sabato 31 dicembre 2022

ALTA DEFINIZIONE

(Flatscreen di Adam Wilson, 2012)

Non ci sono tantissime notizie su Adam Wilson in rete, lo scrittore a oggi ha all'attivo due romanzi (questo Flatscreen e Sensation machines) e una raccolta di racconti (What's important is feeling), insegnante di scrittura creativa all'Università di New York, origine ebraica, diversi premi minori sparsi qua e là. Questo Alta Definizione, il suo esordio, è stato accolto positivamente dalla critica, in quarta di copertina (ISBN Edizioni) si può leggere: "Ironico, poetico, incredibilmente comico, Alta definizione segna l'esordio di una nuova, grande voce della letteratura americana". Oddio, forse l'abbiamo sparata un po' grossa, poi per carità, nelle sinossi dei libri da loro pubblicati non è che possano volare troppo bassi, è la legge del marketing, però devo ammettere che questo Alta definizione non è che mi abbia colpito più di tanto, nonostante le buone intuizioni e la verve molto fresca dell'autore. Intanto questa grande voce della letteratura americana, non so perché, per tutta la durata del libro a me è continuata a sembrare inglese. Il libro è ambientato nel New England, nel paesotto di Quinossett, il protagonista Eli Schwartz proviene da una famiglia americana di origine ebraica appartenente alla buona borghesia (e in procinto di scendere di una classe sociale), eppure mentre Wilson descrive episodi e situazioni varie a me continuavano a tornare in mente i sobborghi inglesi, forse per un vago (vaghissimo) sentore di Welsh tra le pagine, forse per una sensazione indefinita, fatto sta che a me quella di Wilson è sembrata una (non tanto) nuova (non così tanto) grande voce della letteratura inglese.

Quintossett, New England (ma siamo proprio sicuri?), il post-adolescente Eli Schwartz si è diplomato e ha completamente perso di vista quello che è, o potrebbe essere, il suo futuro. Eli vive un'esistenza di completa apatia, passa le giornate facendosi di droghe leggere con l'amico e fornitore Dan, guardando la televisione, girando per le strade di Quintossett in vestaglia, acquistando cibi e ingredienti da Whole Foods per dare sfogo alla sua unica passione, quella per la cucina, Eli è infatti un'ottimo cuoco ma anche per questo suo talento Eli non ha programmi né particolari ambizioni. Di quando in quando riesce a rimediare un rapporto sessuale, spesso inconcludente o quantomeno goffo e insoddisfacente, con qualche vecchia conoscenza o con qualche mamma di qualche vecchia conoscenza. Non troppo pulito, un po' flaccido, inconcludente, Eli sembra essere un vero disastro. Forse il suo atteggiamento è dovuto al divorzio dei genitori (?), il padre (che in passato sparì per diversi mesi) ha una nuova vita con la moglie n. 2, una paio di gemelli all'apparenza perfetti, mentre Eli e il suo fratello perfettino Benjy sono rimasti con la madre. Quando, per motivi economici, gli Schwartz sono costretti a vendere la bella casa di famiglia non più mantenuta dal padre, a comprarla arriva il signor Kahn, un ex attore paraplegico maestro di comparsate, nessun vero successo alle spalle e un unico film d'autore osannato dalla critica nel ruolo da protagonista: Il chiodo e la trave. L'incontro con Kahn aprirà un poco la mente di Eli alla riflessione, ma la sua indole non è probabilmente votata al successo.

Non è male questo Alta definizione, è un romanzo che si legge con piacere, una lettura abbastanza veloce nonostante le più di quattrocento pagine di testo, eppure manca di incisività, non si avverte quella capacità da parte di Wilson di lasciare qualcosa di duraturo pur esibendo l'autore una buona prosa condita anche da qualche idea divertente. Ad esempio è stuzzicante l'abitudine che ha Eli (o l'autore se preferite) di citare in occasione di particolari situazioni un film che in qualche modo le richiami, con tanto di casa di produzione e anno di uscita. Quando ovviamente ci si imbatte in qualcuno di questi che effettivamente ci è capitato di vedere (non tutti sono notissimi) scatta il cortocircuito tra testo e film e il sorriso sorge spontaneo, una bella idea che dona vivacità a uno scritto di per sé già abbastanza frizzante. "Le guardai le mani, il modo in cui le dita si avvinghiavano al cucchiaio di legno come se fosse un lungo fallo e lei la più dolce Afrodite che l'America avesse mai conosciuto" (La Dea dell'amore, Magnolia Pictures, 1995). La narrazione è poi intervallata da capitoli brevissimi con appunti e note sulla famiglia, sul passato, sui conoscenti, mentre nella seconda parte del libro Eli inizia a immaginare una serie di finali alla sua storia di apatia e banalità, tutte soluzioni di stile che movimentano il racconto. Quello che manca ad Alta definizione per assurdo è proprio l'alta definizione, quel tocco di profondità su personaggi e situazioni che avrebbe reso il libro memorabile per davvero.

