lunedì 31 agosto 2015

VINCENZINA 004

Col caldo tutto s'ammoscia!



Per chi fosse interessato ad acquistare una copia nell'edizione della Red dei libri di Bradi Pit o di Vincenzina potrà richiederla direttamente a Giuseppe contattandolo all'indirizzo email scapigliati@aruba.it

domenica 30 agosto 2015

GUARDIANI DELLA GALASSIA

(Guardians of the galaxy di James Gunn, 2014)

Come dimenticare Transformers 4 e riappacificarsi con il blockbuster americano. Guardians of the galaxy è uno dei migliori Marvel Movie prodotti finora sotto diversi punti di vista. Sembra ormai chiaro come i Marvel Studios rendano al meglio quando riescono a unire l'azione e i loro personaggi più riusciti (anche se in questo caso possiamo considerare i Guardiani sicuramente come dei minori) con una dose massiccia di sana ironia, capace sia di far divertire il pubblico sia di far si che nessuno di questi personaggi, a volte dalla statura quasi divina, si prenda troppo sul serio. Ecco, magari questo aspetto viene lasciato ai cattivi di turno come in questo caso capita a Ronan l'Accusatore (Lee Pace) o a Thanos (Josh Brolin in capture). Non per nulla tra i maggiori successi di casa Marvel ci sono il primo The Avengers e la saga di Iron Man che vede protagonista un gigione Robert Downey Jr./Tony Stark.

Altro elemento di successo è l'ambientazione strettamente fantascientifica (la Terra non la si vede praticamente mai se non nell'incipit del film), una fantascienza che è stata paragonata in diversi commenti al film a quella della prima trilogia di Star Wars. Non so, Guardians of the Galaxy mi sembra avere un tono meno epico rispetto a Star Wars, mi da l'idea di un film molto riuscito ma ben più immediato e diretto. Certo è che, soprattutto nel finale, le basi per una space-opera potenzialmente di tutto rispetto ci sono tutte.

In più James Gunn, coinvolto anche in fase di sceneggiatura, sceglie giustamente di non soffermarsi troppo sulla fase conoscitiva dei vari personaggi dei quali, eccezion fatta per Peter Quill (Chris Pratt) vero cuore dei Guardiani, fornisce informazioni sul loro passato solo per brevi accenni e spesso nel corso dell'azione, tutto questo nonostante i Guardiani della Galassia siano eroi Marvel sicuramente poco noti ai non fan. Sappiamo pochissimo ad esempio di esseri dal potenziale interessante come Rocket o Groot (voci di Bradley Cooper e Vin Diesel in originale) e alla fine dei conti va benissimo così.


A rendere la confezione ben curata e accattivante, finanche ruffiana se vogliamo, un'ottima colonna sonora che non solo è tappeto musicale del film ma che assurge quasi al ruolo di coprotagonista per mezzo dell'immancabile walkman con il quale Peter Quill, o come lui stesso si definisce lo Star-Lord, si accompagna durante le sue avventure da scavezzacollo. In più un cast che tra protagonisti e coprotagonisti vede star e caratteristi di grande professionalità, oltre ai nascosti Vin Diesel, Bradley Cooper e Josh Brolin in video ci sono Zoe Saldanha (Gamora), Karen Gillan (Nebula), Michael Rooker (Yondu), John C. Reilly (agente dei Nova Corps), Glenn Close (Nova Prime) e Benicio Del Toro (il Collezionista).

Il plot è lineare e facile da seguire ma nel pacchetto di sensazioni offerte forse non è neanche così importante, perché quello che prende è assistere alle gesta di un gruppo di perdenti, di reietti che tra sentimenti di vendetta, tentativi di rivalsa, slanci d'amore, d'onore e soprattutto d'amicizia riescono finalmente a costruire qualcosa che vale la pena difendere, anche a costo dell'estremo sacrificio. Una banda variegata alla quale è difficile resistere, Peter Quill in testa, cazzone sgangherato ma col cuore al posto giusto.

