lunedì 30 giugno 2014

5 CM PER SECOND

(Byosoku go senchimetoru di Makoto Shinkai, 2007)

5 cm al secondo è la storia dell'amicizia tra i giovanissimi Takaki Tono e Akari Shinoara, un'amicizia che pian piano si trasforma in uno di quegli amori quasi eterni, di quelli laceranti, inconfessabili e inconfessati che inchiodano chi li vive su un pensiero fisso, su un desiderio irrealizzabile, e rendono impossibile guardare oltre e andare avanti con la propria vita, soprattutto con quella parte della vita legata ai sentimenti.

Sia Takaki che Akari sono abituati ai trasferimenti dei loro genitori, forse proprio per questo, entrambi nuovi arrivati nella loro scuola, legano fin da subito. Sono molto giovani ma il loro legame è forte, purtroppo alla fine della scuola la piccola Akari sarà costretta a trasferirsi ancora. Il rapporto tra i due continuerà per via epistolare, la distanza sembra saldare ancor di più il legame tra i due ragazzi. Prima di un ulteriore trasferimento, questa volta in un luogo davvero distante, Takaki decide di affrontare il viaggio che lo porterà a incontrare ancora una volta la giovane Akari.

Questa è la trama del primo dei tre segmenti che compongono questo bel film d'animazione di Makoto Shinkai. La storia è narrata da una costante voce fuori campo, i dialoghi sono ridotti all'osso, nonostante il fulcro del racconto sia il lungo viaggio in treno (che assumera i toni di una piccola odissea) che Takaki affronta per ricongiungersi per una sola notte alla sua Akari, l'animazione sembra quasi immobile creando un contrasto del tutto particolare con il tema dello spostamento. Animazione eccezionale, fatta di incessanti inquadrature quasi fotorealistiche a stazioni, treni, particolari, percorsi di viaggio, paesaggi, orari per sfociare in quelle che sembrano essere le poche ore più importanti e sentite nella vita di Takaki, ancor più che in quella della piccola Akari.


Il resto sarà lontananza, distanza, mancanza. Nel secondo segmento, più in là con gli anni, assistiamo alla vita di un Takaki ancorato a un ricordo d'amore ancora forte e tanto vivo quanto ormai lontano. Tanto denso da non permettere al giovane di accorgersi dell'amore che prova l'amica Kanae nei suoi confronti, la distanza tra Takaki e quella che potrebbe essere una vita piena sembra siderale, una distanza metaforicamente accennata dai vari elementi legati all'ingegneria spaziale presenti nel segmento.

L'incontro tra i due avverrà in maniera fugace nel terzo segmento nel quale lo spettatore assisterà all'epilogo di quella che potrebbe essere una storia reale, di cose non dette, di lontananze, di mancanza di coraggio, di rimpianti e d'amore. Forse rimane una chiusura un po' incompiuta ma credibile, peccato per il passaggio musicale sul finale che ho trovato francamente evitabile.

Un film originale, con un tema intimo, originale anche nel tipo di animazione realizzata molto, molto bene. Ancora una volta l'animazione orientale riserva sorprese che si rivelano, anche in questo caso, più che positive.


domenica 29 giugno 2014

venerdì 27 giugno 2014

BACK TO THE PAST: 1979 PT. 3

Ancora 1979 e apriamo questo appuntamento, il penultimo, con atmosfere più poppeggianti grazie a Nick Lowe e la sua Cruel to be kind.




Rimaniamo in ambito pop, un pop diverso, apripista per sonorità a venire che caratterizzeranno buona parte del decennio musicale successivo. Nonostante il pezzo sia un brano entrato a far parte della storia musicale del secolo scorso (chi non lo conosce questo pezzo?), nonostante sia composto da musicisti esuli da un gruppo come quello degli Yes, nonostante sia un pezzo anticipatore e di facile presa, è probabilmente il capostipite di tanta musica che personalmente non apprezzo tantissimo. Avrà fatto danno? Curioso anche l'aneddoto che apprendo spulciano su wikipedia che mi/ci informa che Mtv scelse proprio questo brano per dare il via alla sua programmazione, un brano che afferma che il video ha ucciso le star della radio. Video killed the radio star - The Buggles.




Altro pezzo immortale che ha impresso per sempre il nome Sharona nell'immaginario musicale un po' di chiunque. Si conosce anche il nome della Sharona che ispirò il brano in questione che è ovviamente My Sharona dei The Knack.




Ad ispirare la canzone I don't like mondays dei Boomtown Rats, gruppo in cui militava Bob Geldof, un inquietante fatto di cronaca. Nel 1962 la sedicenne Brenda Ann Spencer, dalla finestra della sua camera, iniziò a sparare con un fucile da caccia sulla folla radunata davanti alla scuola elementare dall'altra parte della strada. La ragazza uccise due adulti e ferì altre otto persone. Tra le dichiarazioni sconnesse che rilasciò l'assassina in seguito al terribile fatto ce ne fu una che colpì Geldof, la ragazza affermò di averlo fatto perché odiava i lunedì. Brenda Ann Spencer attualmente è ancora detenuta in un carcere in California.




Chiudiamo con gli XTC e la loro Life begins at the hop, quinto singolo della band inglese.



giovedì 26 giugno 2014

BRADI PIT 104

Tutti i personaggi hanno prima o poi bisogno di un evento capace di rinnovarli o di sconvolgere la loro esistenza. Ora tocca al nostro eroe.



