mercoledì 5 ottobre 2022

SMALL CRIMES

(di Evan Katz, 2017)

Fate finta di avere una vecchia auto, un macinino che inizia a darvi diversi problemi: si inceppa, il motore sembra che non giri più fluidamente, le magagne spuntano un po' da ogni parte. Però voi volete ancora farla andare, immaginate ora di essere in cima a una discesa, magari una di quelle viste in tanti film ambientati a San Francisco, siete li in cima pronti a lanciarvi di sotto e a percorrere questa strada che fa ormai parte dell'immaginario collettivo ma il vostro macinino si ferma. Il motore si inceppa, non c'è più benzina, ci sono una serie di cose che non funzionano, ma voi comunque volete farla andare lo stesso. Allora niente freno a mano, niente conducente (ovviamente non siete così pazzi), nessun controllo, nessun carburante, niente di niente, date giusto una spinta su quella discesa dritta e l'auto inizia ad andare da sola, se incontra qualche piccolo ostacolo lo travolge, e il mezzo avanza così, per forza di inerzia, per gravità, anche se non c'è in realtà nulla e nessuno a guidarla. Alla fine arriverà al mare, ci cadrà dentro e vaffanculo, macinino finito e presto dimenticato. Small crimes mi ricorda un poco quella macchina, lanciata per una via in discesa data dall'appartenenza a un genere forte, quello crime (o noir) dove bene o male si vuole arrivare alla fine, senza conducente, ruolo che avrebbe dovuto essere di Evan Katz che però dà l'impressione di non sapere bene da che parte andare, e con una serie di problemi che non gli permettono di girare al meglio. Metaforica caduta in mare e spettatori pronti a dimenticarsi di questo Small crimes nel giro di qualche giorno. Facciamo anche di qualche ora (infatti sto faticando a scrivere il pezzo perché già non ricordo più cosa ho visto).

Joe Denton (Nikolaj Coster-Waldau, già Jaimie Lannister de Il trono di spade) è un ex poliziotto corrotto che ha scontato sei anni di galera e si appresta a tornare in società. Joe sembra davvero ben intenzionato a rigar dritto, a fare ammenda nei confronti delle persone che ha ferito in passato, a riallacciare i rapporti con la sua famiglia, moglie e figlie, a rimanere sobrio, lontano dalle droghe e magari affidarsi anche un poco alla fede. Si, certo, come no. Forse nella testa di Joe tutta quella roba c'è davvero, peccato che la prima sera dopo il ritorno in libertà sia già ubriaco marcio, riesca a farsi adescare da una ragazzina che invece di portarselo a letto lo consegna a due tizi che vogliono fargliela pagare per le sue vecchie malefatte, sarà però Joe ad avere la meglio. Finito nei casini viene ricattato da un altro poliziotto corrotto, Dan Pleasant (Gary Colt) che con il miraggio di annullare l'ordine restrittivo che il nostro ha nei confronti delle figlie impone a Joe di togliere di mezzo il vecchio boss locale, Manny Vassey (Shawn Lawrence), ormai in punto di morte ma determinato a cantare su un sacco di vecchi misfatti per pulirsi la coscienza davanti a Dio. Per portare a termine il compito Joe dovrà superare l'ostacolo Junior (Pat Healy), il feroce figlio di Manny, per far questo tenterà di sfruttare la conoscenza dell'infermiera del vecchio, Charlotte (Molly Parker), ben disposta nei confronti del Nostro.

Si è parlato per questo noir di provincia di dark humor; forse un paio di sorrisi scappano anche, qualche faccia stralunata di Nikolaj Coster-Waldau, che non è proprio un attore da strapparsi le vesti, coglie pure nel segno, l'ambientazione da piccolo centro poteva essere interessante (e non lo è) ma nel complesso Small crimes non presenta segni distintivi che ne giustifichino la visione. Il film nel suo complesso non è nemmeno così terribile, si arriva alla fine senza nessun problema, certo, con l'impressione ben chiara che si sarebbe potuta utilizzare meglio quest'ora e mezza. Mancano completamente gli spunti, gli approfondimenti del contesto, c'è poca chiarezza in quel che ha fatto nel passato il protagonista, sappiamo che ha menomato qualcuno, ma per il resto tutto rimane opaco pur senza creare quell'ambiguità necessaria per instillare interesse nello spettatore. L'impressione è proprio che Katz abbia spinto la macchina e l'abbia guardata correre lungo la discesa rimanendo comodamente in cima a godersi (?) lo spettacolo, il tutto aggravato dal fatto che il regista contribuisce anche alla scarsissima sceneggiatura. Alla fine il film si schianta perdendosi nel mare di proposte mediocri che Netflix ci propina con buona continuità: fotografia piatta, recitazione anonima, storia risibile, seppur passabile per una serata sonnolenta di prodotti come questo non si sente davvero il bisogno.

2 commenti:

  1. In questo caso non possedere Netflix non mi sembra così importante 😁

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    1. In generale mi sembra che Netflix sia più valida come piattaforma per la serialità (che io guardo poco solo per questioni di tempo), poi hanno il merito di aver prodotto e distribuito opere interessantissime di grandi autori: Sorrentino, Scorsese, etc.. il tutto è però affogato in un mare di fuffa dove di tanto in tanto, ahimè, capita anche a me di cadere 😁

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