Unici piccoli appunti, ma è davvero poca cosa, l'occasione sfumata per introdurre nell'universo Marvel cinematografico almeno uno dei Nova terrestri più celebri e la sensazione, guardando diverse ambientazioni, che manchi quel tocco dato dagli effetti speciali e dalle scenografie artigianali. Anche se la CGI è ben sfruttata e usata al meglio ogni tanto affiora quella sensazione di freddezza siderale (può anche starci?) che non si percepiva guardando uno Star Wars o un Odissea nello spazio. Ma appunto sono piccole cose che non inficiano la buona riuscita del film.


giovedì 27 agosto 2015

AGENTE 007 - L'UOMO CON LA PISTOLA D'ORO

(The man with the golden gun di Guy Hamilton, 1974)

Iniziamo con una considerazione. Tempo addietro guardai sulla Rai uno di quei cicli tematici composti da filotti di film proposti di solito uno a settimana; nella fattispecie quello a cui mi riferisco propose tutte le pellicole dedicate al James Bond di Sean Connery. I primi sei film della saga, partendo da Licenza di uccidere fino a Una cascata di diamanti tralasciando soltanto Al servizio segreto di Sua Maestà nel quale 007 è interpretato da George Lazenby. Ieri guardando L'Uomo dalla pistola d'oro con l'agente segreto inglese interpretato da Roger Moore avrei giurato che tutti i film dell'epoca Connery fossero decisamente più cospicui per quel che riguarda il minutaggio. Così non è, a parte forse un caso e si tratta comunque di pochi minuti.

Forse commetterò eresia dicendo che guardando tutti i film del Bond/Connery, nonostante il fascino delle ambientazioni, la fantasiosa ricerca dell'avversario colorito, la bellezza delle Bond girls, le ambientazioni esotiche, le belle auto, i vari gadget e tutto quel che più vi piace, faticavo ad arrivare alla fine del film senza provare un senso di stanchezza e stordimento. Ero convinto che quei film durassero tutti 180 minuti o più.

In realtà, a parte un'eccezione, il film con Roger Moore è più lungo di tutti quelli del suo predecessore, eppure i 125 minuti di durata del film sono scivolati via bene senza colpo ferire. A parte in un paio di casi sono stati banditi del tutto i gadget più strampalati (che comunque sono adoperati solo dal fetente di turno) mentre l'attore inglese ci presenta un Bond comunque elegante ma ben disposto ad assestare sonori ceffoni anche alla bella di turno quando la situazione lo richiede.

Rimanendo in tema bellezze c'è da dire che L'uomo dalla pistola d'oro offre due tra le Bond girls più affascinanti degli anni '70: Maud Adams (quella che piglia gli schiaffi) e Britt Ekland (che piglia comunque altro).


La trama si inserisce nel classico filone bondiano, questa volta è un singolo individuo a dare del filo da torcere all'agente 007, l'uomo dalla pistola d'oro del titolo, ovvero Francisco Scaramanga, killer infallibile interpretato da Christopher Lee (tra l'altro parente di Ian Fleming, creatore letterario di Bond). Il Servizio Segreto Inglese riceve una pallottola d'oro con sopra incisa la sigla 007, inizierà così un duello letale tra il killer e l'agente che porterà i due a Beirut, Macao, Hong Kong e in Thailandia. Ma non è solo la voglia di prevalere sul celebre agente segreto che spinge Scaramanga a questa folle lotta, in ballo ci sono come sempre forti interessi economici legati questa volta allo sfruttamento dell'energia solare.

Christopher Lee è un avversario elegante e memorabile mentre Roger Moore non mi sembra faccia rimpiangere il Bond di Connery, anzi. Forse tra i '60 e i '70 i tempi sono cambiati e Moore appare oggi più moderno (i Bond che più mi hanno divertito sono quelli di Craig tanto per dirne una).