giovedì 29 dicembre 2022

FIRMA AWARDS 2022 - FILM

Giungiamo infine alla sezione più corposa dei Firma Awards 2022 con la categoria FILM nella quale trovano posto tutti quei film usciti negli ultimi vent'anni e visionati da queste parti durante i dodici mesi appena trascorsi. Devo ammettere per quest'anno di aver preparato il post con un po' d'anticipo rispetto a quanto fatto l'anno scorso, nel 2011 infatti il post per questa categoria era stato studiato man mano che lo stesso veniva costruito, in tempo reale, creandomi così dei mal di testa non da poco. Quest'anno i mal di testa me li son fatti venire prima, ora devo "solo" costruire fisicamente il post, scrivere trenta piccole presentazioni e inserire le immagini (già trovate in precedenza per fortuna). La difficoltà maggiore è stata quella di dare un ordine credibile ai trenta titoli selezionati, la scaletta non è una compilazione blindata, nulla di strano che a qualcuno di voi possa piacere più, che so, la posizione ventiquattro che non la diciassette (buttate lì a caso a titolo di esempio, al momento non ho sotto mano i film che inserirò alle suddette posizioni), in più mi sono costretto a redigere la classifica di cuore (e di pancia), senza curarmi troppo dei voti affibbiati ai vari film nelle recensioni scritte per Loudd, basandomi invece sulle impressioni rimaste, ora che le varie opere sono state assimilate, digerite e valutate più a freddo. Dentro c'è finito un po' di tutto: generi diversi, gusti personali mediati con una certa ricerca di obiettività (quasi impossibile da trovare, non siamo nei confini di una scienza esatta per fortuna), un poco di partigianeria e tanta passione. Spero che la compilazione possa far piacere a qualcuno e offrire magari qualche buono spunto di visione. Via che si va...


Trentesimo classificato:
Voglio mangiare il tuo pancreas di Shinichiro Ushijima (2018)
Struttura parecchio sfruttata nelle narrazioni rivolte agli adolescenti, due giovani alle prese con una nuova (e forzata) amicizia, rapporto in evoluzione nel quale subentra la malattia; pur se non sviluppato a dovere in tutti i suoi aspetti, senza abusare di soluzioni scontate Voglio mangiare il tuo pancreas raggiunge il cuore, tocca le corde giuste e affronta il dolore con una costruzione per lo più vivace e mai deprimente. Consigliato.



Ventinovesimo classificato:
The myth of american sleepover di David Robert Mitchell (2010)
Il mito del pigiama party americano: David Robert Mitchell tratteggia un momento di passaggio di un nutrito gruppo di adolescenti che si avviano verso l'età (non ancora) adulta dandone una visione delicata, lontana dagli eccessi di molti film a tema, che ben tratteggia insicurezze, aspettative, timori. Scenario noto visto con un'ottica poco abusata.



Ventottesimo classificato:
Don't look up di Adam McKay (2021)
L'idiozia umana di fronte alla catastrofe, McKay mette tanta carne al fuoco (forse troppa) e non risparmia nessuno e noi, in attesa del disastro, sempre in balia di potenti, guru della finanza e politicanti che in mente hanno sempre e solo soldi e opinione pubblica. Si ride di quanto siamo imbecilli e autolesionisti.



Ventisettesimo classificato:
Funny games di Michael Haneke (2007)
Pur non riuscendo ad amarlo, non posso negare che le opere di Haneke abbiano un valore intellettuale da sfruttare a posteriori, a visione ultimata. Funny games ci fa riflettere sulla violenza, sul suo ruolo nella società dell'intrattenimento e sul nostro ruolo di fronte a essa. Film di testa, da valutare a freddo.



Ventiseiesimo classificato:
First cow di Kelly Reichardt (2019)
Oregon, agli albori di quella che sarebbe stata l'epoca (e l'epica) del western, in una zona dove ancora non ci sono i mandriani perché le vacche sono ancora lì da venire. Uno sguardo femminile su ciò che l'America avrebbe potuto essere se non si fosse abbeverata fin da subito nella violenza, in nuce il marciume del sistema del capitale.



Venticinquesimo classificato:
Ghostbusters: Legacy di Jason Reitman (2021)
Un blockbuster che si rivela presto come una vera e profonda questione d'amore, di un regista per il lavoro del padre, di un uomo per la scomparsa di un amico di famiglia, il ricordo di Harold Ramis pervade l'intero film, la questione dell'eredità (legacy appunto) è presente dietro e davanti lo schermo. I giovani ragazzi e il film funzionano molto bene. If there's something strange in your neighborhood, who you gonna call?



