(The first forty-nine stories di Ernest Hemingway, 1938)
I quarantanove racconti di Ernest Hemingway rimane, insieme ad alcune raccolte di Raymond Carver, una delle più celebri antologie di scritti brevi. I racconti contenuti nell'edizione pubblicata a partire dal 1938 risalgono a un periodo che spazia tra la seconda metà degli anni 20 a tutto il 1933 circa e sono opere, già pubblicate in precedenza in altre compilazioni, che vanno dalle poche pagine fino ad arrivare a esiti più corposi ma quantunque brevi. Ciò che in primis accomuna questi scritti, che trattano argomenti e temi disparati ma riconoscibili tra quelli cari a Hemingway, è fuor di dubbio lo stile di scrittura dell'autore: frasi brevi, secche, concise, pochi fronzoli, dialoghi nei quali l'uso della ripetizione diventa cifra di stile, ricerca dell'essenziale e una riuscita d'insieme che non si può definire che "potente", di sostanza, una prosa indicata a descrivere la vita, a mettere nero su bianco la difficoltà di ottenere un lieto fine, nel racconto come nella vita, l'impossibilità di opporsi alla marea di un'esistenza incontrollata e incontrollabile. Tornano a più riprese anche i temi cari all'autore, tra l'altro già esplorati (o poi ripresi) nelle sue opere lunghe, pensiamo alla guerra (Addio alle armi), alle battute di caccia (Verdi colline d'Africa) o al rapporto con l'acqua (Il vecchio e il mare) o con la Spagna (Fiesta). Inframezzati da brevissimi inserti numerati e inseriti nella raccolta come "capitoli", i quarantanove racconti vanno a creare un corpo d'opera compatto che vanta un'unità di stile e una coesione in termini di vedute e di temi che donano all'intera opera il pregio della coerenza interna e quello di serbare una qualità media molto alto, poco affetta dal saliscendi qualitativo che di norma si riscontra in ogni antologia.
È lo stesso Hemingway nell'introduzione al libro a selezionare alcuni racconti e indicarli come i meglio riusciti o quanto meno come quelli a cui Hemingway è rimasto più affezionato. Uno di questi è il racconto che apre l'antologia, Breve la vita felice di Francis Macomber, uno dei preferiti anche di chi scrive, per chi lo conosce è impossibile non andare con il pensiero al biografico Verdi colline d'Africa; in un impianto questa volta di finzione si torna alle stesse atmosfere, con un'Africa rigogliosa come scenario, le battute di caccia come motore dell'azione e il coraggio e la viltà, il successo e il fallimento, l'amore e il tradimento come gli aspetti messi in disamina dell'umana esistenza, destinata almeno per qualcuno a non elargire (più) il lato migliore di sé stessa, racconto che ispirò il film Passione selvaggia diretto da Zoltán Korda. Sono spesso il coraggio, l'onore, la determinazione a conseguire per una volta (o per l'ultima volta) una vittoria, i temi che ricorrono e che non sempre trovano la soddisfazione nei personaggi protagonisti, viene in mente il torero in fase calante Manuel Garcia de L'invitto o il pugile Jack Brennan in Cinquanta bigliettoni. Numerosi i racconti dove è presente quello che è una sorta di alter ego di un Hemingway giovane, Nick Adams, scritti nei quali emerge l'amore per la natura, per la pesca, la vita semplice e vagabonda. Tornano anche alcune sensazioni già suscitate dal romanzo lungo Addio alle armi, ad esempio con In paese straniero dove si riconosce l'esperienza della convalescenza a Milano durante la guerra. Hemingway cita inoltre tra i suoi preferiti ancora Colline come elefanti bianchi, Qualcosa che mai proverete, Le nevi del Kilimangiaro, Un posto pulito illuminato bene e Le luci del mondo che, per sua stessa ammissione, pare non sia mai piaciuto a nessuno.
"La cosa più difficile che ci sia al mondo è scrivere una prosa assolutamente onesta sugli esseri umani". I quarantanove racconti sono lì a dimostrare come Hemingway sia riuscito nel suo intento e quanto il suo dubbio, il suo cruccio, non abbia ragion d'essere. Un racconto onesto sull'essere umano, sulla vita, sulle carte che questa serve e che spesso vanno a comporre una brutta mano, è proprio ciò che si trova in questi racconti e che li rende così affascinanti, presi uno a uno ma anche valutandoli nel complesso di una raccolta molto corposa (nell'edizione dei vecchi Oscar Mondadori ci avviciniamo alle 600 pagine). Non c'è dispersione durante la lettura, anche per chi, come chi scrive, ha un feeling migliore con il romanzo rispetto al racconto breve, il coinvolgimento in quello che è considerato un capo d'opera dell'autore risulta totale e pieno. Grandi eventi e piccoli momenti illuminano qui il mondo di Hemingway, riportando di riflesso le meraviglie e i dolori di una vita vissuta in maniera intensa, esperienze e testimonianze che si riversano su carta in episodi nei quali è nascosta la vita: dolore, sconfitta, amore, riscatto, guerra e forse, finalmente, pace.
Hemingway salvò il mio bisnonno durante la guerra del Piave, per certi versi mi reputo una sua estensione poetica, diciamo che grazie a io sono qua sai? Comunque Addio alle armi resta a distanza di tanti anni il mio libro preferito. Recupererò questo che consigli.
RispondiEliminaChe storia fantastica, viva Hemingway ancor di più allora... per ora, tra le sue cose che ho letto (ma mi manca tantissimo) anche la mia preferenza va ad Addio alle armi.
EliminaQualche anno fa, in piena pandemia, ho letto in sequenza Addio alle armi, Il vecchio e il mare, Fiesta e Per chi suona la campana.
RispondiEliminaQuesta raccolta la cerco da un po', ma alle bancarelle ancora non è saltata fuori, ma è solo questione di tempo.
Si, non credo sia impossibile da trovare, io l'ho presa in uno scambio che ho fatto con dei fumetti che non mi interessavano più in una libreria dell'usato.
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