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mercoledì 25 giugno 2014

IL PROFESSIONISTA

(Playing for pizza di John Grisham, 2007)

C'è davvero poco dentro questo romanzo di John Grisham nel quale lo scrittore inanella una serie infinita di spottoni a favore del nostro Belpaese controbilanciati da una buona dose di luoghi comuni. Nel mezzo una vicenda sportiva descritta nello stile lineare e stilisticamente anonimo al quale lo scrittore ci ha da tempo abituati, piacevole ma priva di vero mordente e lontana dagli esiti migliori ottenuti da Grisham sia nell'ambito del legal thriller sia al di fuori di esso. Una volta Grisham era uno di quegli scrittori che leggevo sempre con grande piacere poi, con l'esperienza, si inizia a capire la differenza tra grandi scrittori e bravi mestieranti. Questo non vuol dire che ora io disprezzi lo scrittore originario dell'Arkansas, mi ha regalato molte ore di piacevole intrattenimento e anche questo Il professionista, pur non offrendo grandi cose, è scivolato via in fretta, mandato giù come un bicchiere d'acqua fresca che non lascia particolari sapori in bocca. Resta il fatto che nelle trecento e rotte pagine che compongono il romanzo ci sia davvero poco succo, poche sequenze davvero emozionanti (forse nessuna?), almeno una improbabile, nessuna frase da ricordare, salviamo al massimo le descrizioni puramente sportive legate alle vicissitudini dei Panthers, squadra di football americano con sede a Parma. Il resto, come si diceva, è puro e noioso spot. L'Italia e la sua cucina, Parma, l'Emilia, il prosciutto, i tortellini, la pasta, il vino, l'opera. E poi la città, le strade, le chiese, l'ospitalità, le persone squisite. E ancora il turismo, Venezia, la Milano notturna e cos'altro? Peccato Grisham non descriva nei particolari una bella trasferta a Napoli, avrebbe potuto mettere in campo la Santissima Trinità: pizza, sole e mandolino. Comunque non si risparmia neanche l'italiano mammone, quello che s'ammazza di cibo, il maneggione, etc...

In ogni caso Rick Dockery è il quaterback dei Browns di Cleveland, in realtà il terzo quaterback che passa la stagione per lo più in panchina. In occasione del Super Bowl, a causa di un doppio infortunio, Rick entra in campo con i Browns in netto vantaggio e con il loro primo Super Bowl praticamente in tasca. Bastano undici minuti a Rick per rovinare la festa a tutta Cleveland. I tifosi lo vogliono morto, la squadra lo taglia, gli avversari contattano il suo agente per intimargli preventivamente di non farsi nemmeno sentire. La carriera già poco esaltante di Rick sembra irrimediabilmente finita. L'ultima spiaggia sembra quella di cambiare aria, di non farsi vedere per un po' e accettare l'unico ingaggio disponibile: Parma, in Italia, patria del calcio dove a conoscere il football americano è una percentuale esigua della popolazione, non parliamo neanche del numero di abitanti a cui freghi qualcosa di questo sport, e dove i giocatori non sono professionisti ma, come dice il titolo originale, giocano per una pizza. A Rick non resterà che imbarcarsi in questa nuova avventura e diventare parte dell'amore di Grisham per il nostro paese.

In fondo le classiche letture estive fanno sempre comodo, se poi vi piace lo sport o ancora meglio siete appassionati di football americano questo è il libro che fa per voi. Certo, se invece cercate un libro che vi regali davvero qualcosa... si insomma, magari anche no.

Grisham con la vera squadra dei Panthers di Parma

LA BUONANOTTE - ALICE IN CHAINS - NUTSHELL

Nell'augurarvi una buona notte...



Alice in Chains - Nutshell

dall'album Jar of flies del 1994

lunedì 23 giugno 2014

IL FANTASMA DI ANNA NEVER

(di Tiziano Sclavi e Corrado Roi)

Al quarto appuntamento mensile il nostro Dylan aveva visto già di tutto, dagli zombi al maligno, dall'assassino seriale ai lupi mannari, non potevano quindi mancare all'appello le figure fantasmatiche solo accennate nel secondo numero della collana. Sembra andare a colmare la lacuna, se così vogliamo chiamarla, la sceneggiatura di Tiziano Sclavi che in questo numero si avvale in fase di disegno della mano magica di Corrado Roi.

L'attore Guy Rogers ha una strana visione, il fantasma di una bellissima ragazza bionda che attraversa i muri di casa sua, un moderno appartamento londinese. Guy è un forte bevitore che sta tentando di smettere, ma quella sera non ha toccato né bicchiere né bottiglia, non di meno la ragazza fantasma torna a comparire solo per essere fatta a pezzi sotto gli occhi dell'attore che, ormai terrorizzato, in un momento di grande confusione riesce a chiedere aiuto al suo amico Dylan Dog. Ma allo strano evento non sembra esserci spiegazione plausibile, l'indagatore dell'incubo, giunto sul posto, troverà tutto in ordine e lo strano caso verrà archiviato come una sorta di incubo o allucinazione. Questo fino a che, durante le riprese di un film horror, Guy non incontrerà la goffa attrice Anna Never, identica in tutto e per tutto al fantasma che fece visita all'attore solo qualche giorno prima.

Sono almeno tre i punti di forza dell'albo in questione. Primo fra tutti l'alternarsi di realtà e irrealtà, il passaggio continuo tra quotidiano, suggestione, finzione e sogno che crea il giusto mix per una storia più che gustosa. Poi il personaggio di Anna Never, un'attrice bellissima ma allo stesso tempo talmente goffa da essere capace di creare disastri a ruota continua, chi potrebbe resisterle? Attrice, tra l'altro, mediamente cagna, prontamente apostrofata da Groucho con un bel "cara collega, anche voi siete qui per distruggere gli studios?". Infine il tratto di Roi capace di unire in maniera pregevole realismo e situazioni surreali per il più bel Dylan visto fino a questo momento.

Nel corso della storia non mancheranno quei cambiamenti di prospettiva che rendono storie solo all'apparenza scontate ben delineate e congeniate. Con Il fantasma di Anna Never la serie trova ancora una volta un bell'episodio e allo stesso tempo uno di quei personaggi capaci di ritagliarsi in piccolo posto nella storia della stessa.


domenica 22 giugno 2014

10 VOLTI (21)

Edizione mundial per 10 volti che eccezionalmente, per la seconda volta consecutiva, diventa più un 15 volti con ben 15 punti in palio. Sfida calcistica e allora è d'obbligo parlare di punti e classifiche: ecco come eravamo messi al termine della manche precedente...

