(di Paolo Sorrentino, 2004)
All'epoca dell'uscita nelle sale de Le conseguenze dell'amore Paolo Sorrentino non era ancora il regista affermato che oggi tutto il mondo conosce, era un giovane alla sua opera seconda, il vero exploit di fama e riconoscimento arriverà infatti in maniera definitiva solo quattro anni più tardi con l'uscita de Il divo, siamo nel 2008 e quell'anno si distinse anche Matteo Garrone con Gomorra, i film dei due registi vennero salutati come un risveglio dello stato di salute del cinema italiano: se la profezia (ottimistica) non siamo certi si sia pienamente avverata c'è da dire che almeno Garrone e Sorrentino, insieme a qualche altro nome, hanno comunque mantenuto le aspettative e continuano a regalarci ancora oggi opere di grande interesse e spessore. Tornando a noi, all'epoca di questo film Sorrentino non era ancora il regista portatore di quegli sprazzi visionari, di quelle accortezze quasi barocche, di quella ricchezza nella messa in scena che tutti gli riconoscono e che in molti amano, era però già un regista, un autore, con una visione ben precisa di cinema, con un'idea da perseguire non solo nella narrazione ma anche nella realizzazione tecnica del film, comparto nel quale fin da subito Sorrentino si dimostra dotato di grande talento. È un Sorrentino più glaciale quello de Le conseguenze dell'amore, all'apparenza più essenziale, minimale, ma in realtà già ricco anche se meno esplosivo, più trattenuto, una scelta di stile che si rivede nei tratti e nelle espressioni dell'enorme (in senso figurato) Toni Servillo.Titta Di Girolamo (Toni Servillo) è un uomo di mezza età molto serio che da numerosi anni vive in una piccola camera di un'albergo in Svizzera in prossimità del lago di Lugano. È un abitudinario Titta, per sua stessa ammissione un uomo privo di fantasia il cui unico sprazzo d'originalità appartiene a quel nome peculiare che si porta appresso; le sue giornate sono oziose: sedute interminabili a uno dei tavolini del bar dell'albergo a guardare oltre le vetrate la vita che scorre (quella degli altri, comunque scarsa), partite a carte all'infantile Asso piglia tutto con la coppia di ricchi decaduti e ormai in miseria composta da Carlo (Raffaele Pisu), che si è giocato tutta la sua fortuna perdendola, e Isabella (Angela Goodwin); una volta alla settimana un'uscita verso una banca per effettuare un deposito di somme sempre ingenti. Abiti eleganti, una bella macchina, la vita di un morto, un ex famiglia, moglie e figli che di lui non ne vogliono sapere, un fratello (Adriano Giannini) che in fondo gli vuole bene ma che lui ignora così come ignora la bella barista Sofia (Olivia Magnani) che invece a Titta sembra interessarsi parecchio. In questa routine che si ripete immutabile da anni alcuni accadimenti scombussolano il tran tran dell'uomo che andrà incontro a un precipitarsi di eventi ai quali dover far fronte.
Sorrentino apre il suo film con una figura maschile immobile in avanzamento su un nastro trasportatore, una scena lunga che potrebbe riportare alla mente il Dustin Hoffman de Il Laureato, emblema della confusione giovanile di fine anni 60 (ma anche per questo incipit probabilmente Sorrentino ha in mente la Pam Grier di Jackie Brown); ne Le conseguenze dell'amore l'apertura vede in campo un semplice figurante, il Nostro protagonista invece è uomo di mezza età, la giovinezza è ormai alle spalle e la confusione barattata con il vuoto, con un'imposta impossibilità di vivere, necessaria per mantenere un pericolosissimo status quo in potenza incrinabile solamente dalle conseguenze dell'amore. Titta Di Girolamo è appena un riflesso di un uomo, non per nulla sono molte le superfici riflettenti, i vetri, gli specchi attraverso i quali Sorrentino ce lo mostra, un uomo la cui fissità espressiva e di abitudini è il riflesso della morte stessa, è il riflesso di un'anima alla quale è stata succhiata la vita, condizione espressa in maniera magnifica dalla (mancanza di) espressività di un Toni Servillo impareggiabile. È un abitudinario Titta, lo abbiamo già detto, il versamento in banca, l'eroina una volta la settimana, quegli appunti per un futuro che non verrà mai nei quali si auto ammonisce intimandosi di porre attenzione a queste conseguenze dell'amore, saranno proprio loro, veicolate da Sofia (interpretata dalla nipote della Magnani), a dare la svolta a (non) vita e film. Il protagonista parla poco e bene, i vuoti sono spesso riempiti dalle eleganti scelte di Sorrentino in campo musicale (il regista mastica e parecchio), alcuni passaggi, senza troppo svelare, potrebbero sembrare fuori posto o come di routine, il film gode però di una costruzione pazzesca e millimetrica da parte di un regista non ancora esploso come lo conosciamo oggi (e non parliamo di fama ma anche di mestiere) ma già in grado di calibrare in maniera perfetta ogni movimento di macchina. Non a caso una delle nostre voci più note e apprezzate.
Al tempo ci trovai il pensiero di Friedrich Dürrenmatt. Quelle simmetrie. Il caso che ribalta il tavolo, cambia il gioco. Cose così. Forse Sorrentino era stato morso da "Una Promessa" geneticamente modificata. Forse no. Chissà come sarà Parthenope. Porbabilmente seguirà la direzione ed il verso di E' stata la mano di Dio e quindi un regista meno esterno, algido. Vedremo. Ciao ciao
RispondiEliminaCiao Crepascolo, in effetti sì, ho letto anche altrove paralleli con Durrenmatt, Parthenope sarà probabilmente qualcosa di molto diverso da questo, io sono molto fiducioso in ogni caso.
EliminaVederlo da giovanissimo fu una folgorazione: non credevo esistessero film italiani "così". Lo ricordo ancora con molto affetto.
RispondiEliminaE anche oggi rimane un gran film!
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