martedì 5 aprile 2022

THE MYTH OF THE AMERICAN SLEEPOVER

(di David Robert Mitchell, 2010)

Il titolo riassume per bene il contenuto del film e l'aura di "mito" che si porta dietro, non solo per i giovani americani ma anche per tanti consumatori di cultura pop proveniente da oltreoceano cresciuti a teen movie e serie tv per adolescenti. The myth of the american sleepover non è altro che "il mito del pigiama party americano", né più né meno, dove questo è metafora di tutto un discorso sulla fine dell'adolescenza, sul passaggio a un'età (non ancora) adulta, sulle grandi aspettative ma anche sui rimpianti che l'atto del crescere può far nascere nei giovani ragazzi che, ognuno secondo la propria indole, affronteranno il momento delicato e importante in maniera diversa e peculiare. Se questo genere di film, molto codificato, rimanda alla mente episodi goliardici e alla ricerca di un passaggio all'età adulta che i giovani di ambo i sessi cercano usualmente di sublimare attraverso l'atto sessuale, la perdita della verginità e il raggiungimento di una maturità da esibire e che possa portare anche una maggior sicurezza nelle prove a venire che il mondo presenterà a questi giovani uomini e donne in divenire, nel film di David Robert Mitchell, regista che arriverà al successo con il successivo It follows, pur rimanendo i temi e i desideri di fondo pressoché inalterati, si affronta il tema con una delicatezza quasi malinconica e un piglio autoriale, da cinema indie, che rende il racconto, pur semplice e non rivoluzionario, decisamente interessante e in una certa misura toccante, soprattutto nelle ingenuità di alcuni dei suoi (bei) protagonisti.

Un placido sobborgo di un qualsiasi paesotto americano: casette a schiera, vialetti d'ingresso, prati ben curati. Per molti ragazzi si avvicina il momento di andare al college, qualcuno dei loro fratelli (o sorelle) maggiori attraversa già momenti di spaesamento, sente il macigno del dubbio incombere sul percorso verso l'età adulta. Per la maggior parte di questi giovani c'è il desiderio di crescita, d'avventura, di conoscenza dell'altro. Claudia (Amanda Bauer), nuova della zona, viene invitata da Jeanelle (Shayla Curran) a un pigiama party al quale parteciperanno molte ragazze della scuola, sarà l'occasione per Claudia di conoscere un po' le sue future compagne e magari farsi qualche amica. Nel frattempo Rob (Marlon Morton), mentre fa la spesa al supermercato, viene folgorato nella corsia dei prodotti per il corpo da una bella e bionda ragazza sconosciuta (Amy Seimetz). Maggie (Claire Sloma) invece sembra decisa a divertirsi prima di iniziare il college, in piscina adocchia Steven (Douglas Diedritch), lo incontrerà nuovamente la sera, a una festa privata alla quale andrà insieme all'amica Beth (Annette DeNoyer) disertando il pigiama party di Jeanelle. Lo stesso giorno torna a casa Scott (Brett Jacobsen), dopo aver rotto con la sua ragazza rientra da Chicago intenzionato a lasciare il college; preso da un moto di nostalgia chiede alla sorella Jen (Mary Wardell) come rintracciare le gemelle Abbey (Nikita e Jade Ramsey), intraprenderà uno sconclusionato viaggio per inseguire una strana fantasia. Arriva la sera, le ragazze si ritrovano al party, Rob cerca la sua sconosciuta per tutto il paese, Scott è alla ricerca delle gemelle in un campus fuori città, Maggie riesce a conoscere un po' meglio Steven. Per tutti sarà un momento da ricordare, utile per ripartire con una nuova consapevolezza o solo con qualche conoscenza in più.

L'esordio nel lungo di David Robert Mitchell è uno dei tanti film che si svolgono lungo l'arco di una sola notte, il regista costruisce una vicenda (più vicende) che potremmo aver visto un migliaio di volte al cinema e in tv ma ce la descrive con un affetto sincero per i suoi personaggi, per quell'età di passaggio, evitando le battutacce triviali e connotando il tutto senza per forza andare verso la deriva sessuale a senso unico, i ragazzi e le ragazze ritratti da Mitchell portano con loro speranze e delusioni, aspettative, dubbi, momenti di crisi, fantasie e rimpianti, amori nascosti, slanci al futuro e vecchi ricordi. È un film tutto sommato riflessivo questo The myth of the american sleepover, mito che viene più che altro sfatato se lo si immagina fatto di esperienze selvagge e accoppiamenti scriteriati, la narrazione si concentra più sull'animo e sui sentimenti dei giovani protagonisti, alcuni palesi allo spettatore anche se abilmente inespressi dai protagonisti, altri che verranno fuori pian piano, altri ancora in bilico verso chissà quale futuro. Un coming of age collettivo, la struttura è decisamente corale ma ognuno dei protagonisti seguiti dalla camera di Mitchell trova il giusto spazio, riesce a ben emergere nell'arco di questa notte da un'oretta e mezza, lasciando un piccolissimo segno che non rimarrà di certo a imperitura memoria ma che non si mancherà di apprezzare. Un bel tassello nel mosaico dei film sull'adolescenza che propone un momento di normalità che per ognuno di quei ragazzi, a quell'età, acquista un'importanza particolare e che, cambierà o meno qualcosa, servirà a lanciarli verso un'altra fase della vita che si prospetta (da spettatori un po' più anziani lo speriamo) rosea per tutti loro.

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