vicoli ciechi, l’idea giusta, la verifica, il colpevole. Classico. Niente più, niente meno. Ma è quello che sta nel mezzo. Quello è.
I personaggi presi di per se son dei bei tipi, niente da dire, ma è nel contesto in cui si muovono che guadagnano tantissimo valore aggiunto. I ritmi e le stravaganze dell’alta borghesia, il fatto d’esser piemontesi, i desideri irrealizzati e gli stili di vita.Il tutto immerso in una città che prende forma davanti agli occhi del lettore, specie del lettore che la conosce. Anche la costruzione della trama offre buoni momenti e passaggi altamente convincenti. Non mancano comunque fasi del racconto più lente e frustranti per il lettore frettoloso. Ma anche in questi passaggi rimane il piacere della lettura. Questo indica con tutta probabilità che i due scrittori hanno svolto per bene il loro lavoro.
Nel caso qualcuno di voi avesse visto il recente sceneggiato televisivo tratto dal romanzo se lo scordi. La riuscita dello stesso lasciava davvero a desiderare e si è resa passabile ai miei occhi solo per la presenza di Giampaolo Morelli, attore che mi risulta oltremodo simpatico e offusca la mia obiettività. Nello specifico nelle vesti del Commissario Santamaria, terrone di una certa classe in servizio a Torino.
Il libro è tutt’altra cosa, consigliato anche a chi di gialli non vuole neanche sentirne parlare. Se poi del genere siete invece degli estimatori ancora meglio.

venerdì 15 luglio 2011

AUTO E CINEMA

Come ho già scritto in qualche vecchio post non sono appassionato di auto e motori.
Sono invece abbastanza appassionato di cinema, serial e ciò che concerne la narrazione in generale.
E' ora innegabile che le auto abbiano fatto la loro sporca parte affinché alcune pellicole e alcune serie televisive ottenessero il successo che poi è stato loro tributato.
Chi non si è mai appassionato a qualche bell'inseguimento, a veicoli originali e variopinti, alle scene d'azione adrenaliniche per quanto in alcuni casi davvero tamarre?

Sicuramente qualcuno ci sarà e allora questo post non fa per voi.

Vorrei qui creare il primo post dinamico. Se tra le auto proposte sotto manca la vostra preferita, commentate. Vedrò di aggiungerla. La scelta di farlo o meno sarà ovviamente a mia discrezione, questa non è una democrazia, cosa credete :)


Iniziamo con la classe inglese. In 007 - Missione Goldfinger la spia a servizio di sua maestà interpretata da Sean Connery deve fronteggiare un complotto volto a far crollare il mercato dell'oro.
Esordio per la superaccessoriata Aston Martin DB5 che contribuirà in maniera decisiva alla creazione dell'iconografia bondiana.



Saltiamo dal 1965 al 1983 anno nel quale fa il suo esordio un telefilm che narra le avventure di un ex gruppo di militari riciclatisi come mercenari. Mercenari si, ma solo al servizio dei più deboli. Stiamo ovviamente parlando dell'A-Team, nessuna auto di lusso ma un funzionale e adattabile all'occasione GMG Vandura. "Adoro i piani ben riusciti".



E ora qualcosa di completamente diverso. Il mio pezzo preferito. La Batmobile della serie camp di Batman in onda dal 1966 al 1968. L'auto era modellata su una concept car di nome Lincoln Futura.



La seconda generazione delle Dodge Monaco annata 1974 è stata resa celebre dall'ampio uso che ne ha fatto la polizia di Chicago e da John Landis che l'ha trasformata nella Bluesmobile. Siamo nel 1980 e il film è ovviamente The Blues brothers.



Uno dei più celebri inseguimenti della storia del cinema lo troviamo in Bullitt (1968), dove Steve McQueen a bordo della sua Ford Mustang GT 390 del 1968 insegue per le strade di San Francisco una Dodge Charger. Il mito.



Quando le auto fanno male. Tratto da un libro di Stephen King, in Christine - La macchina infernale l'auto si attacca troppo al suo padrone. Nonostante il connubio di tutto rispetto King/Carpenter il film del 1983 non mi aveva entusiasmato. Rimane la bella Plymouth Fury del '58.



Anni '80, film tamarro, epoca i giustizieri. Come non ricordare un nome come Marion Cobretti detto Cobra, Stallone con lo stuzzicadenti in bocca e frasi come: "tu sei il male, io sono la cura". Guida una Mercury Monterey del '50.



Una Chevy Nova del 1970 è stata lanciata nell'immaginario da Quentin Tarantino. L'auto del pazzo Stuntman Mike interpretato da Kurt Russell in Death Proof personalizzata con tanto di teschio.



Ancora classe inglese ma character nostrano. Il ladro Diabolik sfugge all'ispettore Ginko a bordo della sua Jaguar E-Type del '61.
Film del 1968 di Mario Bava.



Road movie basato sulla tensione e Spielberg ai suoi primi passi. Il protagonista guida una Plymouth Valiant del '70 è dovrà vedersela con un'autocisterna del '55.
Forse non una delle auto più belle qui presentate ma Duel è un film che voglio vedere da molto tempo.



Questa è diventata un'icona. Una delle prime cose che ti vengono in mente quando pensi a Ghostbusters. Non ha rivali, riuscitissima, divertente, quasi un personaggio aggiunto. La Ecto-1, una Cadillac Miller-Meteor del '59 personalizzata di tutto punto.
There's something strange in the neighborhood, who ya gonna call? Rivisto da poco, il film diverte ancora oggi.