La regia di Hamilton offre sicuramente alcune belle sequenze, su tutte quelle di inseguimento tra i canali di Hong Kong e quella tra le auto di Scaramanga e Bond con tanto di acrobazie incredibili realmente realizzate dalle troupe di stunt. Del Bond di Moore ho ancora visto poco ma la mia preferenza tra i due interpreti più celebri del personaggio va al momento a quest'ultimo.


martedì 25 agosto 2015

TRANSFORMERS 4 - L'ERA DELL'ESTINZIONE

(Transformers: Age of extinction di Michael Bay, 2014)

Si era in Toscana per un paio di settimane di vacanza, puro relax. Si andò a casa del cugino di mia moglie, grande appassionato di home video. C'era da testare questo schermo High Hd da ben sessantacinque pollici con tanto di impiantone audio collegato, casa praticamente indipendente, nessun rischio di disturbare i vicini. Bambini spediti a giocare in cameretta, scelta del film lasciata al padrone di casa in modo da valorizzare al meglio tutto l'apparato audio visivo.

Sotto questo punto di vista, e solo sotto questo, il quarto capitolo dedicato alla saga dei Transformers si è rivelato pressoché perfetto. La serie di esplosioni, scontri a fuoco, trasformazioni, effetti speciali e inseguimenti ha valorizzato al massimo un impianto da far colare le bave. Una visione domestica di questo tipo è per me una specie di sogno, un sogno parecchio costoso (per le mie tasche almeno) e anche da ragionare in termini di spazi.

L'invasione del digitale ha in casi come questo un suo perché così come la visione collettiva, unica condizione ad aver regalato momenti di vero divertimento. Quelli creati invece dal film sono pochi e puramente involontari, nel marasma da action caos si salvano l'interpretazione di un simpatico Stanley Tucci (che qui fa il cattivo di turno) e un paio di situazioni o battute al limite del ridicolo da risultare veramente divertenti. Per il resto il film è un'esplosione continua a corollario di una trama mai interessante portata avanti da personaggi umani meno credibili degli Autobot o dei Decepticon. Insomma, diciamo che nessuno si è sforzato più di tanto per confezionare un prodotto almeno decente, comparto tecnico a parte.


Certo, si parla di un blockbusterone tamarro, non è che mi aspettassi molto, però c'è prodotto e prodotto. Per dirne una il primo The Avengers era un'altra cosa pur rimanendo nello stesso segmento cinematografico.

L'aspetto che più ho trovato deludente è che il film non mi ha fatto provare un minimo di nostalgia ne mi ha riportato alla mente i personaggi originali dei vecchi cartoni animati dei Transformers. A parte Optimus Prime (che poi per me rimarrà sempre Commander) e un poco riconoscibile Maggiolino (Bumblebee) dov'è il resto della cricca originale? Dove sono Lince, Megatron, Astro, Saetta, Tigre? E il registratore? Beh forse comparivano nei primi tre episodi della saga che non ho visto.

Comunque ci sono i Dino Robot che non mi sono mai piaciuti e che ho trovato poco accattivanti anche qui. Poi c'è una trama poco, poco interessante dentro la quale Mark Whalberg tenta di cavarsela al meglio provando a dar vita al ridicolo personaggio che gli hanno cucito addosso. Gli altri protagonisti umani sono davvero poca cosa, per fortuna c'era almeno Stanley Tucci a tirar su la baracca. Consigliatissima come scena scult la sequenza girata in un agglomerato urbano di Hong Kong che visto su grande schermo ha la capacità di farti accapponare la pelle, durante la quale uno dei protagonisti per individuare la posizione di un fuggitivo esclama "ascensore centrale!" Guardate la foto qui sotto e individuate voi dove possa essere un ascensore centrale. Il momento è stato esilarante e ha provocato scoppi di risa anche a film concluso. Insomma, se non avete un mega impianto da testare io lascerei tranquillamente perdere.



