sabato 30 novembre 2024

IL SOL DELL'AVVENIRE

(di Nanni Moretti, 2023)

Il 4 novembre del 1956 l'esercito russo (la famosa Armata Rossa) varca i confini della città di Budapest di fatto invadendo la capitale dell'Ungheria, un Paese già inserito nella sfera d'influenza rossa ma i cui cittadini, le classi sociali più povere almeno, chiedevano a gran voce riforme e modifiche a un modello socialista che in quel periodo storico li affamava e che dettava condizioni di lavoro insoddisfacenti, scontentava studenti e intellettuali e promuoveva politiche sull'utilizzo dei terreni malviste da chi con quella terra ci doveva campare. L'idea di un socialismo nuovo, diverso e in parte distante dalla sua matrice sovietica, non piacque a Mosca; i russi si adoperarono per soffocare le proteste studentesche e i moti rivoluzionari affogandoli nel sangue. Gli eventi d'Ungheria scatenarono reazioni anche nei partiti italiani che alla Russia guardavano come a un faro illuminante: se il Partito Socialista si allontanò dalla decisione russa condannandola (e stiamo ovviamente semplificando il discorso), Il Partito Comunista, nel quale già militava l'ex presidente Napolitano, appoggiò l'intervento russo creando malumori e spaccature. È da questo contesto storico che parte Nanni Moretti per costruire il film nel film che sta all'interno del suo ultimo lavoro: Il sol dell'avvenire. Con questa premessa si potrebbe ora pensare che Moretti abbia costruito un film cupo, politico, intriso di delusione e pessimismo; in realtà, anche se il film politico lo è e non manca di momenti più "depressi", sia nella sfera privata dei personaggi che nel discorso pubblico, Il sol dell'avvenire gode di una simpatica leggiadria, anche di una voglia di ottimismo che va oltre lo stato (pessimo se non peggio) della nostra politica e va anche oltre le pesantezze del personaggio interpretato da Moretti stesso che può rivelarsi un gran rompipalle duro da sopportare (per chi gli sta attorno ma non per il pubblico); così il film sterza, riallinea nella maniera più positiva possibile le congiunzioni astrali che guidano i protagonisti e, con una mossa quasi tarantiniana (Bastardi senza gloria, C'era una volta a... Hollywood) si bea nel riscrivere la Storia per passare poi a un finale che la storia (questa volta personale, quella del cinema di Moretti) la rievoca con amore e partecipazione coinvolgendo gli amici di tante avventure.

Giovanni (Nanni Moretti) è un regista affermato che sta girando il suo nuovo film ambientato nel 1956; nel film una delegazione del Partito Comunista presieduta da Ennio (Silvio Orlando), con sede a Roma nel quartiere Quarticciolo, ospita i compagni ungheresi del circo Budavari proprio nel periodo immediatamente antecedente l'entrata russa a Budapest. Giovanni è sposato con Paola (Margherita Buy) che è anche una produttrice cinematografica. La donna è stanca del suo matrimonio, vorrebbe lasciare il marito ma non trova il coraggio di dirglielo, per superare questa impasse segue di nascosto un percorso con uno psicologo, nel frattempo produce filmacci pieni di violenza invisi al più raffinato Giovanni. Sua figlia Emma (Valentina Romani) intanto, che deve comporre le musiche del film, non si sente tanto apprezzata dal padre e porta avanti una relazione con un uomo molto più vecchio di lei (Jerzy Sthur). Quando scoppia il bubbone matrimoniale e il film di Giovanni sembra arenarsi per questioni economiche, l'uomo sembra rivedersi nella situazione drammatica vissuta dai personaggi del suo film a causa della delusione politica scatenata dalle malefatte russe; Giovanni riflette così sulla relazione tra i personaggi di Ennio e Vera (Barbora Bobuľová) che lui ha voluto molto distaccata, decidendo di cambiare il finale del suo film, possibilmente anche la sua vita, e aprirsi a un futuro più radioso e al sol dell'avvenire.

È un film "simpatico" questo Il sol dell'avvenire di Moretti. So che "simpatico" è un aggettivo che riferito a un film può sembrare non troppo lusinghiero, ma è proprio questa l'impressione che lascia Il sol dell'avvenire, quella di essere un film "simpatico", senza voler dare significati negativi al termine, è un film che alla fine ha la capacità di mettere di buon umore chi lo guarda. Dentro c'è un poco il ritorno a diverso cinema di Moretti con alcune delle sue fissazioni già viste in passato come quelle per le calzature femminili, per le canzoni cantate in auto, per i calci al pallone e per altre cose ancora, c'è anche un velato disappunto verso le moderne derive di un cinema cafone con i film dei giovani registi che propongono una violenza gratuita, banale, anche risaputa e soprattutto, quel che interessa a Moretti, poco etica, moralmente sbagliata; ci sono i rappresentanti di Netflix scontenti del suo film perché non possiede quel fattore tanto ricercato del "what the fuck!" e probabilmente richiesto categoricamente dall'algoritmo. Ci sono gli attori anarchici che vogliono cambiare i loro personaggi, il suo film, e che forse alla fin fine hanno pure ragione. C'è poi l'apertura, tra tanti mugugni e borbottii, a una positività e a una speranza illuminante che ben dispone al futuro protagonisti e spettatori, un po' come se il regista si lasciasse alle spalle le delusioni politiche, le difficoltà dei rapporti interpersonali per abbracciare a pieno le gioie che la vita potrà ancora regalargli, magari facendolo in compagnia delle persone a cui si vuole bene. È tutto molto leggibile in quest'ultima opera di Moretti, tutto alla luce del sole. È molto? È poco? È abbastanza? Questo potete deciderlo voi.

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