01 La Citata 28 pt.
02 Bradipo 22 pt.
03 Luca Lorenzon 21 pt.
04 Luigi 20 pt.
05 Vincent 17 pt.
06 Babol 13 pt.
07 Urz 13 pt.
08 L'Adri 10 pt.
09 Poison 10 pt.
10 Morgana 9 pt.
11 Eddy M. 8 pt.
12 Cannibal Kid 7 pt.
13 Frank Manila 5 pt.
14 Umberto 4 pt.
15 Elle 4 pt.
16 Michele Borgogni 4 pt.
17 M4ry 3 pt.
18 Zio Robbo 3 pt.
19 Viktor 2 pt.
20 Evil Monkeys 2 pt.
21 Beatrix Kiddo 1 pt.
22 Ismaele 1 pt.
23 Blackswan 0 pt.
24 El Gae 0 pt.
25 Acalia Fenders 0 pt.


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venerdì 20 giugno 2014

X-MEN - GIORNI DI UN FUTURO PASSATO

(X-Men: days of future past di Bryan Singer, 2014)

L'impressione scaturita dalla visione di Giorni di un futuro passato è quella di un cerchio che si chiude, magari in maniera imperfetta e con qualche incongruenza disseminata qua e là, ma si chiude. Nonostante questo non sia l'ultimo tassello dell'epopea cinematografica dedicata agli X-Men, e la scena finale dopo i titoli di coda è lì a dimostrarlo, la sensazione di chiusura rimane forte, merito forse del ritorno dietro la macchina da presa di Bryan Singer già regista dei primi due capitoli dedicati ai mutanti di casa Marvel.

Molte sono le cose e i volti che tornano, le incongruenze si perdono un po' nella mole di materiale girato con protagonisti X-Men e Wolverine, sette film in cui non tutto forse si incastra alla perfezione ma nei quali rimane intatto almeno lo spirito alla base dei personaggi (non garantisco per il secondo di Wolverine che non ho visto). Detto questo premetto di aver apprezzato questo Giorni di un futuro passato ma di aver preferito il precedente X-Men - L'inizio. Poteva essere un film grandioso, ne è uscito un altro buon tassello della saga, apprezzabile per diversi aspetti.

In un futuro remoto, generato probabilmente dalla linea temporale di X-Men: Conflitto finale (???), i mutanti sono dei sopravvissuti in perenne fuga dalle sentinelle, enormi robot assassini capaci di adattarsi ai poteri mutanti del nemico e sconfiggerli, ideate in passato da Bolivar Trask (Peter Dinklage). Per il manipolo di X-Men sopravvissuti, ormai vicini alla fine, l'unica speranza sembra quella di mandare indietro nel tempo Wolverine (Hugh Jackman) in modo da alterare il passato per scongiurare la guerra tra mutanti e sentinelle.

Nel 1973 un Wolverine al corrente degli eventi futuri, dovrà convincere i due mutanti più potenti dell'epoca, ormai rivali, a collaborare per il futuro della loro razza. Starà a Charles Xavier (James McAvoy) e Magneto (Michael Fassbender) con l'aiuto di Bestia (Nicholas Hoult) impedire l'assassinio di Trask da parte di Mystica (Jennifer Lawrence), episodio che convincerà gli umani a considerare i mutanti come un pericoloso nemico da eliminare a tutti i costi.


Il film si gioca principalmente nel 1973 andando a collocarsi dopo gli eventi di X-Men - L'inizio e di conseguenza, Hugh Jackman a parte, la parte del leone la fanno gli attori che hanno interpretato gli X-Men nel film summenzionato. I personaggi che appaiono nelle scene future, compresi quindi i vari Xavier e Magneto di Stuart e McKellen, sono relegati al ruolo di comparse o poco più, funzionali alla trama ma lontani dallo svolgimento principale della stessa. Perdono ogni importanza la presenza dell'Uomo Ghiaccio (Shawn Ashmore), di Colosso (Daniel Cudmore), di Blink (Fan Bingbing), di Warpath (Booboo Stewart), di Sunspot (Adan Canto) e finanche quella di Kitty Pride (Ellen Page) nonostante sia lei a occuparsi di mandare la coscienza di Logan nel suo io passato. Interessanti l'introduzione di Alfiere, interpretato da Omar Sy e il look alla X-Force versione Remender dato agli X-Men del futuro.

Uno degli elementi più interessanti del film è stato vedere gli X-Men calati negli anni '70, con vestiti e scenografie dell'epoca, periodo nel quale il duo Chris Claremont e John Byrne (insieme a Cockrum) diede vita all'incarnazione più celebre e meglio riuscita del gruppo mutante, una specie di ritorno a casa (un'altra chiusura del cerchio se vogliamo) molto sfizioso se pur parecchio lontano dalla versione a fumetti di quei mitici anni. E quindi la guerra in Vietnam, Nixon, e in qualche modo anche l'uso di stupefacenti diffuso all'epoca. Quello che trova Wolverine nel passato è uno Xavier sconfitto, in preda al dolore fisico e a quello dell'anima, strafatto di una droga/medicina creata da Bestia che gli consente di continuare a camminare nonostante i danni subiti da Magneto nel film precedente, ma allo stesso tempo inibisce i suoi poteri mentali. Di contro Magneto è considerato un terrorista, rinchiuso e sospettato di aver contribuito alla morte del presidente Kennedy, l'unico a mantenere un barlume di sanità è il giovane Bestia.


Per riunire la cricca ci si avvale dell'aiuto del velocista Pietro Maximoff (Evan Peters), protagonista di una delle sequenze e delle interpretazioni migliori dell'intero film e unico nuovo personaggio introdotto degno di nota. Anche McAvoy convince in un'interpretazione molto, molto inedita di un giovane Professor Xavier mentre la statura di Fassbender già la conoscono tutti, attore forse qui anche poco sfruttato.