Location di Hong Kong

lunedì 24 agosto 2015

IO SONO VIVO, VOI SIETE MORTI

(Je suis vivant et vous etes mort di Emmanuel Carrère, 1993)

Un viaggio nella mente (malata aggiungerei) di Philip K. Dick, come recita il sottotitolo. Per chi ama gli scritti di uno dei più noti autori di fantascienza questa lettura, se non indispensabile, risulta quasi obbligata. Attraverso la storia narrata da Carrère si aprono squarci di (in)comprensione su alcune delle opere di Dick, soprattutto sulla loro gestazione e sui meccanismi mentali atipici che portarono lo scrittore di Chicago a inventare e portare su carta molte di quelle situazioni in anticipo sui tempi che ancora oggi noi lettori moderni tanto ammiriamo.

Per apprezzare questa biografia non è strettamente necessario essere fan del suo protagonista, tanto è affascinante e incredibile la progressiva caduta nell'instabilità e nella paranoia lucida di Philip Dick. Chiunque può essere conquistato da una vita vissuta fuori dagli schemi in maniera tutto sommato involontaria. Infatti, per sua natura, Dick non sembra essere un esuberante o un eccentrico, anzi, ma chissà quali traumi o quali tare hanno portato il bambino Dick a divenire un adulto convinto di essere spiato e perseguitato dalla C.I.A. o vittima addirittura di chissà quali complotti comunisti (lui che per gli ambienti vicini alla sinistra nutriva simpatia tanto da viverci a stretto contatto negli anni delle proteste dei '60).

Forse la morte alla nascita della sorella gemella Jane, forse lo spavento che il padre fece prendere a un Dick ancora bambino indossando una terrificante maschera anti-gas, fatto sta che per un motivo o per l'altro, pur rimanendo sempre lucido, l'equilibrio dell'autore partì pian piano per la tangente.

Carrère illustra in maniera avvincente il rapporto dell'autore con le donne della sua vita, dalla madre condiscendente a ogni forma di attività artistica e via via esplorando i periodi della vita di Dick e i legami con le sue diverse mogli (si sposò ben cinque volte). Le donne, le strane fissazioni dell'autore, i figli, la religione e tutte le strane intuizioni e convinzioni sull'esistenza di realtà altre dalla nostra si riflettono in maniera a volte chiara, a volte meno, su alcuni degli scritti più celebri di Dick. La lettura di questo libro, oltre a essere decisamente appassionante, fornisce chiavi di lettura importanti per rigustare diverse opere dell'autore in maniera diversa.

In fondo parliamo di un autore che, con piena convinzione, in occasione di discorsi pubblici dichiarava cose come questa: "Sono sicuro che voi non mi credete, e non credete nemmeno che credo a ciò che dico. Eppure è vero. Siete liberi di credermi o di non credermi, ma credete almeno a questo: non sto scherzando. È una cosa molto seria, molto importante. Dovete capire che, anche per me, dichiarare una cosa simile è stupefacente.Un sacco di gente sostiene di ricordarsi delle vite antecedenti; io sostengo, invece, di ricordarmi di un'altra vita presente. Non sono a conoscenza di simili dichiarazioni, ma sospetto che la mia esperienza non sia unica. Ciò che è unico, forse, è il desiderio di parlarne".

Come si può non amare e non avere immensa stima di un personaggio di questa risma?

Quando si dice una biografia appassionante come un romanzo, tra opere, passioni, relazioni ma soprattutto paranoie e intuizioni del grande (anche fisicamente) Philip Kindred Dick. Da recuperare.


domenica 23 agosto 2015

L'ULTIMO RIBELLE

(di Claudio Nizzi e Colin Wilson, 2000)

Continua la mia personale scoperta di tutti gli albi più cinematografici dedicati a Tex Willer, immergersi nelle pagine giganti del Texone non può che rivelarsi un'ottima lettura estiva (ma anche autunnale, invernale e finanche primaverile).

