lunedì 10 ottobre 2022

IN JACKSON HEIGHTS

(di Frederick Wiseman, 2015)

Jackson Heights è un quartiere di New York situato nella zona nord ovest del Queens, uno  dei cinque boroughs che formano il territorio della Grande Mela (gli altri sono il Bronx, Manhattan, Staten Island e Brooklyn). Jackson Heights conta una popolazione di poco superiore a centoottomila abitanti che insieme formano uno dei più significativi esempi di integrazione multiculturale al mondo. All'interno del territorio del quartiere sono stati conteggiati centosessantasette idiomi vivi, parlati da una popolazione residente che per più del cinquanta per cento è nata al di fuori degli Stati Uniti e che vede una maggioranza di cittadini di lingua ispanica, provenienti per lo più dal Sud America con una forte rappresentanza delle comunità colombiana e messicana, ma nel quartiere ci sono bianchi, afroamericani (in minoranza), asiatici, europei e più o meno tutto quel che può venire in mente, in un melting pot costruito in grandissima parte su tolleranza e solidarietà (non mancano i problemi, come è ovvio in una metropoli come New York) e che non pone limiti all'appartenenza di genere o di religione. In Jackson Heights si contano numerose le espressioni di culto (ebraica, musulmana, cristiana, battista, metodista, luterana, evangelica, induista, episcopale, ortodossa, etc...) così come è qui residente una delle più importanti comunità LGBT d'America la quale, dopo l'omicidio di uno dei suoi appartenenti negli anni 90, il giovane Julio Rivera, ha compiuto enormi passi avanti nell'ottenere il riconoscimento dei propri diritti dando vita anche a una delle più celebri Parade a tema promosse dal consigliere comunale Daniel Dromm.

È tra le strade del quartiere che Frederick Wiseman costruisce l'ennesimo documentario della sua impressionante carriera. La cifra di stile del regista di Boston è ben riconoscibile nonostante la rinomata discrezione dello stesso nella costruzione delle sue opere. Come accade in altri, ottimi peraltro, documentari del regista, Wiseman ci immerge totalmente nella realtà che riprende, lo spettatore in questo caso ha l'impressione di vivere per qualche ora a Jackson Heights, Wiseman non interviene mai in maniera diretta sulla narrazione, non ci sono commenti, punti di vista, prese di posizione, non ci sono interviste dirette, Wiseman gira tanto, lascia spazio ai residenti, alle organizzazioni del quartiere, alle comunità, alle strade, alle attività, ai negozi, alle scuole, al consiglio comunale, agli immigrati, ai palazzi, ai treni della metropolitana; tutto e tutti raccontano vivendo, muovendosi nella quotidianità, Wiseman costruisce in fase di montaggio riuscendo a creare un documentario immersivo che è una testimonianza il più naturale possibile di ciò che Jackson Heights rappresenta per i suoi abitanti ma anche per l'intera città in termini di cultura, integrazione, tolleranza, idee, lavoro.

Si parte proprio dalla comunità LGBT che è ospitata nei locali della casa di culto ebraica, qui si discute l'opportunità per la comunità di trovare un posto di aggregazione proprio, valutando anche la possibilità di andare fuori dai confini di Jackson Heights, si valutano le opzioni non solo in termini di vantaggio per gli appartenenti alla alla comunità LGBT ma si pone grande attenzione e rispetto anche a ciò che potrebbe essere meglio per la comunità ebraica che li ospita. Questo è il principio di convivenza che muove il lavoro di molte organizzazioni in Jackson Heights, come quella che tenta in tutti i modi di unire tra loro e sostenere i piccoli negozianti che ancora sono un segno distintivo nel quartiere, contro lo strapotere delle catene (si parla molto di Gap) e dei grandi proprietari immobiliari, si cerca di valutare i fenomeni di gentrificazione e di svalutazione degli immobili con il fine ultimo di non perdere la vera ricchezza della zona: i suoi abitanti. Come già fatto in altri documentari, in Ex-Libris ad esempio, Wiseman porta lo spettatore a partecipare agli incontri della politica, dei consigli direttivi che decideranno cosa è meglio per gli abitanti del quartiere, come quelli scolastici, anche questi all'opera per evitare che le famiglie debbano rivolgersi a servizi esterni al quartiere. Non mancano i fenomeni di costume, la musica di strada, la comunità colombiana che segue la propria nazionale di calcio in occasione dei grandi eventi, le cene organizzate a ringraziamento dei cittadini che si spendono per il quartiere e per il bene collettivo. È un grande affresco questo In Jackson Heights dal quale vengono fuori l'attaccamento dei cittadini alle loro strade, la dedizione per esse, l'entusiasmo ma anche tutti i problemi legati a un'economia e a un incremento dei prezzi che non possono non preoccupare famiglie e commercianti. 

Tre ore di girato, montato in maniera sapiente, che ci proiettano nelle strade del quartiere, ci fanno vivere per un breve lasso di tempo le sue strade, i suoi crucci, le sue infinite possibilità e una ricchezza enorme in termini di tolleranza, amore e solidarietà, tutte cose preziose e non troppo comuni che dalle parti di Roosevelt Avenue, della 37th Avenue e di tutte le strade limitrofe sembrano trovare per fortuna terreno fertile per crescere ed essere coltivate.

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