Le trame dei film dedicati agli X-Men hanno un po' di succo in più rispetto alla media dei cinecomics di casa Marvel, ci sono collegamenti da fare, cose da capire e tanti personaggi in più da poter apprezzare e approfondire. Per forza di cose qualcuno di questi viene sacrificato, in tutti i film visti finora non ha mai avuto il giusto risalto un personaggio splendido come Tempesta ad esempio (Halle Berry). Comunque, a conti fatti, le cose cambieranno e il cerchio si chiuderà, ritornando a quella scuola, quella dove Singer ci portò quattordici anni fa, dove c'era quella rossa, ve la ricordate? E quel tipo con gli occhiali...


giovedì 19 giugno 2014

BRADI PIT 103

Cambio di prospettiva...


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lunedì 16 giugno 2014

LA BUONANOTTE - QUEENSRYCHE - SILENT LUCIDITY

Nell'augurarvi una buona notte...



Queensryche - Silent lucidity

dall'album Empire del 1990

CHE FINE HA FATTO MR. Y.

(The end of Mr. Y. di Scarlett Thomas, 2006)

Fascinazione dei libri. Che fine ha fatto Mr. Y. della Thomas mi attrasse per la sua copertina vagamente psichedelica e proprio per questo lo comprai, un'attrazione irresistibile. Non mi capita spesso, anzi quasi mai. Allo stesso modo il libro dal titolo Che fine ha fatto Mr Y. è fonte d'attrazione e di misteri da svelare per Ariel Manto, protagonista del libro Che fine ha fatto Mr. Y.

Complicato? Meno di quanto si possa pensare. Ariel Manto sta preparando una tesina per la British University sugli esperimenti del pensiero da presentare al professor Burlem, tra materiale vario è in cerca degli scritti di Thomas E. Lumas, misterioso e poco noto scrittore del passato che si dice abbia scritto anche un libro maledetto dal titolo Che fine ha fatto Mr. Y., libro tra l'altro introvabile. Un giorno uno degli edifici del campus universitario dove Ariel studia crolla improvvisamente, la scuola viene evacuata e Ariel è costretta a tornare a casa a piedi. Camminando in una zona della città a lei sconosciuta, la ragazza si imbatte in una piccola libreria nella quale troverà proprio una copia del rarissimo libro.

La maledizione di Che fine ha fatto Mr. Y. sarà realtà o mistificazione? Non resterebbe che parlarne con il professor Burlem che purtroppo però risulta scomparso da più di un mese. Ad Ariel non resta che addentrarsi tra le pagine del misterioso libro, cosa che la catapulterà in una fase nuova della sua vita dove verrà messo in discussione praticamente tutto. Tutto.

L'autrice narra una vicenda fantastica nella quale ben si mescolano materie alte come filosofia, fisica, teorie scientifiche e opere letterarie con un impianto vagamente fantascientifico che, con i dovuti distinguo, potrebbe piacere e appassionare gli estimatori di opere come il Matrix dei fratelli (ora fratello e sorella) Wachowski. Una lettura interessante, fuori dal comune soprattutto perché non inquadrata negli stilemi del libro di genere, e che rimane scorrevole nonostante proponga numerose riflessioni articolate e non di immediata fruizione, in particolar modo se non si è conoscitori di determinate discipline. Questo però non spaventi nessuno, io sono uno dei non conoscitori e sono arrivato al fondo senza particolari intoppi.

Questo è il secondo libro che leggo dell'autrice inglese e la cosa che accomuna le due opere è una certa originalità di visione, forse i libri della Thomas non sono perfetti ma presentano il giusto mix di elementi che può intrigare il lettore. E se ho capito bene dove l'autrice volesse andare a parare, questo Che fine ha fatto Mr. Y. presenta anche un finale niente male e tutto sommato risolto.


sabato 14 giugno 2014

NESSUNA PIETA' PER ULZANA

(Ulzana's raid di Robert Aldrich, 1972)

"Sa cosa ha detto una volta il generale Sheridan, tenente?"
"No, signore".
"Ha detto che se l'Inferno e l'Arizona fossero suoi vivrebbe all'inferno e affitterebbe l'Arizona".
"Ah, ah, signore, se non sbaglio si riferiva al Texas".
"Può darsi, ma alludeva all'Arizona".
"Si, signore".

Il western di Aldrich è uno di quelli che non fa sconti a nessuno, con l'epica del vecchio west e la sua visione romantica alle spalle, quello che rimane sono lo sporco e la polvere del deserto mischiati alle lordure poco edificanti dell'animo umano, sia che questo appartenga alle tanto decantate giacche blu sia che appartenga all'ultimo degli Apache.

In mezzo alle crudeltà di cui sono capaci soldati e indiani, trova il suo posto una di quelle figure giuste che spesso solo il western riesce a proporre, lo scout McIntosh interpretato in maniera superba da un ormai attempato Burt Lancaster. Sulle tracce di un manipolo di Apache fuggiti dalla riserva, lo scout, insieme a un drappello di soldati comandati dal giovane tenente DeBuin (Bruce Davison), si adopera per fermare le scorrerie di Ulzana (Joaquin Martinez) prima che siano gli indifesi coloni dell'Arizona a pagarne le conseguenze. Con McIntosh anche l'indiano Ke-Ni-Tay (Jorge Luke), prezioso conoscitore di Apache e territorio.

La difficile caccia al capo indiano sarà occasione di crescita per il tenente DeBuin, figlio di un predicatore e inizialmente incline a una visione solidale del nemico. Ma di fronte alla crudeltà degli Apache e in seguito di quella dei suoi stessi uomini, il giovane tenente capirà di non potere trovare le risposte ai suoi numerosi interrogativi negli insegnamenti avuti dal genitore. Per bocca dello stesso indiano Ke-Ni-Tay imparerà che la crudeltà è insita nella natura Apache e affonda nelle loro credenze e da McIntosh che odiarli sarebbe come odiare il deserto perché non c'è acqua.