Ventiquattresimo classificato:
Aloners di Hong Sun-eun (2021)
Seguendo le giornate della protagonista Jina la regista Hong Sun-eun ci racconta il fenomeno degli honjok molto diffuso in Corea del Sud, giovani con una tendenza sempre più accentuata alla solitudine, propensi ad approcciare anche attività solitamente svolte in compagnia in totale assenza di contatti umani. Assenza di emozioni e anaffettività con aperture grottesche.



Ventitreesimo classificato:
La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Lorenzo Mattotti (2019)
Da Dino Buzzati una trasposizione di una bella fiaba da parte di Mattotti, uno dei più importanti fumettisti nostrani, l'arte di Buzzati e lo stile di Mattotti trovano un incontro molto felice che si compie in questa "famosa invasione" colorata e visionaria.



Ventiduesimo classificato:
L'arte della felicità di Alessandro Rak (2013)
Ancora animazione italiana, non una fiaba questa volta ma un viaggio nel dolore di una lontananza, da un fratello e dall'arte, una lontananza che ha costretto Sergio in un autoesilio all'interno di un taxi sporco in movimento costante in una Napoli apocalittica. Rivelazione.



Ventunesimo classificato:
L'onda di Dennis Gansel (2008)
Film non perfetto, alcune scelte un po' facili, eppure L'onda è uno di quei film che andrebbe fatto vedere in tutte le scuole per riflettere sui sistemi totalitari e sulla loro capacità di influenzare le masse. Film doveroso, necessario pur con tutte le sue imperfezioni.



Ventesimo classificato:
Shiva baby di Emma Seligman (2020)
Commedia imbevuta di cultura ebraica, molto divertente e che affronta l'argomento delle sugar babies, giovani ragazze che concedono favori sessuali a uomini adulti in cambio di contributi economici; quando la ragazza in questione e il suo sugar daddy si incontrano a uno shiva, una cerimonia funebre ebraica, con tanto di famiglie al seguito, i momenti imbarazzanti sono inevitabili.



Diciannovesimo classificato:
Malcolm & Marie di Sam Levinson (2021)
Elegantissimo kammerspiel al massacro tra un lui e una lei che si amano ma che comunque si vomitano addosso di tutto esplorando le pieghe di un rapporto che nella claustrofobia degli interni (magnifici) elabora le sue verità. Fotografia splendida.



Diciottesimo classificato:
Apollo 10 e mezzo di Richard Linklater (2022)
Viaggio sul viale dei ricordi per Richard Linklater, un viaggio che non è nello spazio ma è nel tempo, nella nostalgia per la sua infanzia, per quell'America carica di promesse che guardava alla Luna ma che avrebbe trovato il Vietnam. Un giro nella memoria che è del suo autore ma che facilmente diventa di tutti.



Diciassettesimo classificato:
The assassin di Hou Hsiao-hsien (2015)
Opera di una bellezza formale accecante, ogni immagine, ogni sequenza, ogni movimento è un piccolo gioiello d'arte cinematografica, una protagonista splendida (Shu Qi) per "un'epica del dolore narrata con classe innata" (cit. Jean Jacques di Recensioni Ribelli).



Sedicesimo classificato:
Argo di Ben Affleck (2012)
Affleck si conferma meglio come regista che come attore, cinema che guarda al classico e che ricostruisce un episodio storico un po' dimenticato con un occhio alla ricostruzione e uno allo spettacolo, ottima forma, struttura solida, uno stile da preservare.



Quindicesimo classificato:
Frank di Lenny Abrahamson (2014)
La malattia mentale affrontata con tenerezza e delicatezza in puro stile Abrahamson, una commedia musicale con protagonista un musicista che non esce mai dalla sua maschera gigantesca in cartone, è Frank, uno dei personaggi da ricordare nel cinema di questi anni.



Quattordicesimo classificato:
Il sale della terra di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado (2014)
La vita e l'opera del fotografo Sebastiao Salgado vista con gli occhi di Wim Wenders, un connubio perfetto tra cinema e fotografia, immagini che si fondono l'una nell'altra per un racconto che si fa arte esso stesso, un viaggio tra sociale e privato lungo una vita.



Tredicesimo classificato:
24 city di Jia Zhangke (2008)
Anche nella forma del documentario ibrido, tra testimonianze reali e altre scritte e recitate, Jia Zahngke continua a narrare i cambiamenti della sua Cina in un periodo di transizione tra tradizione e progresso, nella fattispecie tra la chiusura della fabbrica 420 e la nascita di città 24.



