(di Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor, Hamdan Ballal, 2024)
"Circa due mesi fa sono diventato padre e spero che mia figlia non debba vivere la stessa vita che sto vivendo io ora, temendo sempre la violenza dei coloni, le demolizioni delle case e gli sgombri forzati che la mia comunità, Masafer Yatta, sta vivendo e affrontando ogni giorno sotto l'invasione israeliana. No other land riflette la dura realtà che abbiamo sopportato per decenni e che ancora persiste mentre chiediamo al mondo di intraprendere azioni serie per fermare l'ingiustizia e la pulizia etnica del popolo palestinese".Con queste parole Basel Adra, il principale artefice di questo No other land, presenta il suo film mentre viene premiato alla notte degli Oscar 2025 nella categoria "miglior documentario". Nelle parole del regista palestinese c'è tutto il dolore di quella che è a tutti gli effetti una testimonianza del sopruso, della prepotenza e dell'ingerenza israeliana che si accanisce per mezzo dei coloni e dello stesso esercito israeliano su alcuni villaggi di povera gente che non chiedono altro che poter vivere la loro vita già difficile per le condizioni precarie in cui si trovano i venti villaggi che compongono l'aggregato di Masafer Yatta in Cisgiordania. È indegno vedere come un'opera "giusta" come questa sia stata tacciata da più parti di antisemitismo, parola con la quale ormai si tende a giustificare qualsiasi orrore perpetrato dallo Stato di Israele ogni qual volta qualcuno si erga a difensore dei sacrosanti diritti del popolo palestinese vessato e dilaniato dai suoi vicini di casa. I detrattori ovviamente fanno riferimento ad Hamas e alle stragi compiute dall'organizzazione palestinese che però nulla hanno a che vedere con la povera gente che vediamo ritratta nel documentario di Adra, Abraham e sodali. Ovviamente nessuno degli "indignati" tiene conto che uno dei registi, Yuval Abraham, è israeliano, figlio di genitori sopravvissuti all'Olocausto e che, nonostante questo, denuncia con forza la prepotenza e la violenza ingiustificata del suo stesso Paese, sottolineando la diversità di trattamento che i palestinesi sono costretti a subire su base quotidiana e l'insensato accanirsi su una popolazione inerme che non chiede altro che poter avere una casa, una scuola per i propri figli, delle vite il più possibile normali. C'è inoltre da tener conto che il materiale girato da Adra è per la quasi totalità antecedente agli attacchi di Hamas che hanno dato il via all'ennesimo repulisti messo in atto da Israele nei confronti dei palestinesi, ulteriore motivo per riflettere meglio sull'atteggiamento da bulli tenuto dall'esercito israeliano (ma ormai il bullismo nelle istituzioni sembra stia diventando parte del gioco in maniera sempre più esibita, teatrale e spudorata).
No other land è girato con piccole videocamere, con cellulari, con i pochi mezzi a disposizione della povera gente di Masafer Yatta che trova nella documentazione della continua barbarie israeliana l'unica arma di resistenza possibile, nella speranza che una maggiore consapevolezza possa aprire gli occhi di un mondo disinteressato. Basel e Yuval, amici sulle due sponde della libertà, documentano le continue irruzioni dell'esercito israeliano, la distruzione sistematica delle case palestinesi, gli atti vili di sabotaggio come il taglio dei tubi dell'acqua in villaggi dove vivono anche bambini piccoli, la connivenza israeliana con gli omicidi perpetrati dai coloni, le intimidazioni e gli arresti ai danni della popolazione locale. I filmati si alternano a momenti più riflessivi dove i due ragazzi, registi e protagonisti, chiacchierano tra loro del passato delle loro famiglie (il padre di Basel è stato arrestato più volte), si interrogano sul perché i due non possano avere gli stessi diritti e sul perché uno debba subire minacce di morte e aver paura ogni giorno per la sua stessa vita e per quella dei suoi cari, sul perché non sia possibile ottenere giustizia presso le corti israeliane e sul perché non si riescano a ottenere permessi per edificare nei territori interessati dal documentario (perché ovviamente così si può demolire con la scusa dell'abusivismo). Purtroppo sembra resti poco spazio per sognare, per sperare in una risoluzione, in un futuro migliore, non resta che filmare l'osceno mentre le pallottole fischiano, con il rischio di rimanerci sotto ma senza mai abbandonare la propria terra. Opera preziosa, cruda e toccante che tutti speriamo in qualche modo si riveli anche utile, forse una mera illusione sulla quale è molto probabile che in cuor loro non contino troppo nemmeno i loro realizzatori. Sembra che per estirpare un male debba sempre esserci un interesse di fondo, della fine di questo scempio, oggi soprattutto, sembra non si veda la fine nemmeno da lontano. Resta la consapevolezza che, con la giusta volontà, un'integrazione e una comunità d'intenti è pur sempre possibile, l'esempio sono proprio questi quattro ragazzi (due palestinesi, Adra e Ballal, e due israeliani, Abraham e Szor) che hanno lavorato a questo materiale portandolo all'Oscar e davanti agli occhi del mondo intero.
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