La visione del regista rifiuta l'ormai sorpassato assunto del pellerossa unico cattivo e del soldato giusto tutto d'un pezzo andando a infilarsi nel filone revisionista dell'epica western, grazie a figure difficilmente etichettabili come quelle di Ulzana e Ke-Ni-Tay ma anche a quelle di diversi soldati agli ordini di DeBuin, personaggio che tra dubbi e ripensamenti tenterà fino alla fine di tener fede ai suoi principi morali.

La fotografia degli spazi aperti dell'Arizona restituisce un immagine significante del racconto, presentando un paesaggio sporco e polveroso, come spesso lo sono gli stessi protagonisti. Nel cast trovano posto interpretazioni davvero riuscite in grado di far girare la narrazione in maniera sempre efficace.

Purtroppo da molto pubblico il western viene ormai considerato un genere sorpassato, mentalità che ci preclude probabilmente la visione di un maggior numero di pellicole moderne dedicate al mito della frontiera, sarebbe bello non dover aspettare solo Tarantino per ridare linfa al genere ma poter contare su registi giovani con una visione anche più classica del western ma pronti a sporcarsi le mani con la materia.


giovedì 12 giugno 2014

LA BUONANOTTE - INCUBUS - DRIVE

Nell'augurarvi una buona notte...



Incubus - Drive

dall'album Make yourself del 1999

BRADI PIT 102

Riempi i puntini.

Perché ...................... fa rima con ............................ .


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martedì 10 giugno 2014

LA FIGLIA DI FRANKENSTEIN

(Frankenstein's daughter di Richard E. Cunha, 1958)


Pura serie B, a voler esagerare, che forse anche una C potrebbe starci tutta. Pura serie B e nessuno lo nasconde, il film nasce come proiezione per i drive-in senza probabilmente grandi aspirazioni artistiche. Ma vediamo un attimo di che cosa stiamo parlando.

Il dottor Morton (Felix Locher) lavora nel suo laboratorio casalingo a una formula sperimentale che dovrebbe curare le malattie degenerative (o qualcosa del genere). Il suo assistente Oliver Frank (Frank, capito?) sfrutta gli studi del dottore per portare avanti in segreto esperimenti personali che sperimenterà sull'ignara nipote del dottore, la bella Trudy (Sandra Knight). Questa si trasformerà in un mostro di rara bruttezza in maniera del tutto temporanea, dimenticandosi dell'accaduto a esperimento terminato. Ma Oliver Frank (Frank, capito?) non si fermerà qui, aiutato dal giardiniere Elsu (Elsu, capito?) creerà un novello mostro di Frankenstein, anzi una novella mostra di Frankenstein.

La figlia di Frankenstein. Beh, il discendente del famoso scienziato tedesco non è una donna, quindi la figlia del titolo non è lui, Trudy non è figlia di nessuno, neanche di Morton che è lo zio, quindi nemmeno lei, il mostro a definirlo donna ci vuole una fantasia più che sfrenata direi spropositata. Allora? Ah, già il cervello. Il cervello del mostro, ecco, si, quello. Quello è donna.

Se prendiamo in esame la messa in scena, la serie B non è così evidente, c'è un bel bianco e nero, il lavoro del regista non è disprezzabile, una scena iniziale indovinata mette in chiaro da subito il tenore della pellicola. Sono lo sviluppo della storia e l'agire dei personaggi che fanno sconfinare la pellicola nella serie dei B-movie di stampo horror (?), trucco ed effetti speciali se vogliamo ci mettono il carico da undici, soprattutto in alcune sequenze.


Il film andrebbe guardato più che altro come un documento d'epoca di un filone certamente interessante, alcune interpretazioni non sono male, anzi, come ad esempio quella dell'invasato dottor Frank (Donald Murphy) o quella di Sandra Knight, nonostante il suo personaggio a volte vien voglia di scuoterlo anche da questa parte dello schermo. Alcuni passaggi, tipo quello del siparietto musicale, sembrano incomprensibili o dettati da necessità pubblicitarie (promozione per un combo musicale?), altri funzionano decisamente meglio. In fin dei conti non un tassello indispensabile nella storia del cinema, probabilmente nemmeno in quella del cinema di serie B, se invece siete cultori...


lunedì 9 giugno 2014

TURF

(di Jonathan Ross e Tommy Lee Edwards, 2010/2011)

Per ottenere un bel mix di sano pulp mescolate insieme uno scrittore inglese, molto noto in patria come conduttore televisivo più che altro ma quasi sconosciuto qui da noi, un disegnatore di talento, un'ambientazione Newyorkese dei tardi anni '20, epoca del proibizionismo o giù di lì, molti, molti, gangster, un numero sufficiente di vampiri della qualità degli strigoli, qualche poliziotto corrotto e alieni quanto basta. Rimestate il tutto in una buona dose di sangue e whisky e il gioco è fatto. Per dare un vero tocco di classe alla mistura se vi avanza una giornalista in gonnella... il risultato sarà piacevole e rinfrescante.

Era da tempo che volevo leggere Turf, me l'ero fatto scappare al momento della sua uscita e in diverse occasioni successive. Poi son riuscito a combinare uno scambio alla pari con altro materiale e quindi è andata bene così, visto che il volume mi è arrivato tra le mani a gratis. Come dicevo siamo nel 1929, più precisamente il 14 febbraio, in una versione alternativa dello storico San Valentino di sangue, la reporter Susie Randall ha l'opportunità di dare una sbirciatina al luogo di un'orrenda carneficina. Nella suite del Baltimore Hotel un copioso numero di gangster assassinati giace in terra tra ettolitri di sangue.

