(Foreign correspondent di Alfred Hitchcock, 1940)
In maniera un po' colpevole si è forse parlato troppo poco del cinema del maestro Alfred Hitchcock da queste parti; le opere del regista inglese sono ovviamente arcinote, sono state proposte nel corso degli anni numerose volte anche dalla tv generalista alla quale, in questo caso, si può sollevare una sola obiezione: quella di aver messo in programma più o meno sempre gli stessi titoli (per carità, tutti capisaldi di gran valore). Nella divulgazione delle opere di Hitchcock al grande pubblico viene in genere trascurato completamente (o quasi) il suo periodo inglese che va dagli esordi nei primi anni 20 fino alla fine del decennio successivo, è infatti nel 1940 con la direzione di Rebecca - La prima moglie che si apre il periodo hollywoodiano del re del mistero. Di tutto ciò che Hitchcock girò in precedenza sono pochi i titoli che si possono trovare negli archivi dei vecchi passaggi televisivi (forse La signora scompare o Il club dei 39). Discorso diverso per i film realizzati dal regista negli U.S.A., i titoli si moltiplicano ma anche qui sono più o meno sempre gli stessi, rinfranca almeno una certa abbondanza: dal Rebecca - La prima moglie già citato il discorso si amplia a Io ti salverò, a Notorius, Il caso Paradine, Nodo alla gola, Io confesso, Il delitto perfetto, La finestra sul cortile, Caccia al ladro, L'uomo che sapeva troppo, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale, Psycho, Gli uccelli, Marnie, Il sipario strappato, Frenzy, forse un po' meno visibilità hanno avuto Paura in palcoscenico, La congiura degli innocenti, Complotto di famiglia e Topaz. Nell'elenco si evince come siano più d'una le pietre miliari della storia del cinema firmate da Sir Hitchcock, oggi grazie alle piattaforme è possibile recuperare anche qualcosa che negli anni passati era stato un poco trascurato come questo Il prigioniero di Amsterdam, film comunque appartenente al periodo americano.Il direttore del New York Morning Globe sta cercando un reporter capace di raccontare i primi venti di guerra provenienti dall'Europa (siamo nel 1939) in maniera più libera e meno ingessata di come stanno facendo al momento i suoi corrispondenti. La soluzione sembra essere l'indisciplinato ma dinamico Johnny Jones (Joel McCrea) pronto a partire per Londra su due piedi. Giunto sul posto Jones prende contatto con un'associazione pacifista nelle persone del presidente Fisher (Herbert Marshall) e di sua figlia Carol (Laraine Day), questi hanno organizzato un incontro in onore di un diplomatico olandese, l'anziano Van Meer (Albert Bassermann) che Jones tenta di intervistare senza molto successo. Trasferitosi ad Amsterdam a caccia dell'intervista di cui sopra Jones assiste all'omicidio del diplomatico, ucciso in pubblico in pieno giorno. Sul luogo ci sono anche i Fisher, insieme a Carol e al collega giornalista Scott Ffolliot (George Sanders) Jones si lancia all'inseguimento dell'assassino venendo trascinato in un'avventura dai risvolti imprevisti e decisamente movimentati.
Il prigioniero di Amsterdam rientra in quel novero di film di Hitchcock considerati "minori". Pur presentando la pellicola parecchi punti di interesse, questa catalogazione che potrebbe in parte sminuirne il valore può essere in effetti ricondotta ad almeno due caratteristiche dell'opera stessa: la prima è quella di presentare un cast in ottima forma ma privo di quei nomi di richiamo che spessissimo abbiamo potuto ammirare nel cinema di Hitchcock: se ci limitiamo a pensare ad altre pellicole legate al filone dello spionaggio (o simili, al quale anche questo film appartiene) la presenza di un Paul Newman (Il sipario strappato), di un Cary Grant (Intrigo internazionale) o di uno James Stewart (L'uomo che sapeva troppo) avrebbero di certo innalzato le quotazioni de Il prigioniero di Amsterdam. La seconda caratteristica che potrebbe essere percepita come un difetto è la gestione della tensione che si concentra in alcune riuscitissime sequenze ma che nell'economia complessiva del film si disperde un poco, fermo restando una valore complessivo dell'opera sempre più che sufficiente. Se lo sviluppo degli eventi non è tra i più elettrizzanti tra quelli proposti dal maestro inglese la realizzazione di alcune sequenze è semplicemente magistrale. Pensiamo a esempio alla sequenza all'interno del mulino costruita da Hitchcock giocando sulla verticalità delle inquadrature (sua caratteristica ricorrente), sul dislivello che si viene a creare tra i vari protagonisti e sul rapporto tra suspense e spazi angusti. Tornano altezza e vertigine ("vertigo" in inglese, vorrà pure dire qualcosa) sulla torre della cattedrale, qui la tensione sale e scende proprio come fa l'ascensore che porta i turisti in cima al campanile, la sensazione di pericolo è tangibile, piccolo gioiello la sequenza dell'incidente aereo con un uso dei mezzi tecnici che per il 1940 era cosa d'alta scuola. Propaganda bellica a favore dell'interventismo neanche troppo nascosta a chiudere il tutto. Magari non tra i migliori dieci di Hitchcock, a ogni modo Il prigioniero di Amsterdam non merita l'oblio. Recuperatelo!
Ovviamente c'è anche Hitch! |
Nessun commento:
Posta un commento