lunedì 15 maggio 2017

L'ENFANT - UNA STORIA D'AMORE

(L'enfant di Jean-Pierre e Luc Dardenne, 2005)

Non è un Cinema facile quello dei fratelli Dardenne: lontano dalla spettacolarizzazione delle vite, privo di immagini lussuose e ricercate, moderato nei ritmi, forte nei contenuti capaci di scatenare riflessioni e di abbracciare sempre i campi dell'etica e della morale, stilisticamente semplice e adeso alla realtà. Pochi dialoghi, camera a mano (qui usata meno che in altre occasioni), protagonisti ai margini di una vita mai semplice, uomini e donne costretti a raffrontarsi con quel che deriva da esistenze lontane dalla tranquillità di un benessere acquisito, cresciuti nella povertà delle periferie e nelle prigioni di una cultura ridotta all'osso e della pratica del mero espediente.

In questo L'enfant, Palma d'oro a Cannes nel 2005, si denota un calore che in altri episodi della carriera dei Dardenne risultava attenuato da uno sguardo lucido e freddo, a tratti glaciale. Nonostante l'uso limitato della parola, quella tra Sonia (Debora François) e Bruno (Jérémie Renier) sembra essere davvero una storia d'amore sostenuta dalla sincerità dell'immaturità. Due giovani vagabondi, senza arte né parte, che vivono nella pochezza di una periferia (belga probabilmente) senza sbocchi, principalmente di espedienti e dei furti organizzati da Bruno, a capo di una piccolissima rete di delinquentelli minorenni tra i quali spicca il tredicenne Steve (Jérémie Segard). Nella prima sequenza del film è Sonia a vagare per queste periferie alla ricerca di Bruno, appena dimessa dall'ospedale, tra le braccia il loro primogenito neonato, il piccolo Jimmy. Ritrovatisi, nella loro peculiarità, i due hanno l'aria di essere una bella coppia nonostante tutto, di contro invece il neo padre mostra da subito poco interesse e anaffettività per il nuovo venuto. Ad ogni modo Bruno accetta di buon grado di riconoscere il bambino, in qualche modo i due riusciranno a trovare il modo di prendersene cura. All'insaputa di Sonia però, appena ne avrà l'occasione, con disarmante sufficienza, Bruno deciderà di vendere il bambino afferrando l'opportunità di guadagnare in un'unica soluzione un mucchio di denaro contante.


Quello che interessa ai Dardenne con tutta probabilità è mostrare le scelte che le persone sono disposte a prendere in situazioni difficili, anche quando queste sono per i protagonisti la loro normalità. Lo abbiamo visto ne Il figlio, lo si vedrà in seguito ne Il matrimonio di Lorna, scelte morali legate alla semplice sopravvivenza, alla speranza di una vita migliore, ponderate o prese con sufficienza. È difficile immedesimarsi fino in fondo, capire, anche solo immaginare situazioni per noi estreme se non le si è toccate con mano. Come si può vendere un figlio, o anche solo pensare di vendere un bambino? Come si può decidere di un'altra vita per soldi? Dilemma quasi inconcepibile eppure quotidiano, se non in questi termini sarà in altri, ma è cosa di tutti i giorni. C'è chi decide della vita di altri per soldi, è la quotidianità. Partendo da un episodio limite, i Dardenne ci mostrano proprio questo, scelte inconcepibili, filmate, narrate e riportate nella maniera più semplice e sincera possibile: è così che può accadere, se il contesto è quello giusto è tutto molto semplice.

Con la stessa semplicità la bellissima coppia d'attori Jérémie Renier e Debora François (qui all'esordio) mette in scena Bruno e Sonia, personaggi belli nelle loro imperfezioni, all'apparenza vittime, inghiottiti dal nulla, lui soprattutto, cresciuto con l'idea che il lavoro sia una cosa per poveri sfigati, estraneo al concetto di responsabilità, per altri versi giusto e generoso. C'è tanto dramma nelle opere dei Dardenne, inevitabilmente legato al contesto, al tessuto sociale, un tunnel, a volte più cupo a volte lambito da qualche raggio di luce, al fondo del quale non manca un'apertura, una possibilità di redenzione e di cambiamento.

Un Cinema povero di mezzi, ricco di contenuti, spesso giustamente premiato e tenuto in grande considerazione.

4 commenti:

  1. I miei registi preferiti, insieme a Ken Loach. Se Ken il rosso, però, si schiera sempre e sta sulle barricate con i suoi ultimi, i belgi rappresentano la realtà, senza dare giudizi di valore. Non il loro miglior film (Rosetta, La Promessa e Il Figlio sono ancora più belli), ma una pellicola comunque da mandare a memoria.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dei Dardenne mi mancano ancora diverse cose, Rosetta e La promessa ad esempio devo ancora recuperarli. Provvederò appena possibile :)

      Elimina
  2. Buon compleanno Dario :-)
    Tanti auguri!
    Ti regalo un consiglio cinematografico: https://www.cb01.uno/contratiempo-sub-ita-2016/ (a me è piaciuto molto)

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...