(di Philip Barantini, 2025)
Visto che nessuno vi ha ancora parlato della nuova serie di Netflix Adolescence abbiamo pensato di farlo noi. E qui possiamo chiudere con le spiritosaggini perché Adolescence è una miniserie da affrontare prendendola decisamente sul serio. Archiviamo subito l'ingombrante questione della forma, apprezzata da tutti (a ragione), per dare in seguito più spazio ai contenuti che sono il reale motivo di interesse di un prodotto per il quale è innegabile come la confezione contribuisca in maniera considerevole alla sua buona (ottima) riuscita. Adolescence, girata interamente da Philip Barantini e ideata e scritta da Jack Thorne e da Stephen Graham, è composta da quattro puntate ognuna delle quali si focalizza su un diverso aspetto del dramma in questione, ovvero l'omicidio di una giovanissima adolescente da parte di un suo coetaneo. La caratteristica tecnica più evidente in Adolescence sono i pianosequenze realizzati da Barantini, uno solo, ovviamente lunghissimo e segno di grande confidenza con l'arte della regia, per ogni puntata; un girato senza stacchi (anche se l'opera di taglia e cuci non è esclusa) che offre allo spettatore un'esperienza immersiva e connotata da una dose di tensione sempre abbastanza alta nonostante il fulcro della serie non sia quasi mai, se non in parte nel primo episodio, la ricerca di un colpevole, una messa in scena che dona il giusto ritmo sia alle sequenze più concitate come l'irruzione della polizia in casa Miller in apertura di serie, sia lungo i confronti puramente verbali come quello tra il giovane Jamie e la psicologa che tiene banco per tutto il terzo episodio.A proposito di episodi... Adolescence si apre con una violenta irruzione da parte della polizia inglese in una casa unifamiliare di un paesino nello Yorkshire. La casa è quella dei Miller, un nucleo familiare composto da papà Eddie (Stephen Graham), mamma Manda (Christine Tremarco), la primogenita Lisa (Amélie Pease) e il tredicenne Jamie (Owen Cooper). È proprio quest'ultimo che la polizia sta cercando, un ragazzino, un bambino all'apparenza smarrito e travolto dagli eventi con contorno di famiglia incredula e impossibilitata a capire cosa stia succedendo, un errore giudiziario probabilmente, capitato loro addosso senza preavviso alcuno. Nel resto dell'episodio la famiglia Miller viene portata nel commissariato di zona dove vengono ufficializzate le accuse da parte dell'ispettore Bascombe (Ashley Walters) e del sergente Frank (Faye Marsay) a carico di Jamie, dove viene assegnato al ragazzo un avvocato (Mark Stanley) e dove si tengono i primi interrogatori in seguito alle accuse mosse a Jamie per l'omicidio della coetanea Katie Leonard. L'episodio successivo vede i due agenti incaricati del caso impegnati in un sopralluogo nella scuola frequentata da Jamie; la speranza è quella di ottenere qualche informazione dai pochi amici del ragazzo tra i quali c'è il poco collaborativo Ryan (Kaine Davis) ma anche da quelli della vittima come Jade (Fatima Bojang), una ragazza che non reagisce troppo bene alle domande degli adulti. I tutori dell'ordine trovano nell'istituto scolastico un ambiente per nulla rassicurante per i ragazzi, un luogo dove il bullismo prospera e dove gli insegnanti non sembrano in grado di poter tenere sotto controllo né lo svolgimento delle lezioni né tantomeno gli alunni. Il terzo episodio è interamente dedicato al confronto tra Jamie e la psicologa (Erin Doherty) incaricata di valutare lo stato mentale del ragazzo, un episodio illuminante per quel che riguarda le posizioni di Jamie. La puntata conclusiva mostra invece le conseguenze che questa situazione straziante provoca a distanza di tempo sui componenti della famiglia Miller.
