(di Antoine Fuqua, 2009)
Regista dagli esiti discontinui bollato come ottima promessa ai tempi del duro Training day (poliziesco sporco con Washington e Hawke) Antoine Fuqua torna nel 2009, a distanza di otto anni dal suo più celebre esito, proprio al genere che lo aveva portato per un breve periodo sugli scudi. Anche in questo caso, con meno turpiloquio gratuito (se la memoria non inganna), Fuqua esplora il lato corrotto, seppur molto umano, di tutori dell'ordine e della legge votati a "servire e proteggere" più che altro le loro necessità personali, siano queste dettate dall'amore per la famiglia, da malessere esistenziale o da strane amicizie e appartenenza razziale. Continua quindi l'esplorazione del lato meno limpido della legge, qui calato in un quartiere molto difficile di New York, una zona di Brooklyn governata dallo spaccio di droga e all'apparenza dominata dalla criminalità afroamericana, comunità soggetta a regolari violenze da parte di alcuni esponenti del New York Police Department. In questo contesto, con una narrazione tutto sommato che guarda al classico, Fuqua imbastisce almeno tre linee narrative principali destinate a lambirsi per poi convergere (ma mai troppo) su un finale che vede tutti protagonisti, struttura di certo non nuova ma all'apparenza, per come si muovono i personaggi lungo il film, inevitabile per dare una chiusura all'intero affresco collettivo.La zona nord di Brooklyn è invasa dalla droga, gli agenti del 65esimo distretto si trovano a dover compiere retate continue e a confrontarsi quotidianamente con scontri e violenze; a causa del comportamento di alcuni di loro, agenti corrotti e violenti, l'operato della polizia è sotto attacco da parte dei media, soprattutto per comportamenti visti come razzisti, il quartiere conta infatti una numerosa popolazione di afroamericani. Sal Procida (Ethan Hawke) è un detective padre di tre figli e in attesa di due gemelli, la moglie Angela (Lily Taylor) soffre di un problema respiratorio che sta mettendo a rischio la sua salute e quella dei gemelli, la loro casa piena di muffa non è salutare per la famiglia e i soldi per comprarne un'altra non ci sono, la paga da detective è una miseria, così Sal fa di tutto per racimolare quel che serve (omicidi e furti di soldi sporchi compresi) per portare sua moglie in una casa nuova. Il detective Clarence Butler detto Tango (Don Cheadle) è da anni infiltrato nell'organizzazione criminosa gestita da Caz Phillips (Wesley Snipes) da poco tornato nelle sue strade dopo un periodo di galera. Tango vorrebbe uscire da quella storia e tornare a una vita normale, alla sua donna ormai persa, per farlo deve sottostare ai diktat dell'arrivista Smith (Ellen Barkin), agente dell' F.B.I. che vuole la testa di Caz su un piatto d'argento, ma Caz per Tango è ormai una sorta di amico. All'agente anziano Eddie Dugan (Richard Gere) mancano pochi giorni alla pensione, sette per la precisione. Dugan è un agente non troppo rispettato nel suo distretto e che cerca di evitare ogni rogna possibile per arrivare finalmente all'agognata pensione e togliersi di mezzo, magari incominciare una nuova vita con la prostituta Chantel (Shannon Kane), unico legame rimastogli in una vita vuota, una donna del quale Dugan è ingenuamente innamorato. A sette giorni dalla pensione il dipartimento apre un nuovo programma di reclute, due di loro saranno affiancate proprio a Duncan, la situazione minerà la prospettiva di quei sette giorni tranquilli che mancano alla chiusura di un ciclo. Le storie di questi personaggi conflagreranno in un finale amaro per tutti.
Rispetto al precedente Training day questo Brooklyn's finest è caratterizzato da una scansione dei ritmi più pacata, l'azione è intervallata da momenti di definizione dei personaggi e dalla continua ricerca di quell'ambiguità morale che non trova qui attenuanti ma in merito alla quale non si manca di rimarcare contraddizioni e difficoltà di chi si trova a operare in una situazione molto difficile. Emblematica in questo la figura di Procida, un poliziotto non encomiabile (tutt'altro), privo di equilibrio e realmente povero, a un livello al quale forse chi detiene determinate responsabilità non dovrebbe essere (mentre vede arricchirsi chi sta dall'altra parte della barricata o seduto dietro una scrivania). Fuqua dirige con mano ferma ed esperta riuscendo a tenere tutte e tre le linee narrative principali su un livello d'interesse sempre più che buono, la struttura a incrocio finale è ormai risaputa e la drammaturgia del film lascia prevedere allo spettatore in larga misura quello che potrebbe essere un'epilogo che, seppur non giunga inaspettato, chiude il cerchio senza deludere. Con Brooklyn's finest Fuqua mette in scena una tragedia per poliziotti sconfitti con un'attenzione particolare agli ambienti e agli scenari, sempre molto convincenti sia in interno che in esterno, indovina anche la scelta degli attori che aderiscono al meglio ai loro personaggi coadiuvati per bene da coprotagonisti di livello (Vincent D'Onofrio, Wesley Snipes). Si rimane nel genere ma si chiamano in causa argomenti di dolente attualità legate soprattutto all'atteggiamento della polizia statunitense, al razzismo, alla vita in quartieri difficili; Brooklyn's finest non sarà una rivelazione ma non deluderà gli amanti del poliziesco disilluso.
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