giovedì 25 aprile 2024

ZAMA

(di Lucrecia Martel, 2017)

Zama della regista argentina Lucrecia Martel è un film tratto dall'omonimo libro, da noi poco conosciuto, considerato un classico della letteratura argentina a opera di un autore qui in Italia altrettanto poco noto: Antonio Di Benedetto. Nell'opera e probabilmente nelle intenzioni della Martel (o più probabilmente in quelle di Di Benedetto, ma chissà) c'è la volontà di raccontare l'abuso bianco ai danni delle popolazioni del Sud America nel corso del 1700 (siamo nel XVIII Secolo) senza mai narrarlo in maniera troppo diretta, scegliendo un luogo all'apparenza decentrato in Paraguay nel quale l'impero spagnolo ha insediato un avamposto di scarsa importanza retto da un ufficiale, Don Diego de Zama (Daniel Giménez Cacho), che non è altro che un uomo mite, mediocre, sperso e desideroso solamente di tornare a casa, dalla sua famiglia, dalla moglie Marta, con nessuna voglia di avere a che fare con le beghe dell'impero, del colonialismo, del Governatore e della Spagna tutta. Zama è una coproduzione internazionale che vede coinvolti nel progetto oltre Spagna e Argentina anche Stati Uniti, Francia e Olanda e tra i produttori gente come l'attore Danny Glover e il regista Pedro Almodóvar. Da questa unione di forze ne esce un film sì storico ma del tutto peculiare, non c'è infatti nel film di Martel una vera ricostruzione storica, non c'è un vero focus su fatti ed eventi, un'attenzione specifica all'ambiente, il tutto viene lasciato all'intelligenza dello spettatore e alla vicenda di questo protagonista vessato e fuori posto, un poco inadeguato ma che forse dal canto suo, ne avesse avute le forze, avrebbe gestito il contatto con l'altro con maggiore gentilezza.

Don Diego de Zama è un ufficiale di origini argentine alle dipendenze della Corona Spagnola ora trasferito in un avamposto in Paraguay dove la vita scorre pressoché tranquilla. Zama spende diverso del suo tempo sulla spiaggia, guardando il mare, l'orizzonte, guardando forse verso quella casa a cui vorrebbe tornare e per la quale ha già da tempo chiesto un trasferimento. Questo trasferimento però, con una scusa o con l'altra, viene rimandato in continuazione fino a che Zama arriva a mettersi anche in cattiva luce nei confronti del Governatore (Daniel Veronese), uomo di certo poco onesto con il suo sottoposto. Nel frattempo nel villaggio Zama inizia a interessarsi a una nobildonna che vive sola, il marito sempre in viaggio, Luciana Piñares de Luenga (Lola Dueñas), allocata in una casa elegante con servitù del posto. Tra le truppe e i locali cresce sempre di più la fama di un terribile fuorilegge chiamato Vicuña Porto (Matheus Nachtergaele), uomo con il quale, dopo numerose umiliazioni e batoste morali, anche Zama si troverà ad avere a che fare.

Lucrecia Martel apre e chiude il suo Zama con inquadrature bellissime: la spiaggia, spazio aperto abitato da funzionari spagnoli come da indigeni, diventa per Zama prigione a cielo aperto nella quale non resta che guardare oltre l'orizzonte sognando casa; le meravigliose distese d'acqua coperte di verde nelle quali, dopo aver deciso di fare qualcosa e agire, non resta che sopravvivere incurante dei propri desideri. Zama è un film atipico, non un biopic, non un vero film storico nonostante si respiri per tutta la sua durata la prepotenza e il sopruso del colonizzatore bianco nei confronti di indios e schiavi; è un film libero Zama, un'opera che in diversi passaggi sembra casualmente abitata da attori, animali, comparse, schiavi, spagnoli, nobildonne, che pennella più che tratteggiare e che riesce a dare comunque l'impressione di un affresco finito. Questa impostazione lasca, dalle trame larghe, può diventare anche il maggior ostacolo nei confronti di un pubblico poco abituato a uscire dalle strade battute del mainstream per addentrarsi in quella foresta piena di sentieri magari più lussureggianti ma più impervi, i quali richiedono uno sforzo maggiore per essere percorsi, a colpi di machete è necessario liberare la mente e aprirsi al nuovo; sotto questo punto di vista Zama è un film difficile, inutile nascondersi dietro un dito, la visione potrebbe per alcuni risultare ostica nonostante le pregevoli caratteristiche di cui si accennava sopra. Se si accetta di uscire dai binari già posati da tantissime altre opere ci si può concentrare su una forma altra, su scenari di grande bellezza, sulla mediocrità dell'uomo, anche sulla Storia (più che sulla storia, qui evanescente) vista con uno sguardo diverso, presa alla larga, non narrata ma ben contestualizzata.

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