Dodicesimo classificato:
In Jackson Heights di Frederick Wiseman (2015)
A rendere imperdibili i documentari di Wiseman è proprio la sua mano invisibile, la scelta di intervenire il meno possibile mentre i protagonisti, gli abitanti del quartiere newyorkese di Jackson Heights in questo caso, si raccontano e raccontano la materia. J.H. è una delle comunità più multiculturali al mondo e per circa tre ore anche noi diventiamo abitanti del quartiere.



Undicesimo classificato
Estate '85 di Francois Ozon (2020)
Si segnala lo splendido Estate '85 ma in realtà nemmeno Una nuova amica meriterebbe di rimanere fuori da questa classifica. In questi due film Ozon lavora sulle identità dei protagonisti, sui sentimenti e sulle passioni. È un cinema elegante quello del regista francese, una meravigliosa sorpresa.



Decimo classificato:
Selfie di Agostino Ferrente (2019)
Mosso da un tragico fatto di cronaca Ferrente decide di raccontare il Rione Traiano di Napoli, uno dei quartieri difficili della città partenopea, per farlo si affida ad Alessandro e Pietro, due amici, due ragazzi puliti che raccontano le speranze e i momenti di gioia di una giovinezza comunque difficile; con il cellulare di Ferrente sono loro a girare e costruire il film al quale il regista ha dato forma compiuta in sede di montaggio. Per una Napoli un poco diversa.



Nono classificato:
This is England di Shane Meadows (2006)
Shane Meadows ci trasporta nell'Inghilterra dei "favolosi" anni 80, ci mostra il contesto della sua giovinezza, quella del proletariato inglese, sempre più messo da parte ai tempi della Tatcher e della guerra nelle Falklands, la cultura skinhead, fenomeno di costume che quando incontra la politica... bellissimo spaccato di un'epoca e ottima ricostruzione d'ambiente.



Ottavo classificato:
Pleasure di Ninja Thyberg (2021)
Lo sguardo femminile della Thyberg sull'industria del porno mette in evidenza sopraffazioni, dinamiche malate e sfruttamento di genere che possono facilmente essere traslate in altri ambienti di lavoro, nel mondo del porno tutto è portato all'estremo; film parecchio duro se rapportato a quanto siamo abituati a vedere nel cinema mainstream, un'opera che in alcuni passaggi potrebbe infastidire gli animi più sensibili.



Settimo classificato:
Il profeta di Jacques Audiard (2009)
Audiard è un grande regista, capace di cambiare genere e direzione a ogni film mantenendo una qualità costante molto alta, Il profeta è forse il suo film simbolo, un dramma carcerario, un lento processo di formazione, non alla vita ma al crimine e alla sopravvivenza.



Sesto classificato:
The tender bar di George Clooney (2021)
Nel complesso un film meno significativo di altri segnalati nelle posizioni precedenti, The tender bar è però uno di quei film capaci di riappacificare lo spettatore con tutto, un feel good movie realizzato con la solita attenzione da parte di Clooney, ogni cosa è al posto giusto e tutto è pervaso da una sincerità e da un amore per i personaggi davvero preziosi.



Quinto classificato:
Ariaferma di Leonardo Di Costanzo (2021)
In una situazione di sospensione (temporale, spaziale) due gruppi di uomini posti ai due lati della barricata del sistema carcerario sono costretti al confronto. Alla fine un uomo è un uomo, che sia da questo o da quell'altro lato della grata di ferro. Cast strepitoso per un film che scava ben oltre la fine della visione.



Quarto classificato:
Freaks out di Gabriele Mainetti (2021)
Mainetti ce lo dobbiamo tenere stretto, registi capaci di andare fuori dai sentieri (noiosissimi) della già codificata commedia nostrana sono un piccolo patrimonio. Con Freaks out si conferma la visione ad ampio raggio di Mainetti che, senza perdere una fortissima connotazione che ci appartiene, riesce a guardare al cinema in maniera ambiziosa e senza confini. Che belli i nostri super, così vivi e veri.



Terzo classificato:
Drive my car di Ryusuke Hamaguchi (2021)
L'elaborazione di un lutto attraverso piccoli gesti, movimenti minimi, contatti con l'altro, condivisioni del dolore e attraverso l'appropriazioni di tempi e ritmi che solo gli orientali sembrano padroneggiare con tale maestria. A volte la cura è un semplice silenzio condiviso.



Secondo classificato:
È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino:
Altro lutto, altro dolore. Il film di Sorrentino e quello di Hamaguchi erano entrambi in lizza per l'Oscar come miglior film straniero (vinto dal giapponese), entrambi guardano all'arte ma con protagonisti che vanno in direzioni diverse. Film (ovviamente) sentito, Sorrentino abbandona un poco i suoi virtuosismi di stile e ci trascina in un vortice emozionale nel quale si ride e si piange, un ritorno a casa per la via del cuore. Film magnifico.



