(Sōshun di Yasujirō Ozu, 1956)
Il corpo d'opera del regista giapponese Yasujirō Ozu si compone di circa una cinquantina di film che il maestro ha realizzato tra la fine degli anni Venti e l'inizio dei Sessanta del secolo scorso; parte della sua filmografia, soprattutto per quel concerne le opere degli anni Venti e Trenta, è purtroppo andata perduta. Inizio di primavera è la prima opera successiva al film più celebre di Ozu che anche noi non ci esimiamo dal citare tutte le volte che parliamo dei film del regista: il riferimento è ovviamente a Viaggio a Tokyo dal quale passano ben tre anni prima di un ritorno del maestro proprio con questo film datato 1956. In un Giappone in profondo mutamento, come abbiamo imparato dai film precedenti, anche i gusti del pubblico iniziano a cambiare; proprio sul finire degli anni Cinquanta nasce una sorta di New Wave del cinema giapponese ispirata dal movimento francese della Nouvelle Vague i cui appartenenti (molti dei quali non riconoscevano quel movimento che andò sotto il nome di Nūberu bāgu) si concentrarono su temi e stilemi decisamente più moderni allontanandosi da quello che veniva definito, come facevano anche i francesi, il "cinema dei padri". Anche oggi in Giappone, come ci confermano Matteo Bordone e Flavio Parisi nel bel podcast Viaggio a Tokyo, in realtà il cinema di Ozu oggi non fa proprio parte della cultura popolare nipponica, è probabile che gli appassionati di cinema europei conoscano Ozu meglio di molti giapponesi stessi, non proprio un fenomeno di "dimenticanza" ma una sorta di appartenenza a un passato rispolverato nei musei, uno "sbiadimento" di cui i primi segni si iniziarono a vedere proprio nello stesso periodo in cui usciva questo Inizio di primavera. Eppure, anche in Inizio di primavera, pur rimanendo nell'impianto classico ormai noto e caro a Ozu, non manca qualche ulteriore slittamento verso una panoramica su famiglia e società che affronta temi che in effetti al moderno tendono, sempre ammantati della serena grazia con cui Ozu affronta ogni argomento.Siamo a Tokyo. Shoji Sugiyama (Ryô Ikebe) è sposato con Masako (Chikage Awashima); i due sono soli in quanto hanno perso a causa di una malattia il loro unico figlio quando era ancora piccolo. Shoji lavora come impiegato in una delle tante aziende in via di sviluppo nella capitale giapponese, conduce quella che iniziava a essere la vita standard degli impiegati giapponesi dell'epoca: lavoro, poche soddisfazioni, paghe non sempre abbondanti e una vita aziendale che spesso proseguiva anche oltre l'orario d'ufficio caratterizzata da uscite con i colleghi o gite domenicali con gli stessi. La vita tra Shoji e Masako, che non lavora e si occupa delle incombenze casalinghe, scorre monotona e tranquilla. In una delle varie gite con i colleghi di Shoji alla quale Masako non partecipa, l'uomo si avvicina alla collega Kaneko (Keiko Kishi), detta Pesce rosso per i suoi occhi grandi, una ragazza molto aperta e solare con la quale Shoji, tipo belloccio ma meno interessante, sembra trovarsi molto bene. Con il passare del tempo, date anche le iniziative della ragazza molto intraprendente, il rapporto tra Shoji e Kaneko diverrà un qualcosa di più di una semplice amicizia, cosa della quale ben presto anche Masako avrà evidenza e che minerà il rapporto, già un po' usurato, tra i due coniugi. Il destino e le scelte aziendali si interporranno tra i tre dando modo a tutti di valutare la situazione e prendere le dovute decisioni.
Come si accennava poc'anzi, nel momento in cui usciva Inizio di primavera si iniziava in Giappone ad avvertire il bisogno di un cinema diverso, al passo con i tempi; in realtà i temi trattati da Ozu e la mancanza di una ricerca formale volta alla spettacolarizzazione e all'eccesso delle varie situazioni sono caratteristiche che rendono il cinema del maestro "senza tempo" e buono per tutte le stagioni; occupandosi in prevalenza della realtà di piccole famiglie spesso borghesi e del loro vivere nella società del tempo Ozu racconta storie con le quali, con tutti i dovuti distinguo legati all'epoca di appartenenza, è facile trovare delle affinità ancora oggi. In questo senso con Inizio di primavera si compie ancora un passo avanti non essendo qui presente il contrasto tra giovani e generazione precedente (non si parla di matrimonio combinato ad esempio), una generazione dalla quale lo spettatore moderno si trova ovviamente molto distante. L'argomento principe, anzi gli argomenti principe, sono la crisi della coppia e l'alienazione del lavoro a salario, due temi oggi ancora attualissimi e addirittura più esasperati di allora (per quanto l'esasperazione non appartenga nella maniera più assoluta al vocabolario di Ozu che anche qui resta sempre pacato e sereno nella gestione delle vicende dei suoi protagonisti). Si inizia a intravedere un discorso sull'insoddisfazione legata alla vita quotidiana, alla routine, all'abitudine forzata che il mondo del lavoro moderno impone alle singole persone e ai nuclei familiari, si intuisce una sorta di solitudine anche all'interno della vita di coppia finora forse meno esplorata. Il cinema di Ozu si espande e rielabora quelli che sono i suoi fondamenti, vive di variazioni, a volte anche minime, di piccoli scarti, più che la nostalgia presente in opere passate qui si avverte una punta di amarezza; in occasione della morte per malattia di un ex collega dei protagonisti si riflette sul fatto di come forse, per alcuni versi, al caro estinto sia stata risparmiata una vita monotona fatta di sconforto e tristezza. Ozu forse non approfondisce a dovere i motivi reali della relazione extraconiugale tra Shoji e Kaneko che non capiamo se dettata da mero capriccio, soprattutto da parte di Shoji, o se mossa da un reale sentimento per la nuova venuta, probabilmente i tempi non sono ancora maturi per affondare il colpo in questo senso. Comunque, anche per questo che è il film più lungo realizzato da Ozu (139 minuti la versione presente su Raiplay), la visione corre in maniera più che piacevole.