Il commercio di whisky rende bene a New York, le bande di gangster si contendono il territorio, in ascesa c'è la famiglia Dragonmir, che oltre alla lotta per il territorio deve affrontarne una interna tra i fratelli Stefan e Gregori, lotta per decidere chi diverrà il Liderul degli Strigoli, stirpe di succhiasangue molto lontana dal vampiro in cappa nera. A contrastarli il gangster Eddie Falco con i suoi. Proprio mentre uno degli scontri più cruenti conosce il suo epilogo, sulla Terra si schianta la nave spaziale di Squeed proveniente dal pianeta Anth.

Questi sono alcuni degli elementi, ma non gli unici, che fanno di Turf una lettura allo stesso tempo densa e spassosa. Quello che salta agli occhi fin da subito è che il buon Ross non conosce il significato della parola decompressione e in ambito fumettistico questo non può che strapparmi un sonoro "era ora"! Abituati ad albi dove gli eventi condensati in una ventina di pagine sono spesso molto pochi e per i quali la velocità di lettura è prossima a quella della luce, le tavole realizzate da Ross e Edwards zeppe di balloons, parole, avvenimenti e disegni di un'atmosfera eccezionale sono una manna dal cielo per il lettore moderno, almeno per quelli non troppo pigri. Si ha tra le mani un vero e proprio libro che presenta una storia sì scorrevole ma di quelle alle quali devi dedicarti con un po' di attenzione e un po' di tempo a disposizione.

Ross è bravo, è uno in grado di far convivere in maniera naturale elementi che normalmente poco c'entrano uno con l'altro. Edwards è un grande, ti butta letteralmente dentro gli anni '20 senza farti passare dal via con un tratto efficace, coinvolgente e convincente. E poi ha dovuto trovare anche il modo di farci entrare tutti quei balloons, mica roba da poco. Chicca finale i titoli dei cinque episodi che compongono la miniserie che omaggiano il grande cinema di malavita stravolgendolo un pochino.

domenica 8 giugno 2014

90 PROTAGONISTI - I VINCITORI

Diciamo subito che i vincitori non hanno vinto niente se non imperitura gloria e onore. L'impresa di indovinare ben novanta protagonisti di libri famosi e non si è rivelata piuttosto sfidante. Ma si sa, quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare e cazzate simili. La difficoltà dell'impresa ha forse scoraggiato molti degli usuali partecipanti ai vari giochini presenti su questo blog. O forse mi leggono sempre in meno. Comunque i fedelissimi non sono mancati: Cannibal Kid, Babol, l'incontenibile accoppiata Urz e Michy, il fedelissimo Adri, Luca Lorenzon (ti mando quella sinossi, giuro), e lo spirito nella casa Elle. Off line non ha mancato di partecipare anche La Citata.

Bene, ora contiamo. Il Cannibale con un unico intervento totalizza 10 punti puliti. Babol ottiene un ottimo 22. L'accoppiata Urz e Michy raggiungono i 33 punti (però giocavano in due e due cervelli sono meglio di uno, anche se non sempre). L'Adri totalizza un 14 anche se a occhio avrei detto molto di più. Fermi a un unico punto Luca Lorenzon ed Elle.

Prima di incoronare il vincitore scopriamo i nomi e i titoli rimasti in sospeso.

Steve Carella è effettivamente uno degli investigatori dell'87 distretto descritto in molti romanzi da Ed McBain, Luca l'aveva individuato senza riuscire però a trovare un titolo, citiamo il primo della serie: L'assassino ha lasciato la firma.

Max Dembo è un'invenzione di Edward Bunker, protagonista in Come una bestia feroce ma non solo.

Angela Gennaro, in coppia con Patrick Kenzie è protagonista dei romanzi di Dennis Lehane, uno su tutti Pioggia nera.

Mike Hammer, come avete detto in molti, è il duro messo nero su bianco da Spillane all'esordio nel romanzo Ti ucciderò.

Quando Asimov non si dedicava alla fantascienza metteva in scena gli enigmi dei Vedovi Neri, esponente insolito dei quali era proprio il cameriere Henry Jackson.

Ammetto che individuare Milton Chester Milodragovitch non era facile, creazione di James Crumley in un trittico che comprende Il caso sbagliato, Dalla parte sbagliata e La terra della menzogna.

Mikage Sakurai è la protagonista di Kitchen di Banana Yoshimoto.

Shadow è il protagonista principale del romanzo di maggior successo di Neil Gaiman, ovvero American Gods.

Chiudiamo con James Wormold che altri non è che Il nostro agente all'Havana di Graham Greene.

Fatti due conti mi sembra ovvio che il vincitore, almeno morale, è Elle lo spirito. E' vero, ha fatto solo un punto però ci ha lasciato la frase migliore dell'intero post, dopo che mi inchinai al sapere della coppia Urz e Michy, Elle disse: "Io non mi inchino davanti a nessuno, scappo via, perché qui siete matti da legare!".

La vincitrice non può che essere Lei.

venerdì 6 giugno 2014

UN MARITO PER CINZIA

(Houseboat di Melville Shavelson, 1958)

Dopo la morte della moglie, l'impiegato al ministero Tom Wiston (Cary Grant) si ritrova con tre piccoli figli da accudire e con i suoceri fermamente intenzionati ad assumerne la tutela.  Nonostante Tom abbia un lavoro che lo impegna a tempo pieno e una cognata più che disponibile a entrare nella sua vita in pianta stabile, decide di assumersi le sue responsabilità e portare i bambini a Washington DC in un appartamentino quantomeno inadeguato alle esigenze della famiglia. Il rapporto con il piccolo Roberto (Charles Herbert) e i più grandi Davide (Paul Petersen) ed Elisabetta (Mimi Gibson) non è dei più facili, è dura compensare la mancanza di una madre per un papà spesso assente. Durante una serata in città è proprio Roberto a scappare e ad imbattersi nella bella Cinzia Zaccardi (Sophia Loren), figlia di un noto direttore d'orchestra. Anch'essa figlia infelice, Cinzia cercherà di ricucire il rapporto tra padre e figli assumendo il ruolo di improbabile governante, entrerà pian piano nelle grazie di Tom e dei bambini fino a trasferirsi con loro nella casa galleggiante del titolo originale.

