(di Luca Guadagnino, 2024)
Periodo prolifico questo per il nostro Luca Guadagnino; non è passato molto tempo dall'uscita del suo Bones and all (2022), ancora una volta con Timothée Chalamet dopo il successo di Chiamami col tuo nome, che il regista siciliano esce con ben due film nel corso del 2024, questo Challengers e il Queer con Daniel Craig e sembra che già nei prossimi mesi del 2025 Guadagnino possa portare nelle sale la sua nuova opera: After the hunt. Con Challengers Guadagnino si addentra nel mondo del tennis nonostante il suo film non giri tanto intorno a questo sport quanto invece su una ronde di sentimenti, desiderio, passione, ambizioni, potere, manipolazione e amicizia che indubbiamente surclassa l'aspetto "sportivo" di un film che di "sportivo" in fondo propone davvero poco, nonostante questo sia in larga parte girato sui campi da tennis. Il termine "challengers" in inglese non è soltanto la traduzione dell'italiano "sfidanti", significato che nella fattispecie sarebbe pertinente per più di un aspetto, indica anche un circuito di tornei di secondo piano utili per i giocatori con pochi punti nella classifica ATP per incrementare il loro ranking in modo da poter ambire alla partecipazione a tornei più prestigiosi. È proprio in occasione di una sfida in uno di questi tornei del circuito Challengers che si dipana la storia propostaci da Guadagnino (su sceneggiatura di Justin Kuritzkes).Patrick Zweig (Josh O'Connor) e Art Donaldson (Mike Faist) sono due giovani tennisti che vincono il torneo juniores di doppio agli U.S. Open, titolo prestigioso per due dilettanti molto promettenti intenzionati a passare nel circuito professionistico. I due ragazzi, amici fraterni, assistono incantati all'ascesa nel torneo femminile della bellissima e determinata Tashi Duncan (Zendaya), tennista talentuosa e decisamente ambiziosa. Con un buon grado di faccia tosta Patrick (più spigliato) e Art (più dimesso) riescono a entrare nelle grazie della maliziosa Tashi che diventa in breve una sorta di pensiero fisso per entrambi i ragazzi. Su un altro piano temporale Art è diventato non solo professionista ma anche un gran bel campione, vincitore di diversi titoli del Grande Slam trai quali al campione manca solo quello degli U.S. Open per completare un palmares di tutto rispetto. Ad allenarlo e a sostenerlo c'è sua moglie Tashi, sempre ambiziosa ma ormai ritiratasi dalle scene e completamente assorbita dalla carriera del marito. Patrick invece è sempre rimasto ai margini, il suo carattere gli ha forse impedito un'ascesa più significativa all'interno del mondo del tennis, ora si arrangia come può tra tornei di seconda fascia, relazioni improvvisate e miseria economica. In un momento di forte crisi motivazionale e di risultati per Art, sua moglie Tashi deciderà di iscriverlo a un torneo minore in modo da procurare al marito vittorie facili con conseguente iniezione di fiducia e autostima; al torneo Art ritroverà Patrick in qualità di avversario, i due non sono più gli amici di una volta, in mezzo tra quel tempo e l'oggi ci sono state Tashi e una serie di situazioni capaci di incrinare ogni rapporto.
Dell'ottima riuscita di Challengers credo si possa dividere il merito in cabina di regia (guardando alla concezione ampia della definizione) tra il regista vero e proprio, Luca Guadagnino, e la coppia di sodali Trent Reznor e Atticus Ross, musicisti spaziali che, come direbbe Panatta tanto per restare in tema, ci prendono a pallate dall'inizio alla fine del film donando un ritmo calibratissimo e piacevolissimo a tutte le scelte, convenzionali o meno, prese da un Guadagnino qui all'ennesima prova indovinata. Come abbiamo detto (e come hanno già detto in molti), Challengers non è propriamente un film sul tennis, uno sport che qui può essere visto come viatico e metafora per confronti, passioni, relazioni (a tre) dentro e fuori dal campo, quasi mai nell'ottica di oggetto protagonista di un film a tema sportivo. Fin dall'uscita dei primi trailer è stato possibile circoscrivere il nucleo del film al dispiegarsi di un rapporto a tre che ci è stato presentato con aspettative fin troppo "torride", temperature poi mai raggiunte in maniera esplicita in un film che comunque trasuda passione, desiderio ma soprattutto manipolazione e voglia di successo, almeno da parte di uno dei tre vertici di questo triangolo composto da caratteri diversi e ben caratterizzato dalle prove dei tre ottimi protagonisti con una Zendaya calcolatrice e ammaliante, un O'Connor più guascone e mutevole e un Faist dimesso e sottomesso, un'alchimia che permette al regista di poter operare con in mano una squadra vincente. Oltre alla colonna sonora perfetta l'elemento che contribuisce più di tutti alla riuscita di Challengers è la scansione dei tempi e degli eventi dettata da Guadagnino che con soluzioni di regia per lo più indovinate e accattivanti dona un ritmo impeccabile all'alternarsi di piani temporali e ai tagli tra evento sportivo (la finale del challenger) e vita privata, quasi come se fossero un metaforico campo/controcampo di una narrazione bipartita lungo la quale si giocano un'amicizia decennale, un matrimonio, una, due, tre carriere, desideri incistati nel tempo, ambizioni smisurate e frustrate, prevaricazioni mascherate e altro ancora. Guadagnino guarda al tennis in maniera originale nella costruzione delle inquadrature, poco interessato a una veridicità sportiva che lascia il passo a una lettura parallela campo/vita nella quale le passioni dei protagonisti arrivano a detonare nel match, ben esplicitate dal sudore crescente di corpi via via più provati e stanchi fino a un finale in qualche modo liberatorio (orgasmico?). Prova di ottimo cinema da parte di Guadagnino; gioco, set partita!
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