L'approdo della storica e prestigiosa testata alla volta degli anni duemila fu affidato allo sceneggiatore di sempre Claudio Nizzi col compito di cucire una sceneggiatura su misura indosso al disegnatore neozelandese Colin Wilson. Vagabondo tra i generi, il disegnatore si occupa di fantascienza (Dredd e Star Wars) come di vecchio west (Blueberry) e scenari di guerra (Thunder Hawks). Le sue matite quindi cadono sulle pagine di Tex come il cacio sui maccheroni.

Sembra ormai che a ogni appuntamento con un nuovo Texone da queste parti ci si ripeta, non di meno è innegabile come Nizzi sia sempre capace di scrivere ottime sceneggiature funzionali a personaggi e all'artista di turno. Questa volta lo scenario è quello del periodo post secessione, anni in cui alcuni manipoli di invasati sudisti ancora sperano di potersi riarmare, riformare un nuovo esercito per muovere nuovamente guerra al Nord. Nello specifico le terre della Virginia sono funestate dalle scorribande di un gruppo di ex soldati e ora fuorilegge agli ordini del Generale Jackson, un piccolo esercito convinto di potersi armare grazie a scorrerie e rapine ai danni dello Stato e dei cittadini.

Al generale Davis, vecchio amico di Tex e Kit, non rimane che infiltrare un paio di persone nel nuovo esercito rivoluzionario in formazione. A chi toccherà il pericoloso compito? Domanda che non necessita risposta.

Il tratto di Wilson ha un'indole moderna che riesce a donare al ranger un tocco parecchio personale, inquadrature ravvicinate sui dettagli, primissimi piani su volti arcigni, campi lunghi su paesaggi e scene d'azione e un coprotagonista che sembra un Clarke Gable sbatacchiato rendono questo Texone un ottimo film western su carta, con la storia giusta e attori di primo piano.

Ancora una volta perdersi tra le pagine del Texone è un piacere per gli occhi, probabilmente per questa testata in casa Bonelli è vietatissimo ogni sorta di passo falso.


sabato 22 agosto 2015

BACK IN THE SADDLE

Rubo con piacere il titolo di una canzone degli Aerosmith solo per dirvi che siamo tornati e pronti a ripartire con il blog, il titolo del post è infatti traducibile con un benaugurante di nuovo in sella.

Ritemprati da due settimane di vacanze, i buoni propositi per questo spazio sono molti. Mi piacerebbe riprendere con più regolarità vecchi discorsi o, se vogliamo, rubriche, parlare di libri, cinema, fumetti e di tutto quello che si trova di solito da queste parti. E poi scrivere, scrivere, scrivere...

L'unico ostacolo che potrebbe frapporsi tra queste buone e belle intenzioni e la loro realizzazione è solo uno: la vita. Niente di melodrammatico, per carità. Giusto il fatto che devo cercarmi un lavoro, che la mia situazione mentale è serena solo all'apparenza e che al momento non mi sento in grado di ritagliarmi gli spazi di cui ho bisogno per gestire al meglio questa mia passione.

Questo breve discorso può sembrare dettato da negatività e pessimismo. Non è così. Alcune basi per miglioramenti futuri li abbiamo gettati, la speranza deve sempre essere l'ultima a morire e se la quotidianità priva di lavoro non mi toccherà mentalmente le cose andranno bene. Anzi, come dice anche Grant Morrison, tutto andrà bene!

Quindi spero che anche voi siate freschi e riposati e che in un modo o nell'altro si possa passare un'altra bella annata insieme (ormai siamo già alla quinta e sembra ieri).

