mercoledì 17 aprile 2024

THE DOOR IN THE FLOOR

(di Tod Williams, 2004)

Chi segue almeno da qualche tempo questo spazio virtuale avrà ormai capito (non posso pensare altrimenti) che il primo scopo di chi scrive non è quello di aggiornarvi sull'ultima uscita cinematografica, cosa che di quando in quando peraltro può anche capitare; per quello ci sono già centinaia di spazi e (per fortuna) fior di professionisti che campano di cinema e al cinema possono dedicare l'intera giornata lavorativa e magari anche di più, fornendo così un servizio esaustivo e puntuale. Qui interessa anche e soprattutto recuperare pellicole dal passato, recente, recentissimo ma anche remoto o remotissimo se capita, opere passate sotto silenzio, dimenticate o anche note e meritevoli di una seconda visione e di nuova attenzione presso un pubblico magari assente, per qualsivoglia motivo, al momento del primo passaggio in sala (non sempre sicuro e scontato). Per fortuna oggi, tra piattaforme varie e supporti fisici è possibile riappropriarsi di un cospicuo numero di quelle opere considerate "minori" o comunque meno viste alle quali può valer comunque la pena di dare un'occhiata, perché alla fine nessuno può sapere in anticipo dove possa nascondersi il suo film della vita o anche solo quello dell'anno, che è già cosa da ricordare e da tenere da conto (nel mio caso, negli ultimi anni, erano nascosti in uno splendido film georgiano e nell'opera unica e disperata di un regista cinese poi morto suicida, tanto per dire). Dall'infinito (a volte penso lo sia davvero) catalogo Prime Video oggi andiamo a ripescare The door in the floor di Tod Williams, dramma familiare con protagonisti il sempre ottimo Jeff Bridges, una Elle Fanning bambina e una dolente Kim Basinger.

I coniugi Cole sono sposati ormai da tempo, Ted (Jeff Bridges) è uno scrittore di racconti per ragazzi di un certo successo, illustra da sé i suoi libri e coltiva la passione per l'arte e per il disegno in sessioni dal vivo con modelle tra le quali vi è l'amica Evelyn (Mimi Rogers). La moglie Marion (Kim Basinger) è una donna ancora bellissima alla quale però si è estinta la scintilla vitale; la donna è preda di uno stato depressivo a causa della perdita dei due figli maschi in un incidente stradale avvenuto qualche tempo prima. La coppia ha ancora una figlia, la piccola Ruth (Elle Fanning) amorevolmente accudita soprattutto dal padre Ted. La bambina è ancora molto legata al ricordo dei due fratelli che tiene vivo confrontandosi continuamente con una parete piena di foto di famiglia provenienti da un'epoca precedente il mortale incidente. In estate Ted assume come assistente il giovane Eddie (Jon Foster), un ragazzo timido e ben educato che coltiva il sogno di diventare scrittore e ammira molto il lavoro di Ted; lo scopo principale di questo rapporto di lavoro sarebbe quello di far fare a Eddie un po' di praticantato in modo che questi possa imparare qualche trucco del mestiere da Ted e allo stesso tempo dargli una mano con le incombenze quotidiane e fargli da autista (comprensibilmente Ted non vuole più guidare). Eddie conosce così la famiglia Cole, il ragazzo ricorda a Marion uno dei suoi figli, questo e altri motivi spingeranno la signora Cole ad avvicinarsi sempre più al giovane, cosa che scardinerà i già poco stabili equilibri familiari.

Tod Williams non è un regista troppo conosciuto, quattro film all'attivo e nessuno di primissimo piano anche se nel mazzo compaiono il Cell tratto da Stephen King e uno degli episodi della saga Paranormal activities. In effetti sotto il punto di vista della regia The door in the floor non sviluppa segni particolari per farsi ricordare, nondimeno il film gode di una narrazione classica ma non stereotipata che lavora bene su tutti i personaggi principali e costruisce un bel dramma familiare capace di affrontare il tema del lutto e della perdita in maniera credibile e non abusata mettendo in scena due reazioni al dolore quasi opposte incarnate da un lato dall'iperattività di Ted che scrive, dipinge, tiene letture pubbliche, gioca a squash, quasi a voler tenersi occupato per scacciare il dolore, e dall'altro dall'inedia di Marion che si scuoterà, in superficie, solo con l'arrivo di Eddie. Nel film sono inseriti alcuni rimandi che troveranno poi un loro significato sul finale come l'attenzione per i piedi nelle foto dei due fratelli da parte di Ruth o il significato del titolo stesso del film; la vicenda viene sorretta anche da un Bridges che è un corpo attoriale fenomenale qui in contrasto a una Basinger splendidamente dimessa in sottrazione perenne. Curioso rivedere la Fanning bimbetta vivace all'età di sei anni, ottimi apporti anche da parte di Mimi Rogers che si concede in nudo integrale e del giovane Jon Foster. Come si diceva sopra, un film che non sarà mai tassello fondamentale del cinema del nuovo millennio ma che nemmeno merita l'oblio a cui sembra destinato. Diamogliela un'altra occasione a questi film.

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