Primo classificato:
What do we see when we look at the sky? di Alexandre Koberidze (2021)
È una sensibilità tutta nuova quella che Koberidze ci propone nel fare e nel guardare il cinema. Un racconto surreale e delicato dove l'importanza dello sguardo, del riconoscimento, è fondamentale, una narrazione che riesce in qualche modo a far diventare i luoghi protagonisti, l'intera città di Kutaisi in Georgia, luogo mai sentito nominare prima, ti entra dentro e dopo un poco sembra di stare a casa. Una piccola rivoluzione, un piccolo capolavoro, da guardare a maggior ragione ora che l'Argentina ha vinto il Mondiale.



E così anche per quest'anno è tutto, qui trovate i film più vecchiotti, qui libri e serie tv.

martedì 27 dicembre 2022

FIRMA AWARDS 2022 - FILM CLASSICI

Ed eccoci alla seconda classifica che vuole presentare il meglio del mio 2022; visto che l'anno scorso si era trovata una quadra e una buona soluzione per dare un minimo (ma proprio giusto un minimo) di omogeneità a queste strampalate classifiche, anche in questo 2022 si seguirà quindi la strada già battuta. Tutti i film visionati durante l'anno verranno quindi divisi in due categorie: quella dei Film nella quale finiranno le pellicole prodotte negli ultimi vent'anni (quindi a partire dal 2022 andate all'indietro fino a contarne venti) e quella dei Film classici che conterrà tutti quei film che si portano più di vent'anni sul groppone, null'altro, niente di più se non la menzione speciale dei Firma Awards che va a quel film che all'ennesima visione continua a splendere di luce propria, nonostante l'ormai veneranda età, nonostante il passare degli anni, il modificarsi di gusti e costumi; l'anno scorso la menzione è andata a The Blues Brothers. I film visionati sono stati molti; per la prima volta quest'anno le recensioni degli stessi, nella loro versione pubblicata su Loudd, sono state accompagnate dal classico voto numerico, pratica da me non troppo amata ma che riconosco utile per orientare il lettore in pochi secondi. Le mie classifiche di fine anno non rispecchieranno i voti attribuiti in fase di recensione, un po' perché i film sedimentano e a freddo il giudizio può essere differente da quello dato a caldo: qualcosa rimane, qualcosa si sgonfia, qualcosa cresce col tempo, la caratura dei film poi non sempre viene giudicata in assoluto ma magari facendo riferimento a una scala di merito interna al suo genere (una commedia lieve, un cinecomics, un film d'autore non sempre sono giudicabili alla stessa maniera). Insomma, con un po' d'onestà intellettuale e ovviamente con gusto personale si è cercato di tirar fuori qualcosa di coerente. Ma andiamoli a vedere questi FILM CLASSICI.


Menzione speciale, laurea ad honorem, cittadinanza di Firmalandia:
Rocky di John J. Avildsen (1976) e Rocky II di Sylvester Stallone (1979)
Uno degli eroi proletari più amati dal pubblico, l'uomo che col sudore e la passione, contro ogni probabilità e abbattendo le disparità create dal sistema del capitale, riesce ad arrivare sul tetto del mondo. Si corre idealmente dietro di lui sulla scalinata di Philadelphia.
In fondo chi se ne frega se perdo questo incontro, non mi frega niente neanche se mi spacca la testa, perché l'unica cosa che voglio è resistere, nessuno è mai riuscito a resistere con Creed, se io riesco a reggere alla distanza, e se quando suona l'ultimo gong io sono ancora in piedi... se sono ancora in piedi io saprò per la prima volta in vita mia che... che non sono soltanto un bullo di periferia.



Nono classificato:
Tre colori: Film blu di Krzysztof Kieslowski (1993)
L'elaborazione di un lutto, di un dolore atroce che provoca nella protagonista una chiusura totale al mondo e ai sentimenti. Ma nessun uomo (nessuna donna in questo caso) è un'isola, la riapertura per piccoli passi è inevitabile, vi assistiamo attraverso una splendida Juliette Binoche. Trilogia di Kieslowski ispirata ai colori del tricolore francese.



Ottavo classificato:
Tre colori: Film rosso di Krzysztof Kieslowski (1994)
Episodio conclusivo della Trilogia dei colori, immersione nel rosso con la bellissima Irène Jacob accompagnata dalla colonna Trintignant, narrazione enigmatica alla quale è possibile accostare più di un significato, riflettendo sugli episodi precedenti e sul motto fondativo della trilogia: Liberté, égalité, fraternité.