Tornando in breve sulla forma delle cose, urge sottolineare come i pianosequenze usati per costruire Adolescence siano sì molto accattivanti, preme però anche dire come questi non siano di certo una novità o un'invenzione di Barantini, anni fa, in un'epoca analogica, il miracolo avrebbe forse fatto sgorgare sangue, oggi si limita a una più onesta trasudazione d'umidità; quello che davvero è il punto di forza della tecnica usata dal regista è il fatto che non si trasformi mai in sterile esercizio di stile ma contribuisca invece a creare per lo spettatore un senso d'immersione nella storia molto funzionale alla narrazione. E sul pianosequenza la chiudiamo qui, sappiamo che non ne ha parlato ancora nessuno ma ci sembra non occorra aggiungere altro. Se della forma delle cose abbiamo detto è sullo stato delle cose che Adolescence colpisce durissimo mettendo gli spettatori di fronte a ciò che siamo diventati, a ciò che dovremmo già sapere e a ciò che colpevolmente (anche in maniera involontaria, in buona fede) ignoriamo. Con tutte le differenze del caso la visione di Adolescence, come presa di coscienza in potenza, mi ha ricordato l'effetto delle migliori puntate di Black Mirror (che tra l'altro dovrebbe tornare a breve). Se la serie ideata da Charlie Brooker ci lasciava intravedere in maniera intelligente le storture dell'oggi a cosa avrebbero potuto portare in un futuro abbastanza immediato, tipo il domani di allora, con un piglio altrettanto intelligente e moderatamente brutale Adolescence ci parla di una serie di carenze della società odierna. Se nel primo episodio si imbastisce la trama e in fondo si svelano già tutte le carte, negli episodi successivi si va ad affrontare nodi cruciali sui problemi degli adolescenti di oggi che, di riflesso, diventano i problemi di tutti: famiglie, istituzioni, amici, insegnanti, figure di sostegno e quant'altro. Giustamente agli ideatori della serie non interessa tanto creare l'ennesima narrazione alla ricerca di un colpevole materiale quanto invece indagare i motivi di un gesto terribile come l'assassinio di un proprio coetaneo, un'atto che nasconde una mancanza d'empatia atroce e un disconoscimento del valore della vita impensabile, un'anestesia dei sentimenti all'apparenza sempre più diffusa tra le nuove generazioni. A questo aspetto, di base già raccapricciante di suo, si aggiunge la connotazione di genere che affronta il tema di una contrapposizione tossica del maschile e del femminile. Per un adulto, genitore o meno, può essere spiazzante trovarsi a riflettere su alcuni spunti che offrono proprio i personaggi più maturi come i due padri presenti nella serie, il papà di Jamie e l'ispettore Bascombe, qui solo all'apparenza sui due fronti opposti della barricata, in realtà entrambi genitori incapaci di comprendere i propri figli, di (ri)conoscere alcune delle dinamiche sociali delle loro vite, colpevoli involontari (sicuramente involontari) di modelli educativi non corretti, dettati da una vecchia concezione del machismo, almeno nel caso di papà Miller (devi fare sport, devi eccellere, il calcio, il pugilato, un po' come il babbo di Billy Elliot a inizio film, ve lo ricordate?). Adolescence ci mostra il gap generazionale, forse mai così ampio come quello che vivono i genitori di oggi, con figli che hanno a disposizione strumenti di apertura al mondo e allo sconosciuto sconfinati e padri convinti che i figli siano lì tranquilli nella loro cameretta, che male potranno mai fare? Da lì si apre un mondo sconosciuto ai più fatto di (sotto)culture incel, redpill, di eccessi di misoginia e vittimismo scriteriato, di teorie 80/20 di cui i genitori non sanno nulla, di cui le forze dell'ordine non sanno nulla (Bascombe viene istruito dal figlio adolescente che vede il padre annaspare nell'ignoranza), di cui gli insegnanti non sanno nulla o che comunque non sanno gestire. Qui si apre l'incubo di un'istituzione scolastica che sembra più un parcheggio che non un luogo d'istruzione, un'istituzione nella quale gli insegnanti si sono arresi alla soverchiante prepotenza di ragazzi fuori controllo, dove l'interesse per l'educazione è scarso e i luoghi davvero poco accoglienti. Ottime le interpretazioni con uno Stephen Graham sorprendente, molto commovente nella presa di coscienza finale di un fallimento di proporzioni immani (per quanto involontario) e un Owen Cooper che si rivela un'ottima scoperta, bravissimo nell'interpretare un personaggio difficile, duttile nell'interpretazione, manipolatorio, aggressivo, scollato da quello che dovrebbe essere il comune senso della decenza. La domanda che rimane è "di chi sono le colpe?". È lecito condannare quel padre? Il problema sono le istituzioni? Abbiamo lasciato la corda troppo lunga, soprattutto in tema di tecnologie e social? Non riusciamo più a educare i nostri figli? A mostrare loro la sacralità della vita dell'altro? A far loro capire che da certe scelte e da certe azioni non si torna indietro? Stiamo fallendo davvero tutti?
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