martedì 2 aprile 2024

TASTE

(VỊ di Le Bao, 2021)

Esordio del regista vietnamita Le Bao che con Taste (titolo internazionale) lascia il segno almeno per quel che riguarda l'aspetto visivo legato alla messa in scena di un film che ha più il sapore della videoarte, della fotografia in alcuni casi, che non del cinema tout-court, caratteristica questa che se da un lato permette di offrire allo sguardo dello spettatore immagini di grande fascino e costruzioni minuziosamente pensate e poi trasposte in video, trascura parecchio il lato narrativo dell'opera, molto blando se non proprio da considerare carente o addirittura inesistente. Rimane da decidere che cosa si voglia intendere per "cinema", definizione non così semplice e univoca da attribuire al termine, almeno non se sottostiamo a eminenti pareri della critica specializzata che anche su questo punto non manca di dividersi. Per alcuni la forma comanda; il cinema in fondo lavora sulle immagini, ci ripetiamo e ricordiamo una volta ancora ciò che affermò il regista gallese Peter Greenaway a proposito della settima arte, ovvero che "il cinema è un mezzo di espressione troppo ricco per lasciarlo ai narratori di storie". Dove c'è la forma, la cura dell'immagine, la comunicazione attraverso ciò che si vede e che dovrebbe bastare a sé stesso (e al pubblico quindi) per veicolare l'intenzione dell'autore, quale che sia, allora c'è cinema, a volte anche grande cinema. Per altri, molto spesso per la grandissima maggioranza del pubblico che non vuole essere abituato a forme di espressioni troppo diverse da quelle che già ama, riconosce e accetta di buon grado, è necessaria una struttura oltre l'immagine, un qualcosa che dove l'immagine non risulti sufficiente a sé stessa la renda meno sterile e più accessibile, pur senza snaturarne per forza l'essenza. È un dibattito questo, qui ovviamente semplificato e ridotto ai minimi termini, che ben si potrebbe applicare a questo Taste, opera prima di un regista a ogni modo interessante.

Siamo in Vietnam a Ho Chi Minh City, la città che fino al 1975 era conosciuta come Saigon. È una città di quasi nove milioni di abitanti, una città di cui non vediamo quasi nulla: un vicolo, un incrocio, un gruppo di case che danno su un fiume, poi solo interni. Siamo in un contesto povero; un uomo senegalese stabilitosi in Vietnam nella speranza di trovare il modo di crescere un figlio lontano gioca in una squadra di calcio insieme ad alcuni suoi connazionali. In seguito a un infortunio l'uomo viene escluso dalla squadra. Affranto a causa di questo episodio, si confida con alcune donne vietnamite, all'apparenza più grandi di lui, decide di andare con loro ad abitare in una casa in disuso dagli ampi spazi ma dagli arredi molto spogli. Con le quattro donne e un maiale l'uomo crea qui una comunità di sussistenza dove le occupazioni principali sono legate al cibo, al preparare da mangiare, al sesso, a prendersi cura l'uno dell'altro tramite gesti quotidiani come il lavarsi reciprocamente i capelli, massaggiarsi, solo qualche volta parlare. In questa bolla apparentemente pacifica non manca qualche segnale di screzio, per il resto la vita scorre lenta, quasi immobile, per piccoli ritratti che sembrano dei fermoimmagine di momenti finiti.

Le Bao traspone in video quadri di rara precisione con un'attenzione maniacale per le inquadrature, per la struttura e per le geometrie degli interni nei quali si svolge la quasi totalità di questo Taste. Questa scelta, seppur lecita, può esser vista come una limitazione; i pochissimi squarci esterni offrono infatti aperture dal fascino innegabile che sarebbe stato bello veder maggiormente esplorate: la città che affaccia sull'acqua, quel girovagare nella tinozza/barca, gli scampoli di vicoli, l'incrocio cittadino, offrono prospettive su scenari che molto avrebbero potuto offrire donando vivacità a un'opera ferma e troppo statica (se volete tra le righe potete leggere la parola "tedio"). La costruzione delle sequenze in interno non manca di colpire l'occhio, nella gestione delle altezze, nello sfruttare le scale come quinta (vedere la scena del pesce spada), nell'asciutta essenzialità di stanze disadorne che sembrano volutamente ripulite (in contrasto alla bella bottega da barbiere), asciugate da ogni arredo o quasi. Grande importanza rivestono la ritualità del cibo, l'essenzialità della vita con personaggi in quasi costante nudo integrale, la cura reciproca nei piccoli gesti con un Le Bao che riprende quelli che sembrano quasi dei "tableau vivants" in un contesto essenziale che contrasta con la diffusa presenza di elettrodomestici e apparecchi elettrici. Dove il regista voglia portarci e quale sia il senso ultimo dell'operazione rimane tutto da decidere; può bastare? L'impressione finale è che Taste non sia un film del tutto compiuto e che Le Bao, seppur promettente, possa giungere a un equilibrio maggiore in modo che la sua opera risulti meglio fruibile, in tal senso c'è ancora da lavorare parecchio.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...