Nonostante il titolo italiano sia fin troppo rivelatore e lontano dall'originale, questa volta non mi sento di condannare la scelta dei traduttori che hanno pensato bene di porre l'attenzione sul personaggio interpretato dalla nostra Loren, attrice che in quegli anni andava qui da noi per la maggiore. La commedia si rivela risaputa ma molto garbata come spesso avviene con i film che vedono protagonista Cary Grant. Nella filmografia dell'attore di origini inglesi questo Un marito per Cinzia non è sicuramente una delle pellicole che spiccano in misura maggiore, anche l'alchimia con la Loren non riserva emozioni particolari. Il film però si guarda con piacere, non mancano gli episodi divertenti e si può contare su quel gusto genuino d'esser catapultati per un paio d'ore in un altro tempo, in un mondo ormai quasi totalmente scomparso.

Cary Grant è una sicurezza, un marchio di fabbrica inattaccabile per commedie di questo tipo, la Loren non lascia il segno, bella è bella ma neanche da far girar la testa, almeno non in questo film, tutto il resto funziona come deve funzionare. Deve piacere, c'è poco da fare, mettersi lì per passare un po' di tempo senza grosse pretese, in fondo molto spesso capita di guardare cose decisamente peggiori.


BRADI PIT 101

Inizia a piacermi questo maledetto venerdì...


Clicca sull'immagine per ingrandire.

Aiutaci a diffondere il verbo del Bradipo linkandolo. Fallo tu perché il Bradipo fa n'caz.

giovedì 5 giugno 2014

HELLBOY - LA BARA INCATENATA E ALTRE STORIE

(Hellboy: The chained coffin and others di Mike Mignola, '94/'97)

Volume corposo e ricco questo terzo edito dalla Magic Press e dedicato alla creatura di Mike Mignola. La bara incatenata e altre storie raccoglie una sfiziosissima produzione di avventure brevi e meno brevi uscite in prima edizione tra il 1994 e il 1997 per i tipi di Dark Horse Comics. Accantonata la rivalità con Rasputin e i membri del progetto Ragnarok, Hellboy si trova qui invischiato in situazioni insolite e orrorifiche, situazioni che il demone rosso non manca di affrontare con incurante nonchalance, ispirate profondamente al folclore europeo, alle sue leggende e in qualche misura anche alla sua letteratura più misconosciuta e nascosta.

La maestria di Mignola nel narrare con il giusto miscuglio di mistero e ironia le peripezie di Hellboy raggiunge nelle storie brevi vette ancor più alte del solito. Il fumetto incontra il racconto popolare e vi si fonde con un'armonia perfetta deliziando occhi e mente del lettore più esigente. Molte delle storie sono ambientate nel passato di Hellboy, circa una quindicina d'anni più tardi della sua comparsa sulla Terra, e in quindici anni il piccolo demone è diventato il ragazzone rosso e grosso che tutti conosciamo.

Nel 1959 Hellboy è in Irlanda per un'avventura che attinge a leggende irlandesi e inglesi che contribuiscono a creare la perfetta e semplice trama de Il cadavere, forse l'episodio che meglio esemplifica la sensibilità dell'autore per storie di questo tipo. Per recuperare un'infante rapita dai piccoli uomini, Hellboy accetta di trovare una degna sepoltura al cadavere parlante e maleodorante di Tam O'Clannie (di Killarney). Ma non sarà facile trovare un buon posto nella chiesa di Teampoll-Demus... beh, poco male, rimangono sempre Carrick-Fhad-Vicorus, oppure Imolgue-Fada o Kill-Breedya, c'è tempo, fino all'alba. Nel 1961 è ancora Irlanda, per affrontare il piccolo Scarpe di ferro. Nel 1964 Hellboy incontra Baba Yaga, una delle principali figure del folclore russo, in un piccolo retroscena di qualcosa al quale si accennava ne Il risveglio del demone. Natale 1989, casa Hatch, Inghilterra. Da uno spunto preso in un vecchio racconto nasce la perfetta storia natalizia, in fondo rosso è il demone, rosso è Babbo Natale. C'è tempo di ritornare anche sulle origini del nostro eroe in La bara incatenata, storia che svela un possibile e importante avvenimento che tormenterà in futuro il nostro eroe.

Per le due storie più lunghe si torna al presente. Ne I lupi di St. August, ambientata nel 1994, si torna nei Balcani per una storia di lupi mannari, mentre in Quasi un colosso assistiamo al destino della pirocineta Liz Sherman. Sono poche le comparsate degli altri membri del B.P.R.D. come Abe Sapien per un volume quasi tutto Hellboy.

Non penso ci sia molto altro da aggiungere sul talento di Mignola come illustratore, ne parlai abbondantemente nei post dedicati ai primi due volumi di Hellboy. Qui Mignola si conferma semplicemente sublime e inimitabile per tutto quel che concerne un certo tipo di atmosfere. Impagabile.


mercoledì 4 giugno 2014

90 PROTAGONISTI (O QUASI)

E' da un po' che non si gioca insieme, nevvero? Bene, ordunque, non avendo voglia di cercar immagini in rete e di metter su l'ormai noto carrozzone dei 10 volti, vi propongo oggi qualcosa di completamente diverso, un giochino da chiudere in una manche unica.

Attenzione, perché questo è un passatempo che necessita da parte vostra di altissima onestà intellettuale. Insomma, qualsiasi bischero con Google davanti può andare agevolmente a risolvere gli enigmi qui sotto proposti in quattro e quattro otto. Ma che gusto c'è?

Quindi bandita la rete, andiamo a incominciare. Troverete elencati qui sotto 90 e dico 90 protagonisti o co-protagonisti di libri famosi e meno famosi, personaggi comparsi in un libro o in una serie di libri, recenti e meno recenti, insomma di tutto un po'.

