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mercoledì 29 novembre 2023

ANOTHER HAPPY DAY

(di Sam Levinson, 2011)

Sam Levinson è figlio d'arte, il papà Barry ha diretto pellicole celebri ricordate ancora oggi (Piramide di paura, Rain man - L'uomo della pioggia, Good morning Vietnam, Sleepers, etc...); negli ultimi anni sembra essere arrivato anche per Sam il momento giusto per ritagliarsi un posto sotto i riflettori. Il vero successo è arrivato con l'ideazione e la regia della serie con protagonisti adolescenti Euphoria di cui sono state finora prodotte due stagioni, tra le protagoniste c'è anche la lanciatissima Zendaya che sarà l'interprete femminile del secondo successo di Levinson, quel Malcolm & Marie che è stato spesso legato al cinema post pandemico pur non parlando mai apertamente della pandemia. Il film (Malcolm & Marie) denota un certo gusto tanto da far nascere un po' di curiosità su ciò che Levinson Jr. ha realizzato nel suo passato, si scopre così che già al suo esordio, questo Another happy day, Sam raccoglie un premio della critica al Sundance Festival, festival tutto sommato adatto a questo suo primo lungometraggio che lascia da parte ogni forzatura sulla forma per concentrarsi su due aspetti che si incastrano tra loro molto bene e garantiscono al film una buona riuscita e un'ottima tenuta: l'attenzione alla scrittura e una qualità di recitazione parecchio alta garantita da un cast che sfoggia un'alternanza di vecchie glorie espertissime e giovani talentuosi e promettenti. L'atto dell'andare un po' a cercarsi le prime cose del regista e informarsi è in questo caso necessario in quanto Another happy day, nonostante i premi e le buone critiche ricevute, è stato ignorato dalla distribuzione italiana e non ha trovato la sua via per arrivare in sala, uscendo qui da noi direttamente in home video, un destino tutto sommato non meritato.

Lynn (Ellen Barkin) è madre di quattro figli avuti da due matrimoni diversi; il suo attuale marito Lee (Jeffrey DeMunn) è padre di Elliot (Ezra Miller) e Ben (Daniel Yelsky). Il primo è un adolescente molto problematico, afflitto da crisi di ansia ha sviluppato in passato diverse dipendenze (droghe, alcool, farmaci) dalle quali sta cercando di venir fuori pur concedendosi di tanto in tanto il lusso di droghe adolescenziali (e non solo in realtà), il piccolo Ben, un po' strano invero, è in sospetto di una forma di lieve (?) autismo. I due ragazzi hanno due fratellastri figli del primo matrimonio della madre con Paul (Thomas Haden Church), un uomo violento che in passato ha scatenato dei traumi duraturi in Lynn e in sua figlia Alice (Kate Bosworth), una ragazza che soffre di frequenti episodi di autolesionismo. L'altro figlio, Dylan (Michael Nardelli), sembra essere l'unico equilibrato della progenie di Lynn ed è proprio in occasione del suo matrimonio che la famiglia intraprende un viaggio verso Anneapolis per i festeggiamenti che si preannunciano molto caldi. Qui Lynn ritrova le sue sorelle, un padre malato che sembra avviato verso la fine dei suoi giorni (George Kennedy) e una madre (Ellen Burstyn) che sembra non averle mai davvero voluto abbastanza bene. Ciliegina sulla torta la seconda moglie di Paul, Patty (Demi Moore), figa, perfida e stronzetta quanto basta per far saltare i già precarissimi (dis)equilibri.

In Another happy day ci sono tutti gli elementi per una commedia pungente, qualche passaggio in questo senso in effetti non manca, ma Levinson più che altro intinge la sua storia nel dramma, e che dramma. Gli elementi alla base del film non sono nuovi: famiglie disfunzionali, la riunione in occasione di una festa o di un evento, il deflagrare di situazioni tese da tempo, il confronto tra consanguinei, tutti tasselli noti che Levinson maneggia però con la giusta cura e con la capacità di andare a colpire dove e quando serve senza mai dare l'impressione di adoperare artifici o forzature. Il regista usa l'espediente delle riprese amatoriali di Elliot e Ben per movimentare di quando in quando la scena mantenendo per altro un'andatura equilibrata, il resto lo fanno interpreti ottimi, alcuni leggendari come George Kennedy (Piano... piano dolce Carlotta, Quella sporca dozzina, Nick mano fredda, I 4 figli di Katie Elder, etc...), altri sorprendenti come il giovane Ezra Miller che altrove e in seguito non brillerà (il suo Flash nella Justice League non convince). Ottimo il confronto tra le due Ellen (Barkin e Burstyn) e anche la Moore trova una parte giusta per lei. Le interazioni tra i vari personaggi sono ben gestite e sfociano nel dramma con una dolorosa naturalezza, il male che le famiglie riescono a farsi è visto ora con sguardo cinico ora con un tono più divertito ma più spesso con la serietà del dolore causato da rapporti impostati in modo sbagliato. Davvero niente male questo Another happy day per essere un esordio.

domenica 12 giugno 2022

MALCOLM & MARIE

(di Sam Levinson, 2021)