Per ora beccatevi Back in the saddle e fatemi sapere che ne pensate ;)

I'm baaaack, I'm back in the saddle again, I'm back!

sabato 8 agosto 2015

BOXTROLLS - LE SCATOLE MAGICHE

(The boxtrolls di Graham Annable e Anthony Stacchi, 2014)

È ormai chiaro come tra le case di produzione che si occupano di animazione anche la Laika si sia ritagliata il suo spazio, confermandosi, uscita dopo uscita, una realtà più che interessante. Dopo aver collaborato con Tim Burton alla realizzazione de La sposa cadavere, una delle cose migliori del regista di Burbank realizzate dal 2000 a questa parte, la Laika Enterteinment produce il Coraline di Henry Selick (sodale di Burton stesso e regista di Nightmare before Christmas).

Affrancandosi dallo stile prettamente burtoniano (anche se la distanza non è poi molta), lo studio infila ancora due film di buon livello, l'horror comico Paranorman e appunto questo Boxtrolls, due film che segnano apertamente la cifra stilistica scelta in casa Laika. A farla da padrone è una stop motion con i fiocchi e una cura maniacale e di grandissimo gusto per quelle che sono le scenografie e le ambientazioni di questi cartoni animati gotici, vittoriani, orrorifici o steampunk.

Uno dei piaceri di questo Boxtrolls è quello di perdersi tra le stradine e le piazze di Pontecacio, stramba cittadina dove a essere tenuti in massima considerazione sono i formaggi e alcuni eminenti assaggiatori contraddistinti dall'uso di una nobiliare tuba bianca. La tranquillità dell'ameno borgo è scossa dalla presenza dei Boxtrolls, mostriciattoli vestiti di scatole che hanno la pessima fama di mangiatori di bambini (un po' come una volta i comunisti). In realtà i boxtrolls sono innocui e paurosi, l'unico bimbo (Uovo) che vive con loro nei sotterranei della città è perfettamente integrato in questa strana comunità e amato da tutti, soprattutto da Pesce, sorta di figura paterna adottiva.

Però che si abbia timore di questi esseri fa comodo al viscido Arraffa che con la promessa di sterminarli in toto ambisce a una delle preziose tube bianche e soprattutto all'accesso alla camera delle degustazioni (di formaggio ovviamente).

La trama verte sull'ormai noto tema dell'accettazione del diverso, argomento sempre di grande attualità che si rivela a ogni occasione un buon argomento per educare i più piccoli. Alcuni dei personaggi sono davvero centrati, in particolar modo la coppia arguta di assistenti di Arraffa composta dallo smilzo Pasticcio e dal pingue Trota. Se il canovaccio è abbastanza risaputo ma comunque piacevole è la parte visiva a dare le maggiori soddisfazioni, ormai alle meraviglie della tecnica siamo abituati ma godere di un lavoro ben realizzato rimane comunque sempre un piacere.


mercoledì 5 agosto 2015

VINCENZINA 003

Ma quanto è buona la Vince?



Per chi fosse interessato ad acquistare una copia nell'edizione della Red dei libri di Bradi Pit o di Vincenzina potrà richiederla direttamente a Giuseppe contattandolo all'indirizzo email scapigliati@aruba.it

lunedì 3 agosto 2015

LA MUSICA DI LAURA - EPISODIO 005



Quinto appuntamento con La musica di Laura, questa volta nonostante i nomi coinvolti siano come sempre ben conosciuti, i tre pezzi che vi proponiamo non sono esattamente dei grandissimi successi. Ciò nonostante Laura non ha avuto dubbi sul pezzo da scegliere e, anche se ho temuto che questa volta potesse rifiutarli in toto tutti e tre si è dimostrata abbastanza soddisfatta del pezzo da lei scelto. In episodi precedenti era rimasta sicuramente più entusiasta, questa volta però mi ha sorpreso scegliendo con sicurezza... ma questo lo vediamo dopo.

Iniziamo con la presentazione dei tre brani in esame.

1)  Hughes-Turner Project (HTP) - On the ledge




2)  Asia - Eye to eye




3)  Paul Weller - Wake up the nation



Dopo aver rifiutato gli altri due brani Laura ha scelto... Asia - Eye to eye.

Ora sta a voi: votate!