Settimo classificato:
Segreti e bugie di Mike Leigh (1996)
Dramma familiare intriso di dolore, la riapertura di una ferita all'apparenza ormai cicatrizzata è l'occasione per scoperchiare sofferenze trattenute e dolori non detti; dagli errori, dai segreti e dalle bugie non è detto che, una volta affrontati, non possa venirne qualcosa di buono. Un Mike Leigh da tenere in maggior conto.



Sesto classificato:
Gen di Hiroshima di Mori Masaki (1983)
Cronaca terribile e straziante della guerra prima e delle conseguenze dell'atomica poi in un Giappone devastato e annichilito dalla bruttura umana. Un film d'animazione doloroso e duro da digerire, tratto dal manga omonimo di Keiji Nakazawa, all'epoca delle bombe un bimbo di sei anni come il protagonista di questo anime. Un vero pugno allo stomaco, per capire l'immane distruzione provocata dall'uomo.



Quinto classificato:
Sussurri e grida di Ingmar Bergman (1972)
Film che cresce con il tempo, incorniciato in un'estetica formale magnifica, una gioia per gli occhi e materiale per la testa, il rosso che domina più che in Film rosso di Kieslowski, tre sorelle, i loro contrasti, le loro debolezze e le loro reazioni di fronte alla malattia e alla morte. Tra i migliori Bergman?



Quarto classificato:
La signora della porta accanto di François Truffaut (1984)
Melodramma d'amore e passione tra un Gérard Depardieu già divo e una Fanny Ardant quasi esordiente. Un ritorno di fiamma bruciante per un amore proveniente dal passato e finito male, nella provincia francese le fiamme sopite sotto la cenere divampano. Chapeau!



Terzo classificato:
Lo specchio della vita di Douglas Sirk (1959)
Dramma proveniente dalla Hollywood classica, melò in bilico tra il lato sentimentale della vicenda e la denuncia sociale per un Paese come gli Stati Uniti fortemente razzista, narrazione coraggiosa nell'anno 1959 che si guadagna i suoi meriti non solo per i temi trattati ma anche per confezione e interpretazioni superbe. Drammone imperdibile!



Secondo classificato:
Viaggio a Tokyo di Yasujiro Ozu (1953)
Da uno dei grandi maestri della Settima Arte giapponese Viaggio a Tokyo esplora con delicatezza il periodo posteriore alla Seconda Guerra Mondiale e alle tragedie di Hiroshima e Nagasaki concentrandosi sul cambiamento di un Giappone che si avvicina per molti versi ai ritmi occidentali, una fase di passaggio dove a malincuore si vede la tradizione lasciare il passo al progresso; Ozu ci racconta il fenomeno attraverso episodi quotidiani della famiglia Hirayama. Capolavoro, da vedere anche il remake fedele di Yoji Yamada, anch'esso molto bello e più vicino a una sensibilità moderna (Tokyo family).



Primo classificato:
Halloween - La notte delle streghe di John Carpenter (1978)
Il film che inventa un genere, caposaldo e capostipite di tantissimo horror a venire. Carpenter crea una tensione costante senza mai abusare di sangue, scene truci ed effettacci; film magnifico che vive di atmosfere, attese, musiche indovinate, jump scare e di tutte quelle regole che dopo Halloween diventeranno legge. Cult, stracult, doppio cult!



Per i Film classici è tutto, libri e serie tv li trovate qui.

lunedì 26 dicembre 2022

FIRMA AWARDS 2022 - LIBRI E SERIE TV

Eccoci qui, ancora una volta a tirare le somme su tutto ciò che ci ha allietato durante gli appena trascorsi dodici mesi che, devo ammettere, sono per parecchi versi stati migliori (vivaddio) dei precedenti. Certo, grazie al cazzo direte voi, non è che dopo gli anni della pandemia ci volesse poi molto, però, come si dice, la fortuna è cieca ma la sfiga eccetera, eccetera, eccetera. Fatto il piccolo preambolo spero che ormai molti di Voi, amici cari, sappiano come funzionano i Firma Awards. Chi mi conosce sa che poco mi importa di cosa ha prodotto l'anno ancora in corso, quel che interessa davvero è ciò con cui da queste parti ci si è sollazzati in questo 2022, che fossero poi cose dell'altro ieri o provenienti dallo scorso millennio poco ci cambia, di classifiche del meglio di ciò che è uscito in quest'anno è pieno il web (e il mondo) e quindi perché tediarvi aggiungendone ancora una? Quindi con pochi e selezionati vincoli andremo ad affrontare le stesse categorie messe in campo l'anno scorso, ovvero: libri, film (quelli usciti negli ultimi venti anni, così, giusto per convenzione), serie tv, film classici (con più di venti anni sul groppone) e basta così. Ero tentato di tornare a redigere una categoria per l'animazione ma poi ho deciso di inserire tutto nelle sezioni dedicate ai film, in fondo anche gli amati "cartoni animati" hanno tutto il diritto di vantare pari dignità di tutti gli altri lungometraggi. Andiamo quindi a incominciare con la categoria SERIE TV.


