(Kimi no Suizō o Tabetai di Shinichirō Ushijima, 2018)
Tratto dal romanzo di Yoru Somino, Voglio mangiare il tuo pancreas è una di quelle narrazioni simili a tante altre per temi e che hanno imperversato nel segmento young adult negli ultimi anni, un racconto di formazione e di sentimenti dove incombe come un macigno la malattia di uno dei protagonisti, elementi che così elencati, in modo un po' freddo, potrebbero anche respingere e creare una sensazione di melenso o di pietismo. Invece l'anime di Shinichirō Ushijima, grazie alla vivacità della protagonista femminile, trova la misura per risultare brillante e allo stesso tempo toccante senza dar mai adito a sensazioni stereotipate o troppo trite e già viste. In questo il film è aiutato dalla scelta di non dettagliare troppo l'avanzare della malattia e non mostrarne la degenerazione fatta di dolore e deterioramento: la protagonista è malata, sappiamo che è destinata a una morte prematura ma la si segue in un momento in cui ancora c'è tanta forza vitale e la voglia di conoscere l'altro e magari innamorarsi ancora.Haruki è uno studente molto schivo e riservato, innamorato della letteratura vive immerso nei suoi libri e nei suoi gesti quotidiani senza avere contatti umani con nessuno, ignora i compagni di classe, non ha amici, non è interessato alle donne. Haruki non ha nulla che non vada: è sveglio, intelligente, è anche un bel ragazzo, semplicemente non sente il bisogno di socialità o di amicizia e teme un po' il giudizio degli altri (anche se ammette che ogni tanto avere un amico potrebbe essere divertente). Sakura è l'esatto contrario, vivace, molto apprezzata e incline alla socialità, purtroppo la ragazza è affetta da un problema degenerativo al pancreas che prima o poi la porterà a una morte prematura; invece di abbattersi la giovane decide di godersi il più possibile il momento, cerca di andare a mangiare nei posti che la incuriosiscono, di muoversi un po' dalla città e soprattutto ha il desiderio di trovare un nuovo amico in Haruki, forse per il suo essere un solitario, forse per l'indifferenza dimostrata dal ragazzo verso la malattia di Sakura una volta venutone casualmente a conoscenza, oltre ai genitori della ragazza Haruki infatti sarà l'unico a conoscere le condizioni di Sakura la quale vuole mantenere segreta la sua malattia. Haruki comunque acconsente a passare un po' del suo tempo con Sakura, provando insieme qualche ristorante, facendo qualche passeggiata, chiacchierando, andandola in seguito a trovare in ospedale, la relazione tra i due nuovi amici crescerà così d'intensità in maniera molto naturale.
Pur presentando qualche difetto nelle scelte dei passaggi da approfondire (la malattia non è per nulla descritta o spiegata) Voglio mangiare il tuo pancreas si rivela una visione molto piacevole e capace di toccare le giuste corde emotive. Il nucleo centrale si può condensare nel processo con cui la giovane Sakura, conscia di avere un tempo limitato a disposizione, scuote la vita di Haruki che, pur sano, non sta per nulla godendo di ciò che offrono le relazioni con le altre persone e le meraviglie della quotidianità, e se nel processo il transfert diventa a poco a poco reciproco è sicuramente quest'ultimo a imparare ad affrontare un percorso di crescita emotiva e trarre giovamento dall'indole spumeggiante e trascinante di Sakura. È ben dosata la progressione del rapporto tra i due protagonisti, forzato in principio, caratterizzato poi da successivi avvicinamenti intervallati da un paio di sequenze più forti. L'animazione è semplice, fluida, ben realizzata e tratteggia i momenti della narrazione con la giusta efficacia. Il titolo del film nulla ha di orrorifico ma fa riferimento a una leggenda citata da Sakura a proposito della sua malattia. Se ci si vuole lasciare andare al flusso dei sentimenti Voglio mangiare il tuo pancreas assolve al bisogno regalando più d'una emozione e una visione delicata e coinvolgente.
Non mancano i difetti sì, non ho particolarmente apprezzato il finale (mi riferisco alla dipartita..), ma bello davvero ;)
RispondiEliminaTi dirò che alla fine la gestione della dipartita non mi è dispiaciuta, è un discreto scossone alla narrazione, spiazza e alla fine non è nemmeno poco credibile. Qualche difettuccio c'è ma nel complesso a me è piaciuto parecchio.
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