LANCIOSTORY MAXI

Non so più quanto tempo è passato dall'ultima volta che presi in mano un numero di Lanciostory o di Skorpio. Anni comunque, tantissimi. E in ogni caso non mi è capitato poi così spesso. Il motivo principale è uno solo. In molti potranno pensare che questo sia legato alla qualità del prodotto riferendosi più al contenitore che non al contenuto, magari alla non altissima qualità della carta impiegata o ad altre ragioni di questo genere.

Non è così, nonostante sotto questo aspetto le pubblicazioni Aurea (e all'epoca Eura) esibissero non pochi difetti, diversi dei quali presenti ancora oggi in questo primo numero di Lanciostory Maxi e già ampiamente dibattuti in altre sedi (qui e qui ad esempio).

Il vero motivo invece è che quegli strilloni sbandierati in copertina che promettevano all'interno dell'albo dieci fumetti, dodici, otto, diciotto o quanti ne erano riusciti a infilare nel numero specifico, a me hanno sempre fatto venire l'orticaria. Centellinare le pagine di una storia, poi passare alla successiva leggendone un piccolo assaggio, poi ancora una... no grazie, non fa per me. Si, direte voi, ma è la qualità del fumetto che conta. Certo, però io domani vi porto un succulento piatto di pasta, ottimo, vi faccio assaggiare tre penne e poi ve lo tolgo da sotto al naso.

Non so se ci siamo capiti. No, grazie.

Con questo Lanciostory Maxi sembra che almeno in parte il problema (o quello che per me era un problema) sia stato superato, e proprio questo era uno degli obiettivi che si sono posti in casa Aurea: spezzare meno le storie e catturare i lettori come me allergici agli assaggini. Devo dire che non è andata male, nel numero d'esordio abbiamo infatti due episodi completi di Yor il cacciatore (27 pp.), uno de I partigiani (per 22 pp.) e altre tre storie complete. Non male, davvero non male, diciamo che l'andazzo generale ora mi garba parecchio.

I difetti poi rimangono e sono diversi, per conoscerli più o meno tutti vi rimando ai due link di sopra. Personalmente quelli che mi infastidiscono di più sono la difficile collocazione e conservazione di un albo spillato con la copertina così floscia, le scelte grafiche relative alle cover stesse che non rendono giustizia alla rivista e la mancanza della data di uscita originale delle varie storie (e anche della casa editrice magari, thanks!). Trovo invece affascinante la scelta della cartaccia su cui Aurea stampa queste riviste, scelta che probabilmente un minimo incide anche sulla resa visiva delle storie proposte, però non so... in qualche modo mi piace.

Contenuti: a parte qualche strafalcione linguistico imperdonabile ho trovato gli articoli introduttivi parecchio interessanti, nel caso de I partigiani forse più interessanti della storia stessa con le vicende degli autori in una Jugoslavia degli anni '70 sotto questo punto di vista davvero poco conosciuta (e a me totalmente sconosciuta).

Affascina il miscuglio tra ambientazione neolitica e elementi fantascientifici di Yor, il cacciatore e non delude nemmeno il più convenzionale episodio de I partigiani che tra l'altro sfoggia le buone matite di Jules. Non male almeno due delle tre storie autoconclusive mentre mi sembrano abbastanza trascurabili le strip de Le avventure del legionario Beep Beep relegate in ultima pagina.

C'è da aggiustare il tiro e Voi di Aurea cercate di ascoltare i vostri lettori, che poi son quelli che vi danno i soldi. Per me, penso che darò fiducia a questa iniziativa, cercando di migliorare un passo alla volta potrebbero essere soddisfazioni.

Sommario:
- Yor il cacciatore, di Collins (t) e Zanotto (d)
- Il padrone, di Trillo (t) e Mandrafina (d)
- I partigiani, di Lebovic (t) e Jules (d)
- Il gatto, di Armayor (t) e Roume (d)
- Quando soffia il vento rosso, di Mazzitelli (t) e Alcatena (d)

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