Non è andata male con i recuperi di quest'anno, anzi, a dirla tutta sono forse riuscito a guardare anche cose di maggior valore nel complesso rispetto alla già buona annata precedente. C'è anche da dire che di norma in un anno non riesco a guardare così tante serie, quindi è già presente un po' di selezione a monte. In questi dodici mesi le SERIE TV visionate sono state una dozzina (sitcom a parte) per un totale di una quindicina di stagioni in totale. Nessun recupero mastodontico come l'anno scorso (quello della mitologia di X-Files), non sono mancate però le soddisfazioni provenienti da un passato ancor più remoto; diverse le serie Marvel seguite durante l'anno ma nessuna capace di rientrare nei primi cinque posti del podio, la più convincente rimane quella dedicata alla giovane Ms. Marvel di origini pakistane, ma andiamo a vedere a conti fatti cosa mi è sembrato giusto segnalare in questa sede.

Quinto classificato:
Stranger Things dei Duffer Brothers (2022)
Quarta stagione non semplice da realizzare dopo lo stop pandemico e la conseguente crescita dei protagonisti adolescenti, si perde qualche dinamica interessante ma dalle parti di Hawkins si torna sempre più che volentieri. Poi c'è la bromance tra Steve e Dustin e tanto dovrebbe bastare a tutti quanti.



Quarto classificato:
Bang Bang Baby di Andrea Di Stefano (2022)
Pur con qualche ingenuità questa produzione nostrana dimostra di avere in canna delle buone cartucce da esplodere. Siamo nei territori italici del malaffare, già visti e rivisti in produzioni più blasonate, ma qui affrontate con un piglio grottesco, caricato anche nell'estetica, che riesce a ritagliarsi un suo perché del tutto personale. Si aspetta con ansia il ritorno dell'"amabile" Nereo Ferraù.



Terzo classificato:
Ai confini della realtà di Rod Serling (1959)
Un pezzo di storia non solo della fantascienza ma della televisione tutta, un antologico ancor oggi godibilissimo che porta in passerella una pletora di attori, registi e sceneggiatori di grandissimo mestiere, uno stile nel narrare che ha fatto scuola, magari oggi un po' ingenuo ma al quale tutti dobbiamo ancora molto. Recupero obbligato del mitico, in originale, The Twilight Zone.



Secondo classificato:
After life di Ricky Gervais (2019/2022)
Gioiello prezioso che passa dal dolore all'umorismo, dalla volgarità all'empatia creando un amalgama capace di farti ridere di gusto e straziarti il cuore l'attimo dopo, Ricky Gervais a livelli altissimi soprattutto in fase di ideazione, cast di contorno adorabile per una serie che senza dubbio avrebbe meritato la prima posizione non fosse stato per la presenza di...



Primo classificato:
True detective di Nic Pizzolatto (2014/2019)
Tre stagioni una più bella dell'altra, per ambientazioni, scrittura dei personaggi (ancor più che per le sceneggiature) e per profondità, una prima annata sugli scudi che entra di diritto nella storia della serialità grazie alla magnifica coppia di detective interpretata da due grandissimi: Matthew McConaughey e Woody Harrelson, ma anche i cast delle seguenti stagioni (la serie è antologica) sono di tutto rispetto. Goduria pura.






Per quel che riguarda le serie tv possiamo dire che l'annata non è andata affatto male, anzi, passiamo quindi ora ai cari vecchi e sempre amati LIBRI; per compilare questa classifica ho a disposizione una ventina di romanzi letti durante l'anno (accompagnati da una mole innumerevole di fumetti che però non rientreranno in questa lista). In questo 2022 mi sono dedicato parecchio alla fantascienza grazie all'iniziativa Urania 70 che ha ristampato molte opere significative tra classici e moderni appartenenti al genere, una decina dei libri letti quest'anno arrivano proprio da lì e non è mancata qualche sorpresa legata a questa meritevole iniziativa. A differenza dell'anno scorso la scelta delle posizioni è stata più combattuta in quanto è mancato quest'anno quel capolavoro capace di eclissare ogni altra lettura, quel romanzo in grado di farmi innamorare senza riserve. Ma andiamo a dare un'occhiata alle varie posizioni; in realtà non so bene che fare, si aumenta il numero delle segnalazioni? Ma si, facciamolo, tenendo ben presente che la demarcazione tra una posizione e un'altra non sempre è così netta e le decisioni non sempre sono state così facili da prendere.