Riuscite a individuare lor signori e lor signore e scrivere (senza usare Google) di quale romanzo sono protagonisti? Nel caso di personaggi comparsi in più libri ne basterà anche uno solo, magari il primo se volete esser proprio ganzi... allora? Si inizia?


1)    John Anderton
2)    Harry Angel
3)    Paul Auster
4)    Mattia Balossino
5)    Guglielmo da Baskerville
6)    Patrick Bateman
7)    Lenore Beadsman
8)    Elizabeth Bennett
9)    Franz Biberkopf
10)  Graziano Biglia
11)  Pete Bondurant
12)  Harry Bosch
13)  Emma Bovary
14)  Aureliano Buendia
15)  Natty Bummpo
16)  Max Cady
17)  Steve Carella
18)  Pepe Carvalho
19)  Anton Chigurh
20)  Henry Chinaski
21)  Paddy Clarke
22)  Cousin Jerry
23)  Adam Dalgliesh
24)  Edmond Dantès
25)  Marianne Dashwood
26)  Max Dembo
27)  Arthur Dent
28)  Tyler Durden
29)  Dylan Ebdus
30)  Nicholas Eymerich
31)  Larissa Fiodorovna Antipova
32)  Randall Flagg
33)  Rob Fleming
34)  Phileas Fogg
35)  Garrone
36)  Angela Gennaro
37)  Holly Golightly
38)  Jim Graham
39)  Jean Baptiste Grenouille
40)  Mike Hammer
41)  Heathcliff
42)  Henry Jackson
43)  Robert Langdon
44)  Hannibal Lecter
45)  Il Libanese
46)  Jules Maigret
47)  Margaret March
48)  Philip Marlowe
49)  Commissario Matthai
50)  Sherman McCoy
51)  Mitchell McDeere
52)  Milton Chester Milodragovitch
53)  Lucia Mondella
54)  Guy Montag
55)  Salvo Montalbano
56)  Frédéric Moreau
57)  Dexter Morgan
58)  Tom Mota
59)  Grazia Negro
60)  Frank Ottobre
61)  Sal Paradise
62)  Billy Pilgrim
63)  Leonard Pine
64)  Cosimo Piovasco di Rondò
65)  Hercule Poirot
66)  Alonso Quijano
67)  Rodion Romanovic Raskol'nikov
68)  Mark Renton
69)  Tom Ripley
70)  Ordell Robbie
71)  Vanne Rocher
72)  Mikage Sakurai
73)  Gregor Samsa
74)  Francesco Santamaria
75)  Kay Scarpetta
76)  Hans Schwarz
77)  Ebeneezer Scrooge
78)  Shadow
79)  Paul Sheldon
80)  Anna Shirley
81)  Winston Smith
82)  Julien Sorel
83)  Tom il costruttore
84)  Jack Torrance
85)  John Watson
86)  Ron Weasley
87)  Bud White
88)  Nero Wolfe
89)  James Wormold
90)  Nathan Zuckerman

martedì 3 giugno 2014

NIKITA

(di Luc Besson, 1990)

Sono passati almeno vent'anni dall'ultima e credo unica mia visione dedicata al film del regista parigino, ciononostante il fascino della Nikita interpretata da Anne Parillaud è rimasto per me sostanzialmente inalterato. Non è solo con la realizzazione di questo film che Besson mostra l'ambizione a rivaleggiare con produzioni statunitensi per approccio alla materia, per messa in scena e per sforzo produttivo. Lo farà in seguito nel campo dell'animazione con la saga di Arthur e dei Minimei con risultati alterni o in ambito fantascientifico con Il quinto elemento. Nel caso di Nikita, coproduzione franco italiana, il risultato sembra poter contare su un'aura di eleganza spesso assente nelle produzioni d'oltreoceano. La storia proposta in Nikita non è perfetta, alcune situazioni sembrano un tantino forzate, a partire dal reclutamento e successivo addestramento della scapestrata e tossica Nikita all'interno di una sezione segreta della prefettura di Parigi. Ma il film gira bene, l'interpretazione della Parillaud, più di quella di chiunque altro nel cast, garantisce un'attenzione costante da parte dello spettatore per uno di quei personaggi molto indovinati capaci di ritagliarsi un loro spazio, quanto piccolo decidetelo pure voi, nella storia del cinema più o meno recente. Giova anche poter godere di un film a metà tra l'action e lo spionaggio che sfoggia panorami e sensibilità europee invece delle solite ambientazioni nordamericane che pure io non disprezzo affatto, anzi. La pellicola di Besson vive di un respiro in qualche modo internazionale ancor oggi a distanza di quasi venticinque anni dalla sua uscita.



Arrestata dopo un tentativo di rapina finito molto male, la giovane Nikita viene reclutata forzatamente dai Servizi Segreti francesi e affidata alle cure di Bob, un durissimo supervisore  (Tcheky Karyo) che avrà il compito di trasformare la giovane ribelle in un perfetto agente sotto copertura. Con l'identità di Marie, Nikita inizierà una nuova vita a disposizione dei Servizi che la vedrà trovare anche l'amore grazie alla relazione con il progettista Marco. Tra quotidianità, menzogne e azione la vicenda corre verso un finale...

Lasciamo aperta la storia di Nikita/Marie, starà a lei costruirsi il finale più adatto alla sua persona e al suo personaggio. Il cast di comprimari regge molto bene il gioco alla prima attrice, Karyo è un agente sufficientemente ambiguo, dai sentimenti poco chiari, interessante e grottesca la piccola ma importante parte riservata a Jean Reno nei panni di Victor l'eliminatore e fondamentale la presenza dell'ignaro Marco (Jean-Hugues Anglade) nella vita della novella agente.

La regia di Besson è vitale e ha permesso al suo film di invecchiare davvero bene, cosa che conferma quantomeno un certo valore intrinseco della pellicola.


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