E' recente una delle ultime fatiche di Eastwood per la quale la critica si è spellata le mani. Il film porta proprio il nome dell'auto (un pretesto a dire il vero). una Ford Gran Torino, qui versione 1972.



Non un'auto originale ma un assemblaggio rinominato Coyote X sfrecciava sulle strade battute dal giudice Hardcastle e dall'ex-galeotto McCormick. Telefilm basato sugli inseguimenti come molti altri dello stesso periodo.



Proprio tra questi telefilm la Palma d'oro (diciamo così) va sicuramente ad Hazzard. I fratelli Duke, perseguitati dalla legge nelle persone di Rosco P. Coltrane e Boss Hogg, sfrecciano per le strade della contea a bordo del Generale Lee, una Dodge Charger del '69.



Nel 1981 per il genere apocalittico esce Interceptor - Il guerriero della strada con un giovane Mel Gibson al volante di una Ford Falcon XB.



Poteva mancare? Poteva mancare? Certo che no, tranquilli. Ci ha fatto volare tra presente passato e futuro. Ha contribuito a creare un cult generazionale e non solo. Senza di lei la trilogia di Ritorno al futuro non sarebbe stata la stessa.
Una curiosità: La DeLorean fu l'unico modello prodotto dalla casa automobilistica DeLorean Motor Company.



Un bel poliziesco, anni '70, due agenti un po' così e quelle atmosfere che mi piacciono tanto. Sono anni che non vedo una puntata di Starsky & Hutch, che belle quelle musiche poi. Anche qui una Ford Gran Torino, la famosa Zebra-3.



Ancora inseguimenti e auto avveniristiche. Nera e prestante, la KITT di Supercar è modellata su una Pontiac Firebird Trans Am del 1982. Dotata di intelligenza artificiale si rivela una fidata compagna per il futuro bagnino Hasseloff.



Dei fratelli Winchester vi ho già parlato in passato, la loro Chevrolet Impala del 1967 è una degna compagna per le loro avventure on the road a caccia di mostri, demoni e simili. Parliamo di Supernatural.



Torniamo al cinema e a uno dei mezzi di trasporto più usato nelle strade Newyorkesi. Il Checker Taxi del 1962 è quello guidato da Travis Bickle, un grande De Niro, nel film Taxi driver. Ehi dici a me?



Chiudiamo forse con l'auto più celebre di tutte, il Volkswagen Beetle senziente protagonista di Un maggiolino tutto matto, idolo di noi bambini dell'epoca. Cosa c'è da aggiungere?



Vi viene in mente altro? Siete offesi perché la vostra auto preferita non compare? Inserite un commento e (se l'auto mi piace) cercherò di aggiungerla.


Colti i primi vostri suggerimenti ecco che arrivano le tre Mini Cooper del film The italian job (quello del 1969) impegnate in un'improbabile fuga tra le vie di Torino dopo un colpo ai danni della Fiat. Scene spettacolari e auto addirittura sul tetto del Palavela.



Non ho mai associato Colombo alla sua auto, una Peugeot 403, piuttosto lo ricordo per il suo abbigliamento o per le lamentele sulla moglie. Doveroso però l'omaggio al compianto Peter Falk che da poco è passato a miglior vita.



Come i colleghi dell'A-Team, ecco un altro reduce dal Vietnam. Questa volta si tratta di un ex Navy SEAL della marina americana riciclatosi come investigatore privato (in mutande) nelle soleggiate Hawaii. Indimenticabile la rossa Ferrari 308 GTS con la quale Magnum P.I. (Private Investigator) si muove.



Come tralasciare il gangster movie? Parliamo di gangster tutto sommato moderni. Esule da Cuba Tony Montana riesce a farsi largo nel giro della malavita e della droga in quel di Miami. E' il 1983 e il film Scarface di Brian De Palma diventa un cult. Un irresistibile Al Pacino a bordo di una tigrata Cadillac Series 62 del 1963.



Nel 1991 Ridley Scott mette in scena un road movie al femminile dove l'accoppiata Sarandon/Davis si trova in fuga verso il Messico dopo un week-end di libertà finito in tragedia. A bordo di una Ford Thunderbird del 1966 andranno incontro al loro destino.



Nei primi anni '70 esce la breve serie televisiva Attenti a quei due (The Persuaders in originale) che giocava sulla contrapposizione di caratteri di due attori di gran classe: Tony Curtis e Roger Moore. Personaggi alla guida di una Aston Martin DBS V8 gialla e una Ferrari Dino 246 GT.





Nel 2000 per gli appassionati di auto esce il film con Nicolas Cage Fuori in 60 secondi, una passerella di auto per tutti i gusti. Sopra tutte la splendida Shelby Cobra 500GT del '67.



Raccolgo il suggerimento di un'anonimo utente e vi propongo l'inusuale protagonista della commedia musicale Citty Citty Bang Bang del 1968. L'auto, che uscì in ben quattro modelli, portava il nome di Chitty Bang Bang ed era un veicolo da competizione inglese costruito nel Kent.



Aggiungiamo anche la bella Chevrolet Chevelle del 1971. L'auto è guidata dall'investigatore Sam Tyler (Life on Mars U.S.) che in seguito a un incidente si ritrova catapultato nella New York del 1973. L'auto in produzione dal '64 a tutti gli anni '70 fu un successo della General Motors.


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