Decimo classificato:
Neuromante di William Gibson (1984)
Nonostante il cyberpunk non sarà mai il mio genere preferito, i mondi creati da Gibson, quello reale e quello virtuale della matrice, colpiscono l'immaginario in maniera forte e restano impresse, purtroppo non è così agevole seguire le gesta del protagonista Case e degli altri protagonisti di Neuromante, il romanzo però ha fatto epoca...



Nono classificato:
La lingua del fuoco di Don Winslow (1999)
Un thriller ben costruito da parte di Winslow (che ha comunque scritto di meglio), una bella panoramica sul mondo degli incendi dolosi e delle compagnie assicurative, personaggi indovinati e intrattenimento di gran mestiere per un libro che scivola via come fosse un bicchier d'acqua.



Ottavo classificato:
Galveston di Nic Pizzolatto (2010)
Anche ideatore di True detective Pizzolatto da queste parti è, almeno per quest'anno, un pluripremiato, si porta a casa una menzione anche nella categoria libri con un noir emblematico che coglie in pieno i risvolti più duri del genere che ci sbatte in faccia le nostre debolezze e le nostre peggiori meschinità.



Settimo classificato:
I Wanderers di Richard Price (1974)
Vita nel Bronx durante gli anni 70 per i Wanderers, una gang di quartiere formata da ragazzi adolescenti, una narrazione per episodi che solo poco alla volta diventa corpo unico e ci porta a conoscere i problemi di questi ragazzi, le loro insicurezze, le loro paure e anche le loro famiglie. Alla fine ci si commuove.



Sesto classificato:
Questa tempesta di James Ellroy (2019)
Ellroy è un grande autore, grandissimo, un passo avanti a tutti nel suo genere (tanto da far quasi genere a sé) anche quando esce con un'opera nel complesso meno riuscita di altre come Questa tempesta. Duro da seguire, un po' autocompiaciuto, forse anche pretenzioso, ma con Ellroy sai che stai andando proprio su un altro campo da gioco e, spiace per gli altri, facendo qualche confronto non si tratta nemmeno più dello stesso sport. Maestro.



Quinto classificato:
Christine - La macchina infernale di Stephen King (1983)
Anche se questo romanzo non è annoverato tra i migliori del Re dalle sue pagine trasuda King allo stato puro: la costruzione d'ambiente, il passaggio dei protagonisti all'età adulta, i rapporti familiari, la provincia americana e, ovviamente, l'inquietudine del sovrannaturale. L'affetto per questo scrittore non tramonterà mai.



Quarto classificato:
Il popolo dell'autunno di Ray Bradbury (1962)
Romanzo molto kinghiano anche se, date alla mano, dovremmo dire che molti romanzi di King si possono definire molto bradburyani, Il popolo dell'autunno è citato proprio da King come una delle sue maggiori ispirazioni, atmosfere incredibili per un libro che di fantascientifico ha poco e niente, con buona pace dell'inserimento nella collana Urania 70. Noi comunque ringraziamo.



Terzo classificato:
Mi chiamo Lucy Barton di Elizabeth Strout (2016)
Un rapporto difficile tra una madre da troppo tempo lontana e sua figlia, ora costretta in un letto d'ospedale. La lungodegenza sarà occasione di riavvicinamento e momento per tornare sul viale dei ricordi, a un passato difficile, a squarci di vita di tanti conoscenti. Una sorpresa piacevolissima.



Secondo classificato:
I 49 racconti di Ernest Hemingway (1938)
Uno dei libri indicati tra i capisaldi del racconto breve, dentro ci sono tutti i temi cari a Hemingway, c'è la sua prosa, il suo approccio alla vita, il suo stile secco e potente e quel destino avverso con il quale è sempre necessario fare i conti. Chi ama Hemingway ama I 49 racconti.



Primo classificato:
Hyperion di Dan Simmons (1989)
Qualcuno potrebbe storcere il naso vedendo Hyperion sul primo gradino del podio a scapito anche del capolavoro di Hemingway. Eppure senza ombra di dubbio questa è stata la lettura che quest'anno mi ha più appassionato, la vera sorpresa della collana Urania 70, un romanzo epico che ha poco da invidiare agli scritti (di genere e non) presenti in questa classifica. Modellato nella struttura sul modello de I racconti di Canterbury di Chaucer (datato 1387) Hyperion unisce più narrazioni, una diversa dall'altra e una più appassionante dell'altra, costruisce un mondo e accompagna il lettore verso un confronto finale che richiederà nuovi viaggi. Capolavoro di genere.

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