Malcolm & Marie è un film della pandemia ma non sulla pandemia; girato in pieno lockdown con una troupe ridotta all'osso, il film di Sam Levinson (figlio di Barry) per forza di cose si è dovuto strutturare in interni con due soli protagonisti: Zendaya, che con Levinson stava già lavorando a Euphoria, e John David Washington, figlio di papà Denzel. Nonostante tutte le limitazioni forzate che la produzione ha dovuto rispettare in tempi di Covid, il film di Levinson non da per nulla l'impressione di una realizzazione in povertà di mezzi: il bianco e nero elegante, la casa ammantata di un lusso moderno in cui tutto il film si sviluppa, la regia ben studiata, l'uso della pellicola in 35mm con caratteristica resa visiva, sono tutti elementi che donano a Malcolm & Marie un senso di ricercatezza che diventa un punto nodale della pellicola, fatta per altro solo di dialoghi (o meglio dialoghi e soliloqui) e scontri verbali ai quali si accompagna il (buon) gusto per l'estetica del regista statunitense. Per apprezzare questo film, che ha diviso parecchio la critica, è necessario essere amanti del mumblecore, quel genere di pellicole incentrate sulle chiacchiere, sui dialoghi, è un genere codificato nel quale Malcolm & Marie non si incastra proprio perfettamente, ma l'idea di base è quella, se non amate i film fatti di parole, parole, parole, qui potreste trovarvi un pochino in difficoltà, almeno in alcuni frangenti.

Malcolm (John David Washington) e Marie (Zendaya) tornano nella loro bella casa al termine di una serata trionfale durante la quale è stato presentato l'ultimo film di Malcolm, regista in ascesa e di belle speranze, almeno a quanto dicono le prime reazioni della critica. Malcolm è alle stelle, entra in casa, mette su della buona musica, balla, si muove e ripercorre le fasi salienti della serata rivivendole con la sua Marie. Lei nel frattempo va in bagno, prepara per il suo uomo i maccheroni al formaggio, esce nel giardino a fumare; Marie in realtà non sembra così entusiasta della serata trascorsa, ascolta finanche con una punta di fastidio il parlarsi addosso di Malcolm; certo, per lui è un momento importante, i contatti con quella critica del Times così spocchiosa e che ora sembra ben disposta verso la sua opera, il bel rapporto di lavoro con la protagonista del film, eppure sembra che per Marie di tutta quella serata ci sia qualcosa di sgradito a tormentarla, a impedirle di essere felice per il successo di Malcolm. Dopo lo scoperchiarsi dei primi malumori viene fuori il motivo del malessere di Marie: il suo compagno, grato e cordiale verso tutti, dopo ben centoventisei ringraziamenti, si è scordato proprio di lei, nemmeno una piccola nota a margine all'interno di un lungo discorso nel quale la donna con cui divide la vita è stata completamente ignorata. Da qui una serie di giustificazioni, attacchi e contrattacchi, allontanamenti e avvicinamenti che palesano tutti i problemi non detti di un rapporto intenso, nato e complicato dalla brutta esperienza di lei con la droga, esperienza che è alla base del film di Malcolm e altro motivo di delusione per Marie, ex attrice non scelta per la parte della protagonista dal suo stesso compagno che ora non vuole ammettere che proprio Marie è stata la sua primaria fonte d'ispirazione per la sua storia.

Kammerspiel al massacro (o al chiarimento?) tra due persone che si amano ma che in un momento importante della loro relazione si vomitano addosso di tutto. Quanto è possibile sopportare i giudizi negativi e crudeli dell'altro, della persona che dovrebbe amarci? quanto è possibile fare i conti con sé stessi dopo l'umiliazione del sentire dalla nostra metà verità che magari si cercava di tenere nascoste, anche a sé stessi, e provare a digerire quell'umiliazione e andare avanti con il rapporto? Perché questi sono i tormenti che tornano, le debolezze scoperte, gli egoismi messi sulla piazza (privata) con la consapevolezza che il pensiero dell'altro è tutt'altro che limpido e positivo nei nostri confronti, sono bordate dure da schivare e con le quali convivere. Malcolm e Marie non si risparmiano nulla, i loro scambi di vedute e i loro assoli sono lame taglienti che esplorano gli anfratti bui e tortuosi del loro rapporto e anche argomenti più generali: la critica cinematografica, il ruolo dei registi (artisti in generale) di colore e come questi vengono visti dalla società che gira loro intorno, il punto tra cinema politico e cinema commerciale e altro ancora, prima di tutto resta però lo sviscerarsi di un rapporto tra due persone che, nonostante i difetti e gli errori commessi, a loro modo si amano ancora. John David Washington è un attore molto fisico, riempie bene la scena con la sua prestanza e gestisce al meglio alcune sequenze, pecca un po' sotto il punto di vista espressivo con quel suo broncio rigido, meglio nei fraseggi più esaltati (la tirata, troppo lunga, sulla recensione del film) che in quelli più personali, Zendaya è più misurata, elegante, più in parte. Curiose appunto le divagazioni dal rapporto, con l'accusa a una critica conformista che non distingue una ripresa in steadycam da un carrello, che non è più in grado di giudicare la forma di un'opera limitandosi a facili stereotipi dettati dalla provenienza razziale del regista. Sam Levinson gestisce in maniera ottima gli spazi, segue i protagonisti nel loro allontanarsi e riavvicinarsi ed esalta la fotografia di Marcell Rév di un bianco e nero affascinante e lussuoso. Chiusi in casa, destinati al confronto, il momento storico è lampante; Malcolm & Marie è un ottimo film della pandemia che ci riporta a quel momento senza mai nominarlo e senza catapultarci all'interno delle dinamiche più deprimenti di una delle